Sul restauro delle pipe

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Sul restauro delle pipe
Sul restauro delle pipe
Girando per mercatini è facile trovare vecchie pipe, ferme da anni, provenienti da chissà dove.
Pipe che hanno accompagnato parte della vita di altri, regalando gioie, distensione e saggezza ai
loro proprietari, e che ora sono dimenticate, ammucchiate selvaggiamente in cesti, sporche, opache,
graffiate…
Una fine che non si meritavano di certo!
Una fine dalla quale le si può salvare con un minimo di manualità, pochi attrezzi facilmente
reperibili e non costosi, tanto divertimento e l’enorme soddisfazione di aver recuperato una vecchia
radica, ancora capace di regalare tanto a chi le ha dedicato cura nel momento del bisogno.
Questa guida non vuole trattare di riparazioni complicate o modifiche profonde, che richiedono
attrezzi specifici e soprattutto grande esperienza. Il suo scopo è quello di iniziarti a quell’arte che in
America chiamano “pipe refurbishment”, l’arte di portare una pipa priva di importanti danni
strutturali in condizioni di fumabilità.
Materiali consigliati:
Carte vetro di diversa granatura (indicativamente: 100, 240, 320).
Carta abrasiva 800 e 1200
Scovolini con anima in acciaio, ruvidi e morbidi.
Una spazzolina per cannello se si desidera risparmiare in scovolini.
Cotton fioc
Alcool etilico 95% (buongusto per liquori fai da te) o ancora meglio, isopropilico denaturato.
Alcool etilico denaturato.
Uno spazzolino da denti morbido, nuovo.
Un contenitore di plastica (dovrete mettervi il bocchino).
Qualche bicchiere usa&getta.
Pasta abrasiva grossa e fine.
Pasta abrasiva brillantante per ebanite.
(Le paste, come del resto anche la cera, sono da appoggiare per qualche secondo sulla spazzola in
rotazione. Se usate per il bocchino, questo dev’essere inumidito)
Cera carnauba solida.
Cera per pipe sabbiate (è un apposito composto di carnauba e altro).
Un trapano e 3 spazzole a dischi di cotone sovrapposti (cera/pasta ebanite&pasta grossa/pasta fine)
con relativi alberini per trapano. Consigliato sfilacciare i bordi del primo disco.
Qualche punta lunga da trapano (ad uso rimozione depositi dal cannello)
Un coltellino dotato di lama affilata.
Un curapipe.
Sale grosso non iodato.
Un rotolo di carta da cucina.
Cera d’api sbiancata (solo per pipe di schiuma).
Una pipa comprata in un mercatino, da un antiquario o ottenuta per altre vie.
INIZIAMO!
Per prima cosa, esaminiamo bene la pipa da vicino, eventualmente illuminandola con una lampada.
Non è sconsigliato l’ausilio di una lente da almeno 5 ingrandimenti.
Andiamo in cerca della marca e di eventuali altre scritte, che possano aiutare a capire modello,
grado, età della pipa. Si esamini con cura l’eventuale logo del bocchino. Di che materiale è fatto?
Metallo, legno, metacrilato o simili? E’ inciso o pitturato? Il bocchino di che materiale è? Ebanite,
metacrilato, osso, ambra?
Esaminiamo quindi il fornello, andando in cerca di crepe, rotture, esaminando la formazione di
carbone e la presenza di bruciature interne o sull’orlo del fornello.
In questo modo andremo ad operare conoscendo già ciò di cui la pipa ha bisogno.
Con delicatezza, cerchiamo di sfilare il bocchino, ruotandolo in senso orario.
Se non accenna a muoversi, non insistere! E’ purtroppo facile in alcuni casi provocare rotture al
cannello o al perno del bocchino; possiamo provare a tenere la pipa in freezer per una mezz’ora o
più: il differente coefficiente di dilatazione termica di radica e bocchino lavorerà per noi.
Proviamo quindi a sfilare il bocchino, eventualmente con più decisione, sempre in senso orario.
Rimosso il bocchino, procediamo al restauro di questo.
