Anteprima - Italus Hortus

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Anteprima - Italus Hortus
Review n. 3 – Italus Hortus 13 (1), 2006: 71-84
Aspetti genetici e fisiologici dell’innesto in orticoltura
Francesco Saccardo 1*, Giuseppe Colla 1, Paola Crinò 2, Antonino Paratore 3, Carla Cassaniti 3 e
Olindo Temperini1
Dipartimento di Produzione Vegetale, Università della Tuscia, Via S. Camillo De Lellis snc, 01100 Viterbo
2
Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente (ENEA), Centro Ricerche Casaccia, Via
Anguillarese 301, 00160 Roma
3
Dipartimento di OrtoFloroArboricoltura e Tecnologie Agroalimentari, Università di Catania, Via
Valdisavoia 5, 95123 Catania
Ricevuto 02 febbraio 2006; accettato 09 febbraio 2006
Genetic and physiological aspects
of grafting in vegetable crop production
Abstract. Grafted plants of vegetable crops have
gradually increased in the last years in Japan, Korea,
and Mediterranean basin countries (Spain, Italy,
Tunisia). Initially, this technology has been proposed
control soilborne diseases. In addition, grafted plants
have showed other advantages such as the improvement of tolerance to environmental stresses, the
increasing of nutrient and water use efficiency and, in
some cases, the improvement of crop productivity.
Throughout this review, focused on Cucurbitaceae
(watermelon, melon, cucumber) and S o l a n a c e a e
(tomato, pepper, eggplant) species, we have examined the genetic and physiological aspects linked to
resistance or tolerance to soilborne diseases and tolerance to abiotic stresses (salinity, root hypoxia, low
and high temperature) of grafted plants, as well as to
the plant productivity and fruit quality. As an alternative to geodisinfestation by methyl bromide, the choice
of appropriate rootstocks represents one of the most
important factors to be considered in the control of the
main soilborne pathogens: some specific races of
Fusarium oxysporum (melon, watermelon, cucumber),
Verticillium
dahliae
(eggplant,
pepper),
Monosporascus cannonballus (melon, watermelon),
Meloidogyne spp. (eggplant, pepper) , Didymella bryo niae (watermelon, melon), Pyrenochaeta lycopersici
(tomato). Improvement in salt tolerance by grafting in
tomato and melon was related to the capability of
rootstocks to avoid physiological damages caused by
excessive accumulation of toxic ions (Na+ and/or Cl-)
in shoots, including the exclusion and/or reduction of
absorption of Na + and/or Cl- by the roots. However,
the salt tolerance is not influenced only by the rootstock but also by the scion. Grafting tomato and
melon on tolerant rootstocks to low soil temperatures
has been proposed as an useful strategy to improve
crop performance. Recent studies have showed that,
in tomato, is possible to rise the tolerance to high temperature by grafting on tomato rootstocks tolerant to
this abiotic stress. Grafting, often realised between
plants of different species, can influence vigour, yield
and the fruit qualitative characteristics (soluble sugar
content, acidity, shape and fruit weight, alkaloid content and antioxidant compounds). The crop performance of grafted plants has often been attributed to
the rootstock-scion compatibility and to the influence
of rootstock on water and nutrient uptake as well as to
the endogenous-hormone status of plant. However,
the frame is very complex because the response of
grafted vegetable plants changes in relation to the
crops, the cultivars, the scion/rootstock combinations,
the environmental conditions, and the cultural practices.
Key words: rootstock, Solanaceae, Cucurbitaceae,
biotic stress, abiotic stress.
Premessa
L’innesto in orticoltura è una tecnica conosciuta
sin dall’antichità anche se le prime applicazioni risalgono al 1920 in Corea e Giappone con l’innesto di
piante di anguria su portinnesti di zucche. A partire
dagli anni ’60 è stata osservata un’ampia diffusione di
tale tecnica in diversi paesi con un concomitante
ampliamento della gamma di specie coltivate. In particolare, l’utilizzo di piante innestate si è diffuso soprattutto in alcuni paesi asiatici (Giappone, Cina, Corea) e
del bacino mediterraneo (Spagna, Italia, Turchia)
(Leonardi e Romano, 2004) per far fronte alle problematiche fitosanitarie legate all’adozione, in alcune
aree orticole con aziende di ridotte dimensioni, di
sistemi di coltivazione intensivi altamente specializzati e caratterizzati da una forte semplificazione degli
avvicendamenti colturali.
Già nel 1998, da un’indagine effettuata presso i
principali vivaisti italiani è emerso che la produzione
nazionale di piantine innestate è stata pari a
7.343.000. Le specie maggiormente interessate sono
*[email protected]
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Saccardo et al.
risultate in ordine di importanza l’anguria, il melone e
il pomodoro, mentre per la melanzana ed il peperone
si fa riferimento al solo impiego hobbistico
(Strazzanti et. al., 2000). La produzione di piante
innestate è avvenuta per circa l’82% nell’Italia centromeridionale e nelle isole mentre nel nord del paese ha
interessato circa il 18% della produzione nazionale,
quasi totalmente destinata all’uso hobbistico. Dal
1998 al 2005 c’è stato un continuo incremento della
produzione nazionale di piante innestate; infatti, nel
2000 il loro numero è più che raddoppiato
(14.005.000) (Morra et al, 2001) rispetto al 1998 ed è
ulteriormente aumentato nel 2005, fino a raggiungere
24.860.000 piante (Morra e Bilotto, 2005). Nel 2005,
la produzione di piante innestate per area geografica è
risultata così suddivisa: 53% nelle isole, 32% nel centro, 11% nel sud e 4% nel nord Italia. Dall’analisi
della produzione nazionale di piante innestate, relativa
al 2005 e disaggregata per coltura ortiva, è emerso che
il 35% della produzione ha interessato l’anguria, il
24% il pomodoro, il 22% la melanzana, il 18% il
melone e l’1% il peperone. Rispetto al 2000, si è assistito ad un forte incremento in melanzana (430%),
seguita da pomodoro (80%), anguria (54%) e in misura minore melone (22%).
I portinnesti maggiormente impiegati in Italia nel
2005 per il melone sono risultati i due ibridi intraspecifici di Cucumis melo : Dinero (47%) e Jador (16%),
mentre per l’anguria è stato impiegato per il 32% dei
casi il portinnesto RS 841 ( Cucurbita maxima x
Cucurbita moschata) e per il 22% Macis (Lagenaria
siceraria). Per le Solanaceae, i portinnesti più utilizzati sono risultati: l’ibrido commerciale di Capsicum
annum Snooker (62%) per il peperone; l’ibrido interspecifico (Lycopersicon esculentum x Lycopersicon
h i r s u t u m) Beaufort (77%) per il pomodoro e il
Solanum torvum (77%) per la melanzana.
La diffusione dell’innesto è da ricondurre ai numerosi vantaggi che tale tecnica comporta quali: poter
coltivare materiale genetico di notevole pregio qualitativo (cultivar ed ecotipi) anche se privo di resistenze
genetiche ai patogeni e parassiti; eliminare e/o ridurre
i trattamenti chimici e quindi ottenere prodotti più
salubri con processi produttivi più rispettosi dell’ambiente; incrementare la tolleranza ad avversità abiotiche (es. salinità, ristagni idrici, alte e basse temperature); aumentare l’efficienza d’uso dell’acqua e dei
nutrienti; incrementare la produzione. Per contro, l’innesto presenta anche alcuni svantaggi quali il maggior
costo delle piantine e in alcuni casi l’induzione di
alterazioni della composizione del frutto con scadimento della qualità organolettica.
