La cooperazione tra i giudici nazionali, le autorità di concorrenza e
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La cooperazione tra i giudici nazionali, le autorità di concorrenza e
Progetto di formazione dei giudici nazionali L’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione Europea nelle corti nazionali Conferenza inaugurale “La cooperazione tra i giudici nazionali, le autorità di concorrenza e la Commissione Europea nell’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione” Corte Suprema di Cassazione Roma, 6 maggio 2014 Strumenti di cooperazione e esperienze applicative Prof. Roberto Mastroianni Università degli Studi di Napoli «Federico II» Richieste di informazioni o di pareri rivolte alla Commissione Europea ex art. 15.1 regolamento 1/2003; modalità di implementazione dell’obbligo di trasmissione delle sentenze da parte dei giudici nazionali ex art. 15.2 regolamento 1/2003; Interventi amicus curiae 1. La modernizzazione del diritto della concorrenza: il Regolamento 1/2003 - Regolamento n. 17 del Consiglio del 6 febbraio 1962 Primo regolamento d’applicazione degli art. 85 e 86 del Trattato - Libro bianco sulla modernizzazione delle norme per l’applicazione delle regole comunitarie in materia di intese e abusi di posizione dominante (1999) - Pacchetto «Modernizzazione»: Regolamento CE n. 1/2003 del Consiglio concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato Sei comunicazioni (rispettivamente sulla nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri, sulla cooperazione tra la Commissione e le giurisdizioni degli Stati membri, sulle lettere di orientamento, sulla procedura applicabile alle denunce presentate dalla Commissione, sull’applicazione dell’art. 101, par. 3 TFUE e sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza) 1.2 Libro bianco sulla modernizzazione delle norme per l’applicazione delle regole comunitarie in materia di intese e abusi di posizione dominante (1999) - Nasce dall’esigenza di rinnovare il sistema di applicazione delle regole europee in materia di concorrenza - Obiettivi: Ripensare l’applicazione dell’art. 85 da parte della Commissione; decentralizzare l’applicazione delle regole di concorrenza; semplificare il sistema di controllo. Propone di: Sostituire il regime di autorizzazione centralizzata (controllo ex ante) con il sistema dell’eccezione legale (controllo ex post), eliminando in tal modo anche l’obbligo di notifica. Rafforzare il ruolo delle Autorità nazionali e delle giurisdizioni nazionali degli Stati membri. Prevedere meccanismi di cooperazione ed informazione tra Commissione, giudici ed Autorità nazionali, al di fuori degli strumenti del rinvio pregiudiziale e della procedura d’infrazione. 1. 3 Il Regolamento n. 1/2003 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato Art. 1 1. Gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate di cui all'articolo 81, paragrafo 1, del trattato che non soddisfano le condizioni di cui all'articolo 81, paragrafo 3, del trattato sono vietati senza che occorra una previa decisione in tal senso. 2. Gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate di cui all'articolo 81, paragrafo 1, del trattato che soddisfano le condizioni di cui all'articolo 81, paragrafo 3, del trattato non sono vietati senza che occorra una previa decisione in tal senso. 3. Lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell'articolo 82 del trattato è vietato senza che occorra una previa decisione in tal senso. 1. 3 Il Regolamento n. 1/2003 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato Dunque con l’adozione del Regolamento n. 1/2003: - Si sostituisce il criterio dell’eccezione legale al sistema di autorizzazione centralizzata - Viene abolito l’obbligo per le imprese che volessero avvalersi delle disposizioni del terzo par. dell’art. 81 CE di notificare preventivamente alla Commissione i propri accordi per ottenere una decisione di esenzione, con natura costitutiva, che dichiarasse per essi l’inapplicabilità del divieto di cui al primo par.: l’accordo, ancorché restrittivo ai sensi del primo par., diventava lecito ex tunc se dotato delle caratteristiche indicate al terzo par. del medesimo articolo. - Le norme del Trattato a tutela della concorrenza divengono nella loro integrità direttamente applicabili da Autorità garanti e giurisdizioni nazionali chiamate a verificare ex post che le imprese abbiano effettuato una corretta auto-valutazione degli accordi che hanno stipulato o delle pratiche concordate che hanno messo in atto. Entrambe sono tenute ad applicare il diritto europeo della concorrenza in tutti i casi in cui vi sia un’incidenza sugli scambi tra Stati membri (art. 3). 1. 3 Il Regolamento n. 1/2003 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato Il decentramento comporta una maggiore responsabilizzazione delle autorità e dei giudizi nazionali come «giudici comuni» del diritto comunitario della concorrenza. Nello stesso tempo porta il rischio di applicazioni non uniformi delle regole comuni, da cui la necessaria «centralità» della Commissione. In linea con il principio generale di cui all’art. 4, par. 3, TUE (ex art. 10 CE), il Reg. 1/2003 dedica quindi il Capo IV alla «Cooperazione»: Riservando gli artt. 11, 12, 13 e 14 alle forme di cooperazione tra Commissione e Autorità garanti nazionali. Codificando negli artt. 15 e 16 gli strumenti di collaborazione tra giurisdizioni nazionali e Commissione (approccio «collaborativo»), nonché i vincoli imposti sulle prime delle decisioni della seconda, già in parte elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in linea con il principio della supremazia del diritto dell’Unione (approccio «didascalico»). 