Se di metacrilato, possiamo direttamente passare dell’alcool isopropilico (ottimo solvente per
incrostazioni di natura catramosa) all’esterno ed all’interno, aiutandoci nella pulizia con uno
scovolino. Possiamo rimuovere eventuali segni con un uso accorto di carta abrasiva di grana sempre
più fine, in modo da rimuovere con ogni passata i segni causati dalla carta precedente. Concludiamo
l’operazione lucidando il bocchino con la pasta abrasiva fine e l’apposita spazzola.
Se di ambra, evitiamo l’uso di liquidi diversi dall’acqua. Occorre prestare attenzione alla sua grande
fragilità; per questo motivo sconsiglio l’uso della spazzola su trapano, sostituibile con un panno
morbido, olio di gomito, e molta delicatezza.
Se il bocchino è in corno, è possibile che questo si sia sfilacciato all’estremità per l’azione
consuntiva dei denti e della saliva. Se possibile, evitare l’acquisto di pipe con questi problemi: la
soluzione migliore è la sostituzione integrale del bocchino. Se lo “sfilacciamento” non è di grave
entità, possiamo recuperare il bocchino con un accorto uso di carta vetro fine e quindi abrasiva,
avendo cura di non assottigliarne eccessivamente l’estremità, esponendola a un rapido
deterioramento ed alla possibile comparsa di fori. In ogni caso occorre, proprio a causa della sua
porosità, pulire con cura il bocchino (non solo in questa occasione), aiutandosi con lo spazzolino da
denti intinto nell’alcol isopropilico, seguendo le fibre del corno; stessa cosa per il condotto interno,
con uno scovolino. Concludiamo lucidando con la spazzola e la pasta fine.
Se infine il bocchino è di ebanite è probabile che sia ossidato: in questo caso il bocchino appare
ruvido, opaco, di un colore che spazia dal grigio al giallo.
Se privo di inserti lignei lo mettiamo in una soluzione al 50% di acqua e alcool denaturato, e lo
lasciamo riposare una notte; in questo modo lo prepareremo per la rimozione dell’ossido, che si
concentrerà sulla superficie.
Al termine delle operazioni potremo ritoccare un eventuale logo inciso e pitturato con un pennellino
e del colore acrilico.
Prendiamo in esame ora la testa della pipa ed in particolare il suo fornello.
Con una lama affilata, iniziamo la rimozione della crosta in eccesso. Tenendo la lama ben ferma,
facciamo ruotare il fornello intorno al filo di questa, fino al raggiungimento dello spessore voluto
(tipica l’espressione: il bordo di una moneta). L’operazione è abbastanza facile, specialmente
avendo l’accortezza di tenere il lato piatto del coltello sul carbone, in modo che su questo poggi sia
il filo che il dorso della lama. Lisciamo e pareggiamo quindi la superficie ottenuta con carta vetro
grossa (150) avvolta su un dito, e quindi soffiamo con forza nel cannello per eliminare la polvere di
carbone.
Se la pipa è stata fumata con tabacchi aromatici, o il precedente proprietario apparteneva alla
schiera dei fumatori umidi (la cui crosta risolta più morbida, nera, umida “alla vista” ed anche al
tatto) possiamo provare a eliminare eventuali cattivi odori o futuri sapori, derivanti da accumuli e
sedimentazioni “nicotinico-catramose” con l’ormai famoso metodo “Sale+Alcool”:
Procediamo tappando con cura il cannello; riempiamo quindi il fornello con sale grosso non iodato.
Con un contagocce versiamo dieci gocce di alcool isopropilico sul sale e lasciamo quindi riposare la
pipa per almeno ventiquattro ore. Trascorso questo tempo possiamo svuotare con cura il fornello dal
sale, divenuto ormai marrone dal catrame e dagli oli assorbiti. Puliamo con cura il cannello con
alcool pulito (vedi più in basso), lasciamo asciugare per qualche giorno e la pipa è pronta. Occorre
fare attenzione ad eventuali inserti in bambù: lì l’alcol non deve arrivare; eventualmente
inclineremo il fornello quanto basta, poggiandolo su una superficie idonea.
Nel caso fosse necessario, possiamo ripetere l’operazione, avendo sempre cura di far asciugare
perfettamente la pipa prima di fumarla, per evitare danni alla crosta. E’ comunque buona norma non
insistere troppo con questo metodo, preferendo quello più naturale e piacevole del fumarci con
calma del buon trinciato nostrano, a scelta tra Forte, Comune, Italia.
