Documento | Treccani, il portale del sapere

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DOCUMENTO
di Giuseppe Galasso
La carriera scienti0ca del ‘documento’ in quanto strumento di
studio, è certamente segnata da un progressivo allargamento
del tipo di documentazione a cui ci si riferisce con questo
termine. Inizialmente furono, infatti, considerati documenti
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soltanto quelli scritti col consapevole proposito di trasmettere
testimonianze, affermazioni, giudizi, oppure notizia di circostanze
relative ad avvenimenti o a situazioni del proprio tempo. Erano
Maturità (/scuola/maturita/)
queste le vere e proprie ‘fonti’ sulle quali ci si basava per lo studio del passato.
Tesine (/scuola/tesine/)
La dottrina delle fonti
Lezioni (/scuola/lezioni/)
Già in età umanistico-rinascimentale questa nozione di ‘fonte’ iniziò, però, ad ampliarsi, sotto
Dossier (/scuola/dossier/)
l’impulso dei contributi via via maggiori che l’antiquaria, l’archeologia e varie discipline particolari
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SCUOLA
2014 (/scuola/dossier
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relative a oggetti e cose del passato portarono agli studi storici. Tra il XVII e il XVIII secolo
l’ampliamento è più che evidente: basta pensare a un’opera storica, di grande rilievo anche da tale
punto di vista, quali sono le Antiquitates italicae Medii Aevi di Ludovico Antonio Muratori.
La storiogra0a illuministica, nella inesauribile curiosità dei suoi interessi sociologici o attinenti alla
‘cultura materiale’, è già molto attenta a un tipo di documentazione che va largamente oltre i limiti
segnati dalla tradizionale dottrina delle fonti. Gustav Droysen Esserà poi, nei primi decenni del XIX
secolo, una nozione di fonte per cui costituiscono documento del passato non solo la fonte scritta e
neppure solo i monumenti o gli oggetti aventi la stessa natura di testimonianze volontarie e
consapevoli: un’opera d’arte, un ediEcio, una medaglia, una moneta e simili. Documento è qualsiasi
avanzo del passato che sia sopravvissuto all’usura del tempo e alla mortalità delle cose; qualsiasi
residuo duri presso i posteri, non solo come inerte presenza materiale, bensì anche, al caso,
trasformato, ristrutturato o altrimenti modiEcato: Droysen faceva l’esempio della lingua stessa o di usi
e istituti giuridici. Proprio a quest’ultimo tipo di fonti Droysen assegnava una certa preferibilità ai Eni di
2013 (/scuola/dossier
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2006 (/scuola/dossier
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una meno condizionata conoscenza del passato, ma aveva ben chiaro il criterio per cui i vari tipi di
Itinerari (/scuola/itinerari/)
documento che servono da materiale per lo studio del passato hanno un valore diverso a seconda della
Repetita (/scuola/repetita/)
prospettiva e delle Enalità proprie dello studioso (Droysen 1966).
Archivio (/scuola/archivio/)
Dal più al meno, nonostante le varie e spesso interessanti o non trascurabili variazioni con cui questa
dottrina delle fonti viene proposta in epoca positivistica e ancora in seguito, può ben dirsi che essa
sia rimasta come l’ossatura essenziale di ciò che nella tradizione storiogra0ca europea si è 0nito
UN LIBRO
con l’intendere per documento.
Ne derivano alcune implicazioni critiche ed ermeneutiche di grande importanza per deEnire più
propriamente la natura del documento (Galasso 1984).
La natura del documento
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Che cos'è un falso?
In primo luogo è da segnalare il completo mutamento di senso che ha acquisito la distinzione
fondamentale tra il documento autentico e quello falso, che, contrariamente a un’opinione molto
diffusa, non riguarda soltanto i documenti scritti.
