I FRINGE BENEFITS NEL REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE E IL

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I FRINGE BENEFITS NEL REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE E IL
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I FRINGE BENEFITS NEL REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE E IL WELFARE AZIENDALE
Introduzione
Capitolo n. 1. La nozione di “fringe benefit”
Sotto Capitolo n. 1.1. La nozione di “fringe benefit” vista in positivo
Sotto Capitolo n. 1.2. La nozione di “fringe benefit” in negativo: quando non si realizza la
fattispecie
Capitolo n. 2. La quantificazione in denaro dei fringe benefits
Capitolo n. 3. La nozione di “categoria” di dipendenti
Capitolo n. 4. Il limite annuo di euro 258,23
Capitolo n. 5. La classificazione dei fringe benefits
Capitolo n. 6. Il panorama dei fringe benefits più ricorrenti
Sotto Capitolo n. 6.1. I beni di modico valore
Sotto Capitolo n. 6.2. I Contributi di assistenza sanitaria
Sotto Capitolo n. 6.3. La mensa aziendale, le prestazioni sostitutive, i tickets-restaurant, le cards
elettroniche
Sotto Capitolo n. 6.4. I servizi di trasporto collettivo
Sotto Capitolo n. 6.5. I Piani di azionariato diffuso
Sotto Capitolo n. 6.6. I Prestiti
Sotto Capitolo n. 6.7. Abitazioni in uso
Sotto Capitolo n. 6.8. Le polizze assicurative: i premi per assicurazioni sanitarie, sulla vita e sugli
infortuni
Sotto Capitolo n. 6.9. I veicoli aziendali
Sotto Capitolo n. 6.1.1. I buoni-acquisto o vouchers dopo la Legge di Stabilità 2016
Sotto Capitolo n. 6.10. Le novità della Legge di Stabilità 2016 per il nuovo assetto del Welfare
aziendale
Sotto Capitolo n. 6.10.1. Gli oneri di utilità sociale consistenti in servizi: la lettera f) dell’art.51
TUIR
Sotto Capitolo n. 6.10.2. Oneri di utilità sociale sotto forma di somme o in servizi: la lett. f-bis)
dell’art.51 TUIR
Sotto Capitolo n. 6.10.3. Oneri di utilità sociale sotto forma di somme o in servizi: la nuova lettera
f-ter)
Sotto Capitolo n. 6.10.4. La convertibilità in Welfare aziendale dei “premi di produttività”
Sotto Capitolo n. 6.8.1. Assicurazioni contro il rischio di morte o di invalidità permanente
Sotto Capitolo n. 6.8.2. Assicurazioni sanitarie
Sotto Capitolo n. 6.8.3. Altre assicurazioni
Sotto Capitolo n. 6.8.4. Assicurazione R.C. in favore dei dipendenti
Capitolo n. 7. Trattamento fiscale in capo al datore di lavoro
Sotto Capitolo n. 7.1. Reddito d’impresa (IRPEF; IRES)
Sotto Capitolo n. 7.2. Autovetture aziendali assegnate in uso promiscuo
Sotto Capitolo n. 7.3. Finanziamenti concessi al dipendente dall’azienda
Sotto Capitolo n. 7.4. Abitazioni in uso ai dipendenti
Sotto Capitolo n. 7.5. Oneri di utilità sociale consistenti in servizi in natura (lett. f), art.51, c. 2,
TUIR)
Sotto Capitolo n. 7.6. IRAP: i costi per il personale a tempo indeterminato
Sotto Capitolo n. 7.7. IRAP: i riflessi delle regole IRES-IRPEF sulla deduzione dei costi per il
personale. I dubbi e le questioni aperte
Capitolo n. 8. Tabella riassuntiva del regime fiscale e previdenziale dei principali fringe benefits
Introduzione
I fringe benefits nel reddito di lavoro dipendente e il welfare aziendale
Il presente lavoro illustra la normativa tributaria in materia di fringe-benefits, nella determinazione del
reddito di lavoro dipendente ed assimilati e le regole sulla deducibilità fiscale dei relativi costi in capo
al datore di lavoro, ai fini della determinazione del reddito d’impresa nelle imposte sul reddito (IRPEF
e IRES) e della base imponibile dell’IRAP.
Stante l’unificazione delle basi imponibili, fiscale e contributiva (D.Lgs. 2 settembre 1997, n.314), le
disposizioni tributarie in materia di reddito di lavoro dipendente (art.51, DPR 22 dicembre 1986,
T.U.I.R.), si applicano anche ai fini previdenziali.
Nel testo, si fornisce una prima illustrazione delle importanti novità introdotte dalla legge n.208 del 28
dicembre 2016 (legge di Stabilità 2016) in materia di fringe-benefits e di welfare aziendale.
Si tratta di modifiche normative elaborate anche da Confindustria Vicenza che le ha proposte in un
documento ufficiale nel mese di settembre 2015, inviandole per una valutazione generale a
Confindustria nazionale che ha fatte proprie e promosse presso il Governo. Inserite nel progetto della
legge stabilità elaborato dall’Esecutivo, sono entrate in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2016, in una
versione rimasta sostanzialmente immutata dopo i passaggi parlamentari.
