la nuova normativa sulle aste giudiziarie
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la nuova normativa sulle aste giudiziarie
News 08 novembre 2015 LA NUOVA NORMATIVA SULLE ASTE GIUDIZIARIE La nuova normativa che regola le aste giudiziarie ha apportato delle modifiche rilevanti ad appena 10 anni di distanza dalle importantissime riforme in tema di esecuzioni immobiliari del 2005/2006. Grazie alle riforme del 2005/2006 sono state introdotti diversi cambiamenti tra cui la possibilità di visitare l’appartamento grazie alla nomina del custode, la delega affidata anche ad ulteriori professionisti, la pubblicità obbligatoria e l’uso di siti internet, la standardizzazione del contenuto delle relazioni di stima, la semplificazione del processo di liberazione dell’immobile e molto altro. Già con la legge 162/2014 è stata introdotta la possibilità del giudice dell’esecuzione di estinguere anticipatamente una procedura esecutiva quando, a seguito di eccessivi ribassi, “non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo”. La recentissima legge 132/2015, che ha convertito in legge il D.L. 83/2015, ha apportato invece una serie di misure che hanno lo scopo di snellire il processo esecutivo, velocizzare i tempi di vendita dei beni in asta, nonché continuare nel processo di “degiurisdizionalizzazione” avviato da anni, teso ad alleggerire il carico di lavoro accumulatesi negli uffici giudiziari tramite procedure alternative (mediazione, conciliazione, composizione della crisi da sovraindebitamento, etc.) o tramite il ricorso a professionalità esterne alla magistratura (nel caso delle procedure esecutive immobiliari, la delega ai professionisti delle operazioni di vendita). artt. 490 c.p.c., 631-bis c.p.c. e 161-quater disp. att. c.p.c.: La norma, oggetto di un’ulteriore modifica in sede di conversione in legge del decreto, va a toccare l’argomento “pubblicità dei beni” in asta giudiziaria. La nuova legge ha voluto rendere non più obbligatoria la pubblicità su carta stampata, visto gli alti costi che comporta, rimettendo al giudice dell’esecuzione la scelta se ricorrere o meno a tale forma di pubblicità. Per ovviare però alle eventuali accuse di colpire l’informazione e l’asimmetria informativa, nonché la trasparenza della gestione delle procedure esecutive, il legislatore ha inserito il ricorso obbligatorio alla pubblicità telematica da pubblicare nel “portale delle vendite pubbliche” (peraltro già introdotto nel 2006 ma purtroppo mai attuato). Questa novità rappresenta un grande passo avanti per la diffusione delle informazioni sul mondo delle aste giudiziarie, rendendo più facile la ricerca delle aste di interesse attraverso un solo portale attraverso un aggregatore unico. Il portale unico delle vendite non è però ancora operativo e dovremo aspettare qualche tempo prima di vederlo implementato. Art. 480 c.p.c.: Si è voluto, con la modifica di questo articolo del codice di procedura civile, portare avanti quell’idea di “degiurisdizionalizzazione” che ha ispirato questa e la precedente legge di riforma. Infatti si impone al creditore procedente di avvertire il debitore, fin dalla notifica del precetto (quindi, prima di procedere con il pignoramento del bene che necessita poi della trascrizione sui pubblici registri immobiliari), della possibilità di evitare il pignoramento in base alle L.3/2012. La normativa in questione prevede, per soggetti privati, una procedura di “esdebitamento” sulla falsariga delle procedure concorsuali utilizzate per le imprese: il debitore, con l’assistenza di un apposito organismo (Organismo di composizione della crisi), propone al giudice un piano dettagliato dove si indicano alcune azioni da mettere in atto per restituire, in tutto o in parte, il debito che ha costretto l’individuo in una crisi da sovrindebitamento. Ci sono dei requisiti da rispettare, circa le cause che hanno portato al default economico, la buona volontà e anche una sorta di morosità incolpevole (cause di forza maggiore), e soprattutto l’accordo della maggioranza dei creditori, che possono vedersi ridurre le loro pretese con un decreto del giudice. Infatti, se il piano di composizione della crisi, che prevede per esempio la vendita dell’abitazione di proprietà ad una certa cifra indicata da perizia indipendente, viene omologato dal giudice, tutti i creditori devono accettarlo (anche se non vengono integralmente ripagati) e soprattutto provvedere a liberare il consumatore da tutti i debiti con relativa cancellazione dalle banche dati dei cattivi pagatori. art. 155-quinquies disp. att. c.p.c.: Già con la precedente L.162/2014 si era introdotto il principio che il creditore potesse, tramite l’ufficiale giudiziario, accedere alle banche dati della pubblica amministrazione (soprattutto l’anagrafe tributaria e