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BOZZA Mario Sebastiani Valutazione economica delle scelte di affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica1 Mario Sebastiani Schema del capitolo 1.- Introduzione 2.- Valutazione economica comparativa delle modalità di affidamento in esclusiva 3.- L’oggetto degli affidamenti 4.- Valutazioni concorrenziali p. 1 p. p. p. 2 11 15 1.- Introduzione In altri capitoli di questo volume si affrontano le condizioni che, a seguito della sentenza 199/2012 della Corte costituzionale, debbono essere rispettate affinché sia legittima la fornitura di servizi pubblici locali di rilevanza economica senza ricorso a procedure a evidenza pubblica: precisamente se il ricorso all’in house providing richieda la sola presenza dei requisiti “Teckal”2 o anche, in quanto restrittivo della concorrenza, di essere motivato ai sensi dell’art. 106, comma 2, del TFUE. In questo capitolo ci si limiterà a individuare criteri di valutazione economica delle scelte di fornitura dei servizi senza quindi entrare nel merito di profili giuridici affrontati altrove. Va da sé, tuttavia, che – ove sussistesse l’obbligo di motivazione indicato sopra - la valutazione economica comparativa dovrebbe costituirne parte integrante. La fase di programmazione dell’offerta, di definizione dei livelli minimi di servizio, di quelli che richiedono l’imposizione dei obblighi di servizio pubblico e, infine, di quelli cui riconoscere diritti speciali o esclusivi, dovrebbe precedere le decisioni su come allocare l’offerta fra i singoli affidamenti. La questione è resa complessa dalla discrezionalità che il diritto comunitario lascia agli Stati membri, della quale è stato fatto uso spesso estensivo, ma la ratio dell’articolo 14 del TFUE è tale che la previsione dovrebbe applicarsi solo a livelli essenziali dei servizi, mentre l’offerta di servizi non essenziali, per tipologia e per livello di fornitura, non dovrebbe essere oggetto di affidamenti e il mercato andrebbe lasciato libero di fornirli oppure no, salvo regolamentarne qualità e sicurezza. In quanto segue, il riferimento è dunque ai livelli essenziali di servizio. 1 2 Capitolo del volume La disciplina dei servizi pubblici locali, a cura di A.Vigneri, in via di pubblicazione con Passigli. Corte di giustizia europea, C-107/98 (Teckal). 1 La valutazione economica delle scelte di affidamento riguarda più aspetti interrelati: le modalità, l’”oggetto” degli affidamenti e, più oltre, la convenienza della concessione di diritti speciali o esclusivi, quale che ne sia la modalità, così come della fornitura tramite il libero mercato. Sia la scelta delle modalità di affidamento sia quella relativa all’oggetto degli stessi, sia infine quella relativa alla concessione o meno di diritti esclusivi o speciali, devono perseguire più obiettivi: (a) l’efficacia rispetto alle finalità di interesse generale perseguite dagli enti territoriali; (b) l’economicità in termini di costi di fornitura dei servizi, nell’interesse degli utenti e della finanza pubblica; (c) l’adattabilità delle relazioni contrattuali a cambiamenti di scenario; (d) la salvaguardia della concorrenza. Al di là della vincolatività o meno delle sue conclusioni, la valutazione economica dovrebbe essere d’obbligo per gli enti territoriali in base al principio della buona amministrazione di cui all’articolo 97 della Costituzione e trovare formalizzazione nelle relazioni che, ai sensi dell’art. 34, comma 20, del d.l. 179/2012, gli enti affidanti debbono predisporre prima di procedere agli affidamenti. La trattazione si articola affrontando dapprima (sezione 2) i criteri di valutazione economica comparativa delle diverse modalità di affidamento di diritti esclusivi, successivamente (sezione 3) l”oggetto” (tipologia dei servizi e perimetro geografico degli affidamenti in esclusiva) e infine il tema della convenienza comparativa della fornitura di servizi in regime di non esclusiva, attraverso forme di concorrenza regolamentata. I punti indicati sono strettamente interrelati e, per certi versi, l’ordine indicato non corrisponde pienamente alla corretta sequenza logica3; ciononostante si ritiene che quest’ordine consenta di affrontare in modo più piano la complessa materia. 2.- Valutazione economica comparativa delle modalità di affidamento in esclusiva 2.1.- Premessa Una volta definito l’oggetto della fornitura (sezione 3) e accertata la perseguibilità sul terreno giuridico dei diversi modelli di affidamento4, ne va verificata la convenienza relativa sotto il profilo dell’efficacia rispetto agli obiettivi e sotto quello economico e finanziario, così come l’inevitabilità e la proporzionalità del pregiudizio alla concorrenza. Assumendo che l’efficacia rispetto agli obiettivi di servizio possa essere astrattamente raggiunta qualche che sia il modello di affidamento 5 (vale a dire, che sia solo questione di costi per l’ente locale) il discrimine essenziale è l’economicità. 3 Ad esempio, la dimensione degli affidamenti può rendere maggiormente conveniente l’una o l’altra modalità; la scelta di quest’ultima dovrebbe logicamente seguire quella se ricorrere o meno ad affidamenti in esclusiva. 4 a) gara a evidenza pubblica; b) affidamento a società a capitale misto pubblico e privato con procedura di gara di per la scelta del socio privato a cui attribuire specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio (procedura c.d. a doppio oggetto); c) affidamento diretto a soggetti in house; d) affidamento diretto, anche non in house,di servizi di trasporto ferroviario regionale di passeggeri, ex Regolamento 1370/07/CE, art. 5, comma 6. 5 E quali che siano le “caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento”, nella formulazione del “fu” art. 23-bis del decreto legge 112/2008). 2 Restringendo dunque il campo di analisi alla economicità, la scelta ottima è quella che - dati i vincoli6 - minimizza i costi di fornitura e i rischi contrattuali, da un lato, massimizza gli introiti delle vendite (ove possibile e nei limiti che verranno indicati oltre) e il valore dell’asset, dall’altro, e infine assicura elasticità alle relazioni contrattuali. Dove: a) la scelta riguarda sia l’oggetto (uno o più servizi, dimensioni del bacino di utenza, volume delle forniture previsto, livelli di qualità richiesti, ecc.), b) sia la modalità di affidamento; c) i costi sono quelli di produzione del servizio (inclusi i costi opportunità del capitale investito), delle procedure di affidamento, di gestione dei contratti e dei relativi rischi; i primi fanno direttamente capo al gestore, gli altri rappresentano “costi di agenzia”7 che, direttamente o indirettamente, gravano sul concedente; i rischi sono connessi alla incompletezza dei contratti, alle asimmetrie informative, alla possibilità di contenzioso, i quali (in forma di costi probabilistici) possono farsi rientrare fra quelli di agenzia; d) l’elasticità si riferisce al “menù” delle scelte industriali da perseguire in ordine all’oggetto degli affidamenti e alla possibilità di introdurre cambiamenti nelle condizioni contrattuali in vigenza dei contratti stessi, sì da permettere, minimizzandone i costi, eventuali adattamenti a fronte di mutamenti inaspettati di scenario o a condizioni originariamente non previste. Tenuto conto che, come si vedrà alla sezione 3, la composizione dei costi e il loro livello per unità di prodotto variano anche in funzione della dimensione dei servizi affidati, nella presente