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Affinità di innesto e aspetti vivaistici
Il successo dell’innesto dipende in primo luogo
dalla compatibilità dei due bionti che si andranno a
innestare: più il materiale di partenza presenta una
stretta relazione botanica, maggiori saranno le possibilità della buona riuscita dell’innesto. Naturalmente
la scelta del materiale d’innesto deve essere ben ponderata e deve basarsi su un’attività di ricerca precedentemente svolta, mirata ad esaltare il grado di affinità fra le parti da innestare. L’affinità di innesto
dipende da fattori legati ad aspetti genetici, biochimici, fisiologici e anatomici (Pina e Errea, 2005). Oda et
al. (1993) hanno riportato che i migliori risultati in
termini di affinità sono stati riscontrati in cetriolo, utilizzando come nesto e portinnesto dei genotipi con
diametro simile dell’ipocotile, mentre nessuna
influenza significativa è stata riscontrata sull’affinità
d’innesto utilizzando genotipi con diverso numero di
vasi. La mancanza di affinità tra due bionti può manifestarsi in diversi stadi di sviluppo della pianta e con
livelli di intensità variabili che vanno dalla crescita
stentata alla morte della pianta. In melone, casi di
forte disaffinità di innesto con morte della pianta sono
stati riscontrati utilizzando come portinnesti
Cucurbita maxima, Cucurbita moschata e Luffa cilin d r i c a (Temperini et al., 1999). Huh et al. ( 2 0 0 3 )
hanno osservato una forte incompatibilità in piante di
anguria innestate sui portainnesti di C u c u r b i t a
moschata, Cucurbita martinezii e Cucumis metulife rus, mentre le piante in cui i portinnesti erano ibridi di
anguria (PI 299379, PI 271769 x Calhoun Gray, PI
296431, Knight) si sono sviluppate rapidamente
mostrando una crescita regolare ed un ottimo sviluppo
dei frutti. La disaffinità di innesto può essere amplificata da condizioni climatiche avverse (es. alte temperature), soprattutto se associate ad un’elevata allegagione come osservato da Edelstein et al. (2004) in
melone. Per questo motivo, piante di cetriolo allevate
in serra durante la stagione fredda vengono comunemente innestata su C. ficifolia, mentre nel corso della
stagione calda si preferisce come portinnesto la cv
Shintoza (Cucurbita maxima x Cucurbita moschata)
(Lee e Oda, 2003). La disaffinità di innesto può essere
identificata analizzando i caratteri morfo-fisiologici e
biochimici della pianta. In particolare i caratteri biochimici permettono una precoce identificazione dei
fenomeni di disaffinità, come riscontrato da
Fernandez-Garcia et al. (2004) su pomodoro in cui è
stato osservato un incremento dell’attività enzimatica
della perossidasi e della catalasi nel punto d’innesto a
seguito del ripristino della continuità vascolare tra i
due bionti (8 giorni dopo l’esecuzione dell’innesto).
Innesto in orticoltura
L’affinità di innesto dipende anche dalla tecnica di
innesto utilizzata (Edelstein et al., 2004). In particolare, i metodi di innesto che si sono maggiormente
affermati presso i vivaisti italiani specializzati sono,
per le Cucurbitaceae, quello a spacco in testa con uso
di mollette (92%) e, per le Solanaceae, quello a taglio
obliquo con uso di mollette di dimensioni ridotte o
guaine di silicone trasparente (88%) (Morra et al.,
2003a).
L’innesto dovrebbe essere eseguito a non meno di
6 cm da terra per evitare l’affrancamento del nesto e
di conseguenza perdere tutti i vantaggi offerti dal portinnesto in termini di resistenze e/o tolleranza a stress
biotici e abiotici, vigoria, ecc. (Serges, 2004).
La pratica dell’innesto è molto laboriosa e costosa;
per questo recentemente si sono intensificati gli sforzi
per meccanizzare e automatizzare le diverse operazioni e sono già in commercio attrezzature di concezione
giapponese o coreana in grado di produrre da 600 a
1.200 piante innestate, per ora con caratteristiche qualitative confrontabili a quelle ottenute manualmente
(Lee e Oda, 2003).
In vivaio di particolare importanza risulta la scelta
del tipo di contenitore che dipende dal numero di
piante per unità di superficie occupata, dall’espansione dell’apparato radicale, dal periodo di permanenza
del portinnesto nell’alveolo e dal vigore del nesto. I
contenitori alveolari più utilizzati sono quelli da 28 a
84 fori per le Cucurbitaceae e da 40, 84 o 112 fori per
le Solanaceae (Morra et al., 2003a).
Altro aspetto importante è la programmazione dell’epoca di semina del portinnesto e del nesto. Infatti,
per la riuscita dell’innesto è fondamentale che i due
bionti si trovino allo stadio di sviluppo ottimale che
varia in relazione alla specie, al portinnesto e al metodo di innesto utilizzato; in genere, l’anguria ed il
melone si innestano quando il portinnesto si trova allo
stadio cotiledonare e il nesto allo stadio cotiledonare o
di prima foglia vera mentre, il pomodoro viene innestato quando il portinnesto e il nesto presentano
rispettivamente da 4 a 6 e da 4 a 5 foglie vere
(Leonardi e Romano, 2004). Per ottenere entrambi i
bionti allo stadio di sviluppo ottimale per l’innesto,
nel melone la semina della cultivar viene generalmente anticipata rispetto al portinnesto di circa 6 giorni, se
si impiegano come portinnesto gli ibridi di Cucurbita
spp., e di circa 4 giorni nel caso si adottino portinnesti
di Cucumis melo. In anguria, invece, la cultivar si
semina 2-3 giorni dopo il portinnesto, se questo
appartiene al genere Cucurbita spp., e 8 giorni nel
caso si utilizzino portinnesti di Lagenaria siceraria
(Leonardi and Romano, 2004). In melanzana, la semina della cultivar viene posticipata di circa 12-15 gior-
ni rispetto al portinnesto selvatico Solanum torvum, e
3-5 giorni rispetto a Energy F1 (ibrido intraspecifico di
pomodoro). Infine, i portinnesti maggiormente impiegati per il pomodoro: Beaufort ed He-Man, entrambi
ibridi interspecifici di pomodoro (Lycopersicon escu lentum x Lycopersicon hirsutum), vengono seminati
circa 9 giorni prima della cultivar il primo e 5 giorni
dopo il secondo.
Resistenza agli stress biotici
Le resistenze genetiche, sebbene non sempre in
grado di dare risposte assolute e definitive, di controllo completo, possono contenere le perdite produttive
delle colture in maniera economica ed efficace,
soprattutto se integrate con altre misure di prevenzione. Il loro impiego è tuttavia limitato dall’assenza, in
alcuni casi, di materiali commerciali resistenti e dai
tempi lunghi per la loro costituzione, dalla comparsa
di nuove razze del patogeno in grado di superare rapidamente le resistenze presenti nell’ospite, dall’esistenza di barriere di incompatibilità tra la specie coltivata
e quelle selvatiche donatrici del carattere.
In anguria, la razza 2 di Fusarium oxysporum f. sp.
niveum rappresenta una delle principali problematiche
fitosanitarie in quanto attacca tutte le cultivar attualmente esistenti nel mercato (Boughalleb e El
Mahjoub, 2005); inoltre, non sono ancora disponibili
materiali commerciali resistenti a Didymella bryoniae
e ad almeno una delle tre specie di Meloidogyne: are naria, incognita, javanica. Anche nei confronti della
razza 1,2 di F. oxysporum f. sp. melonis, ampliamente
diffusa in Italia nelle colture di melone, sono sinora
disponibili solo resistenze quantitative (9 QTL identificati in cinque gruppi di associazione) di parziale
efficacia (Perchepied et al., 2005). Cinque geni indipendenti (Gsb-1, Gsb-2, Gsb-3, Gsb-4 e gsb-5) conferiscono resistenza a Didymella bryoniae (Frantz e
Jahn, 2004); la dimensione e il tipo del frutto nelle
accessioni selvatiche rappresentano un fattore limitante e non sono disponibili varietà o ibridi di melone
soddisfacentemente resistenti in condizioni di campo.