2. Il rapporto tra giudici nazionali e Commissione europea alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia Sentenza Delimitis (CGUE, 28 febbraio 1991, C-234/89): «I giudici nazionali rischiano di adottare decisioni incompatibili con quelle che la Commissione ha adottato o intende adottare per l'applicazione degli artt. 85, n. 1, e 86 nonché dell'art. 85, n. 3. Tali decisioni contraddittorie sarebbero in contrasto col principio generale della certezza del diritto e sono pertanto da evitarsi allorché i giudici nazionali si pronunciano su accordi o pratiche che possono costituire ancora oggetto di decisione da parte della Commissione» (punto 47). «La sospensione del procedimento o l'adozione di provvedimenti provvisori va presa in considerazione qualora, nel contesto dell'applicazione degli artt. 85, n. 1, e 86, si presenti il rischio di decisioni contraddittorie» (punto 52). 2. Il rapporto tra giudici nazionali e Commissione europea alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia Sentenza Delimitis (CGUE, 28 febbraio 1991, C-234/89): « Il giudice nazionale ha sempre la possibilità, nei limiti del diritto nazionale processuale applicabile e fatto salvo l'art. 234 del Trattato, di informarsi presso la Commissione sullo stato del procedimento che detta istituzione avesse eventualmente iniziato e sulla probabilità che la stessa si pronunci ufficialmente sul contratto controverso in applicazione del regolamento n. 17. Il giudice a quo può, nelle medesime condizioni, contattare la Commissione qualora l'applicazione concreta dell'art. 85, n. 1, o dell'art. 86 sollevi particolari difficoltà al fine di ottenere i dati economici e giuridici che detta istituzione è in grado di fornirgli. La Commissione, in effetti, in forza dell'art. 5 del Trattato, è tenuta ad un obbligo di leale cooperazione con le autorità giudiziarie degli Stati membri incaricate di vigilare sull'applicazione e sul rispetto del diritto comunitario nell'ordinamento giuridico nazionale» (punto 53). 2. Il rapporto tra giudici nazionali e Commissione europea alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia Sentenza Automec (CGUE, 18 settembre 1992, T-24/90): Alla Commissione è consentito di fissare priorità differenti nell'esame delle denunce che le pervengono, in base al criterio dell’interesse comunitario, potendo legittimamente respingere la denuncia di un soggetto ogni qual volta questo possa trovare adeguata tutela di fronte al giudice nazionale (rimanendo in ogni caso la sola competente in materia di esenzione). 2. Il rapporto tra giudici nazionali e Commissione europea alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia Sentenza Masterfoods (CGUE, 14 dicembre 2000, C-344/98): «I giudici nazionali, quando si pronunciano su accordi o pratiche che sono già oggetto di decisione da parte della Commissione, non possono adottare decisioni in contrasto con quella della Commissione, anche se quest'ultima è in contrasto con la decisione pronunciata da un giudice nazionale di primo grado» (punto 52). 3. La Comunicazione relativa alla cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione nell'applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato CEE (13 febbraio 1993) «Il giudice nazionale può essere chiamato a pronunciarsi sull'applicazione degli articoli 85 e 86 in diverse situazioni procedurali. Quando si tratta di procedimenti civili due sono i tipi di azione particolarmente frequenti: l'azione contrattuale e l'azione di risarcimento» (punto 17). «In queste circostanze l'efficacia diretta dell'articolo 85, paragrafo 1 e dell'articolo 86 conferisce ai giudici nazionali una competenza sufficiente per poter statuire. Tuttavia, nell'esercizio di tale competenza il giudice nazionale deve tener conto della competenza della Commissione, onde evitare di emettere decisioni incompatibili con quelle adottate o progettate da quest'ultima ai fini dell'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 1 e dell'articolo 86, nonché dell'articolo 85, paragrafo 3» (punto 20). 3. La Comunicazione relativa alla cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione nell'applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato CEE (13 febbraio 1993) «Il primo quesito al quale il giudice nazionale dovrà dare risposta sarà se l'intesa o la pratica contestata violi i divieti stabiliti dall'articolo 85, paragrafo 1, o dall'articolo 86. Nel valutare se la fattispecie concreta corrisponde alle condizioni enunciate in tali disposizioni, i giudici nazionali dovrebbero accertare se l'intesa o la pratica sia già stata oggetto di una decisione, di un parere o di un'altra presa di posizione di un'autorità amministrativa ed in particolare della Commissione. Tali atti offrono ai giudici nazionali elementi rilevanti ai fini della decisione, pur non vincolandole formalmente» (punto 20) «Qualora la Commissione abbia avviato un procedimento in un caso relativo alle stesse pratiche, i giudici nazionali possono sospendere il giudizio in attesa dell'esito dell'attività della Commissione, se lo ritengono necessario per motivi attinenti alla certezza del diritto» (punto 22) 3. La Comunicazione relativa alla cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione nell'applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato CEE (13 febbraio 1993) «I giudici nazionali potranno, entro i limiti del diritto procedurale nazionale, rivolgersi alla Commissione, e in particolare alla Direzione generale della Concorrenza, per chiederle informazioni. Si tratterà in primo luogo d'informazioni di carattere procedurale, richieste per sapere se una determinata pratica è pendente dinanzi alla Commissione, se è oggetto di una notifica, se la Commissione ha ufficialmente avviato il procedimento e se si è già pronunciata con decisione ufficiale ovvero tramite lettera amministrativa dei suoi uffici. Se necessario i giudici nazionali potranno anche chiedere alla Commissione un parere sui tempi probabili di concessione o di diniego dell'esenzione individuale per gli accordi o le pratiche notificati, al fine di determinare le condizioni di un'eventuale decisione di sospensione del giudizio o la necessità di adottare provvedimenti provvisori» (punto 37). «Inoltre i giudici nazionali potranno consultare la Commissione su questioni giuridiche» (punto 38). - 4. Il Regolamento n. 1/2003: le previsioni sulla cooperazione Decentramento nell’applicazione delle norme sulla concorrenza Rafforzamento del ruolo dei giudici nazionali e delle Autorità nazionali Disposizioni sulla cooperazione tra Commissione, giudici nazionali e Autorità nazionali al Capo IV Codificazione del principio espresso in Masterfoods: «Quando le giurisdizioni nazionali si pronunciano su accordi, decisioni e pratiche ai sensi dell'articolo 81 o 82 del trattato che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione. Esse devono inoltre evitare decisioni in contrasto con una decisione contemplata dalla Commissione in procedimenti da essa avviati. A tal fine le giurisdizioni nazionali possono valutare se sia necessario o meno sospendere i procedimenti da esse avviati» (art. 16) «Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri si pronunciano su accordi, decisioni o pratiche ai sensi dell'articolo 81 o dell'articolo 82 del trattato che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione» (art. 16). 4. Il Regolamento n. 1/2003: le previsioni sulla cooperazione - Accanto alla disciplina volta ad assicurare un’applicazione uniforme del diritto comunitario in tema di concorrenza (art. 16), ed al fine di consentire un più informato svolgimento di questo delicato ruolo affidato ai giudici nazionali, sono stati previsti specifici meccanismi di cooperazione della Commissione con le giurisdizioni nazionali indicati all’art. 15 del Regolamento: 1. la richiesta di informazioni e/o pareri alla Commissione; 2. l’invio alla Commissione da parte dei giudici delle sentenze emesse ai sensi degli artt. 101 e 102 TFUE; 3. l’intervento della Commissione e/o delle autorità antitrust nazionali nell’ambito dei giudizi nazionali in materia di concorrenza attraverso la presentazione d’ufficio di osservazioni scritte o orali (queste ultime purché autorizzate) 5. La Comunicazione della Commissione relativa alla cooperazione tra la Commissione e le giurisdizioni degli Stati membri dell'UE ai fini dell'applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato CE (27 aprile 2004) «Per "giurisdizioni degli Stati membri dell'UE" si intendono i giudici di uno Stato membro dell'UE che sono competenti per applicare gli articoli 81 e 82 del trattato CE e che sono legittimati a chiedere alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee di pronunciarsi in via pregiudiziale ai sensi dell'articolo 234 del trattato» (punto 1). «Il trattato CE, […] non prevede esplicitamente una cooperazione tra le giurisdizioni nazionali e la Commissione. Tuttavia, nell'interpretare l'articolo 10 del trattato CE, che prescrive agli Stati membri di facilitare l'adempimento dei compiti della Comunità, le giurisdizioni comunitarie hanno dichiarato che questa disposizione del trattato impone alle istituzioni europee e agli Stati membri un dovere reciproco di leale collaborazione allo scopo di conseguire gli obiettivi del trattato stesso. L'articolo 10 del trattato implica quindi che la Commissione è tenuta ad assistere le giurisdizioni nazionali nell'applicazione del diritto comunitario. Analogamente le giurisdizioni nazionali possono essere tenute ad assistere la Commissione nell'adempimento dei suoi compiti» (punto 15). 5. 1 Il Regolamento n. 1/2003: l’art. 15, par.1 Art. 15 par. 1: «Nell'ambito dei procedimenti per l'applicazione dell'articolo 81 o dell'articolo 82 del trattato le giurisdizioni degli Stati membri possono chiedere alla Commissione di trasmettere loro le informazioni in suo possesso o i suoi pareri in merito a questioni relative all'applicazione delle regole di concorrenza comunitarie». La Comunicazione sulla cooperazione del 2004: «Una giurisdizione nazionale può per esempio chiedere alla Commissione di trasmetterle documenti in suo possesso o di comunicarle informazioni di natura procedurale per poter accertare se un determinato caso è all'esame della Commissione, se la Commissione ha avviato un procedimento o se abbia già preso posizione. Una giurisdizione nazionale può anche chiedere alla Commissione quando sarà presumibilmente presa una decisione, al fine di determinare le condizioni di un'eventuale decisione di sospensione del procedimento o se sia necessario adottare misure provvisorie» (punto 21). «La giurisdizione nazionale può chiedere alla Commissione il suo parere su questioni attinenti all'applicazione del diritto comunitario della concorrenza. La giurisdizione nazionale può chiedere alla Commissione il suo parere su questioni economiche, di fatto e di diritto» (punto 27). 