L’intero pacchetto di modifiche normative sulla disciplina dei fringe-benefits e del welfare aziendale
richiede di essere attuato da un decreto del Ministro del Lavoro e del Ministro delle Finanze ; allo
stesso provvedimento, si è inoltre demandato di definire le modalità applicative della nuova
“detassazione” dei premi di risultato, prevista dalla legge di Stabilità 2016 come istituto “a regime”.
Alla data del 11 aprile 2016, il testo del decreto attuativo è stato reso noto, ma ne attende a tutt’oggi la
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
INDICE
1. La nozione di “fringe benefits”
1.1 La nozione di “fringe benefit” vista in positivo
1.2 La nozione di “fringe benefit” in negativo: quando non si realizza la fattispecie
2. La quantificazione in denaro dei fringe benefits
3. La nozione di “categoria” di dipendenti
4. Il limite annuo di euro 258,23
5. La classificazione dei fringe benefits
6. Il panorama dei fringe benefits più ricorrenti
6.1 I beni di modico valore
6.1.1 I buoni-acquisto o vouchers dopo la Legge di Stabilità 2016
6.2 I Contributi di assistenza sanitaria
6.3 La mensa aziendale, le prestazioni sostitutive, i tickets-restaurant, le cards elettroniche
6.4 I servizi di trasporto collettivo
6.5 I Piani di azionariato diffuso
6.6 I Prestiti
6.7 Abitazioni in uso
6.8 Le polizze assicurative: i premi per assicurazioni sanitarie, sulla vita e sugli infortuni
6.8.1 Assicurazioni contro il rischio di morte o di invalidità permanente
6.8.2 Assicurazioni sanitarie
6.8.3 Altre assicurazioni
6.8.4 Assicurazione R.C. in favore dei dipendenti
6.9 I veicoli aziendali
6.10 Le novità della Legge di Stabilità 2016 per il nuovo assetto del Welfare aziendale
6.10.1 Gli oneri di utilità sociale consistenti in servizi: la lettera f) dell'art. 51 TUIR
6.10.2 Oneri di utilità sociale sotto forma di somme o in servizi: la lett. f-bis) dell'art. 51 TUIR
6.10.3 Oneri di utilità sociale sotto forma di somme o in servizi: la nuova lettera f-ter)
6.10.4 La convertibilità in Welfare aziendale dei "premi di produttività"
7. Trattamento fiscale in capo al datore di lavoro
7.1 Reddito d’impresa (IRPEF; IRES)
7.2 Autovetture aziendali assegnate in uso promiscuo
7.3 Finanziamenti concessi al dipendente dall’azienda
7.4 Abitazioni in uso ai dipendenti
7.5 Oneri di utilità sociale consistenti in servizi in natura (lett. f), art.51, c. 2, TUIR)
7.6 IRAP: i costi per il personale a tempo indeterminato
7.7 IRAP: i riflessi delle regole IRES-IRPEF sulla deduzione dei costi del personale. I dubbi e le
questioni aperte
8. Tabella riassuntiva del regime fiscale e previdenziale dei principali fringe benefits
Capitolo n. 1
La nozione di “fringe benefit”
Sotto Capitolo n. 1.1
La nozione di “fringe benefit” vista in positivo
Nel linguaggio comune, l'espressione inglese "fringe benefits " si traduce letteralmente come “benefici
marginali” o “benefici accessori” rispetto alla retribuzione principale. Si tratta di incentivi riconosciuti
“in natura”, sotto forma di beni e servizi, concessi gratuitamente dall’azienda al lavoratore, dotati di un
proprio valore economico.
Rientra in questa nozione anche l'insieme dei benefici che un'azienda può
riconoscere ai propri lavoratori con la specifica finalità di soddisfare esigenze delle
persone e dei loro familiari e che è comunemente denominato “Welfare
Aziendale”.
L'obiettivo perseguito dal datore di lavoro con l'erogazione “in natura”, aggiuntiva alla retribuzione
ordinaria in denaro, in genere, è quello di motivare positivamente i lavoratori al fine di ottenere, ad
esempio, continuità e stabilità del rapporto, senso di appartenenza al gruppo, maggiore
identificazione con gli obbiettivi aziendali, incremento della produttività, nonché per valorizzare la
posizione “apicale” di taluni dipendenti nell’organigramma aziendale.
Per definire il fenomeno sotto il profilo della normativa tributaria, occorre tener presente il cosiddetto
“principio di onnicomprensivit à” che ispira la nozione fiscale di “reddito di lavoro dipendente ”: il
reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo
percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di
lavoro (1).
Costituiscono, quindi, reddito tassabile per il lavoratore dipendente tutte le “somme o valori” che siano
in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro anche se non provenienti direttamente dal datore
di lavoro, ma da terzi. Il termine “somma” è riferito al denaro, mentre il termine “valori” è riferito ai
beni, ai servizi ed alle altre utilit à fruiti gratuitamente, in tutto o in parte, dal lavoratore; più
precisamente, tali “valori” comprendono anche i beni ceduti ed i servizi prestati al coniuge del
dipendente o a familiari, anche non fiscalmente a carico, del medesimo (2), o il diritto di ottenerli da
terzi (3).
Note
1. Art.51, comma 1, DPR 23 dicembre 1986, n.917 (T.U.I.R.).
2. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par. 2.3.1).
