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01 piazza finanziaria.qxp_Digital 28.01.15 18:49 Pagina 162
Finanza & Fondi
Editoriale
Sommario
Piazza finanziaria
per i mercati globali
C
on il franco, l’euro, il dollaro, il petrolio
e le materie prime, con i mercati affermati o emergenti, obbligazioni, azioni,
derivati o fondi e altro, le alternative per investire il risparmio, che la piazza ticinese offre,
non mancano. Professionisti e consulenti che
reggono il confronto con qualunque piazza
finanziaria svizzera, da sempre leader nel
mondo. L’economia sembra andare un po’ giù
e un po’ su, ma nella sua globalità migliora
sempre. Si può vedere anche da un bell’articolo,
nelle prossime pagine, che la ricchezza del mondo
aumenta costantemente. L’Europa sembra decisa
a far meglio i compiti per liberarsi dalle troppe
ingerenze pubbliche e, con un’operazione di
immissione di liquidità ‘all’americana’, dovrebbe
risollevare quelle nazioni che non fan decollare
i consumi solo perché hanno salari troppo contenuti o perché per il timore del futuro risparmiano all’inverosimile. Ora, la punizione degli
interessi quasi azzerati dovrebbe appunto far
emergere in Svizzera, come anche in Europa,
molti capitali per essere gestiti in maniera più
logica su tutte quelle forme che si staccano dallo
0,5% di interesse o peggio dagli interessi negativi. La Svizzera, che per gli analisti del mondo
è sempre sfacciatamente più ricca, sa invece che
l’imprenditoria d’ogni genere dovrà rimboccarsi
le maniche come ha sempre fatto, ma non mollerà. La piazza finanziaria di Lugano, anche
per le decisioni fiscali con l’Italia, riunisce da
tempo tutte le competenze del Cantone e si sta
muovendo nell’ottica di proporsi ad altri mercati.
A Lugano c’è tutta la tradizione bancaria elvetica, il know how tecnologico, un indotto d’altissimo livello e competenze giuridiche di elevata
qualità. Visto il successo che oggi contraddistingue
settori come la logistica, il lusso e il trading, si
può essere fiduciosi per la piazza finanziaria
che, rispetto ad altre, ha anche un know how
linguistico unico in Europa.
Valerio De Giorgi
162 · TM Gen./Feb. 2015
163
Piazza finanziaria
Affrontare il cambiamento
Qual è lo stato di salute della piazza finanziaria ticinese oggi?
168
Sfama
Il mercato dei fondi elvetico
“svetta” toccando quota 8mila
fondi registrati.
171
Wealth-X
I super ricchi (gli ultra high net
worth individuals) sono in
costante crescita.
174
UBS
Il fondo UBS European
opportunity unconstrained
sotto i riflettori.
Banca del Sempione 177
Uno sguardo al comparto
Flexible Low Risk Exposure di
Base investments Sicav.
178
BancaStato
BancaStato fa il punto
sui fondi
della gamma Swisscanto.
BSI
Le ultime novità
per l’investitore
nell’offerta fondi.
181
184
Banca Migros
Una guida nella scelta fra i fondi
indicizzati e i fondi strategici,
ancora più vantaggiosi.
187
Rowe Price
Opportunità di profitto
duraturo sfruttando le curve
di rendimento più alte.
188
Exane
Focus sulle obbligazioni convertibili di Ellipsis Am del gruppo Exane.
190
Candriam
Biotecnologia e ricerca medica,
i protagonisti di un fondo del
gruppo Candriam.
192
B-Source
B-Source, un alternativa IT alla
banca tradizionale.
194
Diamondsellers
Il valore aggiunto di
un investimento in diamanti
secondo Diamondsellers.
196
Idb Helvetia
I diamanti, investimento a
lungo termine per definizione.
Il parere di Idb Helvetia.
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finanza & fondi / La Piazza
Affrontare
il cambiamento
Molti i cambiamenti macro-economici verificatisi a livello globale, nel corso di quest’ultimo
anno. Cambiamenti che non hanno però avuto grosse ripercussioni sul mercato dei fondi e
del risparmio gestito.
S
i è chiuso un ottimo anno per il
risparmio gestito. Per la terza volta
consecutiva, i consuntivi sono stati
molto migliori delle attese. Fattore ancora
più importante: i portafogli gestiti professionalmente hanno potuto mostrare i
loro plus rispetto ai mercati in generale e
ai portafogli ‘passivi’ dei cassettisti.