5. 1 Il Regolamento n. 1/2003: l’art. 15, par. 1 Si è posta la necessità di ricondurre queste forme di collaborazione nell’ambito di quanto contemplato dal diritto processuale interno: - richiesta di informazioni procedurali → potere per il giudice italiano di richiedere informazioni alla P.A ai sensi dell’art. 213 c.p.c. - richiesta di pareri su questioni economiche → istituto della consulenza d’ufficio prevista per il processo ordinario di cognizione all’art. 191 e ss. c.p.c. - richiesta di pareri per le questioni giuridiche → difficoltà a conciliare questa possibilità offerta al giudice con il principio secondo cui lo stesso è tenuto a basarsi unicamente sulla propria scienza. Tuttavia va ricordato che si tratterebbe di un potere d’ufficio previsto da un regolamento comunitario che per sua natura prevarrebbe su qualsiasi norma processuale nazionale che lo contrasti (La Corte d’Appello di Milano con ordinanza 3 giugno 2004, Moto C. Autogrill e vari, dichiara ammissibile un’istanza di richiesta di parere alla Commissione sull’interpretazione dell’art. 102 TFUE basandosi sulla diretta applicabilità della norma che attribuisce al giudice una facoltà sempre esercitabile d’ufficio, pur rigettandola nel merito). 5. 1 Il Regolamento n. 1/2003: l’art. 15, par. 1 In ogni caso va ricordato che: «Diversamente dall'interpretazione formale del diritto comunitario da parte delle giurisdizioni comunitarie, il parere della Commissione non vincola giuridicamente la giurisdizione nazionale» (Comunicazione sulla cooperazione 2004, punto 29) 5. 1 Il Regolamento n. 1/2003: l’art. 15, par. 1 Ricordiamo infine che sulla base della Comunicazione sulla cooperazione del 2004: «La Commissione può rifiutare di trasmettere informazioni alle giurisdizioni nazionali per preminenti motivi attinenti alla necessità di salvaguardare i suoi interessi o di evitare che siano compromessi il funzionamento e l'indipendenza della Comunità, in particolare pregiudicando l'assolvimento dei compiti affidatale. Di conseguenza, la Commissione non trasmetterà alle giurisdizioni nazionali le informazioni presentate volontariamente da un'impresa che abbia richiesto un trattamento favorevole senza il consenso di quest'ultima» (punto 26). «Nel trasmettere informazioni alle giurisdizioni nazionali la Commissione deve garantire alle persone fisiche e giuridiche la tutela offerta dall'articolo 287 del trattato CE. Prima di trasmettere informazioni protette dal segreto d'ufficio ad una giurisdizione nazionale, la Commissione ricorderà che anche questa è tenuta, a norma del diritto comunitario, a tutelare i diritti conferiti dall'articolo 287 del trattato CE (oggi art. 339 TFUE) alle persone fisiche e giuridiche e le chiederà se sia in grado di e se voglia impegnarsi a garantire la tutela delle informazioni riservate e di quelle che costituiscono segreti commerciali. Se la giurisdizione nazionale non è in grado di assumere tale impegno, la Commissione non le trasmetterà informazioni protette dal segreto d'ufficio» (punti 23-25). 5. 2 Il Regolamento n. 1/2003: l’art. 15, par. 2 Art.15, par. 2: «Gli Stati membri trasmettono alla Commissione copia delle sentenze scritte delle giurisdizioni nazionali competenti a pronunciarsi sull'applicazione dell'articolo 81 o dell'articolo 82 del trattato. La copia è trasmessa senza indugio dopo che il testo integrale della sentenza scritta è stato notificato alle parti». La comunicazione delle sentenze serve in primo luogo per consentire alla Commissione di avere conoscenza di procedure in corso nelle quali eventualmente intervenire come amicus curiae (art. 15, par. 3). In Italia si potrebbe far coincidere tale momento con quello del deposito in cancelleria della sentenza e la successiva comunicazione del dispositivo alle parti. Dal momento di entrata in vigore del Regolamento (2004) sono quindi sottoposti a tale obbligo in Italia sia i giudici ordinari (in particolare oggi le Sezioni specializzate in materia di imprese ex D.L 24 gennaio 2012, n. 1), sia quelli amministrativi. Poca collaborazione – scarso il numero delle sentenze trasmesse alla Commissione – conseguenze? 5. 3 Il Regolamento n. 1/2003: l’art. 15, par. 3 Art.15, par. 3: «Le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri possono, agendo d'ufficio, presentare osservazioni scritte alle giurisdizioni nazionali dei rispettivi Stati membri in merito a questioni relative all'applicazione dell'articolo 81 o dell'articolo 82 del trattato. Previa autorizzazione della giurisdizione competente, esse possono inoltre presentare osservazioni orali alle giurisdizioni nazionali dei rispettivi Stati membri». «Qualora sia necessario ai fini dell'applicazione uniforme dell'articolo 81 o dell'articolo 82 del trattato, la Commissione, agendo d'ufficio, può presentare osservazioni scritte alle giurisdizioni degli Stati membri. Previa autorizzazione della giurisdizione competente, essa può inoltre presentare osservazioni orali». «Esclusivamente ai fini della preparazione delle rispettive osservazioni, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e la Commissione possono chiedere alla competente giurisdizione dello Stato membro di trasmettere o di garantire che vengano loro trasmessi i documenti necessari alla valutazione del caso trattato». 