Il teatro libero, progetto di una città

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Il teatro libero, progetto di una città
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CULTURA
MERCOLEDÌ 12 FEBBRAIO 2014 GIORNALE DI BRESCIA
Il teatro libero, progetto di una città
Presentato ieri il libriccino in cui l’ex direttore del Ctb, Renato Borsoni, ha rievocato
una stagione di grandi sfide e di grandi protagonisti, come il regista Massimo Castri
volteanche nelle cosepiccole si racchiudono tesori preziosi. Come un libriccino dall’apparenza
sobria,che sfida tomi ben più orpellati e ponderosi. È il caso de «L’avventura di un teatro libero» di Renato Borsoni (edizioni Grafo), che racchiude i frutti di una lunga conversazione tra l’autore e la giornalista
Paola Carmignani, critico teatrale
del Giornale di Brescia. Una quarantina di pagine, un dialogo che
racconta tutta una vicenda di uomini e donne cresciuti attorno all’epopea del Centro teatrale bresciano
ed una testimonianza, nella parte
finale, dedicata a Massimo Castri
dall’attore Fabrizio Gifuni. Incredibilmente, un «distillato» - come ha
notato nella presentazione, svoltasi ieri nella sede dell’Aab, il vicedirettore del Giornale di Brescia,
Claudio Baroni - che in una corsa
breve, ma intensa da accorciare il
fiato, restituisce i ritratti di grandi
personaggi, il clima di una generazione «controcorrente» votata alla
costruzione di un «teatro libero»; il
progetto, anche, di una città illuminata, di una Brescia in cui l’economia andava al passo con la cultura,
per tradursi in innovazione, riso-
A
Il testo, nato «per caso» la scorsa
estate, è ora di grande attualità
nanza, capacità imprenditoriale.
Al tavolo, ieri, anche Tino Bino, che
conobbe Borsoni quand’era «poco
più di un ragazzo», pensando («e
mi sbagliavo») che avrebbe potuto
essere un grande attore, prima ancora che un lungimirante organizzatore. «Un libro - ha osservato Bino - pieno di spunti per la storia della città. Io arrivai alla presidenza
del Ctb in maniera casuale, succedendo a Stefano Minelli, senza in-
Nel backstage:
tutto sui mestieri
della scena
nvito a teatro, dietro le quinte. Dove
le idee s’incontrano con la sapienza
pratica dell’alto artigianato.
Stars e Ctb, Corso di laurea in Scienze e tecniche delle arti e dello spettacolo
dell’Università Cattolica e Centro teatrale
bresciano Teatro Stabile di Brescia insieme aprono, per gli studenti e per la cittadinanza, lo scrigno dei segreti del mestiere.
«Backstage - I mestieri della scena»: questo il nome che raggruppa tecniche eabilità che insieme concorrono alla costruzione dello spettacolo.
Le illustreranno, in un ciclo di quattro incontri nei luoghi dove si mettono in pratica, ospiti importanti e addetti ai lavori. SaràinnanzituttoilbrescianoLucaMicheletti, giovane drammaturgo, regista e attore
affermatoatrattareiltema«Scritturaecorpo in scena» martedì 25 febbraio alle 17 al
Teatro Santa Chiara - Mina Mezzadri, in
dialogo con il professor Claudio Bernardi,
docente di drammaturgia e antropologia
della rappresentazione.
Nella stessa sede il 12 marzo lo scenografo
ungherese di fama internazionale Csaba
Antal e la docente di storia dell’arte contemporanea Elena Di Raddo illustreranno
il lavoro di ideazione della scena. Con la
stessa impostazione pluridisciplinare l’incontrodel30aprilenelFoyerdelTeatroSociale affiancherà al light designer Gigi Saccomandi il docente di filmologia Massimo
Locatellieil14maggioperunavisioned’insiemeil direttoredel Ctb AngeloPastore e i
tecnici del Teatro Stabile proporranno un
percorso alla scoperta del palcoscenico.
S’inaugura con questo ciclo la collaborazione con lo Stars, nell’ambito di un impegno cheda anni vedein dialogo Università
Cattolicae Ctb e che promette per il futuro
importanti sviluppi nell’accostamento tra
teoriaepratica,produzioneteatraledirilevanza nazionale e apertura alla comunità
locale. Ne hanno parlato ieri la curatrice
delcicloCarlaBinoeilresponsabiledelsettore Teatro dello Stars Claudio Bernardi,
conlapresidenteeil direttoredelCtb,Carla Boroni e Angelo Pastore. La partecipazione agli incontri è gratuita e aperta al
pubblico, sempre a partire dalle 17.