Infatti tutti gli elementi che hanno
influenzato il mercato nel corso dell’anno,
sono stati ‘telefonati’: la graduale riduzione
del supporto della Federal reserve ai mercati e il buon andamento dell’economia
americana, la debolezza dell’economia
cinese, il calo dell’inflazione... perfino il
crollo del petrolio si è materializzato con
una certa lentezza. L’unica sorpresa forse
è stata l’arrancare delle economie ‘core
europe’ e l’insuccesso - previsto ma non
in modo così marcato - della Abenomics.
Non si sono materializzati invece effetti
massicci e imprevedibili (panico da virus
Ebola, guerre aperte in Ucraina, drammatica bolla immobiliare e creditizia in
Cina). I gestori di portafogli quindi non
hanno dovuto faticare troppo per dare ai
loro clienti assetti di portafoglio capaci di
restituire un buon rapporto fra rendimento
e rischio. E il 2015 - anche se è presto per
dirlo - sembra continuare sulla stessa traccia, con la novità dell’atteso acquisto di
bond da parte della Banca centrale europea
che premierà i titoli bancari europei (tartassati dalle normative e dal controllo sempre più serio della Bce) e le quotazioni del
reddito fisso in generale. In questo clima
‘prevedibile’ e caratterizzato per buona
parte dell’anno da una scarsa volatilità le
strategie più a rischio, contrarie o opportunistiche non hanno sempre dato un ren-
dimento pari al rischio e alle commissioni
richieste. I fondi hedge attraversano una
fase di rischio. È vero che il 2014 è stato
un anno molto buono per la loro raccolta
e che il 26% degli investitori istituzionali
prevede di aumentare la allocazione di
capitale in questo tipo di strumenti, ma è
anche vero che il 12% (il doppio rispetto
allo scorso anno) prevede di ridurla e il
2014 ha visto sia il più grande fondo istutuzionale non sovrano: il Calpers e il
secondo fondo europeo, l’olandese Pensioenfonds Zorg en Welzijn, (Pfzw) uscire
comoletamente da questo tipo di strumenti
proprio a causa delle forti commissioni.
Mediamente gli hedge fund trattengono
il 2,4% annuo, due terzi rispetto al rendimento medio registrato sia nel 2014, sia
anno dopo anno nel quinquennio 20082013. Certo i 4 miliardi di dollari ritirati
TM Gen./Feb. 2015 · 163
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No alle strategie ‘attendiste’
Dal punto di vista sistemico, qual è lo stato di
salute della piazza?
Seppur negli ultimi anni si sia verificato un
innegabile ridimensionamento, i numeri ci
indicano che il settore finanziario è ancora
importante nel nostro cantone. Ad oggi a
Lugano ci sono oltre 50 istituti bancari che
offrono occupazioni di alto profilo a diverse
migliaia di addetti. Andando oltre gli indicatori, ci sono segnali concreti che dimostrano che la piazza è ancora attrattiva. Sto
per esempio pensando alla recente acquisizione di BSI da parte della Btg Pactual, alle
fusioni o accorpamenti che rendono gli opeFranco Citterio, direttore dell’Asratori più solidi ed efficienti, alle nuove nicsociazione bancaria ticinese e prechie di attività che si stanno affermando, a
sidente di Ticino for Finance.
conferenze di alto livello che contribuiscono
a mettere Lugano ‘sulla mappa’. In altre
parole, abbiamo ancora delle potenzialità in cui vale la pena credere. Senza il segreto
bancario, il private banking ticinese ha ancora un futuro in Ticino? Il segreto bancario
rappresenta solo uno dei fattori che hanno permesso lo sviluppo di questa attività e
della nostra piazza. Esistono infatti altri aspetti, come la stabilità economica e monetaria,
la certezza del diritto, il know-how o l’attenzione verso il cliente, che contraddistinguono
il ‘fare private banking’ in Svizzera e in Ticino. Si sta aprendo un nuovo capitolo per
la Svizzera nell’ottica della strategia del denaro dichiarato, percorsa ormai da tutti gli
istituti bancari, e se sapremo giocare bene le nostre carte, saremo in grado sia di
rimanere importanti nel private banking, che continuerà a essere il nostro core business
anche in futuro, sia di perseguire nuove opportunità sotto altri profili.
È il caso di aspettare o muoversi?
Il rischio di una ‘strategia attendista’ è che l’eventuale reazione giunga quando è ormai
troppo tardi. Per noi dunque meglio muoversi, nella consapevolezza che quello che
succederà al di sopra della piazza finanziaria ticinese avrà impatti importantissimi.