5. 3 Il Regolamento n. 1/2003: l’art. 15, par. 3 Quanto all’intervento amicus curiae della Commissione: «Un’interpretazione letterale dell’art. 15, n. 3, primo comma, del regolamento n. 1/2003 porta a considerare che la facoltà per la Commissione, agendo d’ufficio, di presentare osservazioni scritte ai giudici degli Stati membri è subordinata all’unica condizione che ciò sia necessario ai fini dell’applicazione uniforme degli artt. 81 CE o 82 CE» (CGUE, sentenza 11 giugno 2009, causa C-429/07, Inspecteur van de Belastingdienst/P/Kartoon P c. X BV, punto 30). Tuttavia «siffatto requisito può essere soddisfatto anche nei casi in cui il procedimento interessato non sia in merito a questioni relative all’applicazione degli artt. 81 CE o 82 CE» (CGUE, sentenza 11 giugno 2009, cit., punto 30). In ogni caso, «dato l'obiettivo delle osservazioni, la Commissione si limiterà ad una analisi economica e giuridica dei fatti su cui verte la causa pendente dinanzi alla giurisdizione nazionale», senza entrare nel merito della controversia e senza sentire le parti (Comunicazione sulla cooperazione 2004, punti 29, 30 e 32). 5. 3 Il Regolamento n. 1/2003: l’art. 15, par. 3 «Poiché il regolamento non contiene disposizioni procedurali per la presentazione delle osservazioni, la procedura applicabile è determinata dalle norme e dalle prassi degli Stati membri in materia. Se uno Stato membro non ha ancora previsto una procedura applicabile al riguardo, spetta alla giurisdizione nazionale interessata determinare quali siano le regole procedurali da seguire per la presentazione di osservazioni nella causa pendente dinanzi ad essa. «La procedura deve essere in linea con i principi esposti al punto 10 della presente comunicazione. Ciò implica tra l'altro che […] a) deve essere compatibile con i principi generali del diritto comunitario, ed in particolare con i diritti fondamentali delle parti in causa; b) non deve rendere la presentazione di osservazioni eccessivamente difficile o praticamente impossibile (principio di efficacia) e c) non può rendere la presentazione di osservazioni da parte della Commissione più difficile che la presentazione di osservazioni in procedimenti giudiziari nei quali si applicano norme di diritto nazionale equivalenti (principio di equivalenza)» (Comunicazione sulla cooperazione, 2004, punto 34) 5. 3 Il Regolamento n. 1/2003: l’art. 15, par. 3 Nel nostro ordinamento in assenza di una specifica disciplina, neppure l’art. 105 c.p.c. sull’intervento volontario del terzo in un giudizio pendente tra altri soggetti viene però in soccorso del giudice nazionale che desideri far ricorso ad un simile strumento di cooperazione: il terzo può intervenire nel processo di cognizione per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo o per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse. Al contrario l’intervento della Commissione o dell’autorità antitrust è nazionale è disinteressato e volto ad evitare l’adozione di decisioni giuridicamente scorrette e contrastanti , potendosi equiparare forse a quello del P.M. che intervenga nelle cause in cui ravvisi un pubblico interesse (art. 70 c.p.c.), che nel caso dell’intervento della Commissione sarebbe “un pubblico interesse comunitario”. 5. 3 Il Regolamento n. 1/2003: l’art. 15, par. 3 Infine «va ribadito che, quale che sia la forma assunta dalla cooperazione con le giurisdizioni nazionali, la Commissione rispetterà l'indipendenza delle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza l'assistenza offerta dalla Commissione non vincola la giurisdizione nazionale» (Comunicazione cooperazione 2004, punto 19). Tuttavia la Commissione, una volta che la sentenza nazionale sia passata in giudicato, potrà avviare un procedimento d’infrazione per violazione degli obblighi comunitari (avendo il giudice nazionale interpretato il diritto UE in maniera tale da violare l’uniformità dello stesso); il privato danneggiato dalla scorretta interpretazione potrebbe far ricorso ad un’azione di risarcimento danni nei confronti dello Stato (dal momento che l’intervento stesso della Commissione, seguito dalla non osservanza della sua posizione, renderebbe l’errore del giudice nazionale grave e manifesto). 6. Alcuni dati conosciuti Anno Richieste di pareri Sentenze nazionali trasmesse Interventi amicus curiae della Commissione 2004 9 36 0 2005 6 54 0 2006 2 30 1 2007 3 50 1 2008 - 50 0 2009 5 - 2 2010 2 - 3 2011 - - 3 2012 - - 3 6. Il caso SABAM (2005): i fatti - La SABAM, una società belga di gestione dei diritti d’autore che detiene il monopolio di fatto del mercato delle opere musicali nel territorio del Belgio, applicava uno sconto del 50% ai «Grandi organizzatori» che possedessero certi requisiti. Essa negava alla società Productions and Marketing la posizione di «Grande organizzatore». - Nel verificare che tale comportamento non fosse un abuso di posizione dominante, veniva richiesto alla Commissione di esprimere un parere ai sensi dell’art. 15, par. 1 del Reg. 1/2003. 6. Il caso SABAM (2005): il parere della Commissione - la Commissione sostiene che nel valutare se il comportamento della SABAM sia un abuso di posizione dominante il giudice dovrà verificare: 1 se i criteri utilizzati dalla SABAM, o l’applicazione che questa ne fa, la conducano ad applicare condizioni ineguali per prestazioni equivalenti. 