le banche dati previdenziali) per verificare la presenza di beni «mobili» registrati o meno, pignorabili con un più procedimento più snello e limitando costi e tempi. In effetti, per crediti di basso valore la convenienza non è alta, se si pensa ai rischi ed ai costi che ne derivano. Meglio quindi concentrarsi, dopo averlo ben individuato grazie alle banche dati, su un bene di altra natura, che abbia una possibilità di vendita più rapida ed economica. art. 591-bis c.p.c.: Questa modifica vuole ribadire un altro “tassello” del citato processo di “degiurisdizionalizzazione”; cioè l’affidamento a soggetti non appartenenti alla magistratura di compiti amministrativi e commerciali, quali appunto la fase di vendita di una procedura esecutiva immobiliare. Con quest’ultima modifica, si dice che il giudice delega un professionista autorizzato a compiere le operazioni di vendita. In realtà erano ormai pochi i tribunali che non ricorrevano alla delega, ma svolgevano in proprio tale attività tramite la cancelleria, però si è voluto ugualmente indicare la strada per rendere efficiente il sistema giudiziario, anche se ci sono tribunali che, pur senza ricorrere alla delega hanno avuto risultati lusinghieri ed altri che hanno delegato totalmente, ma contano ancora anni di arretrati da smaltire. Artt. 568 c.p.c., 173-bis e 161 disp. att. c.p.c.: Questi articoli rappresentano una modifica molto gradita agli operatori del settore delle esecuzioni, e sono un’ulteriore garanzia all’acquirente di beni in asta giudiziaria. Si tratta di un’aggiunta di quesiti a cui il perito stimatore deve obbligatoriamente rispondere nella redazione della perizia nell’atto di individuare il valore del bene da vendere in asta. Si abbandona così il desueto concetto di “rendita catastale e dominicale” (art. 15 c.p.c.), non più adeguato né rispondente ai tempi moderni, e si rende obbligatorio l’uso del metro quadrato, come criterio di calcolo delle superfici e di conseguenza del valore. Si fa infatti riferimento al “valore di mercato” del bene, con la convinzione che una stima del bene più vicina alla realtà economica possa accorciare i tempi di vendita avvicinando domanda ed offerta. La tutela all’acquirente è assicurata dalle numerose verifiche che il perito, in aggiunta a quanto già stabilito dal codice di procedura civile, è tenuto a fare prima di consegnare la sua relazione, che comprendono: – indagini sulla presenza di opere abusive, la cui possibilità di sanatoria deve essere indicata, così come il relativo costo; – verifica sulla presenza di altre pregiudizievoli che potrebbero limitare la fungibilità per l’acquirente (censo, livello, uso civico); – la raccolta di informazioni dettagliate sugli oneri condominiali da saldare e sulle spese condominiali di gestione, ordinarie e straordinarie (già deliberate). La relazione di stima conterrà quindi una precisa “due diligence” immobiliare che fornirà all’acquirente un quadro chiaro e certificato dello stato di fatto del bene subastato, tale da permettere un acquisto consapevole e con rischi molto limitati e comunque noti. Artt. 571 e 572 c.p.c.: Questa modifica potrebbe rappresentare una vera “rivoluzione” nel modo e nelle strategie di gestione della partecipazione ad un’asta immobiliare. Infatti si prevede la possibilità di presentare delle offerte anche di valore inferiore (fino al 25%) alla base d’asta indicata nell’avviso. Questa innovazione era già stata anticipata con l’approvazione del regolamento che disciplinava le “aste telematiche” (D.M. Giustizia n. 32 del 26 febbraio 2015). L’idea che sta alla base è che, un ribasso “rigido” a scaglioni del 25%, non permette un facile allineamento tra domanda ed offerta. Facciamo un esempio: se si pone in vendita un bene a €100, ed i vari acquirenti sarebbero disposti a spendere cifre che vanno dagli €80 ai €90, nessuno acquisterà a €100 ma tutti aspetteranno il successivo ribasso, che sarà a €75 (dopo vari mesi). Se invece si fosse permesso all’interessato di offrire direttamente €80 o €90, qualcuno se lo sarebbe sicuramente aggiudicato al primo esperimento, evitando di far passare mesi tra un incanto e l’altro, e risparmiando soprattutto sui costi pubblicitari, legali e procedurali. Quindi, benvenute le offerte al ribasso. Come funziona il meccanismo di accoglimento delle offerte? Se non ci sono offerte, o comunque sono inferiori di oltre il 25% alla base d’asta, l’asta va deserta per mancanza di offerte valide. Se ci fosse una sola offerta pari o superiore al prezzo base d’asta, sarebbe sicuramente accolta e l’asta aggiudicata. Se l’unica offerta fosse invece inferiore al prezzo base d’asta, sarebbe accolta solo se entro il limite del 25%, e comunque a discrezione del giudice (se questi “ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione”). Se