In questa fase possiamo anche “medicare” eventuali lievi bruciature interne, spalmandole con poco
miele impastato con cenere; lasciata asciugare la “stuccatura”, potremo fumare la pipa
tranquillamente (possibilmente senza surriscaldarla, e lasciando il tabacco piuttosto sciolto).
Passiamo ora alla pulizia del cannello, di tutte le operazioni senza ombra di dubbio la più
importante. Dopo aver verificato, eventualmente con l’aiuto di una lampadina, che non vi siano
incrostazioni tali da non consentire una pulizia “standard”, versiamo un po’ di alcool isopropilico in
un bicchiere di plastica, intingiamo lo spazzolino per cannelli (che spesso più in fondo dello spazio
del perno non va) nell’alcol, e lo introduciamo delicatamente ruotandolo nel cannello, facendo
attenzione a non bagnare l’esterno della radica (specialmente sulle sabbiate, poiché si decolorano
con estrema facilità). Fatto questo lo estraiamo allo stesso modo, passiamo quindi uno scovolino
ruvido bagnato nell’alcool e, facendo attenzione a non rovinare la parete su cui guarda il foro del
fornello con inserimenti troppo profondi, lo passiamo avanti e indietro, anche ruotandolo, più volte;
una volta estratto, passiamo allo stesso modo l’estremità asciutta.
Tutto questo va ripetuto più volte con diversi scovolini, finché l’ultimo inserito non esca fuori dello
stesso colore con cui è entrato (e da qui un consiglio: scovolini rigorosamente bianchi!).
Prendiamo ora un cotton fioc, lo bagnamo e puliamo con cura la sede del perno; Non è una cattiva
idea quella di raschiare lievemente con una punta il bordo circolare di tale sede, in quanto non è
raro trovarla “conica” da cilindrica che era, a causa di depositi e incrostazioni. Anche in questo caso
procediamo nella pulizia fino all’estrazione di un cotton fioc pulito. Passiamo poi uno scovolino
morbido bagnato, e quindi l’estremità asciutta. Inutile dire che dovrà uscire in ambo i casi pulito!
Nel caso in cui il condotto del fumo non fosse libero, passiamo una punta lunga da trapano di
dimensione uguale o inferiore a tale condotto avendo cura di non surriscaldarla ed estraendola
frequentemente, nel caso di incrostazioni di grande entità. Se l’ostruzione è provocata da un pezzo
di scovolino (e può benissimo capitare), è meglio rivolgersi ad un professionista, soprattutto nel
caso in cui la pipa abbia un certo valore economico o perché no, affettivo. Altrimenti possiamo
provare ad agganciarlo con del filo d’acciaio o provare anche con la punta da trapano. Ma non è
un’operazione facile per noi, privi di attrezzi e di esperienza!
Pulito il cannello, lasciamo riposare ed asciugare il legno, e torniamo al bocchino in ebanite.
La prolungata immersione in acqua e alcol ha il compito di portare in superficie lo zolfo contenuto
nell’ebanite, facilitandone l’asportazione; inoltre il bocchino viene sgrassato e sarà poi più facile
rimuovere incrostazioni interne con uno scovolino.
Facendo attenzione a non modificarne la forma, ed evitando nel modo più assoluto ogni passaggio
sulla parte che va in battuta con il cannello e su eventuali loghi dipinti o incisi poco profondamente
(per fortuna non sono moltissimi), passiamo una carta vetro fine su tutto il bocchino, insistendo sui
punti che rimangono giallastri o macchiati. Passiamo poi le carte abrasive 800 e 1200 bagnate in
acqua. Al termine di queste operazioni, a pipa perfettamente pulita ed asciutta, verifichiamo che il
perno nè “balli” nella sua sede nè sforzi. Se riscontriamo il primo caso, sarà sufficiente scaldare il
perno (senza porlo a contatto diretto con la fiamma!) per poi raffreddarlo bruscamente
immergendolo in un bicchiere d’acqua; nel secondo caso, se lo sforzo è limitato a una certa
“scattosità” nel movimento rotatorio del bocchino, possiamo passare la mina di una matita morbida
sul perno più volte, fino al raggiungimento dello sforzo voluto. In casi di sforzo ancor più forte,
passatine veloci con carta 1200 alternate a frequenti prove di inserimento.