Elisabetta Nicoli
I
Protagonisti e testimoni: da sinistra Paola Carmignani, Nicola Rocchi, Claudio Baroni, Renato Borsoni e Tino Bino
tendermi di teatro. Con Borsoni iniziammo una lunga avventura. Ho
tanti ricordi, dalla prima di "Hedda
Gabler" a Ferrara, al "Tartufo" che
avrebbe dovuto essere interpretato da Gabriele Ferzetti, poi sostituito da Jacques Sernas». Bino rievoca
anche le «difficoltà di gestire insieme Castri e Borsoni» e di difendere
il teatro libero che, «in una città di
provincia non fu certo facile».
«L’avventura di un teatro libero» è
nato nel maggio 2013 quando, in
occasione del Premio Hystrio, tributato postumo a Massimo Castri,
Carmignani interpella Borsoni per
conto del nostro giornale. L’intervista si prolunga in un colloquio amichevole: quando Paola torna a casa, si rende conto che per il pezzo
da scrivere basta un terzo del materiale, mentre il resto si palesa degno di un approfondimento, cui
l’uomo di teatro non si sottrarrà.
«Non c’era un disegno preordinato
- ha detto la curatrice - e non potevamo sapere che la pubblicazione
sarebbe cascata in un periodo come questo. Però ci fa bene parlare
delle radici culturali e delle nostre
identità: non credo si possa ricominciare ogni volta da zero. Dobbiamo a Borsoni e ad altre persone
come lui il fatto di avere a Brescia
un teatro stabile».
Tino Bino: imparai che la politica
deve stare al servizio della cultura
Il dialogo tra Paola e Renato si snoda in un’alternanza di «domande
da una penna elegantissima e risposte sbobinate secche», rileva lo
stesso Borsoni: «Chissà cosa avrebbe detto la mia insegnante al liceo
classico di Jesi, signora Ferrero…
Ma il risultato pareva interessante». «Bisogna darsi - sottolinea l’autore -: quello che si ritiene di poter
dare, bisogna darlo, altrimenti c’è
subito qualcuno che ci prende il po-
sto, e in genere non sono gli individui migliori della società».
Il Ctb diventa una istituzione e una
«struttura fortemente professionalizzata» (vi passavano tutti i big del
palcoscenico e «non temeva il confronto col Piccolo di Milano»), rimarca Bino, determinando un rapporto dialettico, proficuo ed anche
conflittuale, tra «crescita economica e culturale della città»: «Massimo Castri era mal sopportato, ma
lo eravamo anche noi. Passavo giornate a spiegare perché il teatro deve essere libero e perché per stare
in piedi necessita di una dimensione pubblica. Grazie all’amicizia, e
ai contrasti, con Renato, imparai
che compito della politica è creare
gli strumenti per chi è capace di fare cultura. Il mio rammarico è che,
allora, il Ctb non si sia moltiplicato
sulle strutture e, dal ’45 ad oggi,
non sia sorto più che un teatro,
quello di Botticino, nella nostra
provincia».
Anita Loriana Ronchi
Camus, in cerca dell’uomo nel deserto dell’esistenza
A 100 anni dalla nascita, l’attualità di un intellettuale laico e «non organico»
Domani, giovedì, alle 20.45 nella Sala
Bevilacqua di via Pace 10 a Brescia, si
terrà un incontro sul tema «Albert Camus: oscillazioni (le contraddizioni
della condizione umana)». Interviene Sergio Givone, professore di Estetica all’Università di Firenze. Luciano
Bertoli legge passi del racconto «Il deserto». L’incontro è promosso dalla
Ccdc, Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura.