3. Art.51, comma 3, TUIR.
Sotto Capitolo n. 1.2
La nozione di “fringe benefit” in negativo: quando non si realizza la fattispecie
Si è illustrato al punto precedente il “principio di onnicomprensivit à” secondo cui il reddito di lavoro
dipendente è costituito da tutte le somme e valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di
imposta (1), anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.
Si deve, però, considerare che l’attribuzione al dipendente dei valori suddetti costituisce reddito di
lavoro dipendente, a condizione che essa realizzi un arricchimento del dipendente e, nello stesso
tempo, non corrisponda a un interesse esclusivo o prevalente del datore di lavoro (2).
Così sia da parte della Dottrina (3) che dell’Amministrazione finanziaria (4) è stato riconosciuto che non
rientrano nell’area retributiva e reddituale quelle prestazioni in natura per le quali sia individuabile un
interesse dell’impresa, prevalente e assorbente rispetto al vantaggio personale per il dipendente. Ad
esempio, nel caso in cui il datore di lavoro abbia obbligato un dipendente ad iscriversi al corso per
ottenere la patente di guida indispensabile per lo svolgimento delle mansioni assegnategli
dall’azienda, si potrebbe individuare un interesse del datore di lavoro prevalente rispetto
all’arricchimento del dipendente, di modo che il valore della prestazione in natura di cui il dipendente
ha beneficiato non costituirebbe reddito per il dipendente medesimo.
NOTE
1. Secondo il “principio di cassa allargato”, si considerano percepiti nel periodo d'imposta anche le somme e i valori in genere,
corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono
(art.51, comma 1, TUIR).
2. Agenzia delle entrate, Risoluzione 9 settembre 2003, n.178/E.
3. M.Leo, F.Monacchi, M.Schiavo “Le imposte sui redditi nel Testo Unico” VI ed., Milano, Giuffrè, 1999, vol.I, pag. 681.
4. Vedi nota 5; inoltre, la stessa CM n.326/E/1997 (par. 2.1), in tema di premi per assicurazioni pagati dal datore di lavoro,
chiarisce che sono esclusi dalla tassazione in capo al dipendente i premi relativi ad assicurazioni per infortuni professionali.
Capitolo n. 2
La quantificazione in denaro dei fringe benefits
Per la determinazione del valore dei fringe benefits (compresi i beni ceduti e dei servizi prestati al
dipendente o ai familiari anche se non fiscalmente a suo carico, o il diritto di ottenerli da terzi) si deve
far riferimento al loro “valore normale” (1), come definito dall’ articolo 9 del Testo Unico delle imposte
sul reddito (DPR n.917/1986; T.U.I.R.).
Questa norma dispone che, per valore normale (salvo che per le azioni, le obbligazioni e gli altri titoli),
s’intende il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o
similari, in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo
e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo
più prossimi. Se, per la cessione del bene o la prestazione del servizio, il dipendente corrisponde
delle somme, sotto forma di versamento o di trattenuta, è necessario determinare il valore da
assoggettare a tassazione, sottraendo tali somme dal valore normale del bene o del servizio (2).
Si deroga a tale principio (3) con riferimento ai generi in natura, prodotti dall'azienda e ceduti ai
dipendenti gratuitamente o meno: per questo caso, è stabilito che il “valore normale” è costituito dal
prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni ai grossisti (4).
L'Amministrazione finanziaria ha precisato (5) che questa previsione è applicabile soltanto ai
dipendenti delle aziende che producono beni e che effettuano cessioni ai grossisti , o all'ingrosso e al
dettaglio. Restano esclusi da questa previsione i dipendenti delle aziende che producono beni per la
vendita soltanto al dettaglio , delle aziende che producono servizi e di quelle che effettuano soltanto
commercializzazione dei beni , per i quali occorre applicare la previsione generale contenuta
nell'articolo 9 del TUIR (6).
Nella determinazione del “valore normale” secondo la regola generale, si può comunque tener conto
del prezzo scontato che il fornitore pratica in base a convenzioni ricorrenti nella prassi commerciale,
compresa quella stipulata con il datore di lavoro (7).
NOTE
1. Art.51, comma 3, TUIR.
2. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par. 2.3.1).
3. Art.51, comma 3, TUIR.
4. Art.51, comma 3, TUIR.
5. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par. 2.3.1).
6. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par. 2.3.1).
7. Agenzia delle entrate, Risoluzione 29 marzo 2010, n. 26/E.
Capitolo n. 3
La nozione di “categoria” di dipendenti
Nei capitoli successivi, sarà precisato che, per talune ipotesi di fringe benefits non concorrenti al
reddito del destinatario (ad esempio, per gli “oneri di utilità sociale”), i beneficiari degli stessi devono
essere la generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti .
La nozione di “categoria ” di dipendenti è stata definita, nell’ambito della normativa tributaria,
dall’Amministrazione finanziaria; secondo il Ministero delle finanze (1), l'espressione "categorie di
dipendenti", utilizzata dal legislatore, non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste nel
Codice civile (dirigenti, operai, ecc.), bensì va riferita a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio,
tutti i dirigenti, o tutti quelli di un certo livello o una certa qualifica); per esempio, l’insieme di "tutti gli
operai del turno di notte" individuerebbe una categoria di dipendenti nel senso richiesto dal legislatore
poiché sarebbe sufficiente a impedire in senso teorico che siano concesse erogazioni ad personam in
esenzione totale o parziale dalle imposte.