Una volta inserito il bocchino nel cannello asciutto, possiamo “osare” un po’ di più con le carte
abrasive fini (asciutte) sulla parte in precedenza trascurata. Procediamo quindi a una accurata
lucidatura con l’apposita pasta abrasiva e la spazzola montata sul trapano.
Nel caso non riuscissimo a raggiungere quel bel nero lucido dei bocchini nuovi (e non accade
raramente, vuoi per il basso numero di giri dei trapani, vuoi per la qualità dei bocchini, vuoi per
iniziale inesperienza), possiamo concederci l’aiuto di una passatina di polish per auto, avendo cura
di rimuoverlo poi totalmente. E’ importante, infine, passare con uno scovolino un po’ di pasta
abrasiva all’interno del bocchino, per evitare che dell’eventuale ossido lì presente possa alterare il
sapore del fumo. Attenzione a non rovinare il foro d’uscita del fumo!
Consideriamo adesso il legno esterno della pipa.
Se la pipa è sabbiata o rusticata, ci limiteremo a passare lo spazzolino da denti per rimuovere quanta
più sporcizia possibile, che con l’uso e l’abbandono queste pipe facilmente accumulano. Per i casi
più estremi, è consentito l’uso di uno stuzzicadenti (ottimi gli scovolini interdentali). Provvederemo
infine a passare l’apposita cera, lucidando poi con un morbido panno di lana.
Nel caso la pipa avesse perso parte del suo colore originale, possiamo pensare ad un ritocco, con le
apposite tinture in polvere solubili in alcol isopropilico, da passare prima della ceratura.
Se la pipa è liscia, possiamo passare velocemente un batuffolo di cotone POCO bagnato in alcool
sul legno, per eliminare vecchie tracce di cera, sporcizia, sebo nasale altrui (sebbene debba
riconoscere che ha discrete proprietà lucidanti, anche se perlopiù effimere, mi dichiaro
assolutamente contrario a qualsiasi “unzione” del legno e del bocchino). Diversamente potremo
soffermarci un po’ più a lungo nello “strofinio alcolico” sul bordo del fornello, molto spesso sede di
incrostazioni catramose. Una piccola precisazione: nel caso in cui tali incrostazioni siano di
modesta entità, è preferibile sostituire a cotone ed alcol uno straccetto inumidito con acqua o saliva.
Se al contrario le incrostazioni si dimostrassero tenaci ed estese, passeremo il bordo del fornello con
movimento circolare su un foglio, ben teso su di una superficie piana, di carta abrasiva 1200
consumata (e quindi ancor meno abrasiva). Se l’operazione è svolta con delicatezza, il rischio di
asportare o modificare il colore della radica è nullo. In modo analogo si possono correggere
arrotondamenti del bordo del fornello, utilizzando in vari passaggi tutta la gamma delle carte vetro
ed abrasive in nostro possesso, dalla più grossa alla più fine. Sarebbe però necessario poi un
complesso ritocco con gli appositi colori ad alcool, e questo esula da ciò che vuole trattare il
“refurbishment”. Procederemo quindi, lavorando con la consueta calma e delicatezza, a rimuovere
graffi dal legno con la pasta abrasiva grossa, senza premere eccessivamente la radica sulla spazzola,
e badando a non insistere troppo su eventuali marchi e/o loghi.
Useremo quindi in maniera analoga la pasta fine, per rendere ancor più liscia la sua superficie,
preparando così la pipa alla successiva lucidatura con carnauba.
Per la particolare durezza di tale cera, è questa un’operazione assai difficoltosa per chi fosse
sprovvisto di un trapano ad adeguato numero di giri (consigliati 1000/min): l’alternativa di un
panno di lana e di olio di gomito, sebbene possa bastare per gli usi della pasta abrasiva, il più delle
volte con la cera non lascia risultati duraturi.
Per cerare procediamo così: acceso e tenuto ben fermo il trapano, appoggiamo con una certa
pressione la cera sulla spazzola per un paio di secondi. Passiamo quindi tutta la radica sulla
spazzola in rotazione, ripetiamo rallentando la corsa della spazzola premendo con più forza la pipa
su di essa, e quindi passiamo di nuovo tutto sulla spazzola. Meglio evitare il passaggio della cera sul
bocchino.
