Alle cellule piace andare in bicicletta

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Alle cellule piace andare in bicicletta
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Pianeta scienza
IL PICCOLO MARTEDÌ 22 APRILE 2014
Così si può studiare il comportamento di molecole e materiali
Metodologie numeriche veloci
ed efficienti per studiare il
comportamento di molecole e
materiali. L’ultimo lavoro di
Angelo Rosa, fisico della Sissa,
pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, ha simulato
il comportamento di soluzioni
concentrate
di
polimeri
“circolari” descrivendo in modo molto più accurato che in
precedenza il comportamento
di questi materiali.
L’interesse per questo tipo
di sistemi deriva dal fatto che
ha importanti ricadute interdisciplinari: infatti, il comporta-
mento in soluzione di polimeri
circolari sembra anche descrivere il funzionamento dei cromosomi all’interno del nucleo
cellulare. Lo studio sperimentale e numerico sul comportamento di polimeri in soluzioni
concentrate è un campo di ricerca tuttora molto attivo. Nel
passato, ha permesso di scoprire perché materiali come la
gomma hanno certe proprietà
elastiche.
Un tratto distintivo di questi
sistemi è la caratteristica per
cui le lunghe molecole “a catena” di cui sono costituiti tendo-
no a penetrarsi vicendevolmente e intrecciarsi agli estremi con legami duraturi che le
fanno tornare sempre alla conformazione iniziale se “tirate”.
In modo diverso si comportano invece le soluzioni condensate di polimeri “circolari”,
polimeri cioè chiusi alle estremità come anelli, e che non
possiedono terminazioni libere. Rosa, con Ralf Everaers della Scuola Normale Superiore di
Lione, ha ideato un metodo numerico per studiare questi materiali, che in futuro contano di
applicare in biologia.
«I polimeri circolari – per costruzione – non hanno terminazioni libere, e pertanto in soluzione non possono intrecciarsi e formare legami come
nel caso più comune dei polimeri lineari», spiega Rosa.
«Questo determina un comportamento che si differenzia
dai polimeri lineari. Volevamo
conoscere la fisica di queste soluzioni cosi particolari e abbiamo costruito dei modelli di polimeri circolari, che ci permettono di prevedere il loro comportamento. Abbiamo poi confrontato questi modelli con al-
AL MICROSCOPIO
tre simulazioni precedenti condotte con metodologie diverse, trovando conferma ai nostri dati».
«La cosa interessante è che
lo studio riduce i tempi di analisi, si tratta quindi di una metodologia molto efficiente», aggiunge il ricercatore. «Abbiamo osservato che rispetto alle
soluzioni dense di polimeri lineari, che costituiscono la base dei più comuni materiali visco-elastici come la gomma
questi materiali sono più fragili, perché il polimero ad anello
si intreccia molto poco con altri e resta “topologicamente”
confinato sempre all’interno
di una regione ristretta».
Alle cellule piace andare in bicicletta
Il cardiologo tedesco Halle spiega in un libro la strategia “anti-aging”: moto, cibi colorati, poca carne
di Simona Regina
Alle cellule - soprattutto dopo le
feste - piace andare in bicicletta. Questo è il titolo del libro,
pubblicato da Urra Edizioni e
scritto da Martin Halle, cardiologo e medico dello sport, in cui
viene spiegato come stili di vita
sani sono preziosi alleati per la
nostra salute, perché contrastano l'invecchiamento del sistema vascolare. I vasi sanguigni
sono infatti fondamentali per
garantire un rifornimento ottimale di ossigeno e nutrienti alle
cellule dell’organismo, sono
dunque responsabili del mantenimento in buona salute degli
organi, come anche di un loro
prematuro invecchiamento e
dello sviluppo di malattie gravi
come ipertensione, arteriosclerosi, ictus o infarto. Con una sana alimentazione e una costante attività fisica, sostiene il medico che dirige la Technische
Universität di Monaco di Baviera, il più grande centro di medicina sportiva e preventiva in
Germania, «è possibile rallentare per diversi anni il processo di
invecchiamento, naturalmente
non quello anagrafico, ma quello biologico. Per questo, a fron-
RICERCA
Barba attraente
se poco diffusa
La barba è considerata attraente
dalle donne solo se poco diffusa.
Se diventa più comune perde il suo
fascino. A suggerirlo è una ricerca
del biologo evoluzionista Rob
Brooks della University of New
South Wales pubblicata su Biology
Letters. I risultati rivelano che
potrebbero esserci delle forze
evolutive dietro i cicli ripetuti di
successo e insuccesso della barba
e di altri «stili» del volto degli
uomini. Il principio è simile a
quello che succede nei geni.