NOTE
1. Ministero delle Finanze, Circolare 16 luglio 1998, n.188/E (p.to 4).
Capitolo n. 4
Il limite annuo di euro 258,23
E’ previsto che non concorra a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei
servizi prestati, se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a euro 258,23;
se il predetto valore è superiore al suddetto limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito
(1).
Si tratta di una previsione di carattere generale , applicabile anche con riferimento ai fringe benefits
per i quali (come si dirà in seguito), sono previste specifiche regole di determinazione del valore, quali
i veicoli aziendali, i prestiti, le abitazioni; inoltre, il limite trova applicazione non soltanto per i prodotti
dell'azienda ceduti al dipendente, ma più in generale per tutti i compensi in natura forniti al dipendente
ed ai suoi familiari (2).
L’Agenzia delle entrate ha chiarito (3) che tale soglia si riferisce esclusivamente ai compensi in natura
, mentre non riguarda le erogazioni in denaro: per queste, resta applicabile il principio generale
dell'onnicomprensività, fatte salve le esclusioni specificamente previste.
La verifica che il valore sia non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a euro 258,23, si
effettua con riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito; quindi, al netto di quanto
il dipendente ha corrisposto (con il metodo del versamento o della trattenuta e comprensivo
dell'eventuale IVA a carico del dipendente) per tutti i beni o servizi di cui ha fruito nello stesso periodo
d'imposta, tenendo conto di tutti i redditi percepiti, anche se derivanti da altri rapporti di lavoro,
eventualmente intrattenuti nel corso dello stesso periodo d'imposta (4).
In sede di tassazione alla fonte del reddito di lavoro dipendente, il sostituto d'imposta deve applicare
la ritenuta nel periodo di paga, in cui viene superata la predetta soglia di euro 258,23 e se risulta
chiaro che il valore, tenuto conto dell'intero periodo d'imposta, sarà complessivamente superiore al
suddetto importo, deve effettuare la ritenuta fin dal primo periodo di paga (5).
Come chiarito dall’Agenzia delle entrate (6), possono rientrare in questa previsione di esclusione solo
le erogazioni in natura , direttamente effettuate sotto forma di beni o servizi oppure quelle costituite da
buoni rappresentativi degli stessi (i cosiddetti “buoni-acquisto”).
Concorrono, inoltre, a determinare il valore da confrontare con la soglia di euro 258,23 le erogazioni
liberali in natura effettuate in occasione delle festivit à o ricorrenze, senza necessità che l’erogazione
sia concessa alla generalità o categorie di dipendenti, fermo restando che se si supera il valore
annuale di 258,23 euro, essa concorre interamente a formare il reddito del dipendente (7). A titolo
esemplificativo, per il computo della soglia in discorso, si considerano il pacco natalizio, i doni elargiti
in occasione di festività del dipendente (matrimonio, nascita di un figlio), i tickets o buoni
rappresentativi di beni o servizi, acquistati dal datore di lavoro ed usufruibili dai dipendenti presso
esercizi convenzionati oppure i “buoni-carburante”. E’ stata, infatti, soppressa (8) la disposizione che
consentiva di non assoggettare a tassazione le erogazioni liberali di somme in occasione di festivit à
o ricorrenze, alla generalità o a categorie di dipendenti, fino ad un importo, nel periodo d’imposta, pari
a euro 258,23, nonchè i sussidi occasionali concessi in relazione a rilevanti esigenze personali o
familiari del dipendente o ai dipendenti vittime dell’usura.
Per quanto concerne le prestazioni sostitutive di mensa aziendale erogate sotto forma di ticket
restaurant, l’Amministrazione finanziaria ha precisato quanto segue (9) : la normativa (10) stabilisce
che tali prestazioni, fino a 5,29 euro, sono escluse dalla formazione del reddito di lavoro
dipendente dei lavoratori assegnatari, riferendo tale limite al loro valore nominale; pertanto,
l'evidenziazione del valore nominale porta a ritenere che i tickets restaurant non costituiscano
fringe benefits (erogazioni in natura); di conseguenza, l'importo del loro valore nominale che eccede
il limite di 5,29 euro non può essere considerato assorbibile dalla franchigia di esenzione in esame e
concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
Segnaliamo fin d’ora che il valore non tassato di euro 5,29 al giorno è, oggi, relativo ai tradizionali
buoni-pasto cartacei; dal 1° luglio 2015, infatti, la soglia di valore non concorrente al reddito di
lavoro dipendente è stata aumentata a euro 7 al giorno per i buoni-pasto in formato elettronico (la
disposizione è contenuta nella Legge di Stabilità 2015, legge n.190/2014, art.1, commi 16 e 17,
modificativa della norma di riferimento che è l’art.51, comma 2, lett.c), del TUIR).