N.B. : TUTTE le operazioni che prevedono il contatto di carta abrasiva o di spazzole in veloce
rotazione con la giuntura cannello/bocchino, devono essere compiute a pipa “montata”.
Pochi cenni riguardo le pipe di schiuma
Non di rado si trovano su bancarelle delle splendide ed antiche pipe di schiuma. Purtroppo una loro
riparazione richiede esperienza, attrezzi e ricambi; ci limiteremo pertanto a trattare della loro
pulizia.
Per prima cosa occorre rimuovere con attenzione il bocchino; nelle pipe più antiche il perno è
costituito da un cilindro filettato d’osso: occorre quindi capire il verso della filettatura, per svitare il
tutto. Tali pipe sono foriere di problemi spesso proprio per questa loro particolarità: il duro osso
infatti a lungo andare consuma la filettatura della schiuma, per cui può risultare impossibile un
“aggancio” stabile del bocchino e soprattutto un suo preciso allineamento: meglio rivolgersi ad un
esperto, prima di tentare riparazioni fai da te. Non è da scartare l’ipotesi di sostituzione del sistema
di fissaggio, specialmente se intendiamo usare questa pipa.
Il sistema di aggancio “moderno” è costituito da un perno liscio, avvitato od incollato al bocchino,
che va ad inserirsi in un cilindro a sua volta avvitato od incollato nella schiuma; a patto che siano
stati utilizzati componenti “standard”, ruotando il bocchino in senso orario e tirandolo
contemporaneamente estrarremo questo e il suo perno dal cilindro fermo nella schiuma. Potremo
quindi eventualmente togliere il perno dal bocchino svitandolo a mano, e in ogni caso pulire il tutto
con i sistemi di cui si è già parlato a lungo.
Esaminiamo adesso l’interno del fornello: non deve essere presente alcuna traccia di carbone sulle
pareti, prima causa di rotture del vaso. La andremo quindi a rimuovere con un coltellino affilato,
cercando di non incidere la schiuma. Il carbone dovrebbe venir via facilmente.
Pulito il fornello, prendiamo una striscia di carta abrasiva 800, e tenendola su un dito la passiamo
all’interno di questo più volte, per renderlo il più liscio possibile. Non dobbiamo aver paura di tale
operazione, in quanto la carta perderà presto il suo potere abrasivo per via della polvere
intrappolata. Questo accorgimento rallenterà la formazione di nuovo carbone e rimuoverà
completamente quello vecchio.
Segue la pulizia del cannello: nel caso il cilindro-sede del perno sia svitabile lo asportiamo con
l’aiuto del perno stesso, ruotando il tutto in senso anti-orario; lo puliamo quindi accuratamente, con
l’aiuto dell’alcool isopropilico. Nel caso in cui il cilindro opponesse una forte resistenza, meglio
lasciar perdere!
Puliamo ora il cannello con uno scovolino: possiamo usarne uno ruvido nel caso sospettassimo la
presenza di incrostazioni, ma è meglio non prendere questa abitudine. Anche qui, evitiamo graffi al
fornello con la punta dello scovolino. Passiamo uno scovolino morbido inumidito (poco) in alcool
isopropilico e asciughiamo subito; ripetiamo questa operazione con scovolini puliti più volte ma
lasciando passare una certa quantità di tempo tra una passata e l’altra.
Possiamo ora cercare di pulire il nero sul bordo del fornello con dei cotton fioc o con alcool, senza
insistere e cambiandoli di frequente, onde evitare “trasferimenti” del nero in luogo della sua
rimozione. Passiamo quindi un batuffolo di cotone inumidito (NON bagnato!) e lievemente
insaponato con sapone di Marsiglia su tutto il vaso, sciacquandolo poi con un altro batuffolo umido
ed asciugandolo con un terzo. SCONSIGLIATISSIMO l’uso di molta acqua e di carte vetro,
perlomeno a chi non ha esperienza in materia.
Lucidiamo infine il tutto con la cera d’api bianca ed un panno morbido di lana, insistendo finchè
non scompaiano parti opache e “polverose”, di aspetto tale da ricordare il gesso. Tale operazione
rientrerà poi nell’opera di periodica manutenzione della schiuma.
