Chiara Laghi - Master EcoPolis
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Chiara Laghi - Master EcoPolis
mapaus master in programmazione di ambienti urbani sostenibili Università degli Studi di Ferrara (Italia) Università degli Studi di Trento (Italia) Università IberoAmericana (Messico) Università Autonoma Metropolitana (Messico) anno accademico 2006-2007 LA CITTÀ NEL MONDO CONTEMPORANEO POLITICHE E PRATICHE DI SICUREZZA URBANA IN UN’OTTICA DI SICUREZZA GLOBALE Chiara Laghi Italia, marzo 2007 mapaus master in programmazione di ambienti urbani sostenibili Università degli Studi di Ferrara (Italia) Università degli Studi di Trento (Italia) Università IberoAmericana (Messico) Università Autonoma Metropolitana (Messico) anno accademico 2006-2007 LA CITTÀ NEL MONDO CONTEMPORANEO POLITICHE E PRATICHE DI SICUREZZA URBANA IN UN’OTTICA DI SICUREZZA GLOBALE Chiara Laghi Italia, marzo 2007 2 Indice Introduzione Sicurezza, insicurezza e percezione……………………………………………… 5 Parte prima: Forme d’insicurezza urbana Sicurezza e domanda d’insicurezza, alcune definizioni……………………… 9. (Definire i concetti – Sicurezza come bene comune – Sicurezza nello spazio e nel tempo – Sicurezza come Security – Sicurezza come Safety – Scurezza come Certainty) Il ruolo dei media nella percezione della sicurezza…………………………… 14 Altri generatori di insicurezza: degrado urbano, inciviltà e devianza, la costruzione dei nuovi centri………………………………………………………. 18 Parte seconda: Politiche e pratiche di sicurezza urbana in Italia e in Europa Teorie e orientamenti nell’analisi della sicurezza…………………………….. 22 Politiche di genere nel campo della sicurezza………………………………... 24 Il caso del grattacielo di Ferrara: un esempio locale di un problema globale……………………………………………………………………………….. 27 Parte terza: Forme di insicurezza globale Il concetto di sicurezza nel tempo e nello spazio…………………………… 38 Il marketing della paura e le risposte della fear economy…………………… 40 3 Conclusione Sicurezza urbana nell’ottica della sicurezza globale………………………… 44 Bibliografia……………………………………………………………………………………. 47 4 Introduzione Sicurezza, insicurezza e “percezione” Muoversi liberamente di giorno e di notte, senza paura, poter vivere lo spazio pubblico senza il rischio di subire aggressioni o temere per l’incolumità dei propri figli, sono diritti fondamentali di ogni cittadino, così come la libertà, il lavoro, la salute, la casa. Oggi questo diritto sembra essere minacciato sia a livello di scala urbana che a livello di scala globale. Le persone hanno paura e si sentono insicure, modificano le proprie abitudini di vita e l’uso quotidiano della città in funzione di questa paura percepita. Questo è ancora più evidente quando ci si riferisce alle cosiddette categorie deboli (donne e anziani). Si sente sempre più spesso, e da più parti, parlare di aumento della criminalità, anche se ad aumentare sembra essere solamente il senso di insicurezza nei cittadini e non i reati ai danni di questi. In questo campo anche il Parlamento Europeo ha emanato una serie di raccomandazioni per far sì che la Comunità appoggi gli enti locali nella politica di prevenzione. In Italia il fenomeno si è verificato piuttosto recentemente. L’insicurezza urbana era un fatto pressoché sconosciuto nelle maggior parte delle città italiane, nelle quali le persone si sentivano sicure e libere di muoversi. All’aumento della percezione sociale dell’insicurezza non è però sempre corrisposto un aumento reale (oggettivo) dei fenomeni di criminalità nelle città italiane. Sembrano esservi, dunque, altre, e meno evidenti, cause di origine sociale. Se da un lato è vero che una persona vittima di un crimine, soprattutto se violento sarà portata a percepire insicurezza in luoghi isolati o poco controllabili e controllati; dall’altro lato i criminologi evidenziano la necessità di distinguere attentamente tra "insicurezza" e "percezione di insicurezza". Sono, infatti, fenomeni disgiunti e, cosa più importante, non sempre direttamente correlati. Quindi il fatto che i cittadini abbiano più paura non significa necessariamente che le città siano realmente più pericolose. 5 A livello urbanistico si possono fare due considerazioni: da un lato si può constatare che la criminalità è oggi più “sparsa”, investe tutto il territorio urbano, e non più soltanto alcuni quartieri specifici aumentando anche la diffusione della percezione della minaccia. In secondo luogo si sta diffondendo quella che alcuni definiscono come l’area grigia dell’illegalità, ovvero tutti quei fenomeni legati ad una certa marginalità come accattonaggio, lavaggio dei vetri, graffiti, prostituzione, che, sebbene non direttamente pericolosi, possono trasmettere sensazioni di disagio e paura. Si può pensare che, soprattutto nelle aree metropolitane, dove l’insicurezza è particolarmente sentita, la tutela della sicurezza diventi, nei prossimi anni, una delle priorità delle politiche urbane. Alcuni studiosi affermano oggi che la sicurezza stia diventando un nuovo "ordinatore" generale delle politiche del governo della città oltre che del governo delle relazioni internazionali. A livello globale assistiamo oggi ad un fenomeno molto simile a quello appena descritto. Dall’11 settembre 2001 si utilizza un nuovo paradigma nelle relazioni internazionali in grande misura incentrato proprio sulla preoccupazione della sicurezza. Sono aumentati i controlli a tutte le frontiere e in tutti gli aeroporti e si sono ristrette misure sulla libera circolazione di cose e persone, dal trasporto di liquidi al rilascio di passaporti elettronici. Inoltre il problema della sicurezza a livello internazionale è aggravato da tutti quei fenomeni che, pur superando i confini nazionali non trovano un governo o politiche sovranazionali in grado di farvi fronte. Fenomeni quali l’inquinamento, l’effetto serra, la povertà, ecc., travalicano in confini di singoli stati e coinvolgono aree estese del pianeta, per le quali valgono solamente convenzioni e protocolli d’intesa, la cui applicazione è affidata esclusivamente alla buona volontà dei singoli governi. Quali politiche per la sicurezza? Quali pratiche, quali meccanismi devono essere innescati per ridurre questa sensazione generalizzata di paura e insicurezza? In questo lavoro si analizzeranno i due livelli del problema, la scala urbana e quella globale e si cercherà di vedere come queste due interagiscono tra loro e se l’una può in qualche misura, ridurre anche i pericoli legati alla seconda. Nella prima parte l’ottica di analisi è quella della scala urbana: cosa si intende per sicurezza urbana, cosa invece per insicurezza, la differenza tra reale insicurezza e percezione della stessa, quali elementi possono attenuare il senso di insicurezza e quali invece lo aggravano, quali i soggetti maggiormente interessati. Segue poi una parte di esposizione di quelle che sono state le azioni e le politiche messe in atto in diversi contesti per favorire un clima diffuso di sicurezza. La terza parte tratterà invece tutti questi aspetti a scala più ampia, vedendo 6 differenze e similitudini con la scala urbana e se e in che modo i due livelli si condizionano e vicenda. Pensieri urbani, muro di Bologna, foto di Roberto Laghi 7 PARTE PRIMA Forme di insicurezza urbana Forme di degrado urbano www.flickr.com 8 Sicurezza e domanda di sicurezza, alcune definizioni Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento della domanda di sicurezza anche se questa non è direttamente ricollegabile ad un aumento della criminalità o dei rischi per l’individuo, che, al contrario, non sembrano essere in aumento. Ma in cosa consiste la domanda di sicurezza, da quali elementi è costituita? Cosa esprime? Chi la esprime? Dagli anni novanta ad oggi si è cercato di rispondere a questi interrogativi. Il Laboratorio Qualità Urbana e Sicurezza del Politecnico di Milano, ad esempio, ha identificato cinque elementi principali per poter rispondere a queste domande. Gli elementi che costituiscono la domanda di sicurezza (Cardia, 2006) sono: 1. il rischio effettivo di essere vittima di intimidazioni o di aggressioni o di altri atti di violenza; 2. il disagio derivante dalla rottura dei codici di comportamento tradizionali di convivenza 3. la rottura dei codici di cura del territorio tradizionali; 4. la percezione dell’insicurezza (legato spesso a fattori ambientali); 5. la paura come sentimento soggettivo, non necessariamente legato all’aumento del rischio. La domanda di insicurezza dunque non riguarda solamente la criminalità reale ma investe anche tutto il settore della cosiddetta “area grigia dell’inciviltà”, area molto più ampia della sola sicurezza legata ad eventi criminali. Definire i concetti. La sicurezza, tuttavia, non può essere considerata solamente come “rispetto delle regole” imposto dalle forze dell’ordine o da operazioni di riordino 9 urbanistico, ma assume oggi il significato più ampio di “bene pubblico”, di “bene comune”, che deve essere garantito, la sicurezza dunque viene intesa come diritto. Sicurezza come bene comune. “La sicurezza è un bene comune essenziale, indissociabile da altri beni comuni, quali l’inclusione sociale, il diritto al lavoro, alla salute, all’educazione e alla cultura. Occorre rifiutare qualsiasi strategia che punti a utilizzare la paura, ricorrendo invece a interventi atti a favorire una cittadinanza attiva, la consapevolezza dell’appartenenza al territorio urbano e lo sviluppo della vita collettiva. L’accesso ai diritti contribuisce a facilitare il diritto alla sicurezza.” Così il Manifesto di Saragozza definisce la sicurezza urbana oggi. Il Manifesto nasce dalla conferenza di Saragozza del 2-4 novembre 2006 organizzata dal Forum Europeo per la Sicurezza Urbana che ha visto la partecipazione di oltre ottocento persone provenienti da 230 città appartenenti a 40 diverse nazioni europee. Il Manifesto, oltre a definire, individua dodici punti in cui declinare il “problema sicurezza” che ben riassumono il lavoro sul campo realizzato negli ultimi anni. I punti toccano temi quali: la necessità di creare politiche integrate globali, la violenza contro le donne, la necessità di costruire un dialogo tra le popolazioni di diversa origine, la gestione dell’accoglienza dei migranti, le azioni volte a togliere terreno al terrorismo e a tutelare la libertà, il ruolo della città oggi e quello dei mass media, i programmi di sicurezza locale, la riqualificazione