In tal modo la 0lologia del falso si è trasformata da considerazione tecnica degli elementi di
autenticità o di inautenticità del documento studiato in considerazione storica di un modo o momento
originale di partecipazione alle vicende del tempo di quel falso e del suo autore o autori, non meno
(/scuola/itinerari
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importante dei documenti originali di quello stesso tempo. Quando si parla, perciò, di un ‘falso originale’
L'italiano in gioco
o ‘originario’, si parla di un elemento storico che ha una propria 0sionomia e problematica ben al di là
Valeria Della Valle e
della considerazione Elologica a cui si presta e deve, comunque, sottostare.
Giuseppe Patota
Nello stesso tempo la Elologia e la critica moderna hanno stabilito una dialettica di vero/falso per cui
ogni documento può essere considerato insieme vero e falso per i modi e per gli scopi con cui si
rapporta alla realtà in esso rappresentata; perciò diventa essenziale nello studio delle fonti la
de0nizione del processo di produzione, distribuzione e conservazione del documento. InEne, su
VEDI TUTTI I LIBRI (/SCUOLA
/ITINERARI/UN_LIBRO
/LISTA.JSP)
questo stesso percorso, sorge il problema, a sua volta rilevante, del valore di testimonianza indiretta,
che il documento ha o può possedere, indicando indizi o spie di valore non di rado non inferiore a quello
delle attestazioni dirette dello stesso documento.
La speci9cità del documento storico
In secondo luogo è da notare che la nozione di documento storico, pur presentando una facies
formalmente analoga a quella di altri tipi di documentazione, ha avuto una genesi propria e speci0ca,
poco condizionata dalle afEnità, o più che afEnità, con altri tipi di documenti.
Fra gli altri tipi di documentazione era, e nell’opinione corrente continua assai largamente a essere, il
documento giudiziario a fornire le maggiori suggestioni. Non è forse il giudice interessato a stabilire la
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verità dei fatti? Non deve egli distinguere il vero dal falso in quello che esamina nel corso del
procedimento giudiziario? Non deve saper adoperare qualsiasi tipo di elemento, Eno al più umile
oggetto, che presenti una qualche probabilità di riuscire utile alla sua indagine?
Tuttavia, l’assimilazione dello storico al giudice istruttore che raccoglie prove e testimonianze ai Eni
del procedimento che deve portare avanti è un’assimilazione viziata irreparabilmente dal
condizionamento del giudice che è legato al codice, alle sue disposizioni normative e procedurali, che
stabiliscono le regole del suo gioco in maniera ineludibile a pena, in caso estremo, d’invalidità o di
nullità della sua azione. Questo condizionamento è, e deve essere, lontanissimo dalla prospettiva dello
storico.
Il fatto che l’allargamento della tipologia della documentazione storica sia avvenuto in maniera
autonoma – procedendo cioè dall’allargamento della ri[essione concettuale e metodologica e degli
interessi di ogni ordine (umano, sociale, politico, culturale ecc.) che presiedono all’attività dello storico,
ossia, in altri termini, dall’interno stesso del lavoro storiograEco anziché per suggestione o derivazione
da altri campi culturali o sociali – è una signiEcativa conferma storica della speci0cità concettuale e
metodologica propria della storiogra0a.
Il documento storico: espressione formalizzata di una realtà vivente
Proprio grazie a queste ultime considerazioni si può affermare, in terzo luogo, la necessità di non
considerare il documento come un freddo dato scienti0co, dotato di una sua marmorea oggettività,
che vale per sé stesso prima e al di là dello studio che ne fa lo storico, espressione di una realtà in sé e
per sé, che sarebbe la realtà del passato irrigidita in sé stessa nelle forme assunte via via nei singoli
momenti del suo svolgimento.
Il documento storico è, invece, espressione formalizzata e irrigidita di una realtà vivente nell’atto in
cui il documento stesso si produce, secondo le vocazioni e gli interessi di allora, e costantemente
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riplasmata nella considerazione storiograEca posteriore. Il suo rapporto con la realtà storica vivente è,
in altri termini, un rapporto sempre mediato, sia nella sua genesi – quale prodotto del suo tempo – sia
nella sua vita e funzione testimoniale – quale documento del passato. Questo non signiEca affatto che
la realtà del documento sia artefatta e plasmabile à la merci di chi voglia. SigniEca solo che la
storiogra0a è una dimensione innanzitutto del suo tempo, la quale lavora sul passato con tutti i
condizionamenti tecnici e culturali, morali e materiali derivanti a essa dal proprio tempo e nell’ottica
degli interessi di tale tempo.