Ciononostante credo sia importante adoperarsi per diversificare, per acquisire nuove
competenze, per aprirsi a nuovi mercati e, non da ultimo, per lavorare su una percezione
della piazza che non sia legata ai soliti stereotipi.
Ticino for Finance, di cui lei è presidente, va in questo senso?
Sì, l’associazione è stata creata alcuni anni orsono insieme al Cantone e ad altri attori
proprio con questi obiettivi. Siamo del tutto consapevoli che non sarà un’operazione
di marketing territoriale di nicchia a cambiare il corso della storia della piazza finanziaria,
ma siamo altresì convinti che il contributo portato al cambiamento, per quanto contenuto, sia importante.
Anche perché, le altre piazze finanziarie, sia quelle emergenti che quelle consolidate,
non stanno certo con le mani in mano. Noi crediamo che un’iniziativa di questo tipo
sia adatta e, oggi più che mai, opportuna. Tra l’altro pure a livello federale si stanno
dando da fare: da un paio di anni è partita la Swiss Asset Management Initiative, di
cui anche l’Associazione Svizzera dei Banchieri è parte integrante, allo scopo di
rafforzare l’attività dell’asset management in Svizzera a complemento del private
banking. Tale iniziativa a livello nazionale, del tutto coerente per strategia, obiettivi
e azioni a quanto sta portando avanti Ticino for Finance, mi sembra una conferma
per noi di non essere "fuori strada".
da Calpers e i 2,6 miliardi di Pfzw non
sono importanti in una industria degli
hedge fund che muove 3100 miliardi ma
è uno scricchiolio che si fa sentire.
164 · TM Gen./Feb. 2015
Viceversa non è un caso che il 2014 sia
stato l’anni migliore nelal storia degli Etf:
la massa amministrata negli Usa è salita
di 200 miliardi di dollari. In Europa anche
grazie alla ‘guerra dei prezzi’ ingaggiata
da Vanguard e iShares (BlackRock) la massa amministrata a fine anno è aumentata
di 62 miliardi, tre volte più rispetto al 2013
e record assoluto. Il mercato continua a
essere molto più concentrato rispetto a
quello dei fondi d’investimento e degli
hedge: Vanguard gestisce 441 miliardi StateStreet 459miliardi mentre i Shares supera i mille miliardi grazie ai 104 miliardi
entrati nello scorso anno. L’interesse per
gli Etf ha diverse ragioni: da una parte se
le quotazioni sono mosse soprattutto dalle
variabili macro e dal comportamento delle
banche centrali, lo stock picking diventa
un fattore meno importante nel determinare un rendimento. Conviene esporsi
all’indice e l’Etf è il modo migliore per
farlo. Dall’altra soprattutto in Europa si
sta affermando la gestione fee-based (In
Regno Unito, Olanda e Svizzera le autorità
spingono molto in questa direzione).
Gli intermediari hanno meno incentivi
a consigliare fondi di investimento (che
prevedono retrocessioni) rispetto agli Etf
(che non le prevedono). Da ultimo in un
contesto di scarsa volatilità e di rendimenti
nominali ridotti (sull’obbligazionario), il
costo delle commissioni diventa importante e questo spiega il successo degli Etf
investiti in reddito fisso.
Si stanno rivolgendo agli Etf sia gli istituzionali sia i privati e perfino i gestori di
fondi di investimento. Lo strumento è
apprezzato sempre di più sia dai ‘cassettisti’
sia dagli investitori più aggressivi che guardano con interesse ai proditti cosiddetti
‘smart beta’ che gestiscono in modo passivo portafogli creati in modo molto sofisticato e non basati sulla semplice capitalizzazione. Gli investitori più attivi apprezzano dell’Etf la liquidabilità immediata (si
può comprare e vendere più volte lo stesso
Etf in giornata al prezzo vigente in quel
momento mentre i fondi sono liquidati a
fine giornata) e la possibilità di esporsi a
classi e sottoclassi di asset sempre più specifiche. Si stanno facendo strada gli Etf
short e quelli a leva. Tra le novità gli smart
beta (non market cap weighted) e che permettono accesso diretto in Cina. Secondo
gli osservatori il 2015 sarà un altro anno
record per gli Etf e i migliori risultati si
registreranno negli Etf investiti in bond.