2 se una eventuale discriminazione rischi di creare per le imprese discriminate uno svantaggio concorrenziale nel mercato di riferimento Se il giudice nazionale perverrà alla conclusione che tali criteri possano condurre ad applicare condizione ineguali a prestazioni equivalenti, egli dovrà esaminare se questa discriminazione crea uno svantaggio per le vittime. A tal fine occorre esaminare se il denunciante è in concorrenza con le imprese che beneficiano della qualifica di «Grandi organizzatori». Nel caso in cui queste siano in concorrenza vi sarà l’infrazione dell’art. 102 TFUE, in caso contrario non vi sarà alcuna infrazione. 6. Il caso SABAM (2005): il giudizio della corte D’Appello di Bruxelles - Nella sentenza della Corte d’Appello di Bruxelles, la politica di sconti della SABAM viene considerata un abuso di posizione dominante contrario al divieto di cui all’art. 102 TFUE, in quanto le condizione per accedere allo sconto non sono state rese per iscritto e non sono trasparenti. - Inoltre la politica di sconti non è giustificata da elementi obiettivi e riduzioni di costi, come nelle economie di scala. - Dunque la SABAM applica condizioni ineguali a servizi equivalenti determinando uno svantaggio competitivo. 7. 1 Il caso Orange Caraïbe (2011): i fatti - L’Autorità della concorrenza francese, in seguito ad una denuncia, condannava la France Telecom e la sua controllata Orange Caraïbe al pagamento di un’ammenda per aver violato gli art. 101 e 102 del TFUE e le disposizioni nazionali corrispondenti del Code du Commerce con alcuni comportamenti messi in atto nei territori francesi d’oltremare in relazione a diversi mercati di servizi di comunicazioni elettroniche. - La Corte d’Appello di Parigi annullava la decisione per la parte relativa alla violazione delle norme europee di concorrenza in quanto, per la stessa, non vi era stato un apprezzabile pregiudizio sul commercio fra gli Stati membri. - In sede di ricorso in Cassazione, la Commissione presenta osservazioni scritte basandosi sulla possibilità offerta dall’art. 15, par. 3, del Reg. n. 1/2003. 7. 1 Il caso Orange Caraïbe: l’intervento amicus curiae della Commissione La Commissione constata che: - L’Autorità, nel verificare se vi fosse stato un pregiudizio sensibile al commercio fra gli Stati membri, aveva svolto un’analisi completa prendendo in considerazione tutti i fattori concernenti quel dato caso, tra cui la natura dell’accordo o della pratica, la natura dei prodotti, la posizione delle imprese nel mercato, la dimensione europea di Telecom, la sua cifra d’affari, la popolazione delle Antille, i comportamenti dei concorrenti. - La Corte d’Appello, al contrario, aveva dato un’interpretazione restrittiva al concetto di pregiudizio al commercio fra Stati membri basandosi sul solo testo del par. 90 delle linee direttrici secondo cui: qualora un accordo precluda l’accesso ad un mercato regionale, affinché il commercio venga pregiudicato in maniera sensibile il volume delle vendite pregiudicate deve essere significativo rispetto al volume globale di vendite dei prodotti interessati all’interno dello Stato membro in questione 7. 1 Il caso Orange Caraïbe: l’intervento amicus curiae della Commissione La Commission est d’avis que par l’interprétation restrictive qu'il fait de la notion d’effet sensible de l’affectation du commerce entre États membres l’arrêt de la Court d’Appel de Paris […] s’écarte du droit de l’Union tel qu’il est interprété par le juridictions de l’Union et propose une interprétation erronée des Lignes directrices. Si elle était confirmée par la Cour de Cassation, cette interprétation serait de nature à mettre en péril la mise en œuvre effective des articles 101 et 102 du TFUE en France. Pour être susceptible d’affecter le commerce entre États membres, un accord entre entreprises doit, sur la base d’un ensemble d’éléments objectifs de droit ou de fait, permettre d’envisager avec un degré de probabilité suffisant qu’il puisse exercer une influence directe ou indirecte, actuelle ou potentielle, sur les courantes d’échanges entre États membres, dans un sens qui pourrait nuire à la réalisation des objectifs d’un marché unique entre États. Le mêmes principes s’appliquent en matière d’abus de position dominante au sens de l’article 102 de TFUE. L’objet des Lignes directrices est de fournir une méthodologie pour l’application du concept d’affectation du commerce entre États membres […] ne peuvent être interprétées comme permettant l’exclusion automatique et a priori du champ d’application des articles 101 et 102 du TFUE de certains territoires de l’Union ou de certaines pratiques. 7. 1 Il caso Orange Caraïbe: le conclusioni della Commissione ed il giudizio della Corte di Cassazione francese La Commission considère en conclusion que la présomption du paragraphe du 90 des Lignes directrices ne peut pas être appliquée isolément, mais doit être considérée conjointement avec d’autres critères qui sont pertinents pour déterminer l’effet sur le commerce entre États membres du comportement anti concurrentiel en cause […]. Au contraire, il est nécessaire d’analyser au cas par cas les effets de l’entente ou de l’abus de position dominante sur le commerce entre Etats membres, sur base des éléments factuels et juridiques en cause. La Corte di Cassazione accoglie la posizione della Commissione, annullando la decisione della Corte d’Appello e rinviando la causa per una seconda revisione. Nel luglio 2013 la Corte d’Appello conferma la decisione dell’Autorità di concorrenza francese (riducendo però l’ammenda alla metà perché ritenuta sproporzionata) adottando la nozione di “pregiudizio sensibile” suggerita dalla Commissione nelle sue osservazioni presentate dinnanzi la Corte di cassazione. 