e la ricostruzione urbana (anche attraverso gli organismi e le organizzazioni europee e internazionali), la comprensione del ruolo delle amministrazioni locali e la consapevolezza dei problemi esistenti. Quello che emerge a Saragozza è un quadro che vede la sicurezza declinata in tutti quegli aspetti che sono più vicini al cittadino quali: il rapporto tra le giovani generazioni e la violenza, il tema dell’immigrazione e delle minoranze etniche e religiose, spazi pubblici di insicurezza, partenariato (oggi inevitabile) tra pubblico-privato nella gestione della sicurezza, traffici illeciti e criminalità organizzata, tecnologia e libertà, ruolo della polizia. Sicurezza nello spazio e nel tempo. La questione della sicurezza urbana, e dunque anche dell’insicurezza, ha sempre avuto sia una dimensione temporale che una spaziale. Questo significa che il problema della sicurezza non è solamente legato ad alcune parti della città (come possono essere le stazioni, i quartieri periferici o i parchi), ma anche ad alcune fasce orarie piuttosto che ad altre. Abbiamo detto che la percezione di insicurezza non solo corrisponde all’esistenza di rischi reali e documentati ma anche alla sensazione, totalmente soggettiva, di paura o pericolo. La percezione del rischio è legata quasi sempre al “diverso” ciò che è altro da noi, che non corrisponde ai nostri 10 riferimenti comportamentali o culturali, che esce dagli schemi comuni. Per quanto riguarda la città esiste anche un’altra forma di insicurezza legata alle situazioni di cosiddetto “disordine urbano” (Pini, 2005) quali il degrado fisico degli spazi pubblici o dell’ambiente, oppure il traffico; ma anche legata al cambio delle abitudini sociali, all’aumento del benessere, all’invecchiamento della popolazione e alla disponibilità di maggiore tempo libero. Questi mutamenti sociali possono portare a trasformazioni nella stessa struttura urbana: lo spazio urbano tende, infatti, a frammentarsi anch’esso, la specializzazione funzionale svuota i centri in favore di “nuove centralità” spesso periferiche e scollegate spazialmente per le quali è necessaria una mobilità privata. In questa situazione la frammentazione non è soltanto sociale, ma diviene anche fisica, e questo non fa altro che produrre altra marginalizzazione. Lo spazio pubblico risulta così essere destrutturato e discontinuo, nascono nuove aree di degrado e a “rischio” insicurezza. La relazione esistente tra sicurezza del cittadino e organizzazione/gestione dello spazio urbano è caratterizzata da una serie di elementi che non possono essere ignorati poiché ad essi è legata la stessa percezione soggettiva della sicurezza/insicurezza nei cittadini. Questi elementi sono: • la difendibilità di un luogo, che si lega ai concetti di leggibilità e visibilità, ovvero alla percezione del pericolo e all’esercizio della sorveglianza; • l’accessibilità ad uno spazio, intesa come possibilità di raggiungere e utilizzare liberamente gli spazi pubblici o semipubblici, senza interferenze di altri soggetti; • la territorialità, come senso di appartenenza a un luogo, ad un territorio; alla territorialità fanno capo anche i concetti di ospitalità, gradevolezza, identità, presenza. Sicurezza come Security. Nella lingua inglese esistono più termini che traducono il vocabolo italiano sicurezza dando ad esso differenti sfumature di significato. Se si definisce la sicurezza come security, si fa riferimento alle “misure di sicurezza” in quanto tali (con il termine security, infatti, si intendono sia le forze di polizia che gli allarmi), e con questo termine definiamo la stessa percezione della sicurezza (Pini, 2003). La security prende anche il significato di sicurezza esistenziale così come definita da Bauman, ovvero « la certezza che il mondo è stabile e affidabile, così come lo sono i 11 suoi criteri di correttezza, le abitudini acquisite, che permettono di agire con efficacia e le abilità acquisite necessarie a superare le sfide della vita ». Sicurezza come Safety. Un altro termine con il quale la lingua inglese definisce la sicurezza è safety. Questo termine, a differenza del precedente, dà alla sicurezza un'accezione più vicina allo stato delle cose (Pini, 2003), ove non vi siano pericoli o rischi imminenti. Anche questo termine può essere utilizzato per descrivere interventi e misure di sicurezza ma, in questo caso, si fa riferimento alla protezione verso incidenti e simili più che a crimini. Anche in questo caso è importante riportare l’accezione di Bauman di sicurezza intesa come safety. In questo caso si tratta della sicurezza personale quella cioè che ci fa credere che « purché ci comportiamo nella maniera giusta, nessun pericolo fatale (nessun pericolo che non possa essere neutralizzato) minaccia il nostro corpo e le sue estensioni: ovvero i nostri beni, la famiglia e i vicini, così come lo spazio in cui tali elementi di un “io esteso” sono contenuti, come la casa e l’ambiente in cui si trova ». (Bauman, 2000, edizione originale 1999) Sicurezza come Certainty. Buaman inserisce questa definizione di sicurezza come sicurezza cognitiva o certezza; ovvero il fatto che « conosciamo i sintomi, gli indizi e i segni premonitori che ci permettono di intuire che cosa aspettarci e di distinguere una mossa buona da una mossa falsa ». A seconda dell’accezione di sicurezza utilizzata, cambiano dunque i tipi d approccio e le politiche applicate. Si potrebbe affermare che una distinzione analoga può essere compiuta tra misure di prevenzione/dissuasione e misure di protezione/controllo oppure tra controllo formale (tramite i soggetti tradizionalmente preposti: forze dell’ordine e legislazione) e controllo informale (il controllo sociale spontaneo all’interno di un isolato, di un quartiere o di una città, i cosiddetti occhi sulla strada). Se si fa riferimento al concetto di security quello che verrà proposto sarà un approccio incentrato sulle misure di governance poiché queste assicurano il rispetto della norma e il mantenimento dell’ordine pubblico (law and order). Se, invece, ci si riferisce al concetto di sicurezza come safety, in questo caso l’attenzione sarà rivolta al miglioramento dell’ambiente urbano, della qualità dello spazio pubblico e delle possibilità di fruire di questo. Facendo riferimento alle caratteristiche della sicurezza prima elencate, alla luce di queste ultime considerazioni si possono sintetizzare possibili punti per la realizzazione di strategie per la riduzione dell’insicurezza urbana: 12 1. defensible space: creazione di una zona di difesa attraverso il disegno degli spazi (pubblici, semipubblici, privati); 2. territorialità: rafforzamento o creazione del senso di appartenenza ad un territorio, questo incoraggia e favorisce il controllo informale da parte della collettività; 3. sorveglianza: incrementare i metodi di sorveglianza formale (tramite circuiti televisivi, videosorveglianza, posti di guardia, ronde, etc.) solo quando la sorveglianza informale non è sufficiente; 4. illuminazione: realizzare una buona illuminazione, questo scoraggia l'attività criminale, favorendo la sorveglianza informale e riducendo la percezione soggettiva di pericolo. (Stefani, 2003) 13 Il ruolo dei media nella percezione della sicurezza Le notizie di cronaca che hanno a che vedere con episodi legati alla sicurezza sono divenuti, negli ultimi anni, quasi quotidiane. Telegiornali, giornali, approfondimenti sono sempre più spesso legati a fatti di criminalità violenta ai danni del cittadino. Ovviamente questi episodi, accuratamente scelti e selezionati, non danno una rappresentazione fedele di quella che è la realtà criminale nel nostro paese. Le notizie vengo infatti scelte e selezionate in base all’effetto che susciteranno in chi le legge o le ascolta, spesso sono enfatizzati gli aspetti emotivi, la disperazione, il dolore, la rabbia e il senso di abbandono e paura che ne derivano. La scelta dei temi di una notizia subisce condizionamenti da più parti: alcuni legati alle dinamiche interne alla redazione e alla visione del giornalista, altri legati alle dinamiche esterne (come ad esempio l’inserimento o meno di un determinato argomento nell’agenda politica). Tutto questo mette in luce l’importanza di analizzare il rapporto che intercorre tra cronaca e sicurezza, e tra cronaca (informazione) e percezione di insicurezza, cercando di cogliere come la prima influenza la seconda e quale ruolo gioca nella creazione delle dinamiche di comportamento della società. È inoltre importante capire quanto i mass media abbiano influenzato la decisione di inserire la sicurezza tra i temi più importanti dell’agenda politica italiana. Facendo riferimento alle definizioni precedentemente analizzate di sicurezza nelle sue diverse accezioni inglesi 1 , si potrebbe affermare che i media affrontano il tema della sicurezza in termini di safety e, quindi, di sicurezza personale (in generale quella che maggiormente spaventa il cittadino poiché direttamente vicina a questo). Se una volta il termine sicurezza comprendeva anche altri concetti quali la sicurezza sociale e il welfare state, la sicurezza sul lavoro, la messa a norma degli impianti, ecc., oggi sembra che il termine faccia riferimento (per lo meno nell’uso che ne fanno i media) in maniera predominante alla sicurezza legata alla criminalità e, dal 2001, al terrorismo (soprattutto 2 internazionale) . Questo aumenta nelle persone la sensazione che i luoghi in cui vivono, anche quelli più vicini e un tempo ritenuti più sicuri, siano in realtà pericolosi e insicuri, soprattutto per quanto riguarda gli spazi urbani. 1 Sicurezza come security, safety, certainty al capitolo Sicurezza e domanda di sicurezza, alcune definizioni nella parte prima Forme di insicurezza urbana. 2 Si veda la terza parte Le forme di insicurezza globale. 