In calo invece l’interesse per gli Etf investiti
in materie prime e in mercati emergenti,
ma questo non avviene per una debolezza
intrinseca dello strumento quanto per il
deludente andamento dei mercati sotto-
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stanti. I fondi di investimento con 25 mila
miliardi in gestione (quasi 900 dei quali
gestiti in Svizzera) rappresentano il prodotto principe del risparmio gestito. Esistono nel mondo 90 mila prodotti che
aumentano al ritmo di 2 mila all’anno.
Anche questo settore è sottoposto a una
crescente regolamentazione che incide sui
costi. La semplicità e la sicurezza intrinseca
dello strumento lo rendono comunque
caro ai risparmiatori retail e di fascia media.
E questo introduce il tema del 2015. Il
risparmio gestito si conferma come ‘la’
modalità di gestione degli asset anche nella
fascia medio-alta. Questo non era così
scontato in Italia dove il risparmio gestito
(a partire dall’infelice nome di Fondi
‘comuni’ di investimento) sembrava una
modalità riservata al cliente retail.
Nessun investitore anche medio o medio
alto si stupisce più di vedere nella sua
Gestione fondi attivi, e magari anche in
prodotti ‘passivi’ come gli etf o ‘semi-passivi’ come quegli Etp e quei certificati Delta-1 che rappresentano in realtà scelte di
portafoglio molto specifiche .
D’altra parte si sta diffondendo anche
nel Sud Europa una attenzione al pricing
di questi prodotti che in passato era più
specifica dei mercati anglosassoni e nordeuropei. E il pricing è il punto debole
soprattutto nei prodotto complessi come
fondi di fondi o gestioni in fondi dove si
possono sovrapporre più livelli di commissioni sia a livello di entrata sia a livello
di gestione e di spese. In Svizzera il problema è particolarmente sentito non solo
o tanto perché l’offerta sia intrinsecamente
‘cara’ ma perché la domanda soprattutto
da parte di detentori di capitali non dichiarati era scarsamente attenta a questo tema.
Tutto quello che è avvenuto nel 2014
può essere riassunto sotto una unica voce:
trasparenza. A partire dal prossimo anno
chi acquista prodotti finanziari attraverso
intermediari elvetici lo fa a prescindere
da qualsiasi considerazione fiscale. Questo
cambia molte cose: il cliente italiano guarderà di più ai costi del servizio che gli viene
offerto e apprezzerà di più la qualità che
riceve come del resto fa da tempo la clientela on-shore. Il cliente farà paragoni fra
i costi che paga in Italia e in Svizzera per
lo stesso servizio: sono conti spesso svianti
perché a volte la banca italiana fa ‘dumping’ sul prezzo del risparmio gestito (per
esempio il servizio di gestione patrimoniale) per trattenere il cliente privato e la
sua azienda. Ma tant’è: questi paragoni
Risultare più attrattivi per chi porta valore
Quanto può contare il Cantone sulla piazza
finanziaria?
L’insieme della piazza finanziaria assicura
ancora oggi oltre il 10% del reddito cantonale
impiegando oltre 10’000 persone tra settore
bancario e parabancario. Non dimentichiamo che per avere una piazza economica forte,
è fondamentale avere un settore finanziario
moderno, efficiente e vasto, in grado di sostenerla. La piazza finanziaria è dunque un asset
importantissimo, anche per la nostra piazza
economica, che non dobbiamo farci scappare.
Inoltre, a fronte di evoluzioni negative, ci
sono anche segnali positivi. Penso ad esempio
Stefano Rizzi, direttore Divisione
al Commodity Trading, che da alcuni anni
dell’economia e vice-presidente di
sta vivendo in Ticino una forte espansione,
Ticino for Finance
con quasi un centinaio di aziende e un gettito
fiscale molto importante, oppure lo sviluppo
di nuove nicchie di mercato, come l’asset management, che portano in Ticino operatori
che contribuiscono ad arricchire il nostro territorio non solo in termini di imposte o
di posti di lavoro, ma anche di competenze, di nuove opportunità e nuove relazioni
verso il resto del mondo. Non parlerei quindi di ‘abbandono della piazza’, anzi credo
dovremmo insistere e fare fronte comune per renderla sempre più attrattiva.
Cosa può fare lo Stato per la tutela della piazza?