In entrambi i casi (razza 1,2 di F. oxysporum f. sp.
melonis e D. bryoniae) sono stati identificati elevati
livelli di resistenza in diverse C u c u r b i t a c e a e
(Trionfetti Nisini et al., 1999; 2000) che, tuttavia, non
sono utilizzabili nei programmi di miglioramento
genetico convenzionale, a causa delle barriere di
incompatibilità con il melone coltivato, né in quelli di
ibridazione somatica per difficoltà a rigenerare da protoplasti. Un altro patogeno dannoso per il melone è
Monosporascus cannonballus, agente causale del col73
Saccardo et al.
lasso delle cucurbitacee il cui controllo è reso difficile
dalla lunga sopravvivenza delle ascospore nel terreno,
dalla mancanza di cultivar di melone resistenti o tolleranti e dalla mancanza di principi attivi efficaci per il
controllo chimico. Al momento, non sono disponibili
nè genotipi resistenti al mal dello sclerozio causato da
Sclerotinia sclerotiorum, un patogeno che ha dimostrato la sua capacità distruttiva né materiali commerciali resistenti ai nematodi galligeni (Meloidogyne
spp.).
In pomodoro, per il controllo di P y r e n o c h a e t a
lycopersici, la cui diffusione è stata favorita dall’abbandono delle pratiche agricole tradizionali (es. rotazioni colturali) e dagli eccessi idrici, non esistono
fonti di resistenza efficaci. Il gene pyl conferisce una
resistenza di tipo parziale mentre quella proveniente
da L. hirsutum mantiene la sua efficacia solo nell’ibrido F 1, esprimendo però una resistenza blanda se trasferita mediante ibridazioni nel pomodoro coltivato
(Laterrot, 1983).
Gli ibridi commerciali di peperone non sono in
grado di conferire un adeguato controllo dei principali
patogeni e parassiti tellurici. Le fonti di resistenza a
Phytophthora capsici reperite in accessioni messicane
di Capsicum annuum, in C. frutescens e in C. cha coense, sono associate a dimensioni non accettabili
delle bacche. Elevata resistenza al fungo (6 QTL) è
stata invece individuata in accessioni di C. annuum e
C. chinense (Quirin et al., 2005) che, assieme a C.
frutescens, sono anche fonti di uno spettro completo
di resistenza alle quattro specie di nematodi galligeni:
M. incognita, M. arenaria, M. javanica, M. hapla (Di
Vito et al. 1991; Djian-Caporalino et al., 1999). Nei
confronti di V. dahliae non esistono invece valide
fonti di resistenza. Alcune, tra l’altro sinora mai utilizzate, sono state individuate in accessioni di C. annuum
e C. baccatum (Gonzalezsalan e Bosland, 1991).
Nel germoplasma coltivato di melanzana, ad eccezione di poche accessioni provenienti da una banca
greca del germoplasma, non sono disponibili resisten-
ze efficaci verso gli attacchi di V. dahliae (Bletsos et
al., 2004) e di Meloidogyne spp. (Boiteux e Charchar,
1996). Resistenza a V. dahliae, a Ralstonia solanacea rum e a nematodi galligeni sono state invece individuate nella specie selvatica Solanum torvum (Bletsos
et al., 2004) che ha prodotto ibridi somatici fertili
resistenti con la specie coltivata (Collonnier et al.,
2003), tuttavia non ancora utilizzabili in programmi di
miglioramento genetico per resistenza a malattie telluriche.
L’innesto, applicato con successo dagli inizi degli
anni ’90 per controllare i danni da fusariosi in anguria
e successivamente esteso al melone, cetriolo, pomodoro, melanzana e peperone (Lee 1994, 2003; Miguel
et al., 2004), attualmente si sta affermando anche in
Europa, grazie all’introduzione di portinnesti con resistenza multipla alle malattie del terreno. Il sistema
radicale sintetizzerebbe sostanze che rendono il portinnesto resistente e che sarebbero traslocate nella
pianta attraverso lo xilema; l’attività di queste sostanze può variare nei diversi momenti di sviluppo della
pianta innestata (Heo, 1991). Al contrario, la suscettibilità del nesto non è trasmessa al portinnesto (Rivero
et al., 2003a).
Tra i portinnesti più utilizzati su Cucurbitaceae
(tab. 1), Lee et al. (2003) hanno riportato Shintoza, un
ibrido interspecifico Cucurbita maxima x Cucurbita
moschata compatibile all’innesto con anguria e melone e altamente resistente alle quattro sottospecie di F.
oxysporum: niveum, cucumerinum, melonis, lagena riae. Miguel et al. (2004) hanno sottolineato i vantaggi di questo portinnesto per il controllo di F. oxyspo r u m f. sp. n i v e u m nella produzione dell’anguria;
anche in Italia, lo stesso genotipo è utilizzato come
portinnesto su entrambe le specie, melone e anguria
(Morra e Bilotto, 2005). I portinnesti commerciali di
Lagenaria siceraria, suscettibili a F. oxysporum f. sp.
lagenariae, sono esclusivamente usati per l’anguria
ma sono incompatibili con il melone. Questo avviene
anche in Italia dove, pur esistendo per l’anguria una
Tab. 1 - Risposta di Cucurbitaceae ai principali patogeni tellurici (da Lee, 2003).
Tab. 1 - Response of Cucurbitaceae genotypes to the main soilborne pathogens (from Lee, 2003).
Genotipo
Cucurbita maxima x C.
moschata (‘Schintoza’)
Cucurbita moschata
Lagenaria siceraria
Benincasa hispida
Sicyos angulatus
Cucumis metuliferus
f. sp. niveum
Fusarium oxysporum
f. sp. cucumerinum
f. sp. melonis
Meloidogyne
hapla
+++
+++
+++
+++
-
+++
++
+++
+++
+++
+++
+++
++
+++
+++
+++
+++
+++
+++
+++
+
+++
+++
+++
+
+++
++
+++ altamente resistente; ++ moderatamente resistente; + debolmente resistente; - suscettibile
74
f. sp. lagenariae
Innesto in orticoltura
certa diversificazione del panorama varietale di portinnesti, la scelta è stata concentrata soprattutto su due
genotipi che coprono il 54% dell’innestato: Macis
(ibrido di Lagenaria) ed RS 841 (Cucurbita maxima x
Cucurbita moschata), rappresentativi dei due gruppi
di portinnesti impiegati per questa ortiva (Morra e
Bilotto, 2005). Nessuno dei portinnesti riportati in
tabella 2 è resistente a M. incognita, mentre Benincasa hispida, Cucumis metuliferus e Sicyos angulatus
sono esclusivamente utilizzati per la buona resistenza
individuata nei confronti di M. hapla. La cv Gongdae,
pur essendo uno dei portinnesti più comunemente
usati per innestare varietà di anguria commercialmente importanti, è tuttavia suscettibile al virus CGMMV
(Cucumber Green Mottle Mosaic Virus), facilmente
trasmesso dal terreno e verso il quale non esistono
fonti di resistenza (Park et al., 2005). Mediante trasformazione via Agrobacterium con cDNA codificante il gene della coat protein del virus è stata conferita
la resistenza al virus CGMMV lo stesso portinnesto
Gongdae senza alterare le caratteristiche qualitative
del frutto delle cultivar innestate (Park et al., 2005).
Recentemente (Edelstein et al., 2000), inoltre, è stata
riportata in Cucurbita maxima la possibilità di conferire resistenza ad un acaro (Tetranychus cinnabarinus)
attraverso l’innesto su due accessioni di Lagenaria
spp. (Slawi e Sus).
Per il controllo dei patogeni tellurici del melone, i
portinnesti resistenti più utilizzati in Italia sono essenzialmente ibridi di melone e di Cucurbita maxima x
Cucurbita moschata; in generale, meloni appartenenti
alla tipologia Galia possono essere innestati con successo su ipobionti del genere Cucurbita anche per il
controllo di Monosporascus cannonballus (Cohen et
al., 2005). Secondo i dati riportati da Trionfetti Nisini
et al. (2000; 2001) su portinnesti commerciali e su
specie diverse di Cucurbitaceae, le inoculazioni con
la razza 1,2 di F. oxysporum f. sp. melonis in ambiente controllato hanno evidenziato come i portinnesti
commerciali Elsi, RS 841, ES 99-13, P 360, assieme a
B. hispida e a C. metuliferus, sono risultati i più interessanti in quanto immuni al fungo e quindi con il
100% di piante sopravvissute (tab. 2). La loro reazione al patogeno è stata significativamente diversa da
quella di altri portinnesti parzialmente resistenti quali
Belimo, Nun 8049, ES liscio, Energia e Griffin mentre Dinero e Jador hanno riportato risposte insoddisfacenti. Nei confronti di D. bryoniae, gli stessi portinnesti Elsi, RS 841, ES 99-13, P 360 sono risultati i più
interessanti in termini di scarsa nella sintomatologia
rilevata sulle foglie e sul fusto, analogamente al comportamento di B. ispida e C. metuliferus, mentre
Belimo ha evidenziato una reazione intermedia tra la
Tab. 2 - Reazione di portinnesti commerciali di melone e di specie
Cucurbitaceae all’inoculazione con la razza 1,2 di F. oxysporum
f. sp. melonis e con Didimella bryoniae.