ella prima Lettera ad un amico
tedescoscrittanel1943edestinataallapubblicazioneclandestina resistenziale nella Francia sottoposta al giogo nazista, Albert Camus scriveva: «Lottiamo proprio per delle
sfumature, ma sfumature importanti
quanto l’uomo stesso». Le «sfumature», la
visionepoliedricaenonmonisticadellavitaedel mondo,sonounodeitrattidistintivi dello scrittore franco-algerino di cui si è
celebratodapocoilcentenariodellanascita (a Mondovi in Algeria il 13 novembre
1913). Qualche anno prima, nel 1937 a Firenze, in piena crisi esistenziale, il giovane
pensatoreavevafissatonelracconto«Ildeserto» il nucleo fondamentale della sua riflessione, che si ritrova approfondita e
chiarificata negli scritti successivi se è vero, comescrive nella prefazionea«Il Rovescio e il Diritto», che ogni artista custodisce nel fondo del proprio animo «un’unicasorgentechenelcorsodellavitaalimentaquelch’eglièequellochedice».Aformare questa «sorgente» è l’oscillazione tra lu-
N
Il deserto
■ Una veduta del
deserto dell’Algeria,
dove Albert Camus
(a destra) nacque
nel 1913.
Il deserto dà il titolo
al racconto scritto
nel 1937, in piena
crisi esistenziale, e
divenne immagine
simbolica e
leit-motiv di tutta
l’opera dello
scrittore e pensatore
francese
ce e povertà, bellezza e dolore, giustizia e
libertà, rifiuto e consenso, natura e storia,
spogliazione e voluttà, solidarietà e solitudine, per citare solo alcune delle più note
antinomie camusiane.
Questa duplicità costitutiva è propria della natura umana e caratterizza il pensiero
occidentalesindalleorigini.Nonpuòrisolversi scegliendo solo un corno del dilemmasenza una perdita secca per l’umanità.
Alpensierototalitario,propriodei«pensatori pigri del Nord» che hanno l’ossessione dell’unità, Camus contrappone nella
sua opera più controversa, «L’uomo in rivolta», il pensiero meridiano, che si collega direttamente ai greci e alla loro idea di
misura. La contraddizione è insita nella
storiadell’uomoedèdeterminatadallimite «che sembra inseparabile dalla natura
umana». Non si può dunque completamente eliminare, ben sapendo che «ogni
mutilazione dell’uomo può essere soltanto provvisoria e che non si serve in nulla
l’uomo se non lo si serve tutto intero»
(«Prometeo agli inferi»).
In un momento come quello della metà
del Novecento in cui l’intellettuale doveva
essere organico a una parte e si metteva
l’elmetto e il paraocchi, Camus scelse il
ruoloscomododell’intellettualenonorganico, disponibile a far lega solo «con chi si
fatestimonedilibertà».Isolatonellacultura à la page del suo tempo, Camus rimane
attualeestraordinariamentemodernoancora oggi, a differenza dei suoi detrattori
di allora.
Nell’inquietudine del suo pensiero si ri-
scontra una certa affinità con Agostino, il
grande filosofo africano studiato in occasione della tesi di laurea in filosofia su
«Métaphysique chrétienne et néoplatonisme», ma anche con il pensiero di Pascal
(«Io - scriverà nei Taccuini - sono di quelli
che Pascal sconvolge e non converte. Pascal, il più grande di tutti, ieri e oggi»), KierkegaardeNietzsche,autorichebenconosceva. Lo scandalo del male e il silenzio di
DiointerroganoCamusintuttala suaopera, fin dai primi racconti. «Noi siamo davanti al male. E per me io mi sento veramentecomeAgostinoprimadella conversione al cristianesimo. Anch’io mi pongo
lo stesso interrogativo: "Cercavo donde
vengail maleenon neuscivo".Ma èanche
vero che io so ciò che occorre fare se non
per diminuire il male quanto meno per
nonaumentarlo.Noinonpossiamoimpedire, forse,chein questomondo ibambini
siano torturati.Ma noi possiamo diminuire il numero dei bambini torturati. E se voi
cristiani non ci aiutate, chi dunque nel
mondo potrà aiutarci?» (conferenza tenuta nel 1948 al convento dei domenicani di
Latour-Maubourg).
Camuseraconvintocheledue«fedi»,quella religiosa e quella laica, potessero incontrarsinell’impegnoetico,perrenderelasocietà più civile e solidale. Lui, non credente, mette in bocca a Jean Tarrou, una delle
figure più riuscite de «La peste», una frase
memorabile giustamente famosa: «Se si
puòessereunsantosenzaDio,èilsoloproblema concreto che oggi conosca».
Filippo Perrini