NOTE
1. Art.51, comma 3, TUIR.
2. Ministero delle finanze, Circolare 16 luglio 1998, n.188/E (Cap. Reddito di lavoro dipendente, par.2).
3. Agenzia delle entrate, Risoluzione 29 marzo 2010, n. 26/E.
4. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par. 2.3.1).
5. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par. 2.3.1).
6. Agenzia delle entrate, Circolare 22 ottobre 2008, n. 59/E, par.16.
7. Agenzia delle entrate, Circolare 22 ottobre 2008, n. 59/E, par.16.
8. Art. 2, comma 6, DL 27 maggio 2008, n. 93; come si ricorderà, si tratta del provvedimento che ha introdotto la prima versione
della “detassazione” degli straordinari e dei premi di risultato.
9. Agenzia delle entrate, Risoluzione 29 marzo 2010, n. 26/E (p.to 1).
10.Art. 51, comma 2, T.U.I.R.
Capitolo n. 5
La classificazione dei fringe benefits
Per classificare i fringe benefits, si possono adottare diverse distinzioni.
A) Si può utilizzare una ripartizione in base alla finalit à dei fringe-benefits , distinguendo tra quelli
legati alla prestazione lavorativa e quelli connessi a un “valore sociale”.
Si possono considerare fringe benefits legati alla prestazione lavorativa , ad esempio, l’autovettura
concessa in uso “promiscuo” (aziendale e personale o familiare), il sostenimento delle spese di
trasloco, la prestazione sostitutiva della mensa aziendale, o più in generale il pasto gratuito. La ratio
del vantaggio fiscale consiste nel fatto che l’ordinamento riconosce che quella prestazione è erogata
dal datore per permettere al lavoratore di svolgere la sua attività oppure serve a ristorare il lavoratore
per i disagi provocati dalle modalità di svolgimento della mansione, richieste dal datore di lavoro.
Si possono poi considerare i fringe benefits correlati alla realizzazione di un valore sociale costituiti
dalle prestazioni finalizzate a soddisfare un bisogno del lavoratore, a cui l'ordinamento annette un
particolare valore sociale, di modo che se ne prevede la non-concorrenza al reddito.
B) Un’altra ripartizione è quella “classica”, ispirata al trattamento previsto dalla normativa tributaria
(l’articolo 51 del TUIR) per ciascun fringe benefit. Da questo punto di vista, si possono distinguere:
- i fringe benefits che concorrono al reddito, vale a dire “tassati” ed
- i fringe benefits che non vi concorrono, cioè non tassati ovvero esclusi dal reddito.
Tra i primi, si individuano ulteriormente:
- alcuni fringe benefits per i quali le disposizioni fiscali prevedono specifiche modalità di
quantificazione (fringe benefits che si possono chiamare “codificati”),
- altri fringe benefits che si possono definire “generici”e che si identificano per esclusione, il cui valore
economico è determinato in base alla regola generale del “valore normale”.
I fringe benefits che non concorrono al reddito di lavoro dipendente in base a specifiche disposizioni
tributarie sono quelli di seguito elencati:
1. i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi
esclusivamente fine assistenziale, in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di
regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della
salute, di cui all'articolo 10, comma 1, lett. e-ter), TUIR, per un importo non superiore
complessivamente a euro 3.615,20;
2. le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro , nonché quelle in mense organizzate
direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all'importo complessivo giornaliero di euro
5,29 le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture
lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o
servizi di ristorazione (1) ;
3. le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti; anche se
affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici (2);
4. le opere ed i servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti come anche
da parte dei loro familiari anche non a carico (indicati nell'art.12,TUIR), le cui spese sono sostenute
dal datore di lavoro volontariamente o per obbligo contrattuale (3) per specifiche finalità di
educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto (considerati al comma 1,
dell’art.100, TUIR) (4);
5. le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a
categorie di dipendenti per la frequenza degli asili nido e di colonie climatiche da parte dei familiari
indicati nell'articolo 12 TUIR, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i
servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi
e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari (5);
6. le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di
dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti, inclusi nel
perimetro dell'art. 12 del TUIR (6);
7. il valore delle azioni offerte alla generalit à dei dipendenti, a determinate condizioni (7).
I fringe benefits “codificati”, per i quali le disposizioni fiscali prevedono specifiche modalità di
quantificazione del valore, sono (8):
a) le autovetture, i motocicli e i ciclomotori, concessi in uso promiscuo;
b) i prestiti;
c) i fabbricati;
d) i servizi di trasporto ferroviario di persone, prestati gratuitamente.
NOTE
1. Art. 51, comma 2, lett. c), T.U.I.R
2. Art. 51, comma 2, lett. d), T.U.I.R
3. La possibilità che l'offerta di tali servizi da parte del datore di lavoro avvenga in esecuzione di un obbligo contrattuale è una
delle maggiori novità introdotte nella materia del welfare aziendale dalla Legge di Stabilit à 2016 (legge n.208/2015, art.1,
comma 190) e decorre dal 1° gennaio 2016.
4. Art. 51, comma 2, lett. f), T.U.I.R, dopo le modifiche della legge n.208/2015 (Legge di Stabilit à 2016), illustrate nel capitolo
dedicato.
5. Art. 51, comma 2, lett. f-bis), T.U.I.R, dopo le modifiche della legge 208/2015 (Legge di Stabilit à 2016), illustrate nel capitolo
dedicato.