Tab. 2 - Reaction of commercial root stocks of melon and
Cucurbitaceae spp. to the inoculation with Fusarium oxysporum f.
sp. melonis race 1.2 and D. bryoniae.
Portinnesti
F. osysporum
f. sp. melonis
razza 1,2
D. bryoniae
foglie
fusto
P 360
ES 99-13
RS 841
Elsi
Nun 8049
Belimo
Griffin
ES liscio
Energia
Benincasa hispida
Cucumis metuliferus
R
R
R
R
PR
PR
PR
PR
PR
R
R
PR
R
R
R
PR
S
R
R
R
R
R
R
PR
S
R
R
R = resistente; PR = parzialmente resistente; S = suscettibile.
suscettibilità e la resistenza al fungo. Considerando la
reazione ad entrambi i patogeni saggiati, i portinnesti
P 360, RS 841, E 99-13, Elsi e Belimo sono risultati
particolarmente interessanti grazie alla reazione di
resistenza multipla mostrata verso la razza 1-2 di F.
oxysporum f. sp. melonis e D. bryoniae (Tab. 2).
F. oxysporum f. sp. r a d i c i s - c u c u m e r i n u m è un
patogeno importante nelle colture serricole di diversi
paesi ma non sono attualmente disponibili sistemi
efficaci di controllo. L’innesto del cetriolo su diversi
genotipi di Cucurbita spp. resistenti al fungo, quali
A27, C. ficifolia, Patron F-1, Peto 42.91 F-1, TS1358 F-1 e TZ- 148 F-1, può essere usato come metodo di controllo alternativo alla geodisinfestazione con
bromuro di metile (Pavlou et al., 2002). Anche contro
il CFMMV (Cucumber Fruit Mottle Mosaic
Tobamovirus), causa di gravi mosaici e ingiallimenti
su foglie e frutti e occasionalmente anche di disseccamento della pianta, non sono state identificate fonti di
resistenza in cetriolo. Tuttavia, anche in questo caso,
l’impiego di un portinnesto transgenico (linea I44 trasformata via Agrobacterium tumefaciens e omozigote
per il gene che codifica per la putativa replicasi 54kDa del virus) potrebbe proteggere il nesto di cetriolo
suscettibile dalle infezioni del terreno con il virus
CFMMV (Gal-On et al., 2005). Anche contro i danni
da M. incognita sulla coltura del cetriolo, sia in campo
che in serra, l’innesto di ibridi di cetriolo su portinnesti resistenti ai patogeni tellurici, associato a mezzi
chimici di controllo, consente di sviluppare strategie
integrate per ridurre le perdite di produzione
(Giannakou e Karpouzas, 2003). In Italia, il numero
basso di portinnesti riportati per cetriolo (tab. 5) riflet75
Saccardo et al.
Tab. 3 - Risposta di portinnesti commerciali di peperone verso i
principali patogeni tellurici.
Tab. 3 - Response of commercial rootstocks of pepper to the main
soilborne pathogens.
Portinnesto
Phytopthora
capsici
Mi
DRO8801
ES 98-1
ES 00-40
NUM 9453
Snooker
RX 600
S
S
PR
S
R
S
R
R
R
S
PR
R
Nematodi galligeni
Ma
Mj
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
Mh
S
S
S
S
S
S
Mi = M. incognita, Ma = M. arenaria, Mj = M. javanica e Mh =
M. hapla.
R = resistente; PR = parzialmente resistente; S = suscettibile
te la posizione marginale della specie nel mercato
nazionale, con piantine prodotte solo dai vivai del
Centro Italia (Morra e Billotto, 2005).
La disponibilità di un’ampia gamma di resistenze a
malattie in pomodoro ha facilitato il rapido sviluppo
di portinnesti appropriati per il controllo di specifici
patogeni del terreno. Tra quelli riportati dal catalogo
dell’azienda sementiera Sakata 2000 (tab. 4), è interessante soprattutto il genotipo Magnet utilizzato per
la sua contemporanea resistenza alla radice suberosa,
alle due razze di Fusarium, alla tracheoverticilliosi e
ai nematodi galligeni. Ad eccezione di LS-89 e BFOkitsu 101, tutti sono resistenti al virus del mosaico
del tabacco (geni T m - 2, T m - 2 2), mentre Magnet,
Shinmate, Joint e BFNT-R sono anche altamente resistenti all’avvizzimento batterico causato da Ralstonia
solanacearum. In generale, i portinnesti disponibili
per l’innesto del pomodoro appartengono sostanzialmente a due gruppi: il tipo KNVF e il tipo pomodoro.
Il primo, con portinnesti ibridi L. hirsutum x L. escu lentum (es. Beaufort, Trifort e Integro) caratterizzati
da resistenza verso P. lycopersici, Verticillium spp., F.
oxysporum f. sp. lycopersici razze 1 e 2, Meloidogyne
spp., F. oxysporum f. sp. lycopersici radicis. Il tipo
pomodoro, con varietà ed ibridi di L. esculentum, presentano invece una resistenza parziale (gene pyl) a P.
lycopersici che li rende idonei alla coltivazione in terreni a bassa carica patogena (Morra et al., 1997).
Nell’ambito di quest’ultima tipologia , possono essere
citati, come esempi, Mogeor, Kyndia, Energy, PSF,
PG1, PG2 (Morra et al., 1997). In assenza di ibridi
resistenti per il controllo dei principali patogeni tellurici della coltura, anche la melanzana può essere innestata sia su portinnesti di pomodoro quali Energy,
Kyndia e Beaufort, soprattutto per il settore hobbistico, sia su specie selvatiche quali S. torvum e S. sisym brifolium per il settore professionale (Morra, 1997;
Morra e Bilotto, 2005). I migliori risultati sono stati
76
Tab. 4 - Resistenza a patogeni terricoli in portinnesti di pomodoro
(Sakata, 2000).
Tab. 4 - Resistance to soilborne pathogens in tomato rootstocks
(Sakata, 2000).
Portinnesto
Vulcan
Magnet
Seogun
Schinmate
Joint
BFNT-R
LS-89
BF-Okitsu 101
TracheoRadice Tracheofusariosi
Nematodi
verticilsuberosa razza 1 razza 2
galligeni
liosi
++
++
++
-
+
+
+
+
+
+
+
+
++
++
-
++
++
++
++
-
+
+
+
+
+
+
-
++ altamente resistente; + moderatamente resistente; - suscettibile
tuttavia ottenuti con S. torvum, resistente ai nematodi
galligeni (Meloidogyne spp.), a V. dahliae, a F. solani,
a F. oxysporum f. sp. melongenae, a P. lycopersici
(Morra, 1997; Bletsos et al., 2003; Morra e Bilotto,
2005). Recentemente, per la probabile comparsa di
una nuova razza, sono state tuttavia osservate gravi
infezioni di V. dahliae in melanzana innestata su S.
torvum (Minuto et al., 2005).