La ricostruzione del passato attraverso i documenti è, quindi, sempre una rappresentazione del passato,
così come all’origine il documento non è la realtà stessa, bensì una con9gurazione della realtà. Il
carattere scienti0co della storiogra0a non deriva, perciò, da un’impossibile oggettività o datità in sé
della documentazione, bensì dall’esplicitazione, dal rigore, dalla coerenza, dalla controllabilità e dalla
riproducibilità dei criteri con cui i documenti sono ricercati, presentati e interpretati. Questi stessi
criteri non possono essere considerati il terreno franco di dogana, dazi e procedure per qualsiasi
pratica storiograEca si voglia sviluppare. Al contrario, essi impongono una disciplina severa della prassi
seguita nel reperimento, nella presentazione e nell’utilizzazione del documento.
Discipline e stili
Una lunghissima pratica degli studi, già largamente canonizzata nell’epoca ellenistico-romana e poi
ripresa e via via formalizzata in altissimo grado nell’Età moderna, a partire dal periodo umanisticorinascimentale (non sarà mai sottolineata abbastanza la svolta segnata a questo riguarda dall’opuscolo
di Lorenzo Valla contro la falsa ‘donazione di Costantino’, del 1442), ha portato, inoltre, alla costituzione
di regole 0lologiche ed ermeneutiche sanzionate in corpi disciplinari o ‘discipline del documento’
addirittura imponenti: archivistica, paleograEa, diplomatica, cronologia, discipline Elologiche, e in
particolare Elologia del testo, tecnica dello scavo archeologico, museologia, discipline antiquarie,
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bibliograEa e biblioteconomia, sfragistica, medaglistica, numismatica, statistica ecc.
Inoltre, molto per tempo, la ricerca e la conservazione dei documenti di qualsiasi tipo hanno
costituito cura primaria dei poteri costituiti. Anche da questo punto di vista l’Età moderna ha segnato
un’intensiEcazione e una formalizzazione che hanno raggiunto un alto grado di specializzazione e di
efEcienza. Si è dato vita, fra l’altro, non solo a complessi sistemi di norme e di procedure giuridiche e di
attività amministrative, ma anche all’elaborazone di una nozione di ‘bene culturale’, sotto la quale
sono Eniti per ricadere tutti i tipi di oggetti che possono essere compresi nella denominazione di
‘documento’.
Il complesso di questi fenomeni ha portato a superare del tutto la concezione del documento come
fonte scritta. Da questo punto di vista si è giunti, sia pure attraverso varie tappe e con qualche
difEcoltà, alla convinzione di poter scrivere storie anche di tempi, di uomini e di paesi per i quali non
esistano documenti scritti. Lo studio della preistoria – deEnita innanzitutto come epoca storica per la
quale non si hanno testimonianze scritte – è stata, da questo punto di vista, una palestra, un
laboratorio di straordinaria importanza, con una proporzionale ricaduta di stimoli, di insegnamenti, di
esempliEcazioni su tutte le discipline storiche.
La stessa nozione di ‘cultura materiale’ – già presente non solo potenzialmente nella sopra ricordata
dottrina di Droysen circa la tipologia dei documenti e così rilevante negli svolgimenti storiograEci del XX
secolo – ha avuto una sua genesi speci0ca, ma ha anche derivato dagli studi sulla preistoria non
poche delle sue principali ispirazioni.
L'orizzonte documentario
Questo allargamento dei tipi di documenti storiograEcamente rilevanti rischierebbe, tuttavia, secondo
alcuni studiosi, di portare a una generalizzazione della nozione di ‘fonte’ o ‘documento’ storico, forte
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di una sua incontrastabile logica, ma esposta a una
vaniEcazione di qualsiasi criterio di speciEcità
disciplinare, per non dire concettuale. Il timore così
affacciato non ha, però, molta ragione di essere.
Si lasci pure da parte la questione concernente la
deEnizione di qualsiasi scienza o disciplina come hortus
conclusus nei riguardi di ciascun’altra scienza o disciplina: deEnizione sempre più riEutata dalla logica
scientiEca del XX secolo (Galasso 2000). Proprio l’uso sempre più largo e corretto di documentazioni
del più vario tipo ha, comunque, insegnato che ogni studio o ricerca esige una sua 0lologia, una sua
investigazione documentaria, pur nell’ambito degli interessi disciplinari convenuti e riconosciuti, che
forniscono una griglia concettuale, critica e metodologica impreteribile.
Di conseguenza, è certamente caduta la convinzione, radicata Eno a tempi assai recenti, per cui Marc
Bloch deEniva «una grande illusione immaginare che a ciascun problema storico corrisponda un tipo
unico di documenti, specializzati per quell’uso» (Bloch, 1950, pp. 71-72). La stessa interpretazione del
documento «non si può eseguire servendosi di una sola tecnica di critica storica», come a ragione nota
Jacques Le Goff (1978, pp. 46-47), poiché essa richiama piuttosto, se non altro, una sinergia quanto
più ampia possibile fra lavoro storico e quelle ‘discipline ausiliarie’ (deEnizione convenzionale, ma
altamente inesatta e inaccettabile) della storia, che abbiamo visto costituite come ‘discipline del
documento’ (a cominciare dall’archivistica).
L'operazione storiogra0ca
D'altra parte, è osservazione comune che la ricerca e l’utilizzazione dei documenti eseguite per il
lavoro storico, per amplissime che siano, rappresentano sempre una selezione operata nel mare
magnum delle fonti possibili o disponibili. Al di là c’è sempre un orizzonte documentario da esplorare
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e, credere di porre la parola ‘Ene’ all’inventario dei documenti da tenere presenti per un qualsiasi oggetto
di studio, rappresenta, senza eccezioni e per lo meno, un’infondata presunzione. Alla Ene, è sempre lo
storico il protagonista dell’’operazione storiograEca’, per cui, in un certo senso, trovare il documento
signi0ca inventare il documento: ovvero, per adoperare con intento e signiEcato alquanto diversi una
terminologia cara a Michel Foucault, non è vero affatto che una volta la storia trasformava i
monumenti del passato in documenti, mentre nel XX secolo avrebbe preso a trasformare i documenti
in monumenti (Foucault 1971); è vero piuttosto che lo storico è costantemente costretto, per la logica
del suo lavoro, a praticare, alternativamente o, addirittura, simultaneamente, entrambe le operazioni.
Ciò è vero in senso quantitativo, ma è vero ancor più in senso qualitativo. Alla possibilità, sempre da
considerare e indeEnibile a priori, che in altri settori e con altre tecniche di ricerca si attingano altre
documentazioni, si accompagna, infatti, la possibilità, peraltro scontata, che un’ulteriore lettura degli
stessi documenti più e più volte studiati dia nuovi risultati informativi e interpretativi. Per questa
seconda via, viene a essere attestata una vitalità del documento ben lontana dall’esaurirsi in una sola
stagione o episodio o tradizione di studi e viene confermato un punto di assoluta centralità per la
tecnica e la metodologia della ricerca storica: il baricentro di tale ricerca non è nel documento, bensì
in chi lo ricerca e lo studia, senza che per ciò – stanti le considerazioni già fatte – si debba cadere
fatalmente in una qualsiasi forma di soggettivismo storico.
La rivoluzione documentaria
Nel corso del XX secolo si è pervenuti a una tale sperimentazione dell’allargamento delle possibilità di
documentazione da rendere la frontiera documentaria della storia una frontiera del tutto aperta e
franca. Discipline mediche, zoologiche, botaniche, climatologiche, ingegneristiche ecc. hanno via via
fornito non solo elementi di ricerca, ma una massa di dati sempre più cospicua: basti pensare, per fare
solo qualche esempio, alla datazione col metodo del radiocarbonio o all’analisi fotospettrica a raggi
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infrarossi di documenti e monumenti, o allo studio storico-geograEco attraverso la fotograEa aerea e
poi satellitare o all’esame geognostico per la datazione in archeologia nella paleogeograEa storica;
oppure, per riferirsi a contiguità disciplinari più strette, all’apporto che linguistica, antropologia culturale,
etnologia, dottrine politiche ed economiche e altre numerose direzioni di studio hanno apportato agli
studi storici.
Non a torto si è parlato di una ‘rivoluzione documentaria’ che il secolo XX ha Enito con l’operare. Essa
è stata fortemente incrementata dai nuovi mezzi di comunicazione di massa (fotograEa, cinema, radio
televisione), che hanno fornito tutta una nuova ed estremamente ricca serie di documenti. La loro
novità tecnica e le condizioni che ne derivano non escludono, tuttavia, che anche questi documenti
soggiacciano alle regole generali della ricerca e dell’esegesi delle fonti stabilita per ogni altro tipo di
documento.
Il calcolatore, inEne, ha fornito, a sua volta, altre e ancor più straordinarie possibilità di analisi
qualitativa e quantitativa dei documenti, i cui effetti sono ancora agli inizi. Né la ‘rivoluzione
documentaria’ mostra di concludersi a questi già straordinari livelli; essa lascia intravvedere un’ancora
più innovatrice stagione della ricerca, dello studio e della conservazione dei documenti, anche se –
come si è detto – più difEcile appare (per non dire logicamente infondato) che ne possano derivare
sconvolgimenti al quadro concettuale della critica e dell’esegesi delle fonti.
Più problematico appare, invece, lo statuto scienti0co di un'altra categoria di fonti, antichissima, ma
fortemente valorizzata nel corso del secolo XX secolo: le cosiddette ‘fonti orali’. Su di esse è stata
anche costruita l'ipotesi di una cosiddetta ‘storia orale’, le cui caratteristiche è ancor più difEcile stabilire
in modo rigoroso, se non univoco. Ma qui il con0ne tra l'angolo visuale della storiogra0a e quello di
altre discipline (sociologiche, antropologiche ed etnologiche in primo luogo) rischia di essere non
poco alterato a discapito della considerazione propriamente storica. Non è in discussione il potenziale
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valore documentario ed euristico delle testimonianze orali, anche perché di testimonianze orali è
cosparsa la stessa documentazione scritta dalla più antica alla più recente età. Si tratta di costruire
una procedura o una tipologia di procedure che diano alle ‘fonti orali’ una più riconoscibile e
praticabile 0sionomia tecnica e scienti0ca, al di là degli entusiasmi, in certo qual modo eccessivi,
diffusisi in larga parte della storiograEa contemporanea.
Bibliogra0a citata
BLOCH Marc, Apologia della storia, tr. it. Torino, Einaudi, 1950, pp. 71-72.
DROYSEN Johann Gustav, Istorica. Lezioni sulla enciclopedia e metodologia della storia, Milano-Napoli,
Ricciardi, 1966 (ed. orig. 1937).
FOUCAULT Michel, L’archeologia del sapere, Milano, Rizzoli, 1971 (ed. orig. 1969).
GALASSO Giuseppe, Fonti storiche, in Enciclopedia del Novecento, vol. VII, Roma, Istituto della
Enciclopedia Italiana, 1984, pp. 198-212.
GALASSO Giuseppe, Nient’altro che storia. Saggi di teoria e metodologia della storia, Bologna, il Mulino,
2000.
LE GOFF Jacques, Documento/Monumento, in Enciclopedia, vol. V, Torino, Einaudi, 1978, pp. 38-48.
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