7. 2 Il caso National grid (2011): i fatti - la Commissione, in seguito ad una domanda di clemenza della società ABB, adottava una decisione che affliggeva pesanti sanzioni a venti società che fornivano Gas Insulated Switchgear (GIS), ovvero apparecchi per il controllo del flusso di energia impiegati nella rete elettrica, colpevoli di aver dato vita ad un cartello in violazione dell’art. 101 TFUE. Solo alla società ABB era stato concesso un trattamento favorevole con la concessione dell’immunità dalla sanzione. - La NGET, proprietario e gestore del sistema elettrico in alta tensione, sostenendo di aver subito importanti perdite a causa del sovrapprezzo derivante dal cartello illegale, iniziava un’azione di risarcimento di danni nei confronti di alcuni dei partecipanti del cartello. - La NGET aveva fatto richiesta ed ottenuto dalle altre parti alcuni documenti non legati alla leniency. Due società avevano respinto tale richiesta sul presupposto che la disclosure fosse vietata dal diritto francese. Altre informazioni NGET le otteneva dalla stessa Commissione (art. 15.1 del Reg. 1/2003). - Prima della pronuncia, la sentenza della Corte di giustizia sul caso Pfleiderer comportò però la modifica delle richieste di disclosure della NGET, che a questo punto avrebbero compreso l’acquisizione di documenti relativi alla leniency depositati presso la Commissione. Il giudice della Hight Court chiedeva alla Commissione di intervenire con osservazioni scritte ed orali (art. 15.3). 7. 2 Il caso National grid: il richiamo al caso Pfleiderer Il caso Pfleiderer (CGUE, sentenza 14 giugno 2011, Pfleiderer AG c. Bundeskartellamt, causa C-360/09) riguardava una domanda di accesso integrale agli atti relativi ad un procedimento sanzionatorio conseguente ad un’intesa nel settore delle carte decorative. La Pfleiderer, cliente delle imprese sanzionate, aveva presentato tale domanda di accesso, avente altresì ad oggetto i documenti relativi al procedimento di clemenza, allo scopo di intentare un’azione civile di risarcimento del danno. La corte tedesca chiese alla Corte di giustizia se fosse compatibile con il diritto europeo della concorrenza una decisione del giudice ordinario che concedesse l’accesso a domande di clemenza o a informazioni e documenti forniti volontariamente nell’ambito di un programma di clemenza. Nella sentenza il giudice riteneva meritevoli della stessa tutela l’interesse alla protezione dei programmi di clemenza (e quindi della riservatezza delle informazioni fornite dai leniency applicants) e quello al risarcimento del danno per la vittima di un illecito antitrust. La valutazione su quale interesse dovesse prevalere andava pertanto effettuata caso per caso. Su tale presupposto il giudice tedesco negava la disclosure dei documenti in oggetto. 7. 2 Il caso National grid: l’intervento amicus curiae della Commissione As further explained at point 33 of leniency notice: «Access to corporate statements is only granted to the addressees of a statement of objections provided that they commit not to make any copy by mechanical or electronic means of any information in the corporate statement to which access is being granted and to ensure that the information to be obtained from the corporate statement will solely be used for the purposed mentioned below. Other parties such as complainants will not be granted access to corporate statements. It follow […] that the original, direct transcript of the oral corporate statement is only in the Commission’s possession. The position is different however as regards other documents quoting material from leniency documents. This category comprises a wider range of documents […] which are within the control of parties to proceeding in national courts. The Commission’s experience in operating its leniency programme is that leniency applicants fear that the disclosure of their corporate statements would particularly jeopardise their position in actions for damages. The Commission notes that […] it is not obvious that leniency applicants would be prejudiced in this way in these proceeding. However, the general perception by potential leniency applicants that disclosure of their corporate statements would particularly disadvantage them in actions for damages remains an important concern for the Commission. It is for these reasons that the Commission adopted its general policy against giving disclosure of oral corporate statements from its own files. 7. 2 Il caso National grid: l’intervento amicus curiae della Commissione e la sentenza della Hight Court La Commissione, basandosi sull’assunto che la valutazione sull’interesse che debba prevalere nel bilanciamento tra l’interesse alla protezione dei programmi di clemenza e quello al risarcimento del danno per la vittima di un illecito antitrust vada effettuata caso per caso (sentenza Pfleiderer), indicherà gli elementi che il giudice deve considerare: 1. la possibilità che la disclosure peggiorerebbe la posizione dei leniency applicants in rapporto a quella delle parti che non hanno cooperato nell’ambito di un programma di clemenza. 