In attesa di materiali commerciali resistenti alle
malattie del terreno, anche in peperone, l’innesto rappresenta una valida alternativa alla geodisinfestazione
con bromuro di metile. Esistono tuttavia problemi sia
di scarsa disponibilità di portinnesti affidabili in termini di resistenza (tab. 5) sia di scarsa compatibilità
all’innesto su specie diverse di C. annuum (Morra et
al., 2003b). Portinnesti resistenti ai nematodi galligeni,
quali il genotipo AR-96023 di C. annuum e accessioni
di C. frutescens, sono efficaci per il controllo di M.
javanica e della razza 2 di M. incognita (Oka et al.,
2004); in Italia rappresentano un’innovazione i portinnesti denominati Graffito e Gc 1002 realizzati dalla
Sezione periferica di Montanaso Lombardo dell’Isport
e validi rispettivamente sia in contesti molto compromessi dalla presenza di P. capsici e di Meloidogyne
spp. e nel controllo della cancrena pedale (Morra et al.,
2005). L’ibrido commerciale ‘Snooker’, su cui si basa
il mercato italiano dei portinnesti di peperone (Morra e
Bilotto, 2005), è risultato inoltre interessante in quanto
contemporaneamente resistente ad un isolato italiano
molto aggressivo di P. capsici, M. arenaria e M. java nica e moderatamente resistente a M. incognita (tab.
3); (Granati et al., 2002). Il portinnesto ES 00-40, resistente a M. arenaria, a M. javanica e a M. incognita,
ha mostrato invece un’incidenza moderata di attacco
da P. capsici. Non è stata individuata alcuna resistenza
nei confronti di M. hapla né di V. dahliae.
Innesto in orticoltura
In tabella 5 sono riportati i portinnesti commerciali
attualmente più utilizzati in orticoltura che, in generale, forniscono una copertura completa, e in alcuni casi
parziale, verso i principali patogeni della coltura.
dove alcuni portinnesti ibridi di C u c u r b i t a s p p
(Shintoza, RS-841, Kamel), hanno fornito delle performance produttive superiori in condizioni di salinità
rispetto alle cultivar non innestate, in virtù anche di un
minore assorbimento e traslocazione di Cl nelle foglie.
Per contro altri autori (Edelstein et al., 2005; Colla et
al., 2006) non hanno riscontrato effetti positivi del portinnesto sulla tolleranza alla salinità da cloruro di sodio
in melone come probabile conseguenza dell’incapacità
dei portinnesti testati di ridurre l’accumulo di Cl nell’apparato epigeo. Inoltre, Edelstein et al., ( 2 0 0 5 )
hanno riscontrato che il portinnesto TZ-148 (Cucurbita
maxima x Cucurbita moschata), seppure non incrementa la tolleranza alla salinità del melone, può essere
vantaggiosamente utilizzato per aumentare la tolleranza al boro in quanto ne riduce l’assorbimento e la traslocazione nella parte epigea.
Ulteriori studi hanno dimostrato che la resistenza
alla salinità è influenzata anche dal nesto; in pomodoro infatti il portinnesto Kyndia innestato sulla cultivar
UC-82B ne ha aumentato la tolleranza alla salinità
mentre non è stata osservata alcuna influenza significativa quando la cultivar ad accrescimento determinato Moneymaker è stata utilizzata come nesto (SantaCruz et al., 2002). Pertanto, i risultati mettono in evidenza l’importanza di una accurata valutazione delle
combinazioni d’innesto al fine di incrementare la tolleranza alla salinità della cultivar innestata.
L’innesto può costituire anche una valida strategia
per aumentare la tolleranza a condizioni di anossia.
Infatti, studi condotti da Liao e Lin (1996) hanno
dimostrato che la sommersione con soluzione nutritiva delle radici di piante di melone amaro (Momordica
c h a r a n t i a) allevate in vaso determina una minore
riduzione dell’attività fotosintetica, della conduttanza
stomatica, della traspirazione, del contenuto di proteine solubili e dell’attività della rubisco se le piante
sono innestate su un portinnesto di Luffa cilindrica.
Tolleranza agli stress abiotici
La salinità è una delle principali cause di stress
limitanti la crescita e la produttività delle piante coltivate. A livello fisiologico le piante subiscono tre tipi
di danni da salinità: osmotico, nutrizionale e tossico.
A questi si aggiungono quelli derivanti da asfissia
radicale causata dalla riduzione della permeabilità dei
terreni, quando nell’acqua d’irrigazione il contenuto
di sodio rispetto a quello del calcio e del magnesio
(SAR, sodium absorption ratio), è elevato.
Nelle piante sottoposte a stress salino sono state
individuate due diverse strategie di resistenza: accumulare ioni tossici (es. Na +, Cl-) all’interno della pianta o in speciali organi e compartimentarli nei vacuoli
(genotipi includenti gli ioni) o ridurre l’assorbimento
radicale e il trasporto degli ioni nella parte epigea ed
in particolare nei tessuti in espansione (genotipi escludenti gli ioni); a quest’ultima categoria appartengono
gran parte delle colture ortive.
L’uso di portinnesti in grado di ridurre l’assorbimento e la traslocazione di ioni tossici (Na+ e Cl-) nella
parte epigea può aumentare la tolleranza alla salinità
della coltura. In pomodoro, Santa-Cruz et al. (2002)
hanno evidenziato che al crescere della salinità (da 0 a
50 mM di NaCl), l’innesto di una cultivar ad accrescimento determinato, quale UC-82B, sul portinnesto di
pomodoro Kyndia ha ridotto sensibilmente l’accumulo
di Na e Cl nelle foglie determinando un minor decremento della produzione (-36%) rispetto alla cultivar
UC-82B innestata su se stessa (-45%). Risultati simili
sono stati riportati da Romero et al. (1997) in melone,
Tab. 5 - Numero di portinnesti commerciali e resistenze genetiche utilizzati per le diverse colture orticole.
Tab. 5 - Number of commercial rootstocks and their genetic resistances for different vegetable crops.
Colture
n.
Anguria
Melone
Cetriolo
Pomodoro
Melanzana
Peperone
13
10
3
12
7
3
0
x
x
Fon
1
x
x
x
Fom
2
x
0
x
x
x
1
x
x
x
2
x
x
1,2
x
x
x
Forc Forl Foc
x
x
x
1
Fol
2
3
x
x
x
x
x
Va
Vd
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Pho
Pi
x
x
x
x
x
M
Phy
Fs
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Fon: Fusarium oxysporum f. sp. niveum; Fom: Fusarium oxysporum f. sp. melonis; Fol: Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici; Foc:
Fusarium oxysporum f. sp. cucumerinum; Fs: Fusarium oxysporum f. sp. solani; Va: Verticillim albo-atrum; Vd: Verticillium dahliae; Pto:
Phomopsis sclerotioides ; Forl: Fusarium oxysporum f. sp. radicis lycopersici; Forc: Fusarium oxysporum f. sp. radicis lycopersici; Pi:
Pyrenochaeta lycopersici; Phy: Phytophthora capsici; M: nematodi galligeni (M. incognita, M. arenaria, M. javanica). - I numeri indicano
le razze del patogeno.
77
Saccardo et al.
L’innesto presenta anche interessanti applicazioni
per incrementare la tolleranza a stress termici. In particolare, le Solanaceae e le Cucurbitaceae sono particolarmente sensibili agli abbassamenti termici al
disotto di 12°C soprattutto nelle prime fasi di sviluppo
e durante la fase riproduttiva. L’abbassamento
improvviso della temperatura dell’aria ma, in maniera
più rilevante nel terreno, causa stress alla pianta per
alterazioni biochimiche e fisiologiche (es. degradazione delle membrane cellulari, riduzione dell’assorbimento dell’acqua e dei nutrienti); se questo si verifica
a ridosso del trapianto, la pianta subisce un forte stress
con possibili ripercussioni sulla crescita e sulla produzione. Alcuni autori (Ahn et al., 1999; Lee, 2003;
Tachibana, 1982) hanno riportato che l’innesto di
anguria, melone e cetriolo su portinnesti ibridi di
zucca (Cucurbita maxima x Cucurbita moschata) e
l’innesto di cetriolo sui portinnesti Cucurbita ficifolia
e Sicyos angulatus determina un incremento della tolleranza alle basse temperature. I meccanismi alla base
della maggiore tolleranza alle basse temperature delle
piante innestate non sono completamente noti ma
sembrano essere legati agli effetti del portinnesto sia
sul flusso e sulla composizione del succo xilematico
che sul consumo di ossigeno (Masuda e Gomi et al.,
1982). Ahn et al., (1999) hanno riscontrato un maggior assorbimento di ioni a basse temperature nelle
piante innestate; ciò potrebbe essere associato all’attività di alcuni enzimi coinvolti con l’assorbimento
stesso. Inoltre, Tachibana (1988) ha riportato che le
radici di zucca rispondono alle basse temperature
aumentando l’attività meristematica e la traslocazione
di fotosintetati.