Non credo sia compito dell’ente pubblico intervenire in maniera dirigista nelle
dinamiche di funzionamento di un settore. Tuttavia credo che il pubblico debba avere
un ruolo di facilitatore dello sviluppo, da un lato, perfezionando le condizioni quadro
e, dall’altro, investendo direttamente in attività che, non generando un ritorno
economico immediato, rischiano di non essere sostenibili dagli attori privati. Penso
ad esempio alla formazione e al marketing territoriale, importanti per creare i presupposti
per la crescita economica e lo sviluppo delle iniziative private sul nostro territorio.
Cosa sta facendo il Cantone in questo senso?
Come Dipartimento delle finanze e dell’economia cerchiamo di avere un ruolo attivo
e propositivo, senza prescindere dalla collaborazione degli attori del settore, gli unici
in grado di avere una concreta percezione delle problematiche e delle opportunità in
essere. Tutte le attività e i progetti nati nel solco della politica economica regionale,
solo per fare un esempio posso citare la Fondazione AGIRE, vanno in questa direzione.
Ad esempio stiamo promuovendo un progetto formativo a stretto contatto con l’ABT,
i fiduciari e altri attori per sostenere le competenze e per limitare l’impatto occupazionale
del riposizionamento della piazza. Naturalmente anche Ticino for Finance si inserisce
in questo quadro, fungendo da piattaforma di confronto con tutti gli attori della piazza
per coordinare azioni e obiettivi e, a oggi, credo sia un esperimento riuscito di
partenariato tra pubblico e privato. Nel solo 2014 siamo stati molto attivi a Londra,
in Italia e in Turchia e al contempo abbiamo lavorato sul fronte interno, ad esempio
con il supporto all’European Financial Association Conference tenutasi lo scorso
agosto a Lugano o con la pubblicazione di Ticino 202020, Riflessioni per il futuro della
piazza finanziaria, strumento finalizzato ad alimentare il dibattito sulle prospettive
future della nostra piazza finanziaria. Ritengo in sintesi che anche in un contesto
difficile come quello attuale dobbiamo utilizzare gli strumenti a nostra disposizione
per rendere il nostro territorio attrattivo per chi è in grado di portare vero valore.
saranno fatti e occorrerà quindi da una
parte far risaltare la qualità intrinseca del
servizio, dall’altra... abbassarli.
Del resto il mercato se lo aspetta: non
è un caso che il valore di mercato di ogni
portafoglio gestito (ad esempio il valore
di una private bank al netto delle immobilizzazioni fisse) sia sceso da 4-5 all’1TM Gen./Feb. 2015 · 165
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Nuovi prodotti, nuovi strumenti,
nuovi mercati
Come è percepita la piazza finanziaria svizzera
all’estero? Ritiene vi sia ancora valore da offrire?
Non è facile rispondere a questa domanda
in modo univoco. Il prestigio della piazza
svizzera è stato in tempi recenti offuscato da
elementi che hanno fortemente disturbato
la clientela, in primis dalle rivendicazioni in
tema di fiscalità avanzate da parte di nazioni
terze e dalle trattative che ne sono derivate.
La situazione oggi è in fase di miglioramento:
Alberto Lotti,
la piazza finanziaria svizzera è nuovamente
Ceo di Axion Swiss Bank
in grado di promuovere i propri punti di forza, che sicuramente esistono e sono apprezzati. Il settore della clientela privata internazionale tax compliant e dei suoi family office sa attribuire valore alla nostra credibilità
istituzionale e alla preparazione del nostro personale, in particolare alla sua capacità
di dialogo con culture non vicine, di studio ed implementazione di strutture di investimento e societarie efficienti. Questa clientela, che ben è cosciente che l’epoca del
segreto bancario è finita, continua a ricercare professionalità e confidenzialità, che la
Svizzera ancora può offrire. Compito per tutti noi resta quindi il saper trasmettere
all’estero un messaggio adeguato.
E la piazza finanziaria ticinese? È percepita anche al di là del tradizionale mercato italiano?
Se non dovessimo riuscire a promuovere la piazza ticinese oltre i confini italiani,
potremo incolpare solo noi stessi. Nella mia esperienza, Lugano è conosciuta e ricordata
con simpatia in tutta Europa e Asia. Nel corso della mia attività professionale, ho
notato che le piazze finanziarie di successo investono in modo continuativo nel rappresentare se stesse all’estero, perseguendo obiettivi di lungo periodo. È stato il caso
prima di Singapore e del Lussemburgo, oggi di Malta e di Dubai. È anche il caso di
altri cantoni svizzeri. In questo senso l’iniziativa Ticino for Finance sostiene la piazza
finanziaria. Sarà importante che gli opinion leader ticinesi ne supportino l’azione,
rappresentando in prima persona alle proprie controparti internazionali le caratteristiche
del cantone.