«Quando un tratto o un gene è raro
sperimenta un vantaggio - precisa
Brooks - ma quando è troppo
comune diventa svantaggioso».
Dopo i dolci pasquali è importante rimettersi in forma...
te di una popolazione sempre
più anziana, la prevenzione deve essere un valore primario
per la medicina del futuro». In
cosa consiste allora una strategia anti-aging davvero efficace?
«Innanzitutto mettere al bando la sedentarietà, perché favo-
risce i fattori di rischio cardiovascolare e accelera il processo di
arteriosclerosi, fino all’occlusione vascolare, con il rischio di incorrere in un ictus, che è una lesione cerebro-vascolare causata dall'interruzione del flusso di
sangue al cervello in seguito
all’ostruzione o alla rottura di
un’arteria» precisa Gianfranco
Sinagra, direttore del Dipartimento cardiovascolare degli
Ospedali Riuniti di Trieste. Al
contrario ogni attività fisica, come pedalare, camminare, nuotare, accelera il battito cardia-
co, e i vasi sanguigni si dilatano,
le loro pareti diventano più elastiche, il sangue circola più velocemente e gli organi ricevono
più ossigeno. Fare sport, però,
non basta. «È importante rivedere anche le proprie abitudini
alimentari» aggiunge Sinagra.
Attenzione dunque alle calorie
di troppo, per non dover fare i
conti con la bilancia: il sovrappeso è un fattore di rischio per
malattie cronico-degenerative,
come per esempio il diabete di
tipo 2, malattie cardiache coronariche e ictus. Al contrario, ribadisce Halle, «un’alimentazione sana è un elisir di lunga vita
per le cellule che rivestono le
pareti vascolari». Via libera,
dunque, alla dieta mediterranea, ricca di frutta, verdura, legumi, molto pesce e poca carne, e spazio ai cibi colorati (peperoni, pomodori, frutti di bosco,
cetrioli,
zucchine,
insalata…) che contengono polifenoli: svolgono una funzione
antiossidante, proteggendo le
cellule endoteliali dai radicali liberi. E i due cardiologi concordano nel suggerire la frutta come dessert, spremute al posto
delle bibite e dei succhi di frutta
e niente sigarette.
C’è una base biologica innata nel linguaggio
Secondo i ricercatori esistono delle preferenze di parole già presenti nei primi giorni di vita
Le lingue si imparano, è vero,
ma esistono delle basi innate
nella struttura del linguaggio
che precedono l’esperienza? I
linguisti hanno notato che, pur
nell’enorme variabilità delle lingue umane, ci sono alcune preferenze nel suono delle parole
che si ripetono in ogni idioma.
Ci si chiede perciò se questo indichi l’esistenza di una base biologica universale e innata del
linguaggio. Uno studio porta
prove a favore di questa ipotesi
dimostrando che certe preferenze nel suono delle parole sono già presenti nei neonati di
pochi giorni.
Prendete il suono “bl”: quante parole che iniziano così vi
vengono in mente? Blusa, blu,
blando... Prendete ora “lb”:
quante ne trovate ora? Nessuna
in italiano, e anche in altre lingue sono o inesistenti o estremamente rare. Nelle lingue
umane si trovano numerosi
esempi di questo tipo e ciò indica che per le parole preferiamo
certe combinazioni di suoni ad
altre, indipendentemente da
quale lingua parliamo. Queste
ricorrenze “trasversali” sono il
motivo per cui i linguisti hanno
avanzato l’ipotesi che possano
esistere basi biologiche del linguaggio (innate e universali)
che nell’essere umano precedono l’apprendimento. Trovare
prove a supporto di questa con-
gettura è però tutt’altro che facile e il dibattito fra chi sostiene
questa posizione e chi crede
che il linguaggio sia del tutto
frutto dell’apprendimento è ancora acceso. Una prova a supporto
dell’ipotesi
“universalista” arriva ora da un
nuovo studio condotto da un team della Sissa di Trieste, pubblicato sulla rivista Pnas.
David Gomez, il ricercatore
che ha lavorato sotto la supervisione di Jacques Mehler e primo autore del lavoro, e colleghi
hanno pensato di osservare l’attività cerebrale dei neonati. «Se
infatti è possibile mostrare che
queste preferenze sono già presenti nei primi giorni di vita,
Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming...