Il criterio utilizzato per selezionare portinnesti tolleranti alle basse temperature si basa sull’analisi della
composizione dei lipidi di membrana; in particolare
un maggiore contenuto di lipidi per grammo di peso
fresco, un più elevato rapporto tra acidi grassi e lipidi
totali, un maggiore grado di insaturazione degli acidi
grassi nonché un minore rapporto tra esterolo e fosfolipidi sono associati ad un incremento della tolleranza
alle basse temperature (Horvath et al., 1987).
Infine, l’innesto può incrementare la tolleranza a
stress termici causati da alte temperature come riportato da Rivero et al., (2003b) in pomodoro; in particolare, dopo l’esposizione per 30 giorni a 35°C di piantine
di pomodoro della cultivar Tmknvf2 innestate e non su
un portinnesto tollerante alle alte temperature (RX335) è stato riscontrato che le piante innestate presentavano un minore accumulo di composti fenolici nelle
foglie ed una maggiore biomassa secca delle foglie.
78
Aspetti quali-quantitativi del prodotto
Il portinnesto può incrementare o ridurre la vigoria
e la produttività della coltura (Abdelhaffez et al. ,
1975; Yetisir and Sari, 2003; Colla et al., 2006). In
anguria, Yetisir e Sari (2003) hanno riscontrato che
l’impiego di portinnesti commerciali di Lagenaria
spp. determina un incremento della produzione mentre portinnesti del genere Cucurbita spp. influenzano
negativamente la produzione probabilmente per motivi di incompatibilità tra il portinnesto e il nesto.
L’incremento della produzione riscontrata in anguria
innestata su portinnesti di Lagenaria spp. è da ricondurre, oltre che ad un maggior numero e pezzatura dei
frutti (Yetisir e Sari, 2003), ad un prolungamento del
calendario di raccolta (Tsobanakis, 1994).
Maroto et al. (2003) hanno valutato in serra il
comportamento del melone ‘tortarello’ (C u c u m i s
melo var. flexuosus) cultivar Alficoz SGM, innestato
su due portinnesti quali Shintoza e la cultivar di
melone Accent, in rapporto a due cicli di coltivazione (autunnale e primaverile). Le produzioni del ciclo
primaverile sono risultate comprese tra 11,1 e 28,7
kg per pianta, con un significativo incremento registrato a favore delle piante innestate. L’innesto ha
inoltre ridotto la mortalità delle piante causata da F.
o x y s p o r u m e fatto aumentare il peso unitario dei
frutti.
In cetriolo (cv Serena) sono stati posti a confronto
quattro diversi portainnesti: Shintoza e tre selezioni di
Cucurbita pepo, C. maxima e C. ficifolia. Come controllo sono state considerate piante non innestate. La
pratica dell’innesto ha fatto ridurre la precocità, ma la
produzione totale è aumentata del 15% circa; quando
la cultivar è stata innestata su Shintoza, si è avuto un
incremento del 32% (Fernandez et al., 2001).
Chung (1995a) ha rilevato sulla cultivar Seokwang
di pomodoro una più elevata quantità di prodotto
commerciale nelle piante innestate. In particolare, l’adozione di portinnesti vigorosi, quale Kagemusia, si è
rivelata in grado di determinare un 39% di incremento
nel numero dei frutti e di un 54% della produzione
commerciale. Allo stesso modo, piante di pomodoro,
innestate su portinnesti resistenti alle patologie del
terreno (K, KV, KVF,KN) sono risultate vigorose e
produttive rispetto a piante non innestate (White,
1963).
In melanzana, Passam et al. (2005) hanno riscontrati valori della produzione e della crescita dell’apparato epigeo superiori nella cultivar Delica innestata su
due portinnesti di pomodoro 515 e 516.
Innesto in orticoltura
È indubbio che tra gli aspetti più problematici dell’innesto vi siano quelli legati a possibili modificazioni del profilo qualitativo dei frutti (Lee e Oda, 2003).
Tra le caratteristiche qualitative di particolare importanza risultano quelle nutrizionali, organolettiche,
igienico-sanitarie e commerciali.
Le caratteristiche nutrizionali fanno riferimento
alla composizione chimica ed in particolare al contenuto di sostanze nutritive. Il parametro sicuramente
oggetto di maggiore attenzione, che subisce notevoli
interferenze per effetto dell’adozione dell’innesto, è il
contenuto in solidi solubili dei frutti. Infatti, in melone
(cv Castella) è stato riscontrato come l’innesto su
diversi portinnesti determina un decremento da 0,5 a
1,2 °Brix (Romano e Leonardi, 1997). Su melone di
tipo orientale (C. melo var. makuwa), l’innesto su portinnesti interspecifici molto vigorosi di zucca, ha
determinato riduzioni nel contenuto di solidi solubili
(Lee, 1989; Lee et al., 1998). Anche in anguria l’impiego di portinnesti vigorosi ha determinato un decremento nel contenuto di solidi solubili (Ryu et al.,
1973).
In cetriolo, invece, almeno nei paesi orientali, la
pratica dell’innesto è piuttosto comune proprio per
migliorare la qualità dei frutti (Asao et al., 1999).
Numerosi sono portinnesti (Cucurbita ficifolia, C.
moschata, C. maxima x C. moschata, Sicyos angula tus) che possono essere utilizzati ed in alcuni casi la
scelta del portinnesto viene effettuata proprio per
modificare le caratteristiche del prodotto. In genere,
piante di Sicyos angulatus sono utilizzate per superare
alcuni problemi di riduzione della qualità dei frutti
che invece si verifica con l’impiego di portinnesti
molto vigorosi, quale Shintoza (Lee, 1992). Dalle
ricerche condotte sul cetriolo è emerso come una idonea scelta del portinnesto può migliorare le caratteristiche qualitative così come l’adozione di idonee pratiche colturali che prevedono un minore impiego di
azoto (Lee et al., 1999a).
Nelle Solanaceae è stato dimostrato che l’adozione
di diversi portinnesti di pomodoro per la cv Rita può
modificare alcune caratteristiche nutrizionali, quali il
contenuto in solidi solubili e il pH del succo (Romano
et al., 2000a). Per effetto dell’adozione di diversi portinnesti è stata anche osservata una correlazione significativa fra riduzione del peso dei frutti ed incremento
del contenuto dei solidi solubili.
In peperone è stata osservata una variazione significativa del contenuto di solidi solubili, mentre nessuna differenza è stata registrata nel pH del succo per
effetto dell’adozione di differenti portinnesti (Romano
et al., 2000c).
Il portinnesto può modificare la risposta ai parametri ambientali e colturali influenzando quindi in modo
diverso rispetto al franco le caratteristiche qualitative
del prodotto. Infatti, la qualità dei frutti, oltre che la
produzione, delle cultivar di pomodoro Fanny e
Goldmar, innestate su ibrido di pomodoro AR-9704,
sono state modificate per effetto della coltivazione a
diversi livelli di salinità (0, 30, 60 mM di NaCl). In
particolare i frutti derivanti da piante di Fanny innestate hanno presentato concentrazioni doppie di licopene rispetto a quelle ottenute dalle piante non innestate; incrementi significativi sono stati osservati
anche nel contenuto di acido ascorbico, quando le
piante innestate sono state sottoposte a concentrazioni
di 0 mM di NaCl. L’aumento della concentrazione
salina, come atteso, ha determinato incrementi nel
contenuto in solidi solubili (Fernandez-Garcia et al.,
2004).