14 Inoltre, i reati raccontati dai media vengono compiuti quasi sempre dalle stesse categorie sociali, nella maggior parte dei casi sono coinvolti immigrati (provenienti per lo più dal Nord Africa o dall’Europa dell’Est) e questo non fa che aumentare la diffidenza e la percezione di pericolo nei luoghi dove si incontrano queste categorie. Si è osservato (Naldi A., 2004) un chiaro aumento dell’attenzione mediatica la tema della sicurezza (anche il solo utilizzo del termine è aumentato), ma quello che ne è derivato è uno slittamento semantico per cui la parola sicurezza ha assunto esclusivamente, o quasi, l’accezione di sicurezza urbana, associata ad altri termini quali: degrado urbano, devianza e criminalità. A questo aumento della presenza di temi legati alla sicurezza nei media non è corrisposto un aumento degli episodi criminali o della commissione di reati 3 . Diviene importante a questo punto analizzare quali tipologie di reato sono, nell’opinione pubblica, connesse all’idea di sicurezza. Soltanto alcune fattispecie di reato sembrano accrescere, infatti, la percezione di insicurezza, mentre non vengono considerati altri fattori di rischio maggiore per la safety dell’individuo e con maggiori possibilità statistiche di accadere (quali la mortalità causata da incidenti stradali, gli infortuni sul lavoro, etc.). I comportamenti individuali che originano maggiori rischi per l’incolumità della popolazione (che costituiscono comunque reati, e spesso di natura colposa) non vengono mai associati al discorso sulla sicurezza. Emergono qui due contraddizioni: 1) non è possibile giustificare l’aumento della sensazione di insicurezza con un parallelo e significativo aumento dei reati violenti o della criminalità normalmente associata ad esso; 2) vengono sottovalutati reali fattori di rischio per la sicurezza individuale a vantaggio di un’enfatizzazione eccessiva dell’insicurezza derivante da un particolare tipo di criminalità o dalla presenza di determinate categorie sociali. Fatte queste considerazioni si potrebbe affermare che i media giocano quindi un ruolo dominante nell’aumento del senso di insicurezza nella popolazione. L’ottica con la quale è stato trattato negli ultimi anni il tema dell’insicurezza nei media italiani è stata quella emergenziale. Si è sempre parlato di sicurezza o di criminalità in termini allarmistici e di urgenza; la stessa parola sicurezza viene associata ad allarme ed emergenza. Riferendosi al termine allarme Goffman affermava che esso è « un esempio 3 Lo stesso fenomeno verrà analizzato nella parte che tratta il caso del Grattacielo di Ferrara. 15 di quella fastidiosa classe di parole che nell’uso comune indicano sia ciò che causa una condizione del soggetto che la percepisce, sia la condizione stessa » (Goffman, trad. it. 1981). La ricerca nel campo della comunicazione ha da sempre evidenziato l’effetto che i mezzi di comunicazione di massa hanno sul loro pubblico, sulla capacità di giudizio e sulle rappresentazioni di questo, sino, nel lungo periodo, a influenzarne i comportamenti. Creando una immagine della realtà i media influenzano la percezione, soprattutto a seguito di una lunga esposizione ai messaggi. Gli individui, infatti, utilizzano per costruire la propria rappresentazione della realtà, conoscenze provenienti da esperienze dirette, ma anche da quello che il contesto socio-culturale nel quale vivono trasmette loro. Il modo in cui vengono trattati i problemi, in cui vengono espressi giudizi (in maniera più o meno esplicita), le parole e le espressioni utilizzate, le loro connotazioni incidono inevitabilmente sulla percezione e la valutazione dei problemi, e quindi, sull’opinione del pubblico. Come si è formato questo concetto di sicurezza che tralascia alcuni fattori che mettono permanentemente a rischio l’incolumità del cittadino, concentrandosi invece solo su alcuni tipi di devianza legati a specifiche categorie sociali? Proprio grazie a questa enfasi data ad alcuni episodi di cronaca piuttosto che ad altri e poiché gli individui possono avere una esperienza diretta soltanto di un numero limitato di aspetti della realtà sociale in cui vivono, per tutto ciò di cui non possono fare esperienza utilizzano informazioni ed emozioni fornite da altri. I mezzi di comunicazione di massa sono tra i principali veicoli di questa esperienza indiretta. I media influenzano dunque la percezione e la rappresentazione della realtà, maggiore è la distanza tra questa realtà descritta e lo spettatore maggiore sarà l’influenza esercitata dai media. Questo è evidente soprattutto per quanto riguarda il tema della sicurezza, poiché l’insicurezza viene ricondotta a un altro lontano e distante da noi, nel caso degli immigrati, ad esempio, la distanza anche se non sempre fisica (vivono vicino a noi) è comunque culturale, religiosa, linguistica o etnica. Questo spostamento del problema sicurezza solo a certe categorie sociali ci permette di evitare di farci carico dei comportamenti del nostro vivere quotidiano che mettono costantemente a rischio la nostra safety individuale. Procedendo nel ragionamento si capisce come la creazione di nemici che sono altro da noi, o di folk devils, innescano meccanismi di paura e panico sociale nei loro confronti. Le minoranze, i devianti e gli emarginati di vario genere ricevono un trattamento particolare, vengono guardati con sospetto indipendentemente dal loro numero o dalla loro pericolosità effettiva. Si finisce per ignorare i gruppi minoritari che apparentemente non creano problemi (per esempio i cinesi vengono percepiti come un pericolo a livello economico 16 ma non ci si preoccupa per questioni di sicurezza legata a episodi di criminalità violenta contro cittadini italiani), per concentrarsi in maniera eccessiva su quei gruppi potenzialmente pericolosi per la nostra incolumità. 17 Altri generatori di insicurezza: degrado urbano, inciviltà e devianza, la costruzione di nuovi centri isolati Il senso di insicurezza urbana, a volte una vera e propria paura, si è diffuso in Italia negli ultimi anni divenendo un serio problema sociale. Paura e insicurezza hanno infatti serie conseguenze sull’integrazione, che diminuisce, inibiscono le attività di socializzazione, svuotano gli spazi pubblici e aumentano i costi (crescono le spese per la sicurezza). Quali sono gli elementi, oltre a quelli precedentemente analizzati, che favoriscono la crescita del sentimento di insicurezza? 4 Dato che la domanda di sicurezza non è direttamente ricollegabile alla criminalità reale, per capire il fenomeno è necessario considerare altri aspetti quali il degrado urbano e le cosiddette ipotesi di inciviltà. Ogni cultura e ogni comunità ha infatti standard di convivenza per gli spazi pubblici e regole di cura e mantenimento del territorio, quando differenti culture entrano in contatto entrano in contatto anche i rispettivi stili di vita. Un atto di inciviltà diviene quindi un atto: _ in violazione degli standard di cura e mantenimento del territorio (inciviltà ambientale) _ in violazione degli standard di convivenza nello spazio pubblico (inciviltà sociale) Queste violazioni non sono sanzionabili penalmente poiché non costituiscono un reato in quanto tali. Esse sono piuttosto comportamenti al limite della illegittimità, o semplicemente inaccettabili per le quote di popolazione che le subiscono. Gli atti incivili, quindi, possono essere costituiti sia da atti deliberati e con valenza espressiva (graffiti e vandalismo) ma anche da atti non intenzionalmente compiuti allo scopo di lasciare tracce (accumulo di sporcizia, degrado degli affacci, etc.). Le inciviltà producono comunque effetti sul contesto sociale nel quale si esprimono seppure in maniera non intenzionale. Aumentando le inciviltà, aumenta la paura nelle parti di popolazione che le subiscono e diminuisce il senso di comunità in quel territorio. Inoltre, c’è chi sostiene, che le situazioni di inciviltà possono, nel lungo periodo, alimentare l’opportunità criminale, ovvero dare al 4 A questo proposito si veda anche la parte dedicata al caso del grattacielo di Ferrara (parte seconda, soprattutto nella parte riguardante l’inquadramento del problema). 18 potenziale trasgressore della legge, maggiori occasioni di compiere reati. Questo in parte è legato alla diminuzione del senso di comunità e quindi del controllo sociale informale. Schematizzando si potrebbe affermare che l’inciviltà genera paura e domanda di sicurezza in un percorso simile a quello del crimine (fig. 1). DOMANDA DI SICUREZZA CRIMINE PAURA INCIVILTÀ E DEGRADO DISAGIO Fig. 1 A seconda degli aspetti che vengono presi in considerazione questo schema può essere reso più complicato, se ad esempio si considera che anche il disordine sociale produce inciviltà che si riflettono sulla società portando a loro volta paura e riduzione del controllo sociale per poi, come precedentemente illustrato, lasciare maggiori margini alla criminalità che, in un circolo vizioso, aumenterà nuovamente la paura, e così via; lo schema precedente diventerà DISORDINE SOCIALE INCIVILITIES FISICHE E SOCIALI RIDUZIONE DEL CONTROLLO SOCIALE PAURA DELLA CRIMINALITA CRIMINALITA’ Fig. 2 Semplificando si potrebbe affermare che: INCIVILITIES FISICHE E SOCIALI DISORGANIZAZIONE SOCIALE PAURA DELLA CRIMINALITA CRIMINALITA’ Fig. 3 19 Sulla paura e l’insicurezza incidono anche altri fattori come, per esempio, gli stili di vita e la vulnerabilità. Sarebbe logico pensare che l’aver subito un reato, magari violento, possa aumentare la sensazione di paura nella vittima e in chi le sta vicino, questo, come abbiamo visto, non è sempre direttamente correlato, in quanto la percezione di insicurezza aumenta anche in assenza di reati violenti. Ad aumentare è soprattutto la percezione di insicurezza da parte della categorie definite deboli, quali donne e anziani, che, statisticamente risultano subire meno reati violenti rispetto alla popolazione maschile giovane. Inoltre è maggiormente esposto al rischio di subire aggressione chi, ad esempio, passa la maggior parte del tempo fuori di casa, ma che, invece risulta avere minor timore di essere vittima di reati (analisi e dati di Stafford e Gale 1984, in Cornelli 2004). Alcuni modelli di urbanizzazione, inoltre, favoriscono la percezione di insicurezza. Il costituirsi, ad esempio, di zone ad alta o totale funzionalizzazione, fa sì che esistano parti della città fruite solo durante alcuni orari della giornata e che restano, invece, quasi deserte nelle altre fasce orarie. La costruzione di sobborghi, spesso lontani dal centro e chiusi (anche con recinzioni) al mondo esterno, creano rotture nella continuità urbana e impediscono il flusso di persone. La costruzione di nuovi centri commerciali nella prima periferia e raggiungibili solo mediante mobilità privata, favoriscono lo svuotamento dei centri e rompono le trame di socializzazione urbana pre-esistenti. 