sezione la valutazione comparativa delle modalità di affidamento prescinde dalla dimensione di questo, assumendola come data, vale a dire, come comune alle varie modalità. Un’ultima preliminare precisazione riguarda alcune conseguenze derivanti dalle diverse caratteristiche dei servizi pubblici locali qui considerati (essenzialmente, idrici, rifiuti, trasporti, illuminazione pubblica), poiché mentre i criteri di valutazione comparativa dei costi possono il linea di principio essere considerati comuni a tutte le tipologie di servizi, diversi sono invece quelli relativi agli introiti a carico degli utenti; vale a dire, dati i livelli tariffari, al vantaggio comparativo delle diverse forme di affidamento in funzione del loro possibile impatto sul livello della domanda. La promozione della domanda va infatti perseguita solo dove sia coerente con l’interesse generale: (i) non è questo il caso dell’illuminazione pubblica, dell’acqua e dei rifiuti dove, una volta raggiunti livelli adeguati, la sua crescita creerebbe esternalità negative8; (ii) è invece il caso del trasporto 6 Quali: (i) le specifiche e oggettive condizioni di svolgimento del servizio (territoriali, demografiche, geomorfologiche, sociali, di copertura dei costi con introiti da mercato, ecc.); (ii) gli obiettivi di servizio che l’ente locale intende perseguire (quantità, qualità, coesione territoriale, densità, abbordabilità); (iii) assetti contrattuali (ad esempio, contratti gross o net cost), (iv) altri eventuali vincoli (ad esempio i livelli occupazionali e i contratti di lavoro). 7 Il rapporto contrattuale fra l’ente locale e l’impresa di servizi pubblici è tipicamente un contratto di agenzia. La agency theory è nata e si è sviluppata con l’obiettivo di studiare come il “principale” possa obbligare l’”agente” a comportarsi nel suo interesse, quando gli obiettivi divergono e quest’ultimo dispone di vantaggi informativi, e quando il sistema degli incentivi e delle sanzioni potrebbe rilevarsi inefficace o troppo oneroso per il principale come strumento di enforcement dei contratti. I costi di agenzia sono tipicamente costi di transazione che il principale è costretto a sostenere per assicurarsi che l’agente operi nel suo interesse. 8 Per i rifiuti, il problema non è il livello ma la struttura della produzione ai vari steps della filiera. 3 pubblico locale, dove l’aumento della mobilità e il contenimento del traffico privato rispondono a obiettivi di interesse pubblico. Ne segue che l’analisi comparativa dell’impatto delle diverse forme di affidamento sulla dinamica della domanda va sostanzialmente a ridursi al trasporto pubblico, dove peraltro la domanda degli utenti reagisce anche a parametri controllabili dai gestori. Di conseguenza, più di altri questo settore può prestarsi a forme contrattuali incentivanti (si veda il capitolo riguardante i contratti di servizio). Esaminiamo qui di seguito i costi che andrebbero imputati ai servizi pubblici locali e i loro drivers, per poi valutarli comparativamente nelle diverse modalità di affidamento. 2.2.- Costo di offerta dei servizi Il costo dei servizi – quale che sia la forma di affidamento - è influenzato largamente da fattori che il gestore non controlla o sui quali ha limitata capacità di influire: a) fattori esogeni derivanti da un contesto organizzativo esterno e di mercato su cui le imprese non possono esercitare un controllo: economie di scala di lungo periodo derivanti dal volume dei servizi offerti e dalle dimensioni del network; economie di scopo derivanti dall’offerta congiunta di una pluralità di servizi; economie di densità, consistenti nella riduzione dei costi unitari al crescere dello sfruttamento del dato network; densità dell’utenza; nel caso del trasporto locale, velocità commerciale, ottimizzazione della rete attraverso l’offerta di servizi integrati, modali o intermodali. b) fattori semi-esogeni, solo in parte negoziabili dai gestori con gli enti concedenti o modificabili autonomamente: tipologia dei contratti di servizio e dei contratti di lavoro; età e stato della manutenzione delle infrastrutture, degli impianti e dei mezzi; dunque la politica degli investimenti, spesso finanziati con risorse pubbliche e comunque contrattualizzati dai contratti di servizio; vertical economies (o diseconomies), derivanti dalla integrazione verticale di più funzioni (ad esempio, la gestione del servizio, le operazioni di vendita, i controlli, la manutenzione, ecc.) dell’impresa; condizioni contrattuali del lavoro, clausole sociali. I fattori indicati sopra dipendono prevalentemente da decisioni degli enti concedenti. Come tali sulla carta influenzano in pari misura l’efficienza gestionale, indipendentemente dall’efficienza e dalla natura del gestore. In realtà, dal momento che la maggiore potenzialità di soggetti esterni di catturare opportunità di efficientamento della gestione dipendono dalle condizioni al contorno di cui si è detto, una bassa qualità di queste ultime finisce con l’appiattire l’efficienza comparativa delle diverse modalità di gestione. Come anticipato, vanno separatamente considerati i costi di produzione dei servizi e quelli di agenzia: (a) i primi dipendono da due distinti drivers, la produttività “fisica” dei fattori produttivi e il loro costo di acquisizione; (b) i secondi includono i costi per la ricerca e la selezione dell’operatore, per la raccolta delle informazioni, per l’attività di controllo, per l’enforcement del contratto, per eventuali inadempienze dell’affidatario e contenziosi, per la copertura dai rischi. I costi di produzione fanno dunque direttamente capo al gestore, quelli di agenzia, direttamente o indirettamente, all’ente concedente. 4 E’ da ritenere - in linea di larghissima massima - che mentre entrambe le componenti di costo siano, per unità di prodotto, in relazione inversa (anche se non continua) con la dimensione degli affidamenti, possano invece avere andamento divergente in funzione delle modalità di affidamento, posto che i costi di produzione potrebbero essere decrescenti e quelli di agenzia essere crescenti con il grado di terziarizzazione della gestione. Quanto ai primi (i costi di produzione dei servizi), sebbene non vi sia una relazione necessaria fra di essi e le modalità di gestione, vi sono più ragioni (ed esperienze) che tendono a confermarla: (i) per un verso, l’efficacia relativa del sistema degli incentivi in capo alla proprietà, e, in via traslata, in capo al management dell’impresa affidataria, varia a seconda che questa sia pubblica o terza; (ii) per altro verso, pur senza vesti deterministiche, l’operatore privato è tendenzialmente più incline a sfruttare margini di efficientamento, se vi sono al riguardo le condizioni oggettive (dimensione adeguata dell’affidamento, sistema regolatorio credibile, corretto sistema di incentivi, condizioni “ambientali” adeguate, ecc.). Sotto questo profilo, l’identificazione fra concedente e proprietario (il primo titolare di funzioni pubbliche, il secondo di funzioni in sé “privatistiche”), propria dell’in house providing, internalizza una contrapposizione di interessi che invece sarebbe in sé virtuosa, e che anima la dialettica fra il concedente e il gestore l’azionista terzo. Quanto detto in relazione al gestore terzo vale anche, seppure in modo meno trasparente, per le società miste, a condizione che le competenze del socio operativo siano centrali e ben definite. Il costo di produzione dei servizi, come detto, è il combinato