Arvanitoyannis et al. (2005), hanno studiato l’influenza del portinnesto (Solanum torvum e S. sisym briifolium) e della tecnica di conservazione in atmosfera modificata sui parametri riguardanti la qualità
dei frutti di melanzana (cultivar Tsakoniki) durante la
conservazione (fino a 17 giorni alla temperatura di 10
°C). Il contenuto di vitamina C è stato negativamente
influenzato sia dall’innesto che dalla conservazione in
cella, mentre la tecnica di conservazione in atmosfera
modificata ha prolungato la shelf life del prodotto. Il
pH, invece, non è stato influenzato dai diversi portinnesti mentre è stato modificato positivamente dalla
tecnica di conservazione in atmosfera modificata.
Le caratteristiche organolettiche riguardano gli
attributi percepiti attraverso la vista, il gusto, l’olfatto
e le sensazioni conseguenti alla masticazione. In tale
gruppo di caratteristiche possono farsi rientrare gli
attributi comunque rilevabili tramite gli organi sensoriali tra cui la vista (es. colore, forma, dimensione) e il
tatto. Uno dei caratteri oggetto di particolare attenzione è la pezzatura dei frutti che può modificarsi notevolmente per effetto dell’innesto. Ad esempio, le
dimensioni dei frutti di anguria innestati su portinnesti
che presentano un vigoroso apparato radicale sono
spesso significativamente più elevate rispetto a quelle
dei frutti di piante non innestate, al punto che è questo
uno dei motivi principali per cui viene adottato l’innesto (Lee, 1994).
Lee e Oda (2003) hanno riportato modifiche significative delle caratteristiche dei frutti di due cultivar di
melone orientale (Keumssaraki Eunchum e Chammat
Eunchum) per effetto dell’impiego di differenti portainnesti (Shintoza, Baekkukzwa, Hongtozwa) in rapporto ad un testimone non trattato. In particolare, per
79
Saccardo et al.
entrambe le cultivar, si è quasi sempre osservato un
incremento nel peso dei frutti delle piante innestate
rispetto a quelle del controllo, soprattutto impiegando
Shintoza come portinnesto. Nessuna differenza
apprezzabile è stata, invece, riscontrata per il contenuto in solidi solubili che può influenzare il sapore dei
frutti stessi, mentre, soprattutto per la cultivar
Keumssaraki Eunchum, si è osservata una elevata percentuale di frutti fermentati (fino al 47% in corrispondenza dell’innesto su Baekkukzwa). Sempre su melone, in particolare su quello orientale (Cucumis melo
var. makuwa), sono state osservate anomalie a carico
dei frutti (quali ad esempio le lesioni della polpa) o
una più elevata incidenza di maturazione anticipata
della stessa in relazione al portinnesto (Chung,
1995b); l’anomala maturazione dei frutti sembra essere legata al vigore del portinnesto, anche se altri fattori come basse temperature, ridotto assorbimento di
calcio e suscettibilità varietale possono essere chiamati in causa (Lee e Oda, 2003).
In genere per questa coltura, per cercare di ridurre i
problemi connessi con la qualità organolettica dei
frutti si tende ad impiegare innesti poco vigorosi,
quale ad esempio C. moschata (Lee e Oda, 2003).
Christakou et al. (2005), analizzando su melone l’influenza dell’innesto su alcune caratteristiche organolettiche, non hanno riscontrato modifiche a carico
della compattezza della polpa; neanche l’analisi sensoriale è stata in grado di rilevare differenze fra i prodotti ottenuti da piante innestate e quelle provenienti
da individui franchi d’innesto. Recentemente è stata
applicata l’analisi sensoriale, mediante QDA
(Quantitative Descriptive Analysis) ai frutti della cultivar Incas (Cucumis melo var. inodorus) innestata su
9 portinnesti in rapporto ad un controllo rappresentato
da piante franche d’innesto. È stato così rilevato che i
profili sensoriali non hanno fatto accertare differenze
sostanziali (Alberghina, 2004).
Il portinnesto, inoltre, influenza altri parametri
qualitativi come la forma dei frutti e il colore dell’epicarpo e della polpa. Nei frutti di cetriolo, specialmente
per l’esportazione, il colore e la cicatrice stilare sono
importanti fattori di qualità. Queste due caratteristiche, anche se sono intrinseche del genotipo, possono
essere influenzate dal portinnesto (Heo, 1991; Kang et
al., 1992).
Le variazioni non sempre sono di segno positivo:
per effetto dell’innesto è stato infatti osservato in
cetriolo un peggioramento nella forma dei frutti; questi ultimi apparivano più corti e tozzi nelle piante
innestate; anche la consistenza e la durata in fase di
post raccolta dei frutti è risultata peggiorata per effetto
dell’innesto (Lee, 1989; Lee et al., 1999a).
80
Sulla cv Rita di pomodoro, innestata su 13 diversi
portinnesti, si sono ottenute differenze rilevanti sia sul
peso delle bacche, sulle dimensioni longitudinali e trasversali, sulla resistenza alla compressione e sulla
consistenza, ma anche sui parametri cromatici ed in
particolare le componenti L (luminosità), a (asse
verde-rosso) e b (asse giallo-blu) (Romano et al,.
2000a).
Anche in peperone sono state osservate, sebbene
lievi, variazioni in alcuni dei parametri organolettici
(peso dei frutti, forma, spessore della polpa, caratteristiche cromatiche) per effetto dell’adozione di diversi
portinnesti (Romano et al., 2000c).
L’influenza del portinnesto sulla consistenza della
polpa e dell’epicarpo è stato anche studiato sulla
melanzana Mizunasu innestata su tre diverse cultivar:
Torero, Hiranasu e AE-RS01 (Suzuki et al., 2004).
L’epicarpo più consistente è risultato quello proveniente
dalla
combinazione
d’innesto
Mizunasu/Torero. La consistenza della polpa, invece,
ha manifestato risultati differenti in relazione al portinnesto. La cultivar Mizunasu, innestata su portinnesto vigoroso ha fornito frutti con epicarpo più compatto. Ulteriori ricerche (Arvanitoyannis et al., 2005)
hanno riportato una riduzione della consistenza dei
frutti di melanzana Tsakoniki quando innestata su
Solanum torvum e S. sisybriifolium. L’analisi sensoriale, inoltre, ha fatto riscontrare come i frutti derivanti da piante non innestate fossero più dolci e, quindi,
più gradevoli per il consumatore. Sempre in melanzana, sulla cultivar Mission bell l’innesto su 13 diversi
portainnesti ha determinato variazioni del peso e della
forma delle bacche e dei parametri cromatici (Romano
et al., 2000b).
Un ortaggio, come qualsiasi altro prodotto, può
essere destinato all’alimentazione soltanto se non
determina condizioni di danno o di rischio sanitario
per il consumatore. Fra le condizioni di rischio igienico-sanitario più frequenti per il consumatore vi possono essere i residui di prodotti chimici largamente
impiegati in orticoltura, quali geodisinfestanti, antiparassitari ed erbicidi.
Naturalmente l’impiego di piante innestate, riducendo l’utilizzazione di alcuni fitofarmaci potrebbe
lenire alcuni dei problemi connessi con i residui.
Sarebbe, però, interessante indagare cosa accade in
termini di alcuni metaboliti, soprattutto alcaloidi, per
effetto dell’innesto stesso.
Per un noto alcaloide, come la nicotina, sintetizzato
a livello dell’apparato radicale e successivamente veicolato attraverso lo xilema, è stato rilevato che può
essere accumulato in piante di pomodoro innestate su
tabacco (Dawson, 1942). In piante di tabacco, in parti-
Innesto in orticoltura
colare, è stato notato che il contenuto di nicotina può
essere fortemente abbassato con l’ausilio di particolari
portinnesti (Dawson, 1942). Tale rilievo aveva condotto negli anni passati ad ipotizzare la realizzazione di
colture innestate di tabacco allo scopo di ottenere un
prodotto con un più limitato contenuto in nicotina stessa. Comunque è anche noto che alcaloidi sintetizzati e
traslocati dalle radici possono essere metabolizzati o
distrutti a livello di nesto (Poda-Cikalenko, 1960).