20 PARTE SECONDA Politiche e pratiche di sicurezza urbana in Italia e in Europa Politiche di genere, foto da www.flickr.com 21 Teorie e orientamenti nell’analisi della sicurezza Le politiche di intervento utilizzate oggi per garantire la sicurezza urbana sono riconducibili a tre orientamenti principali. Un primo approccio legge il tema della sicurezza in termini di controllo attraverso gli strumenti della legge e della polizia (tradizionalmente preposti a tale scopo). In quest’ottica la legge pone le regole per la convivenza civile e il rispetto della libertà dei singoli nei limiti della libertà di tutti, mentre la polizia si adopera perché queste regole vengano rispettate e si occupa di reprimere eventuali comportamenti in conflitto o favorire il rispetto delle stesse. Un secondo approccio al tema della sicurezza urbana fa leva sul concetto di prevenzione del crimine in termini sociali. Si occupa, quindi, di ridurre le condizioni di degrado che spesso favoriscono i comportamenti devianti (povertà, disoccupazione, problemi familiari, disagio mentale, emarginazione). L’ottica e l’obbiettivo sono quelli di andare alle origini dell’insicurezza, rintracciando le cause nel tessuto sociale. Un terzo approccio punta invece a intervenire sull’ambiente urbano allo scopo di evitare che questo diventi insicuro. Questo tipo di azione si rivolge all’insieme dei fattori che rendono l’ambiente urbano vivibile (interventi di riqualificazione dello spazio fisico, sostegno alla vitalità dei quartieri, mobilitazione dei cittadini per incoraggiare meccanismi di controllo spontaneo). Se storicamente questi approcci sono stati considerati in contrapposizione, oggi questa contrapposizione è stata ampiamente superata. Esperienze recenti hanno dimostrato, infatti, che l’integrazione dei tre approcci è necessaria per produrre risultati duraturi. Per rendere la città vivibile e ridurre la paura è quindi necessario agire anche sull'ambiente urbano, lo spazio, le attività, i servizi, i movimenti e l'uso della città. "La prima cosa da capire è che l’ordine pubblico nelle strade e sui marciapiedi della città non è mantenuto principalmente dalla polizia, per quanto questa possa essere necessaria: esso è mantenuto soprattutto da una complessa e quasi inconscia rete di controlli spontanei e di norme accettate e fatte osservare dagli abitanti stessi". (Jacobs, 1961) 22 Jane Jacobs sostiene che la sicurezza dell'ambiente urbano dipende da due fattori principali: 1) la vitalità dei quartieri (gli abitanti come occhi sulla strada); 2) l’identificazione dei cittadini con il territorio in cui vivono (come l'animale, anche l'uomo difende e rispetta il suo territorio). L’attenzione di Jane Jacobs si focalizza sulla possibilità di pratiche spontanee di controllo sociale del territorio. Questo tipo di controllo trova la sua origine all’interno di quartieri nei quali non siano andati persi due fattori fondamentali: l’esistenza di legami di vicinato forti e stabili che strutturino il tessuto sociale, da un lato, e l’esistenza di una mescolanza di attività "una mescolanza di usi che sia abbastanza complessa per mantenere nella città la sicurezza nelle strade, i contatti pubblici e lo scambio di usi". L’osservazione del quartiere di New York dove vive ha permesso a Jane Jacobs di identificare quei caratteri che rendono un quartiere sicuro o viceversa quelli che lo condannano all’abbandono: 1. il quartiere deve servire a più funzioni (almeno più di due) in modo da assicurare nelle strade la presenza di persone nelle ore più diverse del giorno; 2. la maggior parte degli isolati devono essere piccoli, con frequenti possibilità di svolte e angoli; 3. nel quartiere devono esistere edifici di diversa età e condizione e questa mescolanza deve essere abbastanza minuta; 4. la densità della popolazione, soprattutto di quella residente, deve essere alta. Da queste indicazioni appare chiaro come il dato fondamentale che rende vivo e sicuro un luogo sia quello della commistione della compresenza di attività diverse e della stratificazione sociale. Proprio quei principi che l’architettura moderna ha rifiutato in nome della omogeneità funzionale e morfologica dei quartieri. Negli anni Novanta a fronte dell'aumento degli atti di vandalismo e microcriminalità, che creano un generalizzato senso di disagio e di paura, si assiste ad un risveglio dell'attenzione agli aspetti ambientali della sicurezza urbana. Per rendere la città più sicura non si pensa più soltanto all’uso della polizia, ma si cominciano a sperimentare modi per poter rendere la città più sicura attraverso reti di solidarietà tra cittadini, e miglioramento di quegli aspetti fisici e sociali che agiscono come deterrenti. 23 Politiche di genere nel campo della sicurezza Particolarmente interessate a questi aspetti ambientali della sicurezza sono le donne, questo perché, in quanto soggetti deboli, si sentono maggiormente esposte al pericolo. Gli interventi sui parcheggi e sul "carsharing", molto diffuso in Germania, che prevedono condizioni di protezione speciale per le donne, sono un esempio di questo. In molte città europee e nordamericane si sono costituiti gruppi di donne che hanno pubblicato manuali, guide, mappe sulla sicurezza urbana per fornire informazione e sostegno alle cittadine. L'idea principale di questi manuali è di incoraggiare le donne a non rinunciare ad usare liberamente la città, a riappropriarsi degli spazi urbani sia di giorno che di notte. Anche in Italia le organizzazioni femminili si muovono con efficacia e determinazione sul problema della sicurezza urbana, ne è un esempio il manuale prodotto da un gruppo di giovani donne Bolognesi 5 . Un altro esempio in questo senso è il lavoro svolto in Inghilterra dal Women Design Service “per una città più sicura a misura di donna”. Il loro scopo è quello di far sì che la progettazione e l’uso delle aree urbane riflettano i bisogni e le aspirazioni delle donne. Gli obiettivi principali che ogni intervento mira a raggiungere sono: 1) la sensibilizzazione delle donne per fare in modo che identifichino e articolino i loro bisogni; 2) la sensibilizzazione dei progettisti e dei decision makers alle esigenze di genere; 3) la creazione di ambienti più inclusivi e sostenibili. 5 Un approccio alla sicurezza ambientale di tutto il territorio urbanizzato. Le donne hanno infatti percorso strada per strada tutto il territorio urbano di notte rilevando quei fattori ambientali che contribuiscono a rendere le strade più sicure: cabine telefoniche, illuminazione, locali pubblici, posteggi, mezzi di trasporto. 24 Nel progetto Making Safer Places (Rendere i luoghi più sicuri), l’obiettivo era quello di identificare, in collaborazione con un gruppo rappresentativo locale composto da donne, i problemi chiave sulla sicurezza dal punto di vista femminile. Le donne vengono, in questo modo, incoraggiate a farsi portavoce presso i progettisti e i politici locali per poter ottenere miglioramenti nella dimensione fisica dello spazio urbano. Questo tipo di approccio permette di: • coinvolgere le donne nell’agenda sulla sicurezza • adattarsi a diversi contesti • lavora con le donne nelle loro aree di residenza • si indirizza a gruppi generalmente esclusi Ci si rivolge alle donne, anche se statisticamente sono i giovani uomini a subire un maggior numero di aggressioni, perché le donne subiscono maggiormente la sensazione di insicurezza ed escono meno. I dati relativi alla situazione inglese sono significativi: secondo la British Crime Survey (l’Analisi sulla vittimizzazione) le donne che si sentono insicure nella loro zona di residenza sono 6 volte più numerose degli uomini. Inoltre il Ministero dei trasporti rende noto che “molte donne escono raramente o mai sole la sera”. Secondo la London Capital Woman Event “oltre un terzo delle donne si sente insicura nelle zone di verde pubblico”. I risultati di queste ricerche sono da ricollegare alla percezione di insicurezza, come si è osservato nei capitoli precedenti, più che al reale accadimento di eventi di criminalità. Diviene ancora più evidente se si analizzano i dati relativi a crimini commessi nei parchi inglesi: solo l’1.6% dei reati violenti e il 4% delle violenze sessuali avvengono nei parchi. La percezione della sicurezza nelle donne è legata anche a fattori di tipo socioculturale. Alle donne viene infatti raccomandato di non frequentare certi luoghi, di non uscire sole, di non vestirsi in particolari maniere, di non uscire in certe fasce orarie (soprattutto se notturne). La mentalità comune finisce poi per credere che, una volta disattese queste raccomandazioni, le donne siano in parte colpevoli se vittime di reati violenti. La percezione della sicurezza è, nel caso delle donne, aggravata anche da alcune considerazioni oggettive: le donne sono, in genere, fisicamente più deboli, si trovano spesso in compagnia di bambini e anziani, utilizzano meno l’automobile, è più probabile che abbiano con sé borse (anche quelle della spesa). I reati che interessano le donne sono, frequentemente, a sfondo sessuale. Tutto ciò porta a conseguenze quali la restrizione delle attività del tempo libero, la riduzione delle opportunità di lavoro e la creazione di disuguaglianza. Purtroppo il problema della sicurezza non è ancora declinato in termini di genere: quasi la totalità dei 25 reati (circa il 90%) è compiuto da individui maschi soli o con da maschi con una complice donna. I media enfatizzano alcuni casi di violenza sessuale ma solo se compiuti da determinate categorie sociali o se particolarmente violenti ma ignorano sistematicamente le violenze quotidiane e domestiche 6 . Inoltre molti reati legati alla criminalità organizzata hanno a che fare con il mondo delle donne, basta pensare allo sfruttamento della prostituzione e alla tratta delle donne per scopi sessuali. In questo campo si devono ancora sviluppare politiche in grado di inquadrare il problema sicurezza in un’ottica di genere, si deve cercare il coinvolgimento del punto di vista femminile, per poter creare una società in cui le donne si sentano sicure, e le madri possano trasmettere ai figli questa sicurezza. 6 Si veda il capitolo Il ruolo dei media nella percezione della sicurezza. 