disposto della produttività dei fattori e del costo di acquisizione di essi, entrambi da ritenersi inversamente correlati con le dimensioni dell’acquirente e dunque con le dimensioni dell’affidamento, di cui si tratterà alla sezione 3. Vanno tuttavia evidenziati qui due punti, legati al caso in cui l’affidatario abbia forma associata.. Per un verso, la forma associativa, con la suddivisione dei servizi fra diverse imprese (per territorio servito o per tipologia), può potenzialmente permettere di catturare benefici in termini di costi di acquisizione dei fattori analoghi a quelli dell’impresa unica; i benefici in termini di produttività, invece, dipendono di per sé soprattutto dalle dimensioni delle singole imprese partecipanti al soggetto associato. Affinché entrambe le tipologie di benefici possano essere catturate anche da soggetti associati è di vitale importanza l’esistenza di adeguate regole di governance del “consorzio” (che dovrebbero essere stabilite nei documenti di gara). A titolo di esempio: procedure di pooling negli acquisti, condivisione di impianti e di mezzi, mobilità del personale fra le imprese associate, ecc. Inoltre, l’introduzione di responsabilità solidale delle imprese associate nei confronti dell’ente affidante, sia in materia di obblighi di servizio che in materia finanziaria, potrà contribuire a contenere i più elevati costi di agenzia che la forma associativa verosimilmente comporta. Quanto ai costi di agenzia, i rapporti contrattuali fra concedente e gestore sono soggetti a costi di transazione e a rischi tanto più elevati: (i) quanto maggiore è la distanza fra il concedente e l’affidatario, (ii) quanto maggiore è la durata del rapporto e più incompleti sono i contratti9, (iii) quanto più le relazioni pre- e post-contrattuali sono viziate da asimmetrie informative e da comportamenti opportunistici delle parti, (iv) quanto minore è 9 Maggiore la durata, maggiore la difficoltà di contrattualizzare ogni eventualità, maggiore dunque l’incompletezza e le possibilità di contenzioso. 5 l’efficienza e la professionalità delle strutture amministrative, inadeguato il sistema degli incentivi e di allocazione dei rischi (in una parola, la qualità del sistema regolatorio); (v) quanto maggiore è la dipendenza del servizio da finanziamenti pubblici. In linea di massima l’incompletezza contrattuale è a sua volta tanto maggiore quanto più a lungo termine è il rapporto, ed è riconducibile: (i) all’impossibilità da parte dei contraenti di prevedere ogni possibile contingenza futura che dovesse verificarsi nel corso della relazione; (ii) agli elevati costi di contrattazione necessari per accordarsi ex ante su ogni singola prevedibile circostanza; (iii) alla preferenza delle parti a lasciare fuori dal contratto anche aspetti verificabili, al fine di permettere un adattamento flessibile del contratto nel corso del suo adempimento. Dal lato dell’ente locale, più incompleto è il contratto, maggiori sono i costi che dovrà sostenere per l’attività di controllo di eventuali inadempimenti dell’impresa, maggiore la difficoltà di ottenere l’enforcement del contratto, a causa delle informazioni asimmetriche esistenti tra le parti riguardo ad azioni, caratteristiche o stati del mondo, maggiore la difficoltà di ricorrere alle vie legali. Al tempo stesso, sebbene possa in linea di principio beneficiare di asimmetrie informative post-contrattuali, anche l’impresa è soggetta al rischio di inadempimento e di comportamenti opportunistici da parte dell’ente locale 10. Il fatto che entrambe le parti siano soggette a costi di agenzia fa sì che l’incompletezza dei contratti non sia a somma zero (i costi dell’una parte essendo bilanciati dai benefici dell’altra) ma che si sommino: ciascuna parte si accolla rischi, che sono in funzione dell’incompletezza del contratto, i quali saranno da entrambi probabilisticamente tradotti in costi. La differenza è che è da presumere che i costi dell’agente siano fatti emergere in sede di definizione del contratto e tradotti in anticipata richiesta di contropartita (oppure in successive rivendicazioni), mentre quelli del principale restano in parte sommersi. Per converso va considerato che quanto più un contratto è “completo”, tanto più è rigido e dunque meno adattabile a cambiamenti sopravvenuti nel corso del suo svolgimento; la completezza dovrebbe quindi risiedere non nel prevedere tutti i possibili “stati del mondo”, ma i criteri di adeguamento e le procedure di composizione di eventuali conflitti. Da valutare anche che i rischi contrattuali crescono in funzione della quota di finanziamento pubblico a copertura dei costi (di esercizio e di investimento) dei servizi. Questo amplifica il rischio del concedente, così come quello dell’affidatario, in quanto: (i) da un lato la determinazione del livello delle compensazioni avviene in un contesto di asimmetrie informative, perché il concedente non conosce il livello dei costi del gestore corrispondenti a un livello adeguato di efficienza; (ii) dall’altro, minore è l’autosufficienza del servizio più elevato è il rischio per entrambe le parti (per l’ente locale di essere chiamato a mettere sul tavolo risorse maggiori del previsto, per il gestore di subire tagli di contributi pubblici a fronte della rigidità della domanda di servizi da parte del concedente); (iii) infine, il rischio 10 In effetti l’agency theory focalizza l’attenzione sull’interesse del principale, mentre – tanto più nei casi in cui l’ente oltre che controparte è anche policy maker e regolatore – quest’ultimo può godere di vantaggi informativi considerevoli, specie nella fase pre-contrattuale, e di vantaggi post-contrattuali di hold up, dai quali l’impresa tenderà a coprirsi richiedendo contropartite economiche anticipate. 6 connesso all’incertezza circa la continuità dei flussi finanziari è in funzione dell’entità di questi, e l’impresa tenderà a traslarlo a carico del primo. Infine, vanno considerati costi e rischi di fallimento delle gare, nelle diverse forme dell’asta, dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del dialogo competitivo. La gara può fallire per varie ragioni: (a) le condizioni di gara sono “oggettivamente” – genuinamente o strategicamente (l’ente locale opportunisticamente stabilisce condizioni che scoraggiano a partecipare) – inidonee a suscitare un adeguato interesse privato; (b) vince l’affidatario uscente in quanto dispone - al di là delle protezioni interne - delle informazioni necessarie per affermarsi e di asset che, sebbene non rientrino fra le essential facilities, sono comunque difficili da reperire sul mercato (evidentemente questo aspetto non vale per le gare per il socio privato); (c) comportamenti di bid rigging da parte dei contendenti (nessuna offerta nell’aspettativa di una revisione al meglio delle condizioni, offerta unica, offerte di cortesia, scambio di informazioni, rotazione delle offerte, ecc.). Sempre in materia di gare, vanno considerati: (a) i costi derivanti da eventuali gare integrative che si rendessero necessarie allorché la sopravvenuta incompletezza del contratto riguardi prestazioni aggiuntive che lo modifichino nelle “condizioni essenziali” 11; (b) in caso di associazioni fra comuni, i costi derivanti dall’impossibilità di variare l’area territoriale interessata dai servizi, se questi erano stati assegnati con le modalità ordinarie, mentre la società in house può liberamente cooptare enti locali aggiuntivi, estendendo il bacino di utenza; (c) i costi di transizione12 derivanti dal rinnovo delle gare alla scadenza delle concessioni o delle società miste. 