6. Art. 51, comma 2, lett. f-ter), T.U.I.R; si tratta di una nuova fattispecie, introdotta dalla legge 208/2015 (Legge di Stabilit à
2016), illustrate nel capitolo dedicato.
7. Art. 51, comma 2, lett. g), T.U.I.R.
8. Art. 51, comma 4, T.U.I.R.
Capitolo n. 6
Il panorama dei fringe benefits più ricorrenti
Forniamo nel prosieguo una panoramica dei fringe benefits più ricorrenti.
Sotto Capitolo n. 6.1
I beni di modico valore
Dev’essere tenuto presente che tutti i fringe benefits goduti se complessivamente non eccedono il
valore annuo di euro 258,23, non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore (1); in tale
contesto, si collocano le erogazioni liberali di beni di modico valore (tipicamente, il pacco-dono
natalizio).
Si è già ricordato che è stata soppressa (2) la disposizione specifica che consentiva di non
assoggettare a tassazione le erogazioni liberali di somme erogate in occasione di festività o
ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti, fino all’importo, nel periodo d’imposta, di euro
258,23. Si è inoltre evidenziato che le liberalità in natura (sotto forma di beni o servizi oppure di buoni
rappresentativi degli stessi) possono rientrare nella previsione di esclusione dal reddito se di importo
non superiore, nel periodo d'imposta, a 258,23 euro. Si è anche segnalata l’interpretazione ufficiale
secondo cui, se il datore di lavoro ha acquistato i beni o i servizi ad un prezzo ridotto rispetto al valore
normale degli stessi in virtù di apposite convenzioni con i propri fornitori, può assumersi come valore
normale di riferimento il prezzo scontato praticato dal fornitore (3).
Rammentiamo ora la particolare disposizione (4) secondo cui la cessione per un corrispettivo pari a
quello di acquisto di personal computer di nuova fabbricazione, acquistati nello stesso esercizio
della cessione, eventualmente con i relativi programmi di funzionamento, se eseguita da imprese o da
enti soggetti all'imposta sul reddito delle società (IRES), in favore di lavoratori dipendenti, non dà
luogo, ai fini delle imposte sul reddito, al presupposto di imponibilità per reddito in natura.
NOTE
1. Art.51, comma 3, TUIR
2. Art. 2, comma 6, DL 27 maggio 2008, n. 93; come si ricorderà, si tratta del provvedimento che ha introdotto la prima versione
della “detassazione” degli straordinari e dei premi di risultato.
3. Agenzia delle entrate, Risoluzione 29 marzo 2010, n. 26/E.
4. Art.7. c.3-ter DL 14 marzo 2005, n.35 (legge di conversione, 14 maggio 2005, n. 80).
Sotto Capitolo n. 6.2
I Contributi di assistenza sanitaria
La norma (1) stabilisce che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente "i contributi di
assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi
esclusivamente fine assistenziale in conformit à a disposizioni di contratto o di accordo o di
regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della
salute di cui all'articolo 10, comma 1, lettera e-ter), per un importo non superiore complessivamente
ad euro 3.615,20”.
La norma aggiunge che “Ai fini del calcolo del limite, si tiene conto anche dei contributi di assistenza
sanitaria versati ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera e-ter)” (2); in altre parole, tale limite è fissato
cumulativamente per i contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, ma è comunque
irrilevante la circostanza che il versamento avvenga eventualmente da parte di uno soltanto dei
soggetti, vale a dire solo dal datore di lavoro o solo dal lavoratore. Eventuali contributi versati in
eccedenza al predetto limite complessivo concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente.
In base ai decreti attuativi del Ministero della salute (3), i fondi sanitari hanno l’onere di richiedere ed
ottenere l’iscrizione annuale all ’Anagrafe dei fondi sanitari ; a tal fine, devono attestare di aver
erogato, su base annua, singolarmente o congiuntamente, prestazioni di assistenza odontoiatrica, di
assistenza socio-sanitaria a favore di non-autosufficienti nonché prestazioni finalizzate al recupero
della salute di soggetti temporaneamente inabilitati da malattia o infortunio, nella misura non inferiore
al 20 per cento dell’ammontare complessivo delle risorse destinate alla copertura di tutte le
prestazioni garantite ai propri assistiti. Questa iscrizione costituisce il presupposto per la verifica
dell’operatività negli ambiti d’intervento stabiliti dal Ministero della salute; a sua volta, tale circostanza
è la condizione per la non -concorrenza al reddito dei contributi in esame.
In assenza dei presupposti descritti, i contributi sanitari versati a carico del datore di lavoro
concorrono al reddito, come anche quelli a carico del lavoratore; in particolare, questi ultimi non
possono ridurre la base imponibile (in altre parole, sono prelevati dal “netto”).
Note
1. Art.51, comma 2, lett.a), TUIR.
2. Art.51, comma 2, lett.a), 2° periodo, TUIR.
3. DM 31 marzo 2008 e DM 27 ottobre 2009.
Sotto Capitolo n. 6.3
La mensa aziendale, le prestazioni sostitutive, i tickets-restaurant, le cards elettroniche
Secondo la norma (1), non concorrono a formare il reddito le somministrazioni di vitto da parte del
datore di lavoro, nonché quelle effettuate in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o
gestite da terzi, o, fino all'importo complessivo giornaliero di 5,29 euro (2), le prestazioni e le
indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere
temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione.