26 Il caso del grattacielo di Ferrara: un esempio locale di un problema globale (dall’intervista al dott. Fabio Silli, per l’Associazione Il Corpo va in Città) Il luogo ed i suoi problemi oggettivi. Nella città di Ferrara si trova, poco distante dalla stazione, un complesso edilizio costituito da due grattacieli che hanno, complessivamente, una disponibilità di 500 alloggi. Oggi i grattacieli sono abitati non soltanto da cittadini ferraresi ma da cittadini stranieri di diverse provenienze. Questo aumento di residenti non italiani ha portato con sé un aumento della percezione di insicurezza e tutti i problemi legati alla convivenza e alle diversità di utilizzo dello spazio pubblico e aperto, proprie delle diverse culture. Inoltre i giardini alla base del grattacielo sono teatro ideale per lo spaccio di droga e, soprattutto in passato, per lo sfruttamento della prostituzione. Nuclei familiari residenti nel grattacielo suddivisi per provenienza (dati pervenuti). AREA DI PROVENIENZA NAZIONE DI PROVENIENZA UNIONE EUROPEA Italia Francia Germania EUROPA DELL’EST Albania Ex Repubblica Jugoslava Federazione Russa Moldova Polonia Serbia e Montenegro Ucraina 17 7 1 11 1 4 3 NORD AFRICA Algeria Libia Marocco Tunisia 2 1 21 1 AFRICA NERA Camerun 2 RESIDENTI 136 1 2 27 Liberia 1 Nigeria Sierra Leone Somalia Zimbabwe 29 1 9 2 MEDIO ORIENTE Israele Iran Pakistan Uzbekistan 1 1 20 1 ASIA Cina (Rep. Pop. Cinese) Filippine 25 2 AMERICA LATINA Brasile Repubblica Dominicana Venezuela TOTALE 1 2 1 306 Sono presenti 34 nazionalità (non tutte in tabella), anche se non esistono veri e propri gruppi costituiti, si tratta piuttosto di individui singoli appartenenti alla stessa etnia. Il grattacielo presenta altre problematiche, che in Italia si trovano spesso legate all’immigrazione, quali il subaffitto e gli affitti irregolari, questo fenomeno rende ancora più difficile il censimento dei residenti effettivi. Infatti molti appartamenti vengono dati in locazione ad extra-comunitari irregolari denunciando un affitto di mercato, mentre in nero viene corrisposta una somma di denaro molto più elevata. Si tratta di una forma di sfruttamento dell’immigrazione e speculazione che incentiva il sovraffollamento degli appartamenti e l’illegalità. A questi fenomeni di illegalità se ne affiancano altri, quali il lavoro nero e irregolare, la clandestinità. Dinamiche aggregative dei residenti. In generale il luogo è così frequentato: • alla base del grattacielo si aggregano spontaneamente gruppi di persone adulte (26-50 anni) in prevalenza uomini stranieri (nigeriani, marocchini, pakistani ed est-europei) 28 • nei giardini circondanti il grattacielo si incontrano, specialmente in estate, gruppi di est-europei, e altre famiglie di immigrati con figli piccoli; • gli italiani che frequentano i giardini sono per lo più anziani; • la maggioranza degli abitanti del grattacielo (famiglie di adulti e studenti universitari) non frequenta il parco. Più in dettaglio alla base del grattacielo si incontrano nelle diverse fasce orarie: - Immigrati nigeriani nell’arco delle 24 ore; - Tossicodipendenti nella mattinata o nel primo pomeriggio; - Spacciatori, alla base dell’edificio (lato nord) a tutte le ore; - Intermediari, che comprano droga per rivenderla altrove; - Lavoratori in regola, che si mescolano ai frequentatori “illegali”; - Pakistani, nei bar dei connazionali; - Clientela dei diversi esercizi commerciali (call center, african shops e altri); - Persone in transito da e verso la stazione; - Maghrebini. Gli immigrati, adulti e in maggioranza uomini, si riuniscono per aree di provenienza e, nel fine settimana si ritrovano ai giardini anche stranieri che risiedono in aree diverse del ferrarese. Possono essere individuati alcuni punti di aggregazione alla base del grattacielo, oltre ai giardini di cui si è parlato: la chiesa evangelica, dove la domenica si incontrano principalmente donne africane; il bar gestito da pakistani, i call center o gli african shops. In generale si può parlare di mancanza di una comunità nel grattacielo: il grattacielo è una realtà disgregata, principalmente dovuta alla grande eterogeneità etnica e generazionale presente al suo interno. Non esiste una comunità in grado di far fronte comune davanti ai problemi. La percezione di insicurezza. I cittadini residenti, in particolar modo italiani e famiglie di immigrati (specie se con figli piccoli), percepiscono questo luogo come non sicuro e potenzialmente pericoloso; a rafforzare questa sensazione sono state anche le maxi-retate della polizia per fermare il traffico di droga. A fronte di questa percezione di insicurezza non corrispondo però reali e oggettivi atti di violenza nei confronti dei cittadini residenti nella zona; il traffico di droga che si svolge nei 29 giardini sottostanti l’edificio è infatti visibile ma non coinvolge persone esterne “al giro”. Stesso discordo per quanto riguarda il fenomeno della prostituzione, ora non più immediatamente visibile in zona (si suppone si sia spostato all’interno di alcuni appartamenti) anch’esso infatti non coinvolge persone estranee all’attività illecita. Gli operatori locali concordano sul fatto che il problema risulti meno grave di quanto non appaia nei media e sulla stampa locale; piuttosto, i ferraresi non si sono ancora abituati alla presenza di immigrati, che avvertono come pericolo. Si è diffusa quindi una percezione di “pericolosità” del luogo, in quanto concentrazione di immigrati e non per gravi problemi di criminalità. Nell’immaginario comune l’immigrato che si trova a sostare sulle panchine del parco in orari diversi della giornata viene interpretato e visto come dedito ad attività illecite ed illegali, non viene invece compresa la diversa concezione dello spazio pubblico e dei ritmi di vita, inoltre spesso non si è in grado di identificare il singolo e non si legge quindi il turnover nei giardini. A sollevare in maniera più forte il problema di ordine pubblico nell’area è dunque la popolazione di origine italiana, ed in particolare la popolazione più anziana. Per quanto riguarda le famiglie di immigrati le preoccupazioni sono legate principalmente alla possibilità o meno di lasciare i propri figli giocare in giardino. In generale il luogo viene percepito, da chi vi abita, come dominato da una struttura imponente e degradata (il grattacielo), che crea disagio soprattutto psicologico. A sentirsi meno sicuri sono, come sempre accade, le categorie deboli: anziani e donne 7 . La percezione di insicurezza è riscontrata nell’area in questione è maggiore rispetto ad altre aree della città anche se la reale esistenza di rischi risulta essere minore, in quanto limitata dall’installazione di telecamere e dalla presenza di ronde delle forze dell’ordine. La percezione di insicurezza è localizzata principalmente nel giardino, nei sotterranei, nell’ascensore e nel parcheggio. Anche nel caso dello spaccio di droga la percezione è rispetto alla realtà: lo spaccio nella zona risulta, infatti, più programmato e mirato rispetto a quello presente in altre parti della città, quindi più regolato e meno pericoloso per i residenti che non sono coinvolti in tali attività. L’aumento della percezione di insicurezza legata allo spaccio di droga è dovuta principalmente al fatto che, contrariamente al passato, ora questo avviene alla luce del sole con un ricambio continuo di soggetti dediti a tale attività. I problemi derivanti per l’ordine pubblico sono legati al fatto che tossicodipendenti italiani si iniettano stupefacenti nei giardini abbandonandovi le siringhe. Inoltre la mancata integrazione aumenta ulteriormente questa insicurezza percepita poiché i gruppi di immigrati che “bighellonano” (così come vengono percepiti) nei giardini creano il cosiddetto effetto “paura del branco”. La presenza di persone diverse e dunque 7 Si faccia riferimento al capitolo sulle forme di insicurezza urbana. 30 facilmente identificabili fa nascere negli autoctoni diffidenza e timore. Il peso delle emozioni create dai media in questo senso è notevole soprattutto per quanto riguarda la percezione degli anziani. Alla mancata integrazione segue immediatamente la difficile convivenza: vi è motivo continuo di intolleranza a causa di abitudini quotidiane non sempre facilmente conciliabili e viste come segni di reciproca “inciviltà”. La percezione di insicurezza è favorita anche dall’illuminazione scarsa e mal organizzata. Come intervenire: le proposte dell’Associazione Il corpo va in città. “Agire all’esterno per cambiare l’interno” questa l’idea da cui sono partiti gli urbanisti dell’Associazione ferrarese “Il corpo va in città”, agire e riprogettare il giardino per poter creare una comunità in grado di convivere pacificamente anche all’interno del grattacielo. Oggetto del progetto sono stati, quindi, i giardini e gli spazi esterni alle torri, poiché si è creduto opportuno creare, in una prima fase, situazioni di comunità che permettano, in un secondo momento, di intervenire nei micro-conflitti interni agli edifici Il concetto dal quale si sono mossi è stato quello di urbanistica partecipata. Coinvolgere i soggetti residenti direttamente, creando una rottura nella quotidianità del loro spazio, cambiando qualcosa, restituendo il giardino agli abitanti. Visto che i problemi maggiori erano legati alla percezione di insicurezza, più che a reali rischi, su questa base è stato ideato l’intervento che quindi andrà ad agire in un’ottica di sicurezza come safety e non di sicurezza intesa come security. Obiettivi e modalità di realizzazione di questi. Obiettivo principale del progetto è quello di consentire occasioni di aggregazione propositiva in cui gli abitanti siano, e si sentano, protagonisti di processi di cambiamento che, in un circolo virtuoso, possano poi modificare la conformazione stessa dello spazio “sotto casa”. Lo scopo è, dunque, quello di far sì che siano gli stessi abitanti, insieme, ad analizzare i problemi che li riguardano in modo da accrescere anche la consapevolezza nelle possibilità di recupero dell’aera e nella soluzione dei conflitti. Tra gli obiettivi principali perseguiti dall’associazione troviamo: Prevenire l’insorgere di situazioni conflittuali; Stimolare le risorse e le competenze esistenti nella comunità; Superare i cortocircuiti creatisi all’interno della comunità. La metodologia utilizzata dagli urbanisti del laboratorio si basa sui criteri della ricerca-azione (RA) che utilizza strumenti di tipo qualitativo e fa riferimento all’idea di 31 partecipazione pro-attiva. In questo tipo di approccio i soggetti coinvolti diventano protagonisti attivi nella ricerca, nell’analisi e nell’individuazione delle situazioni problematiche e nell’elaborazione delle soluzioni possibili. Questo progetto è stato articolato in due fasi più una di restituzione: 1) una prima fase conoscitiva, che ha permesso di inquadrare i problemi e la loro natura (attraverso l’ascolto istituzionale, l’ascolto di strada e l’ascolto progettuale); 2) una seconda fase di laboratorio (realizzata attraverso incontri di sensibilizzazione e di progettazione con il coinvolgimento diretto degli attori sociali interessati). 