È opportuno agire sin da subito? E nel caso in quale direzione?
Il contesto è mutevole, ma non imprevedibile. Vale di conseguenza il proverbio “chi
si ferma è perduto”. Azioni intuitive quali il concentrarsi sic et simpliciter sulla clientela
svizzera e su quella italiana ufficiale sono utili ma incontrano la concorrenza dell’intero
sistema bancario. Per chi le saprà seguire restano a mio avviso tre vie: nuovi prodotti,
in particolare per le aziende; espansione verso mercati non tradizionali; sviluppo di
strumenti di investimento e di consulenza modellati sulle esigenze della clientela.
Tre priorità per rilanciare la piazza finanziaria...
Molte sono state già indicate in Ticino 2020. Tra le azioni irrinunciabili intravedo il
definire un equo ma al tempo stesso competitivo quadro fiscale per aziende e individui,
il favorire la formazione di personale che possa guidare la piazza al di là dei mercati
e dei prodotti tradizionali, l’investire in infrastrutture quali ad esempio i trasporti.
1,5% della massa amministrata. In compenso la trasparenza permetterà di ridurre
certi costi e azzerare i rischi reputazionali
del private banking off shore.
Il tema qualità e prezzo del risparmio
gestito si riproporrà ancora di più se nel
2016, come sembra ormai probabile, gli
intermediari svizzeri saranno autorizzati
a contattare la loro clientela anche in Italia.
166 · TM Gen./Feb. 2015
A quel punto si potrà giocare la carta della
innovazione. Cosa c’entra l’innovazione?
È semplice. Si faceva fatica a proporre
prodotti innovativi a un cliente italiano
che si recava in Ticino due o tre volte
all’anno preoccupato di non portare con
se nulla al suo ritorno e perfino spaventato
all’idea di digitare su Google il nome del
suo intermediario svizzero. Al contrario,
potendo interloquire facilmente con il
cliente che ha optato per il rimpatrio giuridico, per telefono, via mail o incontrandolo di persona anche in Italia, l’intermediario svizzero potrà illustrare nel modo
migliore proposte innovative, giocando
sul fatto che la Svizzera è spesso il primo
mercato nel quale sono fatte circolare le
strategie e i prodotti ‘leading edge’. Banalmente su un mercato con le dimensioni
di quello italiano l’investimento necessario
per diffondere su una rete bancaria o su
più reti esterne le conoscenze relative a
un nuovo prodotto è tale che può essere
giustificato solo per prodotti relativamente
di massa. Il prodotto di nicchia non passa
attraverso questo filtro. Viceversa in Svizzera il mercato è piccolo e ha una altissima
concentrazione di investitori e intermediari sofisticati. L’innovazione di prodotto
quindi arriverà più facilmente dalla Svizzera che dall’Italia. Un ulteriore plus arriva
dalla scelta delle banche italiane di disimpegnarsi dal risparmio gestito cedendo le
quote delle società create ‘in house’. Scelta
più tattica che di strategia (era necessario
fare cassa per migliorare i rapporti patrimoniali) che preluderà forse a una architettura aperta, ma non è questo il punto.
Oggi con il decoupling fra attività bancaria e risparmio gestito il cliente italiano
on shore non trova più in banca quella
capacità di valutare complessivamente la
sua situazione e di proporre soluzioni invece di prodotti. È una capacità che invece
il cliente sapeva di poter trovare presso il
suo interlocutore elvetico. Va anche
aggiunto che l’investitore italiano oggi
non vede più il mattone come un investimento sicuro: ne percepisce chiaramente
infatti i limiti intriseci come la scarsa liquidabilità dell’investimento (le città sono
cosparse di cartelli ‘vendesi’), la vulnerabilità fiscale e il rendimento reale ridicolo.
Quindi l’intermediario svizzero di domani
(domani mattina, perché questo tipo di
valutazioni il cliente italiano le farà non
appena è stata accettata la sua domanda
di Voluntary disclosure) giocherà favorito
rispetto alla banca on-shore del suo cliente
italiano e troverà come concorrente solo
il promotore finanziario (che però è troppo
incentivato a far ruotare il portafoglio).
Per la prima volta nella sua storia l’industria del risparmio gestito svizzera e la
competenza di chi sa confezionare soluzioni
potrà giocare in Italia e col vento a favore.
Alberto Pattono