2.3.- La valutazione comparativa In sintesi, la valutazione di convenienza comparativa dovrà tenere conto della somma dei costi di produzione del servizio e dei costi di gestione del contratto. L’ente concedente che si proponesse di ricorrere all’in house dovrebbe stimare i costi di questa modalità per poi confrontarli con quelli di entrambe le modalità “ordinarie”. Sotto il profilo produttivo, se le caratteristiche del servizio permettono di catturare economie di scala e la regolamentazione dei rapporti permette gradi consistenti di libertà gestionale, incentivi corretti e corretta allocazione dei rischi, ecc., è verosimile ritenere che 11 Cfr. la giurisprudenza comunitaria, secondo la quale una condizione va considerata essenziale, in tal modo imponendo il ricorso a una nuova procedura di gara, quando “se presente nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, avrebbe consentito agli offerenti di presentare un’offerta sostanzialmente diversa” (Corte di Giustizia, Commissione/CAS Succhi di Frutta, causa C-496/1999), punti 116 e segg. In altre parole, la Corte di Giustizia UE ha considerato che le “modifiche apportate alle disposizioni di un appalto pubblico in corso di validità costituiscono una nuova aggiudicazione di appalto […], quando presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell’appalto iniziale e siano, di conseguenza, atte a dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale appalto” e, in particolare, ha ritenuto che la modifica di un contratto in corso di validità può ritenersi sostanziale qualora “introduca condizioni che, se fossero state previste nella procedura di aggiudicazione originaria, avrebbero consentito l’ammissione di offerenti diversi rispetto a quelli originariamente ammessi o avrebbero consentito di accettare un’offerta diversa rispetto a quella originariamente accettata”, o comporta un’estensione “a servizi inizialmente non previsti”, o, ancora, che “altera l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario dell’appalto in modo non previsto dai termini dell’appalto originario.” (Corte di Giustizia , “Pressetext”, causa C454/06). 12 Cfr. al riguardo D.Archibugi, G.Ciccarone, M.Marè, B.Pizzetti, F.Violati, Triangular Relations in Public Service Economics, International Review of Applied Economics, 1/2003. 7 l’affidamento a privati o a società miste possa presentare - in termini di costi di produzione e (ove possibile e a parità di tariffe) di ricavi - benefici maggiori di quello in house, a causa della maggiore capacità e interesse di questi di cogliere le opportunità di efficientamento e quelle eventualmente nascenti dal mercato. Inoltre, mentre il soggetto in house può operare solo all’interno del bacino affidato, nel caso di affidamento per gara a terzi o di affidamento a società mista pubblico-privata le imprese possono operare su più ambiti anche non limitrofi, cosicché le economie di scala si esercitano a livello di gruppo, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti, l’acquisizione di materiali e di servizi in outsourcing. Circa i costi di agenzia, le considerazioni svolte al precedente paragrafo conducono alle seguenti conclusioni: (a) come valore assoluto i costi di agenzia, inclusi i costi e rischi di fallimento delle gare: (i) sono in funzione diretta della durata del rapporto e della “distanza” fra principale e agente, fra controllante e controllato; (ii) sono invece in relazione inversa con corretti sistemi di incentivi e di allocazione dei rischi nei contratti di servizio13, e del grado di professionalità delle strutture amministrative del concedente; (b) la loro incidenza è in proporzione inversa (sebbene non necessariamente continua – cfr. sezione 3) con l’entità della fornitura e in relazione diretta con la quota di finanziamento pubblico a copertura dei costi. In conclusione è ragionevole attendersi che la composizione dei costi vari in funzione delle modalità di affidamento, della dimensione del servizio considerato, della composizione degli introiti. In termini economici la modalità di affidamento da scegliere dovrebbe essere quella che, data la struttura tariffaria e il livello dei servizi, minimizza la forbice attesa fra introiti di mercato, dati i livelli tariffari, e costi totali attesi. In linea di principio: a) la scelta in house potrà essere tanto più conveniente quanto minore è la dimensione del servizio e quanto maggiore la quota di finanziamento pubblico, variabili che peraltro possiamo ritenere parzialmente correlate; b) la scelta opposta dell’affidamento esterno si giustifica invece per dimensioni della fornitura tali da sfruttare il maggior potenziale di efficienza che concretamente il privato è in grado di catturare, sia lato costi che (ove possibile) lato ricavi14; c) il ricorso alla società mista costituisce una forma intermedia che può comportare benefici comparativi, a condizione che l’assetto dei rapporti fra concedente e affidatario sia efficiente15. 13 Nei contratti cost plus tutto il rischio e a carico del committente, mentre in quelli fixed price viene ripartito in vario modo. Nella variante net cost i rischi industriale e di mercato sono a carico dell’impresa, con effetti da valutare sui costi di agenzia. Infatti, seppure è vero che fanno capo l’impresa sia i rischi che i benefici di mercato, è probabile che l’apprezzamento di essi non sia simmetrico, e che pertanto l’impresa tenda a scontare nelle condizioni contrattuali più le eventuali perdite che gli eventuali extra-utili. 14 Con riferimento al trasporto pubblico, date le tariffe, la massimizzazione dei ricavi è legata alla introduzione di forme incentivanti, quali i contratti di servizio di tipo net cost e di revenue sharing per servizi non-core. Sebbene tali opportunità siano in astratto indipendenti alle forme di affidamento, è realistico ritenere che, sia per ritorno diretto che per maggiore esperienza commerciale, gli operatori privati siano in grado di meglio catturare tali opportunità. 15 A questo riguardo valgono le seguenti considerazioni: (i) sotto il profilo produttivo, se il privato è veramente socio operativo (ossia, se il privato è imprenditore), i vantaggi in termini di efficienza dovrebbero essere, sulla carta, analoghi a quelli dell’esternalizzazione, mentre minori dovrebbero essere i costi di agenzia; (ii) rispetto all’affidamento in house, il rapporto concedente-gestore si configura come con un soggetto terzo, ciò che impedisce modificazioni unilaterali dei termini del contratto in corso di vigenza e può generare le problematiche di hold up evidenziate prima; (iii) rispetto all’affidamento esterno, seguendo la gestione dall’interno l’ente concedente è in grado di controllare meglio l’adempimento del contratto, l’acquisizione delle informazioni, l’insorgere di rischi - in sostanza la catena che lo lega 8 Da precisare che un sistema regolatorio efficace, fatto buone regole e di istituzioni capaci, è condizione essenziale perché gli affidamenti esterni o misti producano i risultati attesi. In sua assenza vi è da attendersi che le esternalizzazioni possano generare effetti perversi (comportamenti opportunistici da parte dei gestori, ecc.), tali da rendere preferibile l’in house providing. 2.4.