3) Alla fase di laboratorio è seguita la restituzione, ossia l’elaborazione di una planimetria riassuntiva e di un report finale. Per superare l’impasse in cui questo spazio si è trovato il laboratorio ha cercato il coinvolgimento attivo e diretto degli abitanti del quartiere nello sviluppo del progetto. Questo è stato possibile anche grazie alla realizzazione di una piece teatrale nei giardini alla base del grattacielo (primo passo per restituire i giardini ai residenti). Le diverse figure professionali coinvolte (uno psicologo, due mediatori di comunità, urbanisti), una volta conquistata la fiducia dei residenti, hanno cercato, insieme a questi, possibili soluzioni ai problemi legati alla percezione di sicurezza (safety) 8 , poiché la percezione che un abitante ha del proprio quartiere è diversa da quella di un qualsiasi professionista o tecnico che non ha esperienza diretta dell’area. La percezione dello spazio e del tempo come elementi educativi e di vissuto personale. La percezione dello spazio differisce nelle diverse popolazioni e nelle diverse parti del mondo, questo si riflette anche in una differente gestione dello spazio pubblico in un micro-contesto come può essere quella dell’area attorno al grattacielo. Scopo del laboratorio, strutturato in quattro incontri serali, era anche quello di fornire un punto di incontro per poter poi comprendere le differenti visioni dello spazio da parte degli abitanti. Tramite la passeggiata urbanistica del secondo incontro si è cercato di restituire i giardini ai residenti, e si è fatto loro notare come, anche un avvenimento di questo tipo, possa ostacolare le attività illecite, ricostruendo una forma di controllo sociale non istituzionalizzato (dato dalla sola presenza nell’area). La picchettatura dei giardini da parte dei residenti ha invece fornito ai tecnici sia l’indicazione spaziale degli interventi, sia 8 Come illustrato nel paragrafo “Sicurezza e insicurezza: definizioni”. 32 le informazioni sui materiali da utilizzare. È stata poi discussa, grazie ad un incontro residenti – amministratori, la proposta finale del meta-progetto per il ridisegno dei giardini del grattacielo. Le indicazioni fornite dai residenti hanno riguardato: • plateau verde: necessità di miglioramento della manutenzione del prato e nuovi alberi in sostituzione di quelli morti; • arredo urbano: necessità di aumentare il numero delle panchine e delle fontane e di sostituire il fondo dell’area giochi; • illuminazione: necessità di eliminare le zone d’ombra ancora presenti; • percorsi ciclo-pedonali: necessità di individuare percorsi ciclo-pedonali e riqualificare quelli già esistenti interni ai giardini. • accessibilità agli ingressi alle torri: necessità di inserire un nuovo marciapiede e migliorare quello esistente. • parcheggio via Felisatti: ridisegno dei parcheggi, inserimento di un’isola alberata. • Ristagno acque nel giardino: necessità di risolvere i problemi legati alla canalizzazione delle acque nell’area del giardino. I laboratori di urbanità svolti al grattacielo hanno confermato, ha detta degli operatori, le possibilità date della partecipazione come metodo di approccio e volano sociale nella soluzione di conflitti più o meno latenti e, a volte, complessi. La diffidenza e l’ostilità iniziali hanno lasciato spazio all’evidenziazione comune delle problematiche. L‘attenzione verso una visione proattiva, tendente a rendere protagonisti i soggetti nella elaborazione di strategie di soluzione dei loro problemi, ha inoltre costituito elemento di rassicurazione e di responsabilizzazione dei partecipanti. Soggetti coinvolti. Sono state coinvolte tutte le principali istituzioni ferraresi pubbliche e private operanti a livello locale attraverso la realizzazione del “Progetto unità mobile per la solidarietà e la sicurezza” che prevede azioni di prevenzione comunitaria (“Grattacielo in centro”), di rinnovo urbanistico (Assessorato ai Lavori Pubblici), di sicurezza e ordine pubblico (vigili urbani e forze dell’ordine). Sono stati utilizzati nel progetto anche due mediatori di comunità e proprio grazie a queste figure si sono stabiliti i primi contatti con i residenti del grattacielo (italiani e stranieri). Inoltre sono state coinvolte: la circoscrizione GAD, come intermediario fra i residenti e il Comune; il Servizio Edilizia e Lavori Pubblici del Comune di Ferrara, poiché incaricato di seguire il progetto pilota della Regione Emilia-Romagna sulla sicurezza urbana. 33 Coinvolta nelle problematiche del grattacielo è anche HERA, che si occupa, tra le altre cose, di illuminazione, pulizia (anche per quanto riguarda la raccolta delle siringhe) e manutenzione del verde pubblico. La risposta dei residenti. Per quel che concerne i rapporti fra i residenti e le istituzioni a prevalere sono le accuse di abbandono rivolte dai primi (in particolare cittadini italiani) verso i secondi. Inoltre si è costituito un gruppo interamente composto da italiani che ha instaurato un rapporto apertamente conflittuale con l’amministrazione locale, considerata la principale responsabile del degrado e dell’insicurezza dell’area. Il rapporto dei mediatori con i residenti è in generale buono. Il rapporto dei vigili di quartiere con i residenti italiani è positivo, con gli extra-comunitari di rispetto, in particolar modo con gli immigrati regolari e i commercianti; risulta invece distaccato con i cosiddetti “frequentatori abituali”. Molti italiani ritengono inadeguato l’intervento di polizia e carabinieri, accusati di non essere abbastanza presenti e di sorvolare spesso su ciò che accade. Nel complesso l’intervento delle forze dell’ordine è visto come la soluzione migliore applicabile nell’area. I residenti ritengono l’installazione delle telecamere potenzialmente efficace nonostante questa non abbia risolto il problema dello spaccio di droghe, ma abbia solamente spostato i traffici illeciti nel retro del grattacielo. Grazie alla somministrazione dei questionari ai residenti del grattacielo sono emersi i seguenti problemi relativamente all’area del giardino (oggetto del progetto): - Mancanza di panchine e luoghi di sosta; - Sporcizia (data in particolare dalla presenza di bottiglie rotte e siringhe); - Mancanza di servizi igienici pubblici; - Illuminazione scarsa; - Insufficienza di cassonetti e cestini per la raccolta dei rifiuti; - Carenza di servizi di sicurezza e di guardiani; - Pericolosità e mancanza di manutenzione del parcheggio; - Presenza di frequentatori potenzialmente pericolosi; - Presenza di atteggiamenti vandalici; - Presenza di alberi marci, quindi pericolosi; - Mancanza di uno sportello di informativo, di iniziative culturali, di mediazione culturale e di strutture per passatempi e sport. Problematiche incontrate. La partecipazione agli incontri è stata piuttosto ridotta; nei quattro incontri del laboratorio hanno partecipato una decina di persone in 34 tutto. Interessante notare che, mentre al primo incontro erano presenti “rappresentanti” delle diverse etnie, a tutti gli altri solamente cittadini italiani. Risultati raggiunti. Fra le azioni svolte, per aumentare la percezione di sicurezza nell’area: • miglioramento e riposizionamento dell’illuminazione (ancora da terminare); • ronde ad opera dei vigili di quartiere nell’arco della giornata; • installazione di 3 telecamere sotto il grattacielo (ancora ne mancano altre • presenza di mediatori culturali nell’area del grattacielo; • realizzazione di attività artistico-culturali (teatro di strada, presenza di otto); buskers) • decisione del Comune di acquistare due locali alla base dell’edificio da utilizzare come punto informativo, d’ascolto e/o come ufficio di lavoro per progetti Il progetto coinvolge dunque diversi i livelli della sicurezza: - preventivo (vigili e ronde), - urbanistico (illuminazione), - animazione (teatro e altre attività), - sociale (coinvolgimento attori sociali) Considerazioni finali. Per poter cambiare una realtà già costituitasi come quella del grattacielo è importante, innanzi tutto, cambiare la percezione che di questa area si ha. La realtà esistente va “contaminata” magari anche attraverso esperienze artistiche, siano esse pittoriche, musicali o teatrali, in modo da rompere la continuità esistente. Soprattutto in un contesto come quello ferrarese nel quale la musica, e l’arte in generale, sono elementi fondanti e importanti del sociale. “Contaminando” un’area con questi elementi la percezione di pericolo diminuisce. Spesso gli interventi sul sociale hanno fallito, proprio perché non sono riusciti ad avere la forza di simboli di cambiamento. Dove c’è degrado e violenza c’è lo scuro, il brutto, il degradato; in questo contesto l’espressione artistica può essere percepita come nobile. L’arte trasforma il luogo, non solo la sua percezione, in qualsiasi luogo degradato l’introduzione sistematica di un elemento di creatività cambia il luogo stesso. 35 Le dicotomie che caratterizzano queste situazioni sono molteplici e non sempre di facile soluzione. Esiste un rapporto difficile tra inclusione ed esclusione, spesso non risolvibili e questo crea fratture nel tessuto sociale. Lo stesso avviene per il binomio soggettività-oggettività, esistono situazioni reali, ma spesso a prevalere sulla “fama” di uno spazio sono le percezioni soggettive. Inoltre in una eterogeneità come quella del grattacielo si innescano anche problematiche legate all’identità di genere (la stessa presenza delle prostitute all’interno del palazzo coinvolge aspetti del mondo femminile e della violenza). Ma la dicotomia che forse maggiormente pesa nella realtà illustrata è quella tra norma/regola da un lato e libertà/individualità, in particolare si potrebbe dire che lo scontro si trova quando le diverse abitudini non rispondo alle stesse regole di condotta. Un ulteriore chiave di lettura è quella di vedere contrapposti visibile e invisibile, le persone che “bighellonano” si vedono e questo genera insicurezza in chi guarda, diventano pericolosi nell’immaginario collettivo Una volta migliorata la situazione (cinicamente: una volta spostato il problema) l’opinione pubblica non cambierà nell’immediato, la percezione di pericolo associata ad un luogo tende ad essere infatti persistente nel breve periodo. La soluzione sembra dunque essere quella di ricreare spazi comuni, magari connotati da eventi e manifestazioni, meglio se cicliche, che aiutano a identificarli ed affermarli come tali. 36 PARTE TERZA Forme di insicurezza globale Insicurezza globale,Faenza, foto di Chiara Laghi 37 Il concetto di sicurezza nel tempo e nello spazio Il concetto di sicurezza urbana oggi è profondamente legato ad un concetto di sicurezza decisamente più ampio, a scala globale, per certi versi molto più difficile da definire. Se, mentre qualche secolo fa, il mondo era diviso in piccole cittadelle attorniate da mura e fossati, in cui lo spazio era sicuro all’interno e pericoloso all’esterno, oggi questo non è più possibile. Se prima tutta la difesa era concentrata nel tentativo di tenere lontano il nemico da questo spazio di sicurezza, oggi risulta meno chiaro individuare sia il nemico che lo spazio da difendere. La sicurezza esterna era compito degli eserciti e quella interna della polizia, tutto questo trova fondamento nel concetto di sovranità dello Stato che al suo esterno applica il principio della non interferenza e al suo interno quello del monopolio della forza. Dal 1648 in avanti, ovvero dalla pace di Vestfalia in poi, lo stato nazionale in Europa si è costruito su questi principi. Negli ultimi decenni questo modello ha subito grossi colpi, già la guerra fredda, combattuta apertamente solo in campi esterni a Unione Sovietica e Stati Uniti, aveva modificato gli assetti internazionali, ma con il crollo dell’URSS, le crisi petrolifere, le guerre del Golfo, l’arena internazionale si è modificata sempre più velocemente. Con l’11 settembre 2001 e l’attacco alle Torri Gemelle, il mondo è entrato in una nuova era nella quale il tema della sicurezza è al centro di ogni dibattito e agenda politica. Il concetto di sicurezza viene ora definitivamente stravolto, il nemico non è poi così lontano e prevedibile e non è più così facile impedirgli di avvicinarsi. Non esistono più un dentro e un fuori così nettamente separati, i confini non sono più difendibili e soprattutto, la guerra non ha più frontiere, una data di inizio certa né una fine prevedibile. La coalizione antiterrorismo costituitasi nel 2001 ha risposto agli attacchi riproponendo il modello statale di sicurezza, ovvero imponendo il dominio della forza; ma la risposta repressiva, da sola, sembra essere insufficiente. Poiché non esistono a livello sovranazionale entità che, come lo Stato al suo interno, siano in grado di detenere il monopolio dell’uso della forza a livello globale. In chiave nazionale lo Stato detiene, dunque, il monopolio della forza, mentre il cittadino è tutelato nei suoi diritti fondamentali. Questo sembra impossibile a livello internazionale se non per quelle entità federative o confederative che si stanno creando, ma che sono ancora ben lontane dal raggiungerlo. L’Unione Europea ha trovato, ad esempio, una 38 certa unità per quanto riguarda le politiche economiche e monetarie e per alcune forme di collaborazione giuridica ma non ha ancora un esercito proprio e la politica di sicurezza (PESC) non può essere paragonata a quella dei singoli stati membri. Per parlare di sicurezza globale, oltre a trattare i temi sopra accennati, è necessario elencare anche tutta una serie di problemi che affliggono il pianeta in quanto tale a vanno ben oltre la sovranità dei singoli Stati. Questi problemi, come la sicurezza in generale, colpiscono tutti ma non si trovano accordi per poterli affrontare unitariamente, proprio perché non esistono entità sovranazionali con competenze e legittimità tali da rendere possibile una repressione a fronte di una infrazione della legge. Questo problema è da anni affrontato dal Diritto Internazionale, in particolare nei riguardi delle possibili riforme dell’ONU 9 . Le problematiche che superano i confini nazionali, e incidono fortemente sul tema della sicurezza, sono quelle legate alla povertà, alla fame, alla mancanza di acqua potabile e di lavoro, alle guerre, in particolare concentrate in alcune aree geografiche. In che modo queste situazioni incidono sul tema della sicurezza? Innanzi tutto provocano ondate migratorie dirette verso i paesi occidentali, e in secondo luogo, creano terreno fertile per tutte quelle correnti estremiste che reclutano adepti. In una situazione di povertà o di disperazione l’offerta di una possibilità, anche se deviante è da preferire all’assenza di alternative. Come per il caso della sicurezza urbana, anche in questo caso esistono situazioni che favoriscono la criminalità e il terrorismo. I disastri ambientali, l’inquinamento, l’effetto serra travalicano anch’essi i confini nazionali, divenendo un problema di tutti e non più localizzato e localizzabile in una particolare area. Anche in questo caso non esiste una struttura sovranazionale tanto forte da sanzionare e reprimere chi compie crimini ambientali. Sebbene grandi passi siano stati compiuti in questa direzione, soprattutto in termini di sensibilizzazione della popolazione occidentale, molto resta ancora da fare. Lo stesso si può dire riferito al commercio internazionale, alla finanza e alla lotta al terrorismo, quella di cui i sente più frequentemente parlare. Tutti questi fenomeni hanno modificato il concetto di sicurezza, così come quello di confine, e c’è chi sostiene che abbiano perfino minato il concetto di sovranità nazionale. Le politiche contemporanee devono tenere conto di queste trasformazioni e della nuova visione del mondo e delle relazioni internazionali che ne deriva. 9 In questo caso si fa riferimento al dibattito sul ruolo dell’ONU e ai suoi limiti, ovvero l’incapacità di perseguire chi disattende le sanzioni. Si veda ad esempio la proposta Andreatta per la riforma del Consiglio di Sicurezza. 39 Il marketing della paura e le risposte della fear economy Come nel caso della sicurezza urbana, anche nella caso della sicurezza globale, più ampia e meno identificabile (la minaccia terroristica), i media, e la comunicazione di massa in generale, influenzano il comportamento e le percezioni della popolazione che, nel secondo caso, ha ancora meno elementi di analisi o esperienze dirette dei fenomeni. È statisticamente più facile rimare vittima di un incidente stradale, che di un attentato terroristico, come di un atto violento in un parco pubblico. Eppure la paura che scaturisce da eventi incontrollabili e per i quali non siamo assolutamente preparati supera di gran 10 lunga quella per un più “banale” e quotidiano incidente stradale . Sembra che il motto di questa ultima decade sia « continuare a vendere la paura», con conseguenze anche sul modo di concepire la politica, sempre più simile a quello delle programmazioni di mercato 11 . La ricerca della sicurezza totale e la paura si vendono bene. In seguito all'11 settembre si è manifestata l'esplosione dell'ideologia della sicurezza e della produzione di merce ricollegabile alla sicurezza. Questa esplosione si è concretizzata nell'immenso investimento finanziario che il Congresso americano ha destinato alla spesa militare. La paura sembra essere il motore della riqualificazione tecnologica ed economica della produzione. Già la seconda guerra del Golfo aveva rappresentato un passo in avanti, decisivo, in questo senso. Per capire meglio questo fenomeno dobbiamo fare riferimento alla recessione economica globale che non sembra avere vie d'uscita. Non ci sono nuovi prodotti che possano suscitare un rilancio della produzione, come accadde negli anni ottanta e novanta con il boom dell'informatica, della comunicazione e della telefonia. È la paura a rilanciare la domanda nel mondo. La popolazione occidentale viene costantemente allertata. Deve divenire consapevole di 10 Per quanto riguarda il ruolo dei media valgono le considerazioni del capitolo Le forme dell’insicurezza urbana. 11 Un esempio: le automobili di “lusso blindato” più vendute sono gli Hummer, le vetture corazzate che “danno sicurezza”, mentre si ribaltano più facilmente e sono del 6 per cento più esposte agli incidenti mortali 40 essere circondata di pericoli di ogni genere: gli immigrati, i rapinatori, e, non ultimi, i terroristi. Il bisogno principale di una società terrorizzata é la sicurezza. Un esempio per capire come questo meccanismo influisce sull’economia. All'inizio del 2003, il responsabile della sicurezza degli Stati Uniti annunciò che si attendevano attentati con uso di gas, bombe chimiche e batteriologiche e suggeriva l’acquisto di nastro isolante per sigillare porte e finestre. Quale effetto hanno ottenuto queste dichiarazioni? Nei giorni successivi milioni di americani si precipitarono a comprare nastro isolante. Il fatto che questo episodio sia oggi ricordato solo dai comici americani non deve però farci sottovalutare questo aspetto del problema: la gente è spaventata al punto di compiere azioni che in condizioni di serenità non commetterebbe. L'essenziale é che la paura sta diventando il settore principale dell'economia. L'economia della paura (fear economy) cresce mentre gli altri settori si trovano in situazione di impasse. La paura ha già rimodellato la città americana fin dagli anni sessanta, ma il nuovo terrore fornisce un moltiplicatore keynesiano formidabile. Si stima che, negli Stati Uniti (Fortune), il settore privato spenderà più di 150 miliardi di dollari in sicurezza interna (assicurazioni, sicurezza sul lavoro, logistica, tecnologia informativa): approssimativamente quattro volte il budget per la sicurezza annunciato dal governo federale. L'esercito di guardie di sicurezza a bassi salari, che è già costituito da un milione di uomini, dovrebbe crescere del 50% nel corso del decennio, e si prevedono aumenti e innovazioni anche nel campo della videosorveglianza che cambieranno le abitudini di vita, così come la concezione della privacy. C’è da interrogarsi su dove potrà portare tutto questo. Le diverse tecnologie di sorveglianza, monitoraggio ambientale, design degli edifici punteranno ad un perfezionamento sempre maggiore e la sicurezza, in questo senso, potrebbe diventare un servizio