La pipa di schiuma così lucidata va fumata per qualche volta tenendola per il bocchino o al limite
per il cannello, per permettere alla cera calda un assorbimento e una diffusione uniforme.
Breve accenno agli altri metodi conosciuti, usati, spesso troppo osannati
(non me ne voglia alcuno)
Bocchini in ebanite:
C’è chi li passa sulle candele, chi li preserva da qualunque contatto con i liquidi, chi li unge in olio
extravergine, chi se li infila nel naso, chi imputa effetti dannosissimi all’alcool su di questi.
Chi ha sempre usato questi metodi con soddisfazione continui ad usarli. Io resto dell’opinione che
l’unica cura per l’ossidazione è la totale asportazione di essa: pasta abrasiva e carta vetro. Da usare
lentamente, in quanto l’ebanite teme il calore da attrito.
Ritengo opportuno segnalare che c’è chi sostituisce, nel tener a bagno i bocchini ossidati, la
candeggina (non profumata) all’alcool. Così facendo è assolutamente necessario coprire loghi o
inserti metallici con della vaselina. Sciacquare abbondantemente dopo l’uso!
Inserisco qui un mio personale metodo, che uso da sempre con buoni risultati: quello di lavare
l’interno dei bocchini di ebanite con dentifricio (alla menta) e scovolini. Pulisce bene, è lievemente
abrasivo, non lascia sapori strani a patto di sciacquare bene e lasciar riposare a lungo.
Può essere utile infine per la rimozione dei segni causati dai denti l’esposizione di essi al calore
(stesso metodo usato per il perno).
Rimozione cattivi odori/sapori:
Guardo con disgusto al metodo bicarbonato+aceto, che trasforma la nostra povera pipa in una
bomba a mano.
Riconosco una maggiore utilità, al fine di rimuovere cattivi sapori, al passare del bicarbonato con
cotton fioc e scovolini inumiditi dentro al fornello e nel cannello.
Vi è anche un terzo metodo, che non uso, ma che a rigor di logica non è del tutto stupido.
E' da evitarsi in pipe con inserti di qualsiasi natura, estensioni metalliche o di bambù, ecc.
Metodo del forno:
Rimuovere il bocchino, riempire il fornello con dei pellet di carbone attivo. Posare il fornello su un
guanto da cucina, e il tutto su una teglia; infornarla e scaldare il forno ad una temperatura non
superiore a 90 C°. Una volta raggiunta tale temperatura, lasciare la pipa in forno per due ore.
Spegnere quindi il forno e lasciarlo raffreddare. Aiutandosi con un guanto o una presina, estrarre la
teglia con tutto il suo contenuto. Svuotare e pulire con un tovagliolo la pipa, preferibilmente una
volta che abbia raggiunto temperatura ambiente (temperatura alla quale sarà possibile reinserire il
bocchino). Prima di fumarla, lasciar riposare la pipa per un paio di giorni. Chiaramente la pipa
andrà rilucidata interamente.
Pulizia del cannello:
I liquidi appositi sono molto costosi; niente da dire, funzionano, ma non più dell’alcool isopropilico.
Ora è passato di moda ma c’è chi pulisce le pipe con il vapore: addirittura tempo fa una nota casa
commercializzava una apposita ampolla da riempire d’acqua, raccordare al bocchino, e scaldare
fino a ebollizione e fuoriuscita di vapore dal fornello. Usatela soltanto se non avete ancora fatto
alcun restauro alla pipa (escluso disintasamento cannello per ragioni di sicurezza!), se il bocchino è
di ebanite, se non avete di meglio da fare. Se poi al posto dell’acqua mettete l’alcool, siete pazzi.
In conclusione:
I metodi da me elencati sono stati tutti provati sulle mie radiche. Ho selezionato quelli più seri,
sperimentati e pervenuti da fonti affidabili, e mi sono avvalso dell’aiuto di diversi amici di pipa (la
cui pazienza e disponibilità ha superato ogni previsione. A loro i miei più sentiti ringraziamenti).
Nell’applicare ciò che avete appena letto, tenete ben presente che lavorando con la dovuta calma è
pressoché impossibile fare grossi danni. Nel caso si verificassero, non me ne riterrò in alcun caso
responsabile 
Biz