Norme metodologiche - Pontificia Università Lateranense

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Norme metodologiche - Pontificia Università Lateranense
NORME METODOLOGICHE PER LA STESURA
DEGLI ELABORATI E DELLE DISSERTAZIONI
Nella stesura di un lavoro scritto bisogna attenersi alle seguenti indicazioni metodologiche:
1. Ogni lavoro sarà presentato dattilografato su fogli scritti su una sola facciata.
2. Le parti fondamentali di ogni lavoro sono:
• il testo e le sue note,
• le sigle e/o abbreviazioni,
• la bibliografia,
• la presentazione o introduzione,
• la conclusione,
• l’indice generale (per i lavori di una certa consistenza come le tesi è consigliabile aggiungere
altri indici come quello dei nomi o degli autori, delle citazioni bibliche, ecc.). L’indice generale
si può collocare all’inizio o alla fine del lavoro.
3. Sigle e abbreviazioni. Conviene usare quelle generalmente ammesse, assumendole da un
manuale o da un’Enciclopedia teologica. Non è esclusa la possibilità di ricorrere ad altre
abbreviazioni o sigle, purché risultino sempre comprensibili e siano indicate nell’apposito
prospetto all’inizio del lavoro.
4. L’indice generale serve ad indicare titoli dei capitoli e dei paragrafi e parti principali del
lavoro, col riferimento alle pagine corrispondenti.
5. La presentazione o introduzione serve a chiarire e giustificare:
a) la scelta dell’argomento;
b) il metodo adottato;
c) i limiti del lavoro;
d) la scaletta dei contenuti o argomenti particolari;
e) lo status quaestionis, qualora non fosse delineato in un apposito capitolo;
f) la specificità della propria ricerca.
Nella conclusione si esporranno i risultati raggiunti, indicando eventualmente ulteriori
prospettive per successive ricerche.
6. La bibliografia presenta in maniera ordinata il materiale utilizzato nella compilazione del
lavoro. È molto opportuno disporre detto materiale in due sezioni: fonti (= testi fondamentali
imprescindibili) e letteratura o studi (= supporti e interpretazioni). Le fonti si possono ordinare
secondo criteri diversi (alfabetico, cronologico, ecc.), la letteratura deve seguire l’ordine
alfabetico per autori. Comunque è sempre opportuno elencare i lavori di uno stesso autore in
ordine cronologico.
7. Il testo va redatto con margini di circa cm. 3 a sinistra e di cm. 1 o 2 a destra. Le righe vanno
distanziate da spazi interlineari 1,5. Le citazioni interne al testo, se di una certa consistenza (es.
6-8 righe), si riportano a interlinea 1 rientrando di alcune battute. Anche i capoversi vanno
iniziati a rientrare di alcune battute. Le parole in altra lingua vanno sottolineate o in corsivo.
8. Ripartizione. Un’adeguata ripartizione del lavoro si rende indispensabile per i testi piuttosto
consistenti secondo il criterio di una certa simmetria. Le parti o sezioni (generalmente indicate
con i numeri romani) si suddividono a loro volta in capitoli (indicati generalmente con cifre
arabe), i quali possono a loro volta ripartirsi in titoli e/o paragrafi (che si possono indicare con
lettere maiuscole e minuscole dell’alfabeto latino, esaurito il quale si può passare al greco). Si
può eventualmente adottare un sistema di tipo esadecimale in cui il primo numero indica la
sezione, il secondo il capitolo, il terzo il titolo, il quarto il paragrafo, ecc. All’interno di questo
sistema generalmente l’introduzione riceve il numero 0, seguito da ulteriori ripartizioni (es. 0 0.1 - 0.1.1 - 0.1.2 - 0.2 ecc.).
9. Le note vanno riportate o in calce alla pagina (separate dal testo da una breve riga) o in fondo
al lavoro o alla fine di ogni capitolo. Si adotti sempre la numerazione progressiva e unica. Se il
lavoro è diviso in più capitoli o parti e le note sono numerose, ogni capitolo avrà la propria
numerazione progressiva ed unica. Il numero di riferimento nel testo va riportato come
esponente oppure in parentesi tonde.
10. Per le citazioni e i riferimenti bibliografici ci si attenga alle seguenti regole di carattere
generale, mentre casi concreti non esplicitamente contemplati qui di seguito si possono risolvere
con il ricorso all’analogia.
10.1. La prima regola fondamentale è quella di mantenere sempre l’uniformità nelle
citazioni e nella metodologia e di non cambiare senza grave motivo (magari specificato) le
modalità assunte in partenza all’interno dello stesso lavoro.