- Ulteriori elementi di valutazione Vi sono poi ulteriori aspetti da valutare ai fini della scelta della modalità di affidamento. In particolare i vincoli associati all’in house providing, che comportano appesantimenti amministrativi che andrebbero considerati ai fini della valutazione comparativa di convenienza. Da menzionare, (i) oltre a quanto argomentato sopra in ordine al divieto di operare su servizi e ambiti diversi, quelli previsti dall’art. 3-bis in materia (ii) di restrizioni all’accesso ai finanziamenti statali, (iii) di assoggettamento al patto di stabilità interno, (iv) di modalità di acquisto di beni e servizi e (v) di restrizioni in ordine alla gestione del personale. Si tratta di vincoli che, per quanto di complessa valutazione, generano impatti economici negativi. Capitolo a parte meritano le previsioni comunitarie in materia di aiuti di Stato a titolo di compensazioni o comunque di erogazione di risorse pubbliche. Rinviando allo specifico capitolo di questo volume sugli aiuti di Stato, basta qui ricordare che, in linea di principio, il ricorso ad affidamenti esterni con procedure a evidenza pubblica esclude – proprio in forza del meccanismo concorrenziale - la presenza di sovra compensazioni e dunque di aiuti di Stato. Nel caso di affidamenti diretti, invece, le risorse pubbliche costituiscono aiuti la cui compatibilità con il diritto comunitario va provata dimostrandone la congruità rispetto agli oneri netti derivanti dal servizio pubblico16. Infine, l’economicità della scelta potrebbe estendersi alla salvaguardia del valore dell’asset dell’ente concedente. Ad esempio, allorché l’impresa oggi affidataria in house versi in condizioni reddituali e patrimoniali critiche, l’immediato “ricorso al mercato”, rispetto al suo differimento a risanamento dell’azienda realizzato, comporterebbe per l’ente perdite in contrasto con l’obbligo di ottimale utilizzazione delle risorse pubbliche, sancito dall’art. 97 della Costituzione: obbligo che non riguarda la sola gestione corrente ma anche il valore patrimoniale e di mercato della stessa. In questi casi la via che potrebbe essere seguita è quella di includere nell’analisi comparativa dei costi e dei benefici economici delle diverse modalità anche l’emergere di perdite nette di valore capitale e le obbligazioni nei confronti dei creditori che andrebbero comunque onorate. Va da sé che il ricorso in questo contesto al modello della società mista comporterebbe una cessione di quote societarie che sconterebbero sia un patrimonio netto abbattuto (ovvero un obbligo di ri-patrimonializzazione della società) che eventualmente un badwill. In caso di affidamento esterno, l’azionista pubblico dell’impresa in house cessante all’agente è più corta; (iv) tuttavia, affinché i costi di agenzia si riducano nel loro insieme e non si abbia invece la mera traslazione di essi dal concedente all’impresa, è essenziale che si evitino commistioni fra la figura del socio pubblico e quella del concedente, le quali finirebbero anche per mettere a repentaglio una gestione efficiente. E’ quindi indispensabile un sistema di regole di governance che attribuisca agli stakeholders ruoli ben definiti. 16 Ai sensi della sentenza Altmark, non costituiscono aiuti di Stato le compensazioni la cui congruità sia calcolata con riferimento a quanto sarebbe richiesto da un’impresa media efficiente. 9 sarebbe comunque tenuto a rispettare - seppure nei limiti del capitale sociale, se in forma di s.p.a. - le obbligazioni nei confronti dei creditori. In termini di comparazione fra il modello in house e il ricorso al mercato, appare dunque giustificabile includere fra i costi e i benefici delle tre opzioni anche gli effetti finanziari di una dismissione pre-risanamento delle attività dell’impresa in house attualmente affidataria. Considerazioni di questa natura – il mantenimento in vita di un soggetto in house in perdita e di eventuali ricapitalizzazioni in funzione di “transizione verso il mercato” – potrebbero essere giustificate anche sotto il profilo della giurisprudenza comunitaria in materia di aiuti di Stato (e precisamente del criterio del normale investitore di mercato), con l’applicazione del cosiddetto “owner effect”, in forza del quale un soggetto che detiene un’influenza dominante o partecipazioni significative in un’impresa può comportarsi in modo differente da un nuovo investitore: “Se il finanziamento richiesto è necessario per salvaguardare il valore dell’intero investimento l’investitore pubblico come quello privato terrà conto logicamente di questo più vasto contesto nell’esaminare se l’impegno di nuovi capitali sia commercialmente giustificato. Infine, quando si sia deciso di dimettere una linea di attività economicamente non redditizia nel medio-lungo termine, è da presumere che un gruppo sia pubblico che privato deciderà la cronologia e l’entità delle sue chiusure tenendo conto dell’impatto sulla credibilità e sulla struttura del gruppo” 17. La redditività di un intervento di salvataggio o di semplice mantenimento in vita andrebbe dunque confrontata con la perdita per l’azionista derivante dal fallimento dell’impresa o da una chiusura non pilotata. Ciò ovviamente non può giustificare interventi non risolutivi18 ma dilata l’orizzonte temporale del ritorno dell’investimento 19 e dunque può giustificare il temporaneo mantenimento della forma in house. 17 Commissione europea, Comunicazione del 12.10.03, Applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato e dell’articolo 5 della direttiva della Commissione 80/723/CEE alle imprese pubbliche dell’industria manifatturiera (93/C 307/03),par. 30. 18 Cfr. la Comunicazione del 1993: “L’investitore commerciale posto in una simile situazione [ricostituzione del capitale sociale a seguito dell’accumulo di perdite] dovrà considerare anche tutte le altre possibilità, compresa quella di liquidare o comunque dimettere l’investimento. Qualora la liquidazione o la dismissione risultasse l’opzione finanziariamente più sana tenuto conto dell’impatto su gruppo, ma non venisse attuata, ogni successivo apporto di capitale dovrebbe essere considerato come aiuto di Stato” (par. 36 – enfasi aggiunta). Da notare come la rappresentazione data dalla Comunicazione si in contraddizione con l’enunciato secondo cui la sola rinuncia a una remunerazione normale delle partecipazioni in essere rappresenta un aiuto di Stato 19 Questa impostazione è confermata dalla Corte di giustizia: “Simili decisioni possono essere motivate non soltanto dalla probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche da altre considerazioni, quali la salvaguardia dell' immagine del gruppo o il riorientamento delle sue attività”. “[…] si deve ricordare che, come la Corte ha rilevato nella sentenza 10 luglio 1986, Belgio / Commissione, punto 15 della motivazione (causa 234/84, Racc. pag. 2263), il socio privato può ragionevolmente conferire il capitale necessario per garantire la sopravvivenza dell' impresa che sia temporaneamente in difficoltà, ma che, previa riorganizzazione, sia eventualmente in grado di ridivenire redditizia. Deve quindi ammettersi che una società madre può parimenti, per un periodo limitato, sopportare le perdite di una delle sue società controllate allo scopo di consentire la cessazione delle attività di quest' ultima nelle migliori condizioni. Simili decisioni possono essere motivate non soltanto dalla probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche da altre considerazioni, quali la salvaguardia dell' immagine del gruppo o il riorientamento delle sue attività. Tuttavia, quando i conferimenti di capitali di un investitore pubblico prescindano da qualsiasi prospettiva di redditività, anche a lungo termine, essi vanno considerati aiuti ai sensi dell' art. 92 del Trattato e la loro compatibilità con il mercato comune deve valutarsi unicamente alla luce dei criteri previsti da tale articolo”[Corte di giustizia, Causa C-303/88 (Italia contro Commissione - ENI-Lanerossi), par. 21-22]. 