urbano come l'acqua, l'energia elettrica e la telecomunicazione (Mike Davis, Dead cities). Per poter alimentare questa domanda di sicurezza occorre però sfruttare le condizioni in cui il terrore si diffonde fino a entrare nella vita di tutti i giorni. Di conseguenza la società occidentale sarà spinta a comprare servizi di sicurezza sempre più costosi raffinati e pervasivi. Il problema diviene ancora più ampio se osserviamo le condizioni che permettono questa diffusione del terrore: la sfera pubblica sempre più debole, la mancanza del senso di appartenenza a una collettività, il sempre meno forte senso di comunità. Quanto può durare una situazione di questo genere? In Italia la situazione sembra essere meno drammatica, ma anche qui la crescita della domanda di sicurezza è costante, si è disposti ad alienare parte della propria 41 privacy in nome della sicurezza, viene anche qui richiesto un aumento della video sorveglianza, delle ronde, dei controlli. È stato Paul Krugman a definire, recentemente, la stagione attuale dell’economia americana (ma potremmo allargare il concetto anche alle altre economie) come fear economy, economia della paura, facendo un’interessante distinzione tra la categoria del rischio, normale in economia (il capitale è un fattore di rischio, si chiama anche “capitale di rischio”) e l’incertezza. Il rischio è misurabile, a differenza dell’incertezza. Misurabile, certo approssimativamente, ma pur sempre misurabile. Qualunque buon economista, abile imprenditore o analista finanziario sa leggere un business plan e calcolare il margine di rischio possibile. Mentre, invece, non esiste il margine di incertezza: strutturalmente esiste l’incertezza, ma questa non è misurabile o verificabile. Tutti ci troviamo adesso in una condizione di incertezza che modifica radicalmente non soltanto il calcolo del rischio, ma lo stesso gioco delle aspettative che, per l’economia, è fondamentale. Si sta registrando, in questa fear economy, una caduta psicologica nell’incertezza, conseguenza strutturale a una serie di scelte politiche che sono state fatte. Un esempio per capire meglio il meccanismo è quello degli anni ottanta e novanta, quando si pensava che il futuro fosse nelle liberalizzazioni avanzate, outsourcing, e nelle grandi concessioni al mercato. In quel periodo le compagnie aeree americane avevano delegato all’esterno una quantità di servizi, compresi quelli di sicurezza. Gli aeroporti americani si sono così riempiti di personale di sicurezza molto spesso nero o latino-americano di recente immigrazione, sottopagato, con scarse prospettive professionali; si è finito cioè per delegare un aspetto delicato, costoso, quale quello della sicurezza, a strutture professionali poco specializzate, poco sicure e poco motivate (anche dal punto di vista di incentivi economici). Anche qui, valgono le vecchie regole: a salari alti e incentivi chiari corrispondono prestazioni elevate, ma non possono esserci prestazioni alte a salari bassi. La dimensione della sicurezza negli aeroporti americani negli anni novanta, dà il senso della crisi interna a un processo di liberalizzazione che viene gestito non secondo logiche di lungo periodo, ma speculativamente in termini di breve periodo. In quegli anni si è sostenuto che tutto ciò che è di mercato, libero, aperto, competitivo, funziona. Questo non è vero, non del tutto, non sempre, a cominciare dalla sicurezza degli aeroporti. Non a caso, all’indomani dell’attacco terroristico alle Twin Towers, uno dei giornali più vicini alla business community americana, “Business Week”, ha titolato la copertina “Rethinking the economy”, ripensiamo i paradigmi dell’economia. L’inchiesta di copertina insisteva su una forte rivalutazione della politica, cioè di quello strumento generale che governa (governance) i grandi percorsi economici. Quel rethinking the economy, quella 42 politica che torna in primo piano sono dimensioni fondamentali per ritrovare un orientamento. Se guardiamo il caso italiano ci accorgiamo che la situazione è, sotto parecchi aspetti simile. Oggi gli enti locali, ad esempio, non hanno più risorse finanziarie sufficienti a fornire i servizi essenziali o realizzare opere per la cittadinanza. In un contesto come questo la risposta ai problemi più urgenti diventa l’unica politica possibile, a scapito di politiche di lungo periodo. Inoltre le città si trovano a far fronte a tre situazioni principali: 1) l’invecchiamento della popolazione, 2) l’immigrazione, 3) il rallentamento della economia a causa dell’impasse gestionale e della scarsa innovazione tecnologica, situazioni alle quali non sempre è possibile far fronte se non in una prospettiva emergenziale. Così è il tema della sicurezza, letto nella sua urgenza e per il quale non vengono proposte politiche di lungo periodo di ricostruzione del tessuto sociale. I paesi in cui per primi si sono avviate politiche di sicurezza in questo senso sono stati Inghilterra e Francia, mentre, per quanto riguarda il caso italiano, la regione Emilia Romagna, purtroppo però le esperienze locali e quelle nazionali difficilmente riescono ad incontrarsi, impedendo così rinnovamenti nelle politiche nazionali di sicurezza. 43 Conclusione Sicurezza urbana nell’ottica della sicurezza globale La cultura del controllo si sta diffondendo oggi in maniera spesso acritica e unilaterale, proprio perché offre una risposta facile al problema della sicurezza e alle paure immediate della popolazione. Non va dimenticato che a questo fenomeno se ne sviluppano parallelamente altri: quali gli immensi interessi economici (illustrati precedentemente), la privatizzazione della sicurezza (sempre più spesso effettuata anche a livello statale in partnership pubblico-private). Inoltre si nega la dimensione politica del problema, riducendola a fatto privato risolvibile mediante accorgimenti puramente tecnici. Non si può più, oggi, pensare di trovare una soluzione stabile al problema della sicurezza agendo soltanto sul lato della repressione e della forza; la soluzione del problema, dunque, non può essere prerogativa esclusiva delle forze dell’ordine. Da questo lavoro emerge la necessità, oggi sempre più urgente, di ridurre la percezione crescente di insicurezza nella popolazione. I cittadini si sentono spaventati e cercano risposte in un aumento del controllo (sia esso fornito tramite telecamere o ronde di pattuglie pubbliche e private) e della repressione, poiché non vengono loro forniti elementi sufficienti di comprensione o strumenti di analisi delle situazioni, sia interne che internazionali. Il cittadino ha a disposizione, nella maggior parte dei casi, solamente l’opinione dei media e la versione che questi danno della realtà. Con la fine dei rapporti stretti di vicinato e l’indebolimento del senso di comunità, si perdono tutti quegli elementi e rapporti che costituivano il controllo sociale informale (l’occhio sulla strada) e, in mancanza di alternative, il cittadino si vede costretto a sostituirlo con un controllo tecnico (l’occhio meccanico della telecamera). I cittadini non partecipano attivamente alla vita della comunità nella quale risiedono, tendono a chiudersi all’interno delle loro abitazioni protette da porte blindate ed allarmi, e a percepire come pericolo tutto ciò che è altro. Anche la stessa percezione del crimine urbano, come è emerso nella prima parte del lavoro, è falsata e non corrisponde alla presenza e incidenza reale della criminalità. Diviene quindi necessario che i cittadini vengano coinvolti in prima persona e si rendano 44 conto che sono possibili riduzioni del senso di insicurezza, ricostruendo quei legami sociali che oggi sembrano perduti. Allo stesso tempo sono necessarie politiche e governance volte a ridurre la percezione sociale, che considerino i diversi aspetti che questo comporta: dal coinvolgimento di diversi soggetti, alla creazione di politiche di genere e di integrazione. Diventa importante, in un’ottica come questa anche la riduzione dell’allarmismo da parte dei media e una maggiore obiettività nel fornire informazione. Per poter garantire a tutti un pieno godimento del diritto alla sicurezza (così come definito nella parte prima di questo lavoro) sarebbe opportuno realizzare: 1) una partecipazione attiva delle parti sociali; 2) una integrazione delle politiche pubbliche che tenga conto della molteplicità di fattori che compongono il tema della sicurezza; 3) una responsabilizzazione delle comunità locali e dei cittadini in generale. Pensare alla sicurezza urbana oggi, nel terzo millennio, significa inserirla in un contesto globale, più ampio che coinvolge anche aree geograficamente lontane, ma i cui avvenimenti interagiscono, inevitabilmente con gli avvenimenti interni ai nostri paesi e città. Il fenomeno migratorio ne è l’esempio più visibile. In seguito all’11 settembre 2001, nel campo della sicurezza e della sua percezione molte cose sono cambiate in maniera irreversibile, e la sensazione di trovarsi in situazioni di rischio costante e imprevedibile si è acuita. Per poter allentare questa situazione sarebbe necessario stimolare la diffusione di quelle buone pratiche, che esistono (ne abbiamo visti alcuni esempi nel corso di questo lavoro), ma sono ancora minoritarie. Si dovrebbero inoltre costruire governance nuove che abbandonino lo spazio della emergenzialità applicando politiche ad ampio respiro nel lungo periodo volte anche a ricostruire quel tessuto sociale che garantiva una maggiore sensazione di sicurezza con costi economico-sociali decisamente meno elevati. Le politiche urbane possono rappresentare un volano per questo tipo di approccio, che dovrà essere inevitabilmente ripreso a livelli superiori, ma, come abbiamo visto, non si può pensare che si possa togliere terreno all’insicurezza e all’illegalità appellandosi ad organizzazioni a livelli superiori, nel caso della politica internazionale questo è, a dir poco, utopistico. 45 « Combattere la paura.. riconquistare i quartieri abbandonati al degrado… aprire il dialogo fra le comunità straniere, costruire la solidarietà, significa sottrarre terreno alla criminalità e al terrorismo… alle città spetta tale compito » Riprendiamoci la città, festa a Palazzo D’Accursio, Bologna, foto di Chiara Laghi 46 Bibliografia: Monografie e articoli _ AA.VV. (Good Urban Governance Campaign), Habitat Debate. 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