ci fossero invece più offerte, sia superiori al prezzo base d’asta che inferiori entro il limite di un quarto, il giudice dovrebbe disporre una gara sull’offerta più alta, cioè dare la possiblità agli offerenti (purchè presenti fisicamente all’apertura delle buste) di rilanciare sull’offerta più alta presentata. Questo vuol dire che anche chi ha presentato l’offerta più bassa può, in sede di rilanci, offrire una cifra superiore all’offerta più alta per aggiudicarsi l’immobile. Il meccanismo delle offerte al ribasso quindi non pregiudica l’esito dell’asta in caso di più offerenti, ma anzi può facilitare le aggiudicazioni degli immobili dove esiste un’unica offerta. Artt. 569 e 574 c.p.c.: Questa modifica concede maggiori possibilità di acquisto in asta giudiziaria anche a coloro che non disponessero, al momento del saldo prezzo (di solito, tra 60 e 120 giorni dopo l’aggiudicazione), della liquidità necessaria a far fronte alla spesa prevista. Il giudice, indicandolo nell’avviso di vendita, può permettere il pagamento rateale (in massimo 12 mensilità) del prezzo di acquisto, anche concedendo l’immissione nel possesso del bene prima del saldo integrale. In questo modo il giudice può autorizzare l’aggiudicatario che decide di pagare a rate, ma non ancora proprietario, ad avere la disponibilità del bene. La modifica inoltre potrebbe risolvere la problematica fiscale della tassazione del trasferimento del bene: se infatti con il pagamento rateale la proprietà dell’immobile viene trasferita solo quando la procedura incassa l’ultima rata, cioè al massimo dopo un anno, l’aggiudicatario avrà invece questo anno di tempo per provare a vendere la casa di proprietà (acquistata con o senza benefici prima casa) arrivando (se la vendita avviene) all’emissione del decreto di trasferimento senza altri immobili di proprietà e potendo quindi richiedere l’applicazione delle aliquote agevolate “prima casa” per l’acquisto del bene in asta, risparmiando diverse migliaia di euro. Art. 569: L’art. 569, rimuove definitivamente il ricorso alla fase di vendita con incanto, lasciando alla discrezione, motivata, del giudice, la decisione circa il ricorso a questa modalità “solo quando ritiene probabile che la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell’articolo 568”. Sicuramente la modalità senza incanto è quella che maggiormente tutela l’offerente e garantisce anche un risparmio di tempi (e costi, visto che nella fase senza incanto l’offerta minima valida è pari al prezzo base d’asta a cui si deve obbligatoriamente aggiungere anche un rilancio minimo). La norma va sicuramente incontro ad una semplificazione procedurale da tempo invocata dagli addetti ai lavori. Art. 161-quinquies: Sempre con lo scopo di facilitare l’accesso all’acquisto in asta dei potenziali interessati, si è voluto dare la possibilità di utilizzo di ogni mezzo di pagamento elettronico (tra cui i bonifici telematici), le carte di credito e debito, ed utilizzando al contempo i vari mezzi telematici di comunicazione per la presentazione delle offerte di acquisto e del deposito della cauzione (p.e. la posta elettronica certificata). Artt. 588-591 c.p.c.: Un’altra ottima modifica ha riguardato l’istituto dell’assegnazione, cioè la possibilità per uno dei creditori di richiedere, tramite apposita istanza da depositarsi prima dell’incanto, l’assegnazione dell’immobile in caso di asta deserta. Così si è definitivamente chiarito che il valore a cui avviene l’aggiudicazione è il prezzo base dell’ultima asta, e pertanto è su questa cifra che eventualmente si dovrà effettuare il conguaglio con il credito vantato. C’è anche da notare che questa modifica, unitamente alla tanto discussa introduzione del concetto di “infruttuosità dell’espropriazione forzata” (art. 164bis disp. att. c.p.c. che porterebbe alla chiusura anticipata del processo esecutivo quando “non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo”), potrebbe spingere molti creditori procedenti, soprattutto istituti di credito dotati di adeguate competenze tecniche, finanziarie ed organizzative, a richiedere l’assegnazione del bene subastato prima dell’ultima asta che, se deserta e senza istanze di assegnazione, rischierebbe di causare l’estinzione della procedura, negando al creditore anche l’eventuale copertura delle spese di esecuzione sino ad allora sostenute. Invece, facendosi assegnare il bene, questi potrebbero sperare di rivenderlo successivamente dopo averlo valorizzato e rimesso sul mercato a condizioni diverse e più appetibili (libero dall’occupante, regolarizzato urbanisticamente, e magari con la possibilità di un finanziamento o addirittura di contratti innovativi come la locazione con patto di futura vendita). Vuoi saperne di più? 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