10 3.- L’oggetto degli affidamenti L’”oggetto” degli affidamenti ha più “dimensioni”: (i) la dimensione del “prodotto” (la tipologia dei servizi da affidare e i relativi livelli quantitativi e qualitativi) e (ii) quella “geografica” (i bacini di utenza da affidare); (iii) l’eventuale affidamento di più servizi a uno stesso gestore. In ordine al perimetro geografico, l’interpretazione prevalente dell’articolo 3-bis della legge 148/2011, anche a seguito delle modificazioni che ha subito, non sembra porre paletti rigidi alla dimensione territoriale dei lotti di affidamento, al di là dell’obiettivo del superamento della frammentazione orizzontale nell’offerta di servizi pubblici locali. Lo spostamento di enfasi dal territorio all’ente competente sul territorio, prodotto dalla legge 221/201220, appare significativo della volontà del legislatore di rendere maggiormente flessibile il rapporto fra ATO e lotti di affidamento 21, attribuendo al primo valenza relativa alla programmazione dei servizi, al secondo valenza gestionale. La scelta della dimensione degli affidamenti – sia sotto il profilo geografico che dei volumi di offerta – va dunque analizzata prescindendo dalle relazioni fra ATO e lotti di affidamento. I criteri generali al riguardo sono: a) l’economicità delle gestioni, in funzione delle economie di scala; b) la salvaguardia di un accettabile grado di concorrenza per comparazione; c) l’incidenza degli oneri di universalità del servizio; d) la vantaggiosità del ricorso ad affidamenti congiunti di più servizi. Sotto il profilo dell’economicità, la tipologia e la dimensione dei lotti di affidamento dovrebbero essere determinate sì da minimizzare i costi totali derivanti dalla fornitura dei 20 Va notata l’altalena dell’impostazione del Governo a questo riguardo. Infatti, con l’articolo 34, comma 13, del decreto legge 179/2012, che integrava l’art. 3-bis menzionato sopra, l’identificazione fra ATO e lotti di affidamento appariva vieppiù rafforzata, sancendo che “le procedure di conferimento della gestione […] sono effettuate unicamente per ambiti o bacini territoriali omogenei […]” (enfasi aggiunta); con la conversione in legge, la norma veniva modificata stabilendo che “le funzioni […] di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali […]” (legge 221/2012, art. 34, comma 23). 21 L’identificazione fra ambiti ottimali e lotti di affidamento sarebbe per più motivi inappropriata: (a) per un verso essa è potenzialmente in antitesi con la finalità concorrenziale della stessa norma, posto che questa prevede in linea di principio bacini alquanto estesi. Al contrario, allentare una tale corrispondenza può favorire forme di “concorrenza comparativa” tra i diversi gestori operanti, seppure in forza di diritti esclusivi (anche se in house), in diverse aree territoriali all’interno di uno stesso ATO; (b) per altro verso, l’enfasi posta dall’art. 3-bis sulle economie di scala e di differenziazione – dunque, sui costi di produzione – come driver di delimitazione degli ambiti ottimali (ATO) implica a rigore anche l’unicità dell’impresa affidataria, posto che consorzi o associazioni fra imprese farebbero svaporare buona parte delle economie di scala. Questa condizione appare tuttavia assai astratta, in quanto contraria alla libertà di impresa e dunque illegittimo vietare la partecipazione a gare da parte di soggetti associati, ovvero obbligarli a costituire una unica società a seguito dell’aggiudicazione. 11 servizi, dati i livelli e la qualità di questi, considerando congiuntamente sia i costi di produzione che i costi di agenzia. Come anticipato nella sezione 2, i fattori che influenzano il livello dei costi possono essere distinti in (i) produttività dei fattori, (ii) costi di acquisto dei fattori produttivi; (iii) costi di agenzia. I primi due definiscono la dimensione ottima dell’affidatario; nel loro insieme i tre fattori determinano la dimensione ottima del lotto dell’affidamento. La produttività dei fattori è - inter alia - legata alle economie di scala, ossia alla dimensione produttiva di ciascuna impresa, a loro volta in funzione dei volumi prodotti più che della dimensione geografica in sé in cui questi vengono offerti. Ne segue che ai fini della cattura delle economie di scala è possibile assumere un trade off fra densità della domanda e dimensione territoriale. Va tuttavia precisato che gli studi empirici: (i) convergono sull’esistenza di economie di scala ma non sulla loro “lunghezza”, tendendo anzi a escludere l’esistenza di una relazione continua fra dimensione di impresa e produttività dei fattori; (ii) evidenziano che l’entità delle economie di scala varia a seconda della tipologia dei servizi e dei singoli stadi della filiera al loro interno, soprattutto in funzione dell’intensità di capitale. La capacità di economizzare negli acquisti dei fattori è – sempre inter alia funzione della forza contrattuale e dunque (inter alia) della dimensione dell’acquirente, il quale può essere rappresentato da una singola impresa oppure in forma associata da un consorzio di imprese affidatarie che organizzino gli acquisti in pooling. Di conseguenza, mentre le economie di scala sono soprattutto in funzione delle dimensioni di ciascuna singola impresa, quelle di “approvvigionamento” possono essere conseguite anche attraverso la dimensione associativa: come argomentato nella sezione precedente, se il “consorzio” è ben organizzato è tuttavia possibile catturare anche parte delle economie di scala. Se si ipotizza, come è suffragato dalla prevalenza degli studi empirici, che le condizioni produttive siano tali da determinare costi unitari inizialmente decrescenti in funzione del livello di produzione, per cedere successivamente il passo a costi crescenti (con un eventuale intervallo di produzione caratterizzato da costi costanti), il livello ottimo della scala produttiva (la dimensione ottima del gestore, singolo o associato) è quello che minimizza i costi unitari di produzione, vale a dire, quello oltre il quale questi cessano di decrescere oppure inizierebbero ad aumentare. Quanto ai costi di agenzia, la loro incidenza sui costi totali è in ragione inversa alla dimensione dell’affidamento, (i) sia perché si spalmano su di una base di prodotto maggiore; (ii) sia a causa dei limiti delle burocrazie locali e della difficoltà per esse di gestire in modo efficiente una pluralità di rapporti di affidamento 22. E’ però da ritenere che anche i costi unitari di agenzia non siano continuamente decrescenti. Infatti i rischi in capo all’ente, derivanti dai fattori indicati alla sezione 2 (incompletezza dei contratti, asimmetrie informative, comportamenti opportunistici del gestore, sue possibili inadempienza, ecc.), si traducono in “costi probabilistici” 23: tali rischi sono crescenti con la concentrazione della fornitura in un singolo affidamento, cosicché 22 23 Ragione aggiuntiva, quest’ultima, che milita a favore della costituzione di autorità o agenzie regionali di regolazione. Matematicamente, l’entità del danno moltiplicato per la probabilità che l’evento dannoso si verifichi. 