L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che tra le prestazioni di vitto e le somministrazioni in mense
aziendali, anche gestite da terzi, sono comprese le preventive convenzioni con i ristoranti, stipulate
dal datore di lavoro (3), e la fornitura di cestini preconfezionati contenenti il pasto dei dipendenti;
inoltre, ha precisato che la prestazione in questione deve comunque interessare la generalità dei
dipendenti o categorie omogenee di essi (4).
Quindi, schematicamente, nella disciplina del reddito di lavoro dipendente, la somministrazione di
alimenti e bevande ai dipendenti, da parte dei datori di lavoro, ovvero l'erogazione agli stessi di
somme finalizzate all'acquisto di pasti, è possibile con le seguenti modalità:
a) gestione diretta di una mensa da parte del datore di lavoro o stipula di un contratto d’appalto,
ovvero per mezzo di convenzioni con ristoranti ; in tal caso, è sempre esclusa l’emersione di un
reddito di lavoro dipendente;
b) prestazione di servizi sostitutivi di mensa aziendale (ticket restaurant ); qui, la concorrenza dei
buoni al reddito di lavoro dipendente è esclusa solo fino all'importo di euro 5,29 (10.240 vecchie lire);
Il valore non tassato di euro 5,29 al giorno è, oggi, riferito ai tradizionali buoni-pasto cartacei; dal 1°
luglio 2015, infatti, la soglia di valore non concorrente al reddito di lavoro dipendente è aumentata a
euro 7 al giorno per i buoni-pasto in formato elettronico (la disposizione è contenuta nella Legge di
Stabilità 2015, legge n.190/2014, art.1, commi 16 e 17, modificativa della norma di riferimento che è
l’art.51, comma 2, lett.c), del TUIR);
c) corresponsione di una somma a titolo di indennità sostitutiva di mensa , fino all'importo di euro 5,29
nei limitati casi previsti (addetti ai cantieri edili; ovvero a strutture lavorative a carattere temporaneo o
unità produttive ubicate in zone ove manchino strutture o servizi di ristorazione).
L’Agenzia delle entrate ha esaminato un’ipotesi di utilizzo di particolari cards elettroniche (5),
acquistate dal datore di lavoro presso aziende specializzate esercenti l'attività di prestazione di servizi
sostitutivi di mense aziendali, ed utilizzabili dai lavoratori dipendenti, presso i vari esercizi
convenzionati con le aziende emittenti.
Le cards elettroniche sono contraddistinte dai requisiti propri dei tickets restaurant (non sono cedibili,
né cumulabili, né commerciabili, né convertibili in denaro (6) e dalla presenza di un intermediario che
si frappone tra il datore di lavoro ed il soggetto che effettua la somministrazione. Esse tuttavia si
differenziano dai tickets restaurant per le seguenti caratteristiche:
- operando su di un circuito elettronico, consentono di verificare “in tempo reale” l'utilizzo del diritto da
parte del dipendente ad una sola prestazione giornaliera, limitatamente ai giorni di effettiva presenza
in servizio e, al contempo, di scongiurare un eventuale utilizzo improprio o fraudolento (ad esempio, la
richiesta di somministrazione in un giorno in cui il dipendente risulti ammalato o, semplicemente, in
una fascia oraria diversa da quella prevista contrattualmente per la pausa-pranzo);
- non consentono di posticipare nel tempo la fruizione della prestazione e, pertanto, il dipendente che,
pur avendo maturato il diritto alla prestazione, non consuma il pasto, non potrà più recuperarlo nei
giorni successivi, né al medesimo verrà riconosciuto altro analogo diritto riconducibile al servizio di
mensa aziendale;
- non rappresentano titoli di credito, ma consentono unicamente di individuare il dipendente che, in
quel giorno, ha diritto a ricevere la somministrazione del pasto;
- la carta assume la funzione di rappresentare esclusivamente il pasto a cui il soggetto interessato ha
diritto e non il corrispondente valore monetario, utilizzabile eventualmente per l'acquisto di beni diversi
presso l'esercizio convenzionato.
Dall’insieme di queste proprietà, l’Agenzia delle entrate ha ricavato che le cards elettroniche non sono
assimilabili ai tickets restaurant , ma ad un sistema di mensa aziendale "diffusa", in quanto il
dipendente può rivolgersi ai diversi esercizi pubblici che, avendo sottoscritto la convenzione, sono
abilitati a gestire la card elettronica.
Va considerato che il legislatore non ha dettato regole particolari in merito alle diverse opzioni
disponibili per escludere, in tutto o in parte, dalla formazione del reddito il pasto del dipendente;
pertanto, si può ritenere che il datore di lavoro sia libero di scegliere la modalit à che considera più
idonea rispetto alle proprie esigenze organizzative e che possa anche adottare più sistemi
contemporaneamente. Così, potrebbe organizzare una mensa per una categoria di dipendenti e
scegliere il sistema dei tickets restaurant per un'altra categoria.