Precursori dell’odierna schiera di ricercatori
che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro)
profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica
imprimendo svolte decisive al vivere civile.
Incoraggiare la ricerca significa
optare in concreto per il progresso del benessere sociale.
La Fondazione lo crede da sempre.
quando il neonato ancora non
parla e possiede una conoscenza linguistica plausibilmente
molto limitata, allora possiamo
pensare che esista una disposizione innata che favorisce certe
parole rispetto ad altre», commenta Gomez.
«Per monitorare l’attività cerebrale dei neonati abbiamo
utilizzato una tecnica non invasiva, la spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso», spiega
Marina Nespor, neuroscienziata che ha partecipato allo studio. Durante gli esperimenti i
neonati ascoltavano parole che
iniziano con suoni normalmente “preferiti” (come “bl”) e altre
con suoni poco usuali (“lb”).
«Quello che abbiamo osservato
è che la reazione ai due tipi di
suono nel cervello dei neonati è
significativamente
diversa»
continua Nespor.
«Le aree cerebrali che si attivano nel cervello dei bambini
durante l’ascolto reagiscono in
maniera diversa nei due casi»,
commenta Gomez, «e rispecchiano le preferenze che si rilevano nei vari linguaggi, oltre
che le risposte comportamentali registrate in esperimenti simili con adulti».
«È difficile immaginare come
le lingue potrebbero suonare se
gli esseri umani non condividessero delle basi di conoscenza comuni», conclude Gomez.
QUESTA PAGINA È REALIZZATA IN COLLABORAZIONE CON
Il matrimonio
molecolare che guida
la fecondazione
di MAURO GIACCA
R
icordate Woody Allen
quando, trasvestito da
spermatozoo nel film
“Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso” (1972) si
chiede “chissà cosa troveremo
là fuori”? Ebbene, una notizia
pubblicata su Nature potrebbe
finalmente fornire la risposta
che cercava. La studio, firmato
da un gruppo di scienziati del
Sanger Institute di Hixton, vicino a Cambridge, uno dei principali centri di ricerca inglesi – il
primo autore dell’articolo è Enrica Bianchi, italiana -, se confermato rappresenterà una pietra miliare nella comprensione
dei meccanismi della fecondazione, con importanti ricadute
pratiche.
Che oociti e spermatozoi
debbano riconoscersi, e che esistano quindi delle specifiche
proteine sulla loro superficie
che innescano la fecondazione, è da sempre stato facilmente intuibile. Ma l’identificazione di queste proteine è sfuggita
per decenni. Quella presente
sulla superficie degli spermatozoi fu scoperta nel 2005 da un
gruppo di ricercatori giapponesi e le fu dato il nome di un famoso tempio dedicato alla divinità del matrimonio (Izumo),
un simbolo culturale della riproduzione. Ma dove Izumo atterri sulla superficie dell’oocita
a è stato svelato solo a pochi
giorni fa, inizialmente nel topo.
Il partner di Izumo è un recettore espresso sulla membrana
esterna dell’oocita, che i ricercatori del Sanger Institute hanno battezzato Juno (Giunone),
in onore della dea romana protettrice delle donne e delle mogli. Grazie al matrimonio molecolare tra Izumo e Juno, ecco
che lo spermatozoo si lega alla
superficie dell’oocita, come
una specie di Velcro molecolare (definizione degli autori); al
legame, fa seguito l’entrata dello spermatozoo nell’ovocita;
dopo poche decine di minuti,
tutte le altre molecole di Juno
spariscono dalla superficie, in
modo restringere il processo di
fecondazione al primo spermatozoo che sia entrato.
Izumo e Juno sono espressi
negli spermatozoi e nelle uova
di diverse specie di mammiferi,
incluso l’uomo; dal momento
che le femmine di topo che sono geneticamente prive di Juno
sono perfettamente normali,
ma completamente sterili, è
possibile che difetti genetici a
carico di Juno possano spiegare anche alcuni casi di infertilità nell’uomo; uno screening genetico in questo senso è già attualmente in corso. Un altro risvolto pratico della scoperta è
legato alla possibilità di sviluppare farmaci con attività anticoncezionale del tutto innovativi: in linea di principio, molecole in grado di inibire l’interazione tra Juno e Izumo potrebbero
essere usate in maniera selettiva per prevenire la fecondazione, senza fare affidamento su
barriere meccaniche o trattamenti di tipo ormonale.