2. la proporzionalità della disclosure alla luce delle possibili interferenze con i programmi di clemenza, verificando per ogni singolo documento che lo stesso sia rilevante per decidere sul caso e che non vi siano altre fonti di prova disponibili che possano condurre al medesimo risultato. Riguardo alla richiesta di NGET, la Commissione si dimostrerà contraria alla disclosure della versione confidenziale della decisione e dei leniency documents relativi alla società ABB. La Hight Court applicherà il test suggerito dalla Commissione e ordinerà solo la disclosure di alcuni passaggi contenuti nei documenti che riterrà rilevanti per decidere sul caso, tra cui anche alcuni stralci della versione confidenziale della decisione. 7. 3 Il caso Tessenderlo Chemie (2012): i fatti - La Commissione europea sanzionava la società Tessenderlo Chemie per violazione delle norme sulla concorrenza. La somma pagata veniva considerata esente da imposizione fiscale fino all’anno 2008 (incluso) ma sulla base di una circolare fiscale del 2008 e una modifica al Codice delle imposte sul reddito, l’amministrazione considerava le somme come imponibili per l’anno 2009. - La Tessenderlo chemie faceva un reclamo contro questa decisione che veniva rigettata. Proponeva quindi ricorso dinnanzi il Tribunale di primo grado. Nell’ambito del giudizio Tessenderlo contro Belgio, Il Tribunale di prima istanza del Belgio riferirà alla Corte Costituzionale belga due questioni pregiudiziali rivolte in sostanza a capire se sia compatibile con il principio di non discriminazione contenuto agli art. 10 e 11 della Costituzione belga la lettura dell’art. 53 (6) del Codice delle imposte sul reddito (CIR) del 1992 nel senso che permetta di dedurre dalle tasse le ammende inflitte dalla Commissione in quanto sanzioni amministrative. - La Commissione presenterà le sue osservazioni scritte ritenendo le questioni riferite alla Corte costituzionale atte ad incidere sull’effettività del rimedio sanzionatorio. Essa non si occuperà della compatibilità della lettura dell’art. 53 (6) CIR 1992 con la Costituzione belga, ma della sua compatibilità con l’ordinamento comunitario. 7. 3 Il caso Tessenderlo Chemie (2012): le osservazioni della Commissione e il richiamo alla sentenza Inspecteur van de Belastingdienst Per prima cosa effettuerà un richiamo alla sentenza Inspecteur van de Belastingdienst c. X BV (CGUE, 11 giugno 2009, C-429/07): Il giudice comunitario chiarirà che le ammende e le penalità di mora che possono essere inflitte alle imprese nell’ambito dell’applicazione del diritto comunitario della concorrenza hanno lo scopo di garantire l’efficacia del controllo delle intese e degli abusi di posizione dominante. Dunque disgiungere il divieto generale di pratiche anticoncorrenziali dalle sanzioni previste per l’inosservanza dello stesso equivarrebbe a privare di efficacia l’azione delle autorità incaricate di vigilare sul rispetto del divieto in parola e di sanzionare siffatte pratiche. Ora, nell’ambito di un procedimento relativo a sanzioni in materia di pratiche anticoncorrenziali, la decisione che il giudice adito è chiamato a prendere è idonea a incidere sull’efficacia delle sanzioni in parola e, quindi, rischia di compromettere tale applicazione uniforme delle norme di concorrenza. Dunque la Commissione è autorizzata a presentare d’ufficio osservazioni scritte all’organo giurisdizionale di uno Stato membro nell’ambito di una controversia relativa alla possibilità di dedurre dagli utili imponibili l’importo di un’ammenda, o parte di essa, inflitta dalla Commissione. 7. 3 Il caso Tessenderlo Chemie (2012): le osservazioni della Commissione Richiamata la sentenza che ha sancito la sua legittimazione ad intervenire, la Commissione esprimerà la sua posizione con riguardo al caso in questione: - The Commission’s power to impose fines on undertakings and associations of undertakings which intentionally or negligently commit an infringement of Article 101 or Article 102 TFEU is one of the means conferred on the Commission in order to enable it to carry out the task of supervision entrusted to it by Community law. The fines imposed by the Commission thus serve both a punitive and a deterrent purpose. - In the Commission’s view, the punitive and deterrent purpose of the fines imposed pursuant to Regulation No 1/2003 will be undermined if Member States accept that the undertakings concerned can deduct these fines from their taxable profits. The result of this is, after all, that the undertakings' taxable income is reduced by the amount of the fine and the undertakings pay less tax to the tax administration, so that ultimately part of the fine imposed by the Commission is offset by the national government. - For this reason, the Commission believes that to interpret Article 53(6) WIB 1992 as allowing a fine imposed under Regulation No 1/2003 to be tax deductible would be incompatible with EU law. 7. 3 Il caso Tessenderlo Chemie (2012): la sentenza della Corte Costituzionale belga Sulla base delle osservazioni della Commissione e dei precedenti della Corte di giustizia, la Corte Costituzionale belga dichiarerà che consentire la deducibilità fiscale delle ammende inflitte per la violazione delle regole di concorrenza dell'UE compromettere la realizzazione degli obiettivi dell'Unione e sarebbe pertanto in contrasto con Art. 4 (3) TUE, pregiudicando l'efficacia e l'applicazione coerente delle regole di concorrenza . La norma in questione va interpretata nel senso che vieta la deducibilità di tali ammende.