I Mille di un nuovo Risorgimento Chiara Capri: «Addio pizzo»

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I Mille di un nuovo Risorgimento Chiara Capri: «Addio pizzo»
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I Mille di un nuovo Risorgimento
Chiara Capri: «Addio pizzo»
di Giuseppe Rizzo
La mattina del 30 giugno 2004 Palermo si risveglia dal torpore di una calda notte di mezza estate di
soprassalto. I muri della città sono tappezzati da centinaia di manifesti listati a lutto che recitano: «Un
intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità». È il grido di dolore lanciato nella notte da
alcuni ragazzi sulla cui identità il capoluogo siciliano si interrogherà per giorni. Un grido che denuncia,
ferisce, disarma. Un'unghiata al ventre di una città – e di un'intera isola – che dopo anni di impegno civile
contro Cosa Nostra si era riassopita. Chiara Caprì quel torpore lo ha conosciuto bene. Nata nel 1986 a
Palermo, è socia fondatrice e membro del direttivo di Addiopizzo. Assieme ai ragazzi che quella notte di 7
anni fa scossero Palermo coi loro manifesti, cura numerosi progetti in difesa della legalità e si batte
affinché tutti i commercianti che subiscono il pizzo denuncino i propri aguzzini. In “Lanterna Nostra”, il
suo primo libro, indaga la presenza e l'attività della mafia cinese in Italia.
Com'è nato tutto?
«Il Comitato Addiopizzo nasce grazie a sette ragazzi che avevano il desiderio di aprire un pub a Palermo.
Venendo a conoscenza della consuetudine di pagare il pizzo per poter lavorare, hanno deciso di dire la
loro e tappezzare la propria città con degli adesivi con la frase: “Un intero popolo che paga il pizzo è un
popolo senza dignità”»
Cosa vi ha spinto a farlo?
«Il desiderio di normalità, la voglia di ristabilire una libertà imprenditoriale negata da un controllo del
territorio asfissiante e che toglie futuro allo sviluppo della nostra città. Se non ci fosse stato il peso della
mafia, la Sicilia oggi avrebbe lo stesso Pil della Lombardia».
È cambiato qualcosa dal 29 giugno 2004 ?
«Si è riusciti a costruire una seconda scelta, la scelta di una denuncia possibile, in cui lo Stato, le
istituzioni e la società civile sta accanto all’imprenditore e non lo lascia solo ad affrontare cosa nostra. Gli
ostacoli più grandi da superare da sempre in Sicilia sono l’indifferenza e la diffidenza. Sono caduti
sicuramente molti tabù; nelle scuole si parla molto più di legalità, mafia ed antimafia; si è recuperato il
rapporto con le forze dell’ordine e con la magistratura. Il problema della mafia è diventato un vero
problema da risolvere, ed un problema di tutti i cittadini e non solo delle istituzioni».
Con Addiopizzo cercate di stringere il più possibile progetti con le scuole. In cosa potrebbe
essere un punto di forza nella lotta alla mafia? E quali sono invece le carenze?
«La scuola per definizione dovrebbe formare le coscienze; insegnare ad avere spirito critico, a far capire
la realtà che ci circonda e a diventare cittadini consapevoli. Quando riesce in questi compiti insieme alla
collaborazione della famiglia allora sicuramente la battaglia è stata vinta dall’Italia e non da cosa nostra.
Se però si fa poco per la dispersione scolastica e non si comprende quanto sia fondamentale in certi
quartieri avere la certezza di trovare un lavoro per non doverlo chiedere alla mafia, allora ancora una
volta lo Stato non risponde, cosa nostra si».
Com'è l'Italia vista dalla Sicilia?
«Lontana; ferisce ed aumenta le distanze ancora di più vedersi tuttora stigmatizzare o come mafiosi o
come parassiti, come se avessimo una colpa ontologica da scontare. Si ha la sensazione di essere lasciati
da soli a combattere, avendo a disposizione le limitate risorse di una terra in cui la questione meridionale
non si è mai risolta».
Cosa leggi (paure, speranze, progetti) negli occhi dei ragazzi della tua età?
«C’è sconforto per un futuro che si vede precario ed incerto e spesso solo possibile se si abbandona il
proprio paese. Però siamo italiani, è una delle forze più grandi di questo paese è quello di avere un ottimo
spirito di adattamento e la tenacia per superare i momenti difficili e bui, ed in particolare noi siciliani
siamo dotati di una grande capacità creativa che ci consente di intuire e trovare soluzioni inaspettate.
Come diceva Calamandrei: “Ora e sempre Resistenza!”»
Su cosa punteresti per favorire un Nuovo Risorgimento?
«Far diventare la politica un servizio per i cittadini e non un mestiere con cui vivere. Rafforzare la scuola
pubblica, renderla in grado di formare cittadini responsabili e consapevoli; risolvere il precariato e
sostituirlo con l’invito ad entrare nella società. Ritrovare il coraggio e l’orgoglio per essere “Fratelli
d’Italia”!»
31 marzo 2011