12 l’ente concedente può cercare di coprirsi con la loro diversificazione, vale a dire, con la diversificazione degli affidatari. Sebbene non sia possibile generalizzare, appare però ragionevole ritenere che i costi unitari di agenzia decrescano “più a lungo” dei costi di produzione, cosicché la dimensione ottima del lotto di affidamento (data dalla sommatoria dei costi di produzione e di quelli di agenzia) potrebbe eccedere quella ottima sotto il profilo produttivo, ossia quella ottima di impresa. Un possibile andamento dei costi unitari totali è rappresentato nella figura 1 qui sotto dalla curva CT, ricavata come somma dei costi di produzione (Cp) e di agenzia (Ca). In presenza della dinamica dei costi descritta dalla figura, la dimensione ottima del lotto di affidamento è univocamente determinata dal livello di produzione Y 2, maggiore del livello Y1, che identifica invece la dimensione ottima di impresa. Figura 1 Nel caso, più verosimile, in cui vi sia un intervallo di produzione nel quale i costi unitari di produzione (Cp) siano costanti, la dimensione ottima del gestore è compresa fra il livello in cui questi cessano di decrescere e quello in cui iniziano ad aumentare, che dunque identificano, rispettivamente, la dimensione ottima minima e quella massima di impresa. Se si assume che anche i costi di agenzia siano per un tratto costanti (ipotesi meno verosimile ma utile per semplificare), anche la dimensione ottima del lotto sarà compresa fra un minimo (Y1) e un massimo (Y2) nella figura 2. In questo caso la dimensione del lotto, se compreso fra i due valori, è neutrale ai fini dell’efficienza. La salvaguardia dell’ulteriore obiettivo della concorrenza, porterebbe tuttavia a suggerire la dimensione minima ottima (Y1). Se individuato secondo i criteri indicati, il lotto di affidamento, oltre a minimizzare i costi per l’utenza e per l’amministrazione, può assicurare: (i) maggiore pluralismo a condizioni di efficienza e, dunque, soddisfare uno dei requisiti perché la gara si concluda con la 13 selezione del gestore più efficiente; e (ii) affidamenti in house24. concorrenza per comparazione anche fra Figura 2 Da notare infine che in presenza di economie di scala “lunghe” (ossia di costi unitari decrescenti per un tratto così lungo da giustificare affidamenti di grandi dimensioni) si viene a determinare un trade-off - si pone un problema di scelta - fra obiettivi di economicità e obiettivi concorrenziali. Anche ammesso che l’in house providing, in quanto forma assimilabile alla gestione interna all’ente, possa essere “sterilizzato” dall’obbligo di giustificarne l’impatto anticoncorrenziale (e con esso la dimensione dell’affidamento), resta che le scelte di esternalizzazione della gestione andrebbero invece motivate ed esercitate secondo principi di proporzionalità. Su questo aspetto si torna nella sezione 4. Quanto all’inclusione nel perimetro di territori a domanda debole (ossia al peso del servizio universale) andrebbe ricercata la maggior possibile omogeneità fra gli affidamenti. Infatti l’incidenza dei finanziamenti pubblici è, a parità di altre condizioni, funzione inversa della densità della domanda. Una distribuzione diseguale degli oneri di servizio universale comporterebbe dunque una diversa incidenza di finanziamento pubblico. Ciò: (i) accrescerebbe rischi e costi di agenzia sia per l’ente concedente che per l’affidatario, che possiamo considerare crescenti in funzione della quota di finanziamento pubblico sul totale dei costi dei servizi; (ii) in forza del punto precedente, scoraggerebbe l’interesse di imprese private ad assumere servizi caratterizzati da un’elevata quota di finanziamento pubblico. Ultimo aspetto da considerare riguarda la scelta se procedere ad affidamenti singoli o plurimi. Con l’abrogazione dell’art. 4 del decreto legge 138/2011 è venuto meno anche l’espresso obbligo di dimostrare la vantaggiosità economica di affidamenti congiunti di più servizi. Tuttavia, alla luce dei principi enunciati sopra è da ritenere che scelte in tal senso debbano essere adeguatamente motivate nella sede della relazione di cui all’art. 34, comma 20, del d.l. 95/2012. 24 Maggiore è la dimensione degli affidamenti minore il numero degli affidatari e dunque: (i) più elevati i requisiti soggettivi di cui debbono disporre gli operatori interessati alla gestione e più elevate quindi le barriere all’entrata sul mercato; (ii) minore la concorrenza per comparazione (tanto più utile nel caso di affidamenti diretti). 14 Questo aspetto va considerato con attenzione, tenuto conto sia dei profili di economicità sia dei possibili handicap concorrenziali che tali scelte comportano; ne andrebbe dunque convincentemente dimostrata la convenienza economica rispetto al caso di affidamenti singoli, attraverso la stima di economie di scopo e di scala, e dei vantaggi per i consumatori quanto a qualità dei servizi. Gli affidamenti congiunti possono avere a oggetto la gestione integrata di più fasi del servizio (integrazione verticale) o quella di più servizi finali (integrazione orizzontale). In entrambi i casi va accertata la presenza di economie derivanti da una gestione o, viceversa, la loro assenza oppure il prevalere su di esse di quelle ottenibili - attraverso il confronto concorrenziale e la maggiore controllabilità della performance del gestore - da procedure di affidamento disgiunte. Da aggiungere che l’entità delle economie di scala può variare a seconda della tipologia dei servizi affidati e, per ciascuno di essi, a seconda dei diversi segmenti della filiera produttiva, soprattutto in relazione alla differente intensità di capitale. Mentre nella gestione delle infrastrutture o di impianti le economie di scala possono essere lunghe, o addirittura ricorrere condizioni di monopolio naturale, ciò non avviene per altri segmenti della filiera e, in generale, per i servizi finali. Ne segue che l’affidamento di servizi verticalmente integrati sarebbe inevitabilmente “a misura” di quelli con economie di scala più consistenti, mentre la gestione dei servizi finali potrebbe non essere ottimale sotto il profilo economico, quest’ultima comportando costi unitari più elevati a causa delle dimensioni eccedenti quelle ottime. Considerazioni non dissimili valgono nel caso di affidamenti orizzontali. Ne segue che, sempre sotto il profilo economico, il “valore aggiunto” di affidamenti plurimi riposa sulla verifica della sussistenza e della misura delle economie di scopo 25. 4.- Valutazioni concorrenziali Come anticipato, le condizioni che debbono sussistere affinché l’in house providing sia considerato legittimo sono state qui accantonate con rinvio ad altri capitoli di questo volume. La ratio per la quale quella forma di gestione potrebbe non essere considerata lesiva della concorrenza sta nel fatto che si tratterebbe di una modalità assimilabile alla fornitura diretta dei servizi da parte dell’ente concedente, al quale il diritto comunitario lascia ampia discrezionalità al riguardo. Allorché tuttavia l’ente decidesse di terziarizzare la fornitura dei servizi con l’attribuzione di diritti esclusivi, anche se con procedura a evidenza pubblica, “rientra in ballo” l’articolo 106, comma 2, del TFUE, con riferimento a due questioni che vanno tenute distinte: la necessità di precludere la concorrenza nel mercato e la dimensione degli affidamenti in esclusiva. 