In base al testo della norma, invece, è da escludere che lo stesso dipendente, con riferimento alla
medesima giornata lavorativa, possa fruire del servizio mensa ed utilizzare anche il ticket restaurant o
ricevere anche l'indennità sostitutiva del servizio di mensa, fruendo dell'esclusione dalla formazione
del reddito di euro 5,29.
Note
1. Art.51, comma 2, lett.c), TUIR.
2. Il limite risale al 1997; l’importo quindi è fermo da ben 17 anni; è interessante un confronto con altri Stati: in Francia, l’analoga
franchigia è pari a 7 euro; in Spagna, è di 9 euro (da: Il Sole 24 Ore, 17 febbraio 2014, pag.21).
3. Agenzia delle entrate, Risoluzione 17 maggio 2005, n. 63/E.
4. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par.2.2.3); Circolare 16 luglio 1998, (p.to 8)
5. Agenzia delle entrate, Risoluzione 17 maggio 2005, n. 63/E.
6. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par.2.2.3).
Sotto Capitolo n. 6.4
I servizi di trasporto collettivo
La norma (1) prevede che non concorre a formare il reddito del lavoratore il servizio di trasporto
collettivo fornito alla generalità o a categorie di dipendenti, con o senza esborso da parte del
lavoratore (ad esempio, un servizio di navetta casa-lavoro), anche se affidato a terzi, ivi compresi gli
esercenti servizi pubblici.
Viceversa, concorrono al reddito:
- l’indennità sostitutiva del servizio di trasporto concessa forfettariamente dal datore o le somme
corrisposte a titolo di rimborso di biglietti o tessere di abbonamento ai mezzi pubblici (2);
- la messa a disposizione dei dipendenti di un ticket-trasporto che riduca l’importo pagato per
l’acquisto dell’abbonamento ordinario alla rete del trasporto pubblico, con riferimento alla soglia
complessiva di non rilevanza dei fringe benefits, pari a 258,23 euro annui (3);
- i rimborsi chilometrici del tragitto casa-lavoro, anche se, in base al CCNL, costituiscono mera
restituzione di somme anticipate dal lavoratore per conto del datore (4).
Note
1. Art.51, comma 2, lett.d), TUIR.
2. Ministero delle finanze, Risoluzione 23 marzo 1999, n.54/E.
3. Agenzia delle entrate, Risoluzione 5 giugno 2007, n.126/E.
Sotto Capitolo n. 6.5
I Piani di azionariato diffuso
Non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente (1) il valore delle azioni offerte alla generalità
dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a 2.065,83 euro
, a condizione che:
- non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o
- comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione; qualora le azioni
siano cedute prima del predetto termine, l'importo che non ha concorso a formare il reddito al
momento dell'acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d'imposta in cui avviene la cessione.
Questa regola si applica esclusivamente (2)
alle azioni emesse dall'impresa con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro ,
nonché a quelle emesse da società che
- controllano la medesima impresa, direttamente o indirettamente,
- ne sono controllate o
- sono controllate dalla stessa societ à che controlla l'impresa.
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Pertanto, le condizioni affinché il valore delle azioni assegnate ai dipendenti non concorra a formare il
reddito di lavoro dei medesimi, sono le seguenti:
a) l'offerta delle azioni deve essere rivolta alla generalità dei dipendenti;
b) il valore delle azioni assegnate a ciascun dipendente non deve superare 2.065,83 euro per ogni
periodo d'imposta;
c) le azioni devono essere detenute dal dipendente per almeno tre anni dalla loro percezione (vincolo
di incedibilità triennale).
Per quanto riguarda il punto a), risultano agevolate solo le assegnazioni effettuate nei confronti della
generalità dei dipendenti. Non è quindi possibile applicare l'agevolazione in caso di assegnazione
delle azioni soltanto a determinate “categorie” di dipendenti (per esempio a tutti i dirigenti).
L’Agenzia delle entrate ha osservato (3) che i beneficiari dell’agevolazione della non-concorrenza al
reddito devono essere “dipendenti” in attività di servizio; infatti, il legislatore, nella norma in commento
si riferisce espressamente ai "dipendenti" dell'azienda ed utilizza l'espressione "azioni emesse
dall'impresa con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro" (4). Conseguentemente,
l'agevolazione non può applicarsi nei confronti di soggetti che, pur avendo lavorato per l'azienda per
un consistente numero di anni, non sono più in forza presso di essa. Pertanto, gli ex dipendenti
interessati al piano di azionariato diffuso non possono fruire dell'agevolazione in questione (5).
Per quanto concerne il punto c), si è osservato che il valore delle azioni assegnate ai dipendenti in
ragione di un piano di azionariato diffuso continuerebbe a non concorrere al reddito di lavoro
dipendente, se i titolari le avessero cedute entro il triennio non per loro volont à, ma per obblighi
imposti dalla “legge”. In questi casi, ai dipendenti della società non sarebbe riconosciuta la facoltà di
monetizzare liberamente il valore delle azioni ricevute, poiché non solo il trasferimento delle azioni,
ma anche la fissazione del prezzo e del tempo di tale trasferimento non sarebbero riconducibili alla
loro volontà, ma a quella della legge: l’assenza di margini di scelta vale a scongiurare qualsiasi finalità
elusiva perseguibile dai dