Un gessetto

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Un gessetto
Un gessetto
per sognare
Foto
Antonella Monzoni
Alcune studentesse iraniane scrivono
su lavagnette i loro desideri più profondi.
Semplici gesti, ma di grande coraggio,
che Antonella Monzoni ha raccolto nelle
sue immagini come voci mute nell’Iran
della repressione e della discriminazione
novembre 2011 Popoli 11
LA FOTOGRAFA
Antonella Monzoni (www.antonellamonzoni.it) vive a Modena. Pratica
una fotografia di reportage profondamente umanista, concentrata sulla
produzione culturale del ricordo, sui simboli e i luoghi della memoria
come tracce di appartenenza. Ha esposto in mostre personali e collettive
in Italia e all’estero, ottenendo premi e riconoscimenti da parte del
pubblico e della critica. È stata nominata «Autore dell’Anno 2010» dalla
Federazione italiana associazioni fotografiche e nel 2009 le è stato
riconosciuto il Best Photographer Award al Photovernissage di San
Pietroburgo. Con il reportage Ferita Armena ha ricevuto la Menzione
speciale Amnesty International del Festival dei Diritti (2009) ed è
stata finalista al Premio Amilcare Ponchielli e selezionata al Visa pour
l’Image, Festival di fotogiornalismo di Perpignan (Francia). Tra le sue
pubblicazioni, Benedic Anima Mea (2004), indagine sulle liturgie dei
frati dell’Abbazia di Sant’Antimo (Si), Lalibela (2005), reportage sulla
capitale religiosa dell’Etiopia, e Il delicato sentimento del vedere (2010).
Ha collaborato con Gianni Berengo Gardin nel libro Il venerdì del
preziosissimo sangue (2008). Del 2011 è Madame, intimo racconto
fotografico di Henriette Niépce, prima moglie di Gillo Pontecorvo e
pronipote di Nicephore Niépce, inventore della fotografia.
12 Popoli novembre 2011
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- Mi dica, signora.
- Mi scusi, signora.
La sua collega mi ha detto
che mia figlia
ha partorito, ma
non mi ha detto il sesso.
Non sappiamo cos’è.
Glielo può chiedere?
METÀ DEL CIELO
Storie al femminile da ogni angolo
del mondo: nei fotoreportage di Pics
2011, realtà di famiglia e lavoro,
dimensioni sociali e culturali, in cui
le donne sono protagoniste o lottano
per diventarlo.
Con il patrocinio di:
Si ringrazia per la collaborazione:
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- Non le hanno
detto niente?
- Non mi hanno detto
se è maschio o femmina.
- Un momento, chiedo...
Auguri! È una femminuccia!
Una femminuccia
bella vispa!
novembre 2011 Popoli 13
«Desidero la libertà, che ognuno di noi
possa essere libero, sempre e ovunque»,
scrive sulla lavagnetta Harj Marj,
diciannovenne della città di Fasa. «Il
mio sogno è che l’Iran torni a essere
forte e potente come nel periodo di Ciro
il Grande, con libertà di espressione e
religione», scrive Mahla, 18 anni, di
Isfahan.
Una decina di studentesse iraniane
esprimono il loro khab, il loro più
grande sogno, su alcune lavagnette.
Oggetto metaforico e condiviso,
itinerante, la lavagna offre possibilità
di ripensamenti, evoca libertà di
linguaggio. Alcune ragazze impiegano
un secondo, altre un’eternità,
continuando a cancellare e a riscrivere.
Ognuna con l’obbligo di iniziare
usando la formula «In nome di Dio
onnipotente», come imposto dal regime.
C’è chi espone la lavagna con orgoglio,
chi la usa per nascondere il viso.
Nella repubblica islamica chi gestisce
il potere non ha alcuna comprensione
delle esigenze della maggioranza:
sette iraniani su dieci hanno meno
di 25 anni, una gioventù a cui si
impedisce di sognare, che ha un paio
di jeans e una connessione a internet
come armi per reagire. A donne e
uomini senza legami di sangue o non
sposati è impedito di stare insieme
in luoghi pubblici o sugli autobus, si
vigila con millimetrica attenzione su
abbigliamento femminile, acconciature,
trucco, sulla musica che si ascolta e i
libri che si leggono.
«La mia fantasia ricorrente - scrive
Azar Nafisi in Leggere Lolita a Teheran
(Adelphi 2004) - è che alla Carta dei
Diritti dell’Uomo venga aggiunta la
voce: diritto all’immaginazione. [...]
Per vivere una vita vera, completa,
bisogna avere la possibilità di dar
forma ed espressione ai propri mondi
privati, ai propri sogni, pensieri e
desideri; bisogna che il tuo mondo
privato possa sempre comunicare
col mondo di tutti. Altrimenti, come
facciamo a sapere che siamo esistiti?»
14 Popoli novembre 2011
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- È femmina? È sicura?
- Sì.
- Ma come? Hanno
fatto l’ecografia,
dicevano che era
un maschio!
- Purtroppo a volte
capita, signora.
(Tratto dalla sceneggiatura del film Il cerchio,
di Jafar Panahi, Iran 2000)
“
“
La famiglia del marito
ci rovinerà la vita,
la ripudieranno.
Loro volevano
un maschio.
Come finirà?
Povera figlia mia...
novembre 2011 Popoli 15