10.2. Le citazioni possono essere addotte per provare, per completare, per chiarire il testo,
oppure per offrire semplici riferimenti bibliografici. Tra il testo proprio e le citazioni si
conservi un sano equilibrio. Quando si riferisce il pensiero altrui senza direttamente citarlo
tra virgolette, il riferimento bibliografico in nota va fatto precedere dalla sigla Cf o Cfr.
10.3. Le citazioni testuali (tra virgolette) possono inserirsi nel testo o nelle note, mentre il
riferimento bibliografico va sempre inserito nelle note, eccetto che in alcuni casi: citazioni
della Scrittura, del Codice di Diritto canonico, di documenti ecclesiastici molto noti, come
quelli del Concilio Vaticano II e simili. In questi casi, se non si vuol riportare il riferimento
in nota, lo si può aggiungere in parentesi dopo le virgolette, adoperando la sigla e il numero
di riferimento (per i documenti suddetti), il capitolo e i versetti (per la Bibbia). La sigla va
scritta in corsivo (es. LG, 8; Mc 3,5 ecc.).
10.4. Quando si interviene in un testo citato letteralmente tra virgolette bisogna usare le
parentesi quadre prima e dopo il proprio intervento. Quando si salta qualche periodo del
testo citato si usa all’interno della citazione il simbolo […].
10.5. Le citazioni nelle note riguardano principalmente le indicazioni bibliografiche
relative ai brani riportati o cui si fa riferimento nel testo. La prima volta che capita di dover
riportare un’indicazione, essa va fatta sempre nella sua forma più completa, con tutti gli
elementi bibliografici essenziali e secondo le rispettive modalità (libro, rivista, miscellanea,
dizionario, enciclopedia, ecc.).
10.5.1. Nella stesura delle citazioni occorre tener presenti gli elementi bibliografici
fondamentali, che sono:
- nome dell’autore in maiuscolo (completo o prima lettera puntata);
- cognome dell’autore in maiuscoletto;
- titolo dell’opera (corsivo) [il sottotitolo può non essere corsivo];
- nome e cognome del curatore o dei curatori dell’opera e del traduttore o traduttori;
- luogo e data di edizione (è facoltativo, ma utile, riportare la casa editrice);
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- il numero dell’edizione come esponente alla data o in cifre romane seguito dalla
sigla ed.;
- la pagina (o colonna) o le pagine (o colonne) citate (separate da un trattino). A
questa indicazione si può far precedere la sigla p. o c. cc., a seconda se si tratta di
pagina/e o colonna/e.
ESEMPI: G. LORIZIO, Mistero della morte come mistero dell’uomo. Un’ipotesi di
confronto fra la cultura laica e la teologia contemporanea, Dehoniane, Napoli 1982,
50 - 54.
F. PRAT, La théologie de saint Paul, Paris 192715, vol. I, 9 - 12.
10.5.2. A volte occorre citare dei brani di seconda mano, ossia citati da un altro
autore. Si raccomanda di limitare al massimo tale eventualità, che è a scapito della
scientificità del lavoro stesso.
ESEMPIO: P. PIOVANI, Rosmini e Vico cit. in G. LORIZIO, Eschaton e storia nel
pensiero di Antonio Rosmini. Genesi e analisi della Teodicea in prospettiva teologica,
Roma - Brescia 1988, 51, n. 161.
10.6. Data la diversità tra le riviste scientifiche, non siamo in grado di offrire una norma
generale valida per tutte relativamente alla citazione dei saggi pubblicati sotto forma di
articoli. Possiamo ipotizzare tre casi principali:
10.6.1. Riviste che pubblicano un solo volume per annata (in diversi fascicoli).
ESEMPIO: G. LORIZIO, “L’essere e il nulla della morte in alcune figure del pensiero
moderno e contemporaneo”, in Rassegna di Teologia 26 (1985) 325-341.
Oppure: G. LORIZIO, L’essere e il nulla della morte in alcune figure del pensiero
moderno e contemporaneo, in Rassegna di Teologia 26 (1985) 325-341.
Il numero che segue il titolo della rivista è quello del volume o annata, il numero in
parentesi è quello dell’anno di pubblicazione, i numeri che seguono indicano le
pagine. Il titolo del saggio può essere sottolineato (o in corsivo) oppure virgolettato,
mentre il nome della rivista va sottolineato (o in corsivo).
10.6.2. Riviste con più volumi per ogni annata. Tutto come negli esempi addotti al
precedente punto, solo che, dopo la parentesi che racchiude l’anno, va aggiunto in
cifre romane il numero del volume.
ESEMPIO: G. THIBON, “L’inegalité facteur d’harmonie”, in Études Carmélitaines 24
(1939) II, 78-87.
10.6.3. Riviste senza numerazione continua dei volumi della propria serie, ma di
solito con la numerazione progressiva dei fascicoli di ogni annata.
ESEMPIO: R. LAURENTIN, La persistenza della pietà popolare, in Concilium 1973/3,
180-191.
10.7. Per le opere miscellanee o in collaborazione si danno due casi:
10.7.1. Miscellanee di cui non è indicato il curatore (o i curatori), per cui occorre
usare la sigla AA. VV.
ESEMPIO: B. SECONDIN, Santità e peccato collettivo, in AA.VV., Peccato e santità,
Roma 1979, 223-251.
10.7.2.Miscellanee con uno o più curatori, il cui nome va fatto seguire
dall’indicazione, in parentesi (ed.) o (edd.) o (a cura di).
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ESEMPIO: N. GALANTINO, Antropologia contemporanea in prospettiva catechetica,
in G. LORIZIO - V. SCIPPA (edd.), Ecclesiae sacramentum, Napoli 1986, 393-427.
10.8. Per le enciclopedie e i dizionari si segue un sistema analogo a quello adottato per le
opere in collaborazione, ricordandosi di aggiungere in cifre romane il numero del volume
dopo il titolo dell’enciclopedia o del dizionario.
ESEMPIO: I. RODRIGUEZ, “Purificazione”, in Dizionario Enciclopedico di spiritualità,
Roma 1975, vol. II, 1539-1547.
Naturalmente nel caso sia indicato il curatore (o i curatori) bisogna comportarsi come
nell’esempio seguente.
ESEMPIO: C. VAGAGGINI, Teologia, in G. BARBAGLIO - S. DIANICH (edd.), Nuovo
dizionario di Teologia, Roma 19823, 1597-1711.
10.9. Data la grande varietà esistente di collezioni o collane non è possibile indicare norme
valide per tutte. Ci si limiti pertanto a segnalare, in parentesi dopo il titolo dell’opera quello
della collezione in cui è situata seguita dal numero. Sarà bene offrire l’indicazione solo
relativamente alle collane di una certa consistenza scientifica, tralasciando quelle di
semplice propaganda commerciale o editoriale.
ESEMPIO: C. GRECO (ed.), Pensiero e storicità. Saggi su Hegel, Marx, Gadamer e
Bonhoeffer (Aloisiana, 19), Brescia 1985.
10.10. Quando si cita più volte lo stesso autore o la stessa opera conviene far ricorso alle
seguenti abbreviazioni:
- stesso autore: ID. o IDEM;
- stesso libro: op. cit.;
- stesso articolo: art. cit.;
- stesso autore e stessa opera citati immediatamente prima: ibidem oppure ib. con
eventualmente il numero della pagina o delle pagine di riferimento. Onde evitare
fraintendimenti, quando è necessario citare più opere di uno stesso autore all’indicazione
op. cit. o art. cit. si faccia precedere il titolo abbreviato o intero del lavoro citato.
ESEMPIO: G. LORIZIO, Eschaton e storia…, op. cit., 74-84.
Poiché l’abbreviazione del titolo è già sottolineata, non è necessario sottolineare anche
l’op. cit., che invece va sottolineato quando non è preceduto da tale abbreviazione.
11. Generalmente nelle Università Pontificie si possono usare cinque lingue moderne accreditate
nella compilazione dei lavori scientifici: italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo. Si
raccomanda in ogni caso di prestare molta attenzione all’ortografia della lingua adottata.
12. Per quanto concerne il frontespizio del lavoro da presentare ci si attenga scrupolosamente
alle norme fornite dalla Segreteria.
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Fac-simile di frontespizio per l’elaborato del seminario di Baccalaureato
PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE
Facoltà di S. Teologia
LA CRISTOLOGIA PNEUMATICA DI M. BORDONI
Una lettura sistematica del volume
“La cristologia nell’orizzonte dello Spirito”
Elaborato per il seminario:
15231 La cristologia tra XX e XXI secolo
Studente: _____________________ (matr. ……)
Anno Accademico ___________
Per ulteriori indicazioni di carattere metodologico rinviamo al testo: PONTIFICIA UNIVERSITÀ
LATERANENSE, Norme redazionali e orientamenti metodologici per gli elaborati accademici,
LUP, Città del Vaticano 20152.
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