25 Va aggiunto che affidamenti verticalmente integrati possono rivelarsi sconsigliabili qualora sia presente concorrenza nel mercato a valle. In questo caso è essenziale un sistema di regole e di controlli che assicuri che ai concorrenti sia consentito, da parte del gestore, un accesso equo e non discriminatorio ad asset strumentali e non sostituibili. 15 Partendo dalla seconda questione, l’applicazione del criterio di proporzionalità dovrebbe portare alla scelta di dimensioni minime ottime dei lotti di affidamento, in tal modo promuovendo sia la concorrenza per comparazione sia la più ampia partecipazione di contendenti alle gare. Sulla prima questione, prima ancora della querelle sulla legittimità o meno degli affidamenti diretti e sulla dimensione dei lotti, le regole della concorrenza a cui fanno riferimento i principi generali del diritto comunitario e specificamente l’art. 106 sono in primis quelle che garantiscono il funzionamento di un mercato concorrenziale - di un mercato in cui è attiva la competizione fra una pluralità di operatori – e solo in subordine quelli della concorrenza per il mercato. Anche la più recente normativa nazionale va in questa direzione vietando “Le restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività economiche” salvo che “la restrizione rappresenti un mezzo idoneo, indispensabile e, dal punto di vista del grado di interferenza nella libertà economica, ragionevolmente proporzionato all'interesse pubblico cui e' destinata”26. Premesso che la concreta possibilità di aprire a forme di concorrenza varia considerevolmente fra settore e settore e fra i diversi segmenti della filiera al loro interno (maggiore nel trasporto locale e (potenzialmente) nella vendita di acqua, quasi escluso per il resto), la normativa comunitaria e quella nazionale convergono dunque sulla necessità di giustificare l’imposizione di obblighi di servizio pubblico e la conseguente concessione di diritti speciali o esclusivi. Ciò conduce ad affrontare il perimetro degli obblighi di servizio pubblico (l’oggetto degli affidamenti) che, nella ratio comunitaria, andrebbe determinato “per esclusione”: “obbligo di servizio pubblico: l’obbligo definito o individuato da un’autorità competente al fine di garantire la prestazione di servizi di trasporto pubblico di passeggeri di interesse generale che un operatore, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non si assumerebbe o non si assumerebbe nella stessa misura o alle stesse condizioni senza compenso” (Regolamento 1370/07/CE, art. 2, lettera e – enfasi aggiunta). Sebbene la norma citata sia riferita al trasporto pubblico – e sebbene sia questo il settore, più che gli altri qui considerati, in cui spazi di concorrenza nel mercato possano ritrovarsi - essa ha valenza generale. Ne segue che il ricorso all’affidamento di diritti esclusivi (almeno a terzi) richiederebbe il previo accertamento dell’eventuale interesse da parte di operatori privati e, in caso positivo, della conformità dell’apertura del mercato agli obiettivi di interesse generale perseguiti, inclusa la garanzia di regolare fornitura dei servizi, in quanto essenziali. E’ da pensare che anche il ricorso alla società mista debba soggiacere a questa preventiva 26 Legge 148/2011, art. 3, commi 8-11. Cfr. anche la legge 27/2012, art. 1, comma 2: “Le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all'accesso ed all'esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l'iniziativa economica privata e' libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l’utilità sociale, con l'ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica”. 16 verifica, posto che in questo caso si è ben fuori dai requisiti soggettivi “Teckal” e dunque non può parlarsi di gestione assimilabile a quella diretta. I criteri valutazione al riguardo sono non dissimili da quelli che dovrebbero sovrintendere a limitazioni della concorrenza nella forma di affidamento diretto di diritti esclusivi: garanzia di adeguata quantità, qualità e regolarità dei servizi, economicità della gestione, economia di risorse pubbliche. Vista sotto l’aspetto economico-finanziario, la concessione di diritti esclusivi è giustificata: (a) laddove sussistano condizioni di monopolio naturale (un unico operatore può offrire gli stessi servizi al costo più basso per la collettività); o, in alternativa, (b) laddove consenta economia di risorse pubbliche (a causa di cream skimming altrimenti operato dai concorrenti); infine, (c) quando il servizio abbia natura di bene pubblico con conseguenti fenomeni di free riding (è il caso della raccolta non domiciliare dei rifiuti). Rinviando per ulteriori considerazioni al riguardo al capitolo sui contratti di servizio, il ricorrere della condizioni di monopolio naturale è dirimente: il servizio non può che essere svolto in esclusiva. Meglio se con affidamenti non eccessivamente lunghi, anche in quanto – a seguito del progresso tecnico e dello sviluppo dei mercati - la condizione di monopolio naturale può rivelarsi non permanente; ciò, unito alla consistenza degli investimenti richiesti, ai lunghi tempi di ammortamento e alla frequente presenza di finanziamenti pubblici, potrebbe suggerire l’opportunità di procedere in house. In assenza di condizioni di monopolio naturale non esistono ragioni a priori per escludere l’accesso al mercato da parte di più operatori in concorrenza. Ciò può avvenire in forma di accesso regolamentato o di accesso libero. Nel primo caso l’apertura consiste nel promuovere l’entrata sul mercato di uno stesso servizio di un numero limitato di operatori in concorrenza fra di loro (il massimo numero, compatibilmente con l’estensione del mercato e con la dimensione minima ottima di impresa), con cui l’ente territoriale potrebbe stipulare le convenzioni di cui alla Segnalazione 5 gennaio 2012 dell’AGCM, che subordinino l’eventuale erogazione di compensazioni a tutta una serie di obblighi. Questa impostazione, che in definitiva porta al riconoscimento di diritti speciali, potrebbe offrire come benefici la compresenza di concorrenza per il mercato e di concorrenza nel mercato (più diretta ed efficace dell’alternativa della yardstick competition), e al tempo stesso permetterebbe agli enti territoriali di garantirsi sull’adeguatezza, qualità e continuità dei servizi. Nel secondo caso ciascun operatore sarebbe libero di operare (garantendo continuità e sicurezza), subordinatamente alle condizioni indicate più sotto. Sulla carta non è invece determinante, ai fini dell’economia di risorse pubbliche, la sussidiazione incrociata che un unico affidatario può effettuare al suo interno: a) non è insormontabile alla luce di quanto detto poc’anzi in ordine alla frammentazione del bacino di utenza fra affidatari, in concorrenza, di diritti speciali, fra i quali potrebbe ripartirsi il dato finanziamento pubblico27; b) non è insormontabile nemmeno nel caso di entrata libera di nuovi operatori nell’offerta di servizi già forniti in obbligo di servizio pubblico (che in quanto aggiuntivi ai livelli che l’ente concedente giudica essenziali, tali non sono), in quanto 27 Anzi, in quanto ciascuno di dimensione ottima, ciò potrebbe risultare in economia di finanziamenti pubblici. 17 è possibile individuare misure che permettano di sterilizzarne l’effetto di cream skimming attraverso il versamento da parte di questi ultimi di canoni di accesso tali da coprire l’onere netto incrementale a carico del soggetto gravato di obblighi di servizio pubblico (anche su questo tema si fa rinvio al capitolo sui contratti di servizio). 18