scheda santoreggia - Il Giardino dei Semplici

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SANTOREGGIA MONTANA
(Satureja montana L.)
Nomi dialettali: Erba acciuga, Erba peverina, Tùmau gianco, Pèore d’aze, Santurina,
Serèa, Segrezoela salvadega, Isopo selvatico, Basilicò salvadego, Timo, Tume, Salugèe,
Perdòn, Erba pepe, Pepe d’asino, Savoreggia, Peparella.
Etimologia: il nome del genere trae origine dal latino satura = intingolo, nel senso che
veniva impiegata come condimento e per le sue proprietà aromatiche; l’epiteto della
specie deriva dall’habitat montano.
La Santoreggia era conosciuta dagli antichi romani col nome di Satureia = Erba dei satiri,
per la sua pelosità che richiamava quella dei satiri, ma anche per le sue ritenute notevoli
proprietà afrodisiache, tanto che gli antichi raccomandavano moderazione nel suo
consumo per non scatenare una sessualità smodata ed incontrollabile (satirismo).
La pianta: pianta perenne cespugliosa, a portamento arbustivo. Le foglie sono opposte, a
forma lanceolata, appuntite, lisce, brevemente picciolate e di un colore verde lucente
tendente al grigio. I fiori sono bianco-rosati, piccoli, raccolti in spighe all'ascella delle foglie.
Fiorisce da luglio a settembre. Il frutto è un tetrachenio di colore nero.
Habitat: prati aridi e steppici su calcari e serpentini.
Proprietà: antisettica, antispasmodica, carminativa, espettorante, stimolante, stomachica.
La droga: foglie raccolte poco prima della fioritura e le infiorescenze raccolte in piena
fioritura.
Tempo balsamico: periodo della fioritura: luglio-settembre.
Preparazioni e dosi:
Olio Essenziale: 3-4 gtt 1-3 volte al giorno dopo i pasti.
Tintura Madre preparata dalla pianta intera fresca (esclusa radice) tit.alcol.65°: XXX gtt 3
volte al giorno.
Uso culinario: la Santoreggia montana è usata soprattutto nella preparazione dei piatti a
base di cacciagione, ma è utilizzata anche per aromatizzare i piatti a base di funghi
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