Solanum aculeatissimum contiene lo steroide saponina sia nelle foglie che nelle radici, alcaloide che è
assente in pomodoro. Quando S. aculeatissimum è
stato innestato su pomodoro, una piccola quantità di
saponina è stata riscontrata nelle foglie e nello stelo
della pianta ma non nelle radici di pomodoro. Per contro, quando è il pomodoro ad essere innestato su S.
aculeatissimum lo steroide si riscontra solo nelle radici, che sembrano essere gli organi elettivi di sintesi
(Ikenaga et al., 1990).
Fra i meccanismi di azione chiamati in causa per
giustificare gli incrementi produttivi e le modificazioni delle caratteristiche dei prodotti c’è il vigore delle
piante indotto dal portinnesto. Un possibile meccanismo d’azione responsabile del maggiore vigore delle
piante innestate è quello connesso con l’assorbimento
dei nutrienti: è stato infatti rilevato da più parti (Gomi
e Masuda, 1981; Masuda e Gomi, 1984; Ikeda et al.,
1986; Zaiter et al., 1987) che l’innesto influenza positivamente l’assorbimento e la traslocazione di ioni,
quali fosforo, azoto, potassio, calcio, ferro e boro.
Inoltre, è stato dimostrato che la maggiore durata del
ciclo produttivo, riscontrato in alcune piante innestate,
non sia da collegare solo alla tolleranza del portinnesto alle avversità biotiche ma anche all’aumento della
funzionalità dell’apparato radicale nell’assorbimento
dell’acqua e dei sali minerali (Masuda, 1989; Masuda
e Gomi, 1982). Spesso, quindi, per cercare di stimolare la crescita e la produttività delle piante bimembri si
cerca di scegliere portinnesti con un sistema radicale
vigoroso in grado di aumentare, rispetto a piante controllo, l’assorbimento di acqua e sali minerali (Lee e
Oda, 2003). Ciò comunque non determina sicuramente una maggiore concentrazione di nutrienti nei succhi
cellulari nelle piante innestate; è stato infatti notato
come tale concentrazione possa essere più bassa nelle
piante innestate rispetto a quelle controllo (Masuda e
Gomi, 1984), a causa degli elevati ritmi di crescita e
di un incremento nell’assorbimento di acqua che può
causare una possibile diluizione del succo xilematico.
Inoltre, in anguria innestata su tre portinnesti del
genere Cucurbita spp. (Brava, Kamel, Shintoza), è
stata riscontrata una più bassa concentrazione di azoto
nitrico e ammoniacale nelle foglie a causa di una più
elevata attività della nitrato e nitrito riduttasi con conseguente maggiore efficienza di organicazione dell’azoto rispetto alle piante non innestate (Pulgar et al.,
2000).
È ormai accertato che, oltre agli ioni, anche la traslocazione dei fotosintetati, degli ormoni, degli alcaloidi e dei virus, può essere influenzata dal portinnesto o dallo stesso innesto (Lee e Oda, 2003).
La sintesi e la traslocazione di fitormoni rappresenta un altro possibile meccanismo di azione che
potrebbe essere coinvolto nelle variazioni della crescita, della produzione e della qualità dei frutti indotta
dal portinnesto. Nelle radici del portinnesto possono,
infatti, essere sintetizzati diversi ormoni endogeni che
sono poi traslocati nella parte epigea (Heo, 1991;
Jang, 1992; Young, 1989). Le citochinine sono i principali ormoni vegetali sintetizzati a livello radicale
soprattutto nella zona apicale (Chailakhyan e
Khrianin, 1987). Esse influenzano fortemente la crescita. Piante con un vigoroso apparato radicale producono elevate quantità di citochinine e quindi incrementano le rese, grazie all’aumento del vigore che è
strettamente correlato al contenuto di citochinine stesse nel succo xilematico (Kato e Lou, 1989).
I contenuti di citochinine sono elevati nella linfa
grezza e raggiungono da 20 a 50 mg l-1 in melanzana
(Kato e Lou, 1989), 0,10-0,18 mg l-1 in cetriolo (Park
e Kato, 1986) o 20-50 mg l-1 (Heo, 1991) sempre in
cetriolo ma utilizzato come portinnesto.
La composizione in citochinine varia notevolmente
in rapporto alla coltura ed alla combinazione d’innesto, almeno nelle Cucurbitaceae (Tachibana, 1989;
Lee et al., 1999b). Ad esempio, solamente la zeatina e
la diidrozeatina sono stati ritrovati in cetriolo, mentre
grandi quantità di isopenteniladenina e isopentil adenosina sono stati riscontrati in zucca e C u c u r b i t a
ficifolia (Lee e Oda, 2003).
Una piccola porzione di stelo di nesto, da 15 a 20
cm in lunghezza, può però modificare la composizione del succo xilematico, il che comporta un rapido ed
efficiente cambiamento nella composizione delle citochinine nei tessuti vegetali (Lee et al., 1999b).
In melanzana, sono state osservate variazioni della
concentrazione di acido gibberellico (GA) nella linfa
grezza che è risultata più bassa nelle piante innestate
su Akanasu, mentre quella di acido indolacetico
(IAA) è stata più bassa in quelle non innestate.
Conclusioni
L’uso di portinnesti resistenti ai patogeni tellurici
rappresenta una valida alternativa alla disinfezione del
81
Saccardo et al.
suolo con mezzi chimici (es. bromuro di metile) e, se
integrato con l’uso di varietà resistenti, le rotazioni, la
solarizzazione e la fertilizzazione organica, secondo
un’intelligente programmazione spazio-temporale,
consente una gestione sostenibile e a basso impatto
ambientale dei sistemi orticoli. Inoltre, l’innesto rappresenta una valida strategia per incrementare la tolleranza agli stress abiotici (es. salinità, anossia, alte e
basse temperature) anche se ulteriori ricerche sono
necessarie per individuare le migliori combinazioni
d’innesto in relazione alle diverse colture e condizioni
ambientali. Infine, i numerosi positivi risvolti agronomici e ambientali che tale tecnica comporta unitamente ad una riduzione del costo di produzione delle piantine, per il recente sviluppo di attrezzature per l’automazione dell’esecuzione delle operazioni di innesto,
fanno ipotizzare una sempre più importante affermazione dell’uso di piante innestate nelle aree ad orticoltura intensiva.
Riassunto
L’uso di piante innestate di S o l a n a c e a e e
Cucurbitaceae si è diffuso, a partire dagli anni ’60, in
alcuni paesi asiatici (Giappone, Cina, Corea) e solo
recentemente in alcuni paesi del bacino mediterraneo
(Spagna, Italia, Tunisia) per far fronte alle problematiche fitosanitarie legate all’adozione di sistemi di coltivazione intensivi, altamente specializzati, e caratterizzati da una forte semplificazione degli avvicendamenti colturali. L’uso di piante innestate presenta numerosi vantaggi quali: l’utilizzazione di resistenze genetiche in tempi più brevi rispetto a quelli necessari per
l’inserimento delle resistenze negli ibridi nei materiali
commerciali; la riduzione o l’eliminazione di trattamenti chimici con geodisinfestanti e quindi l’ottenimento di prodotti più salubri con processi produttivi
più rispettosi dell’ambiente; la possibilità di coltivare
materiale genetico di notevole pregio qualitativo (cultivar ed ecotipi) anche se privo di resistenze genetiche
ai patogeni e ai parassiti; l’incremento della tolleranza
ad avversità abiotiche (es. salinità, ristagni idrici, alte
e basse temperature); la maggiore efficienza d’uso dei
nutrienti e dell’acqua. In questa nota vengono analizzati, per le colture orticole (pomodoro, melanzana,
peperone, anguria, melone e cetriolo) in cui l’innesto
si è diffuso su scala commerciale, gli aspetti genetici e
fisiologici legati alla risposta delle piante innestate
alle avversità biotiche e abiotiche nonché all’influenza
del portinnesto sugli aspetti quali-quantitativi del prodotto.
82
Parole chiave: portinnesto, S o l a n a c e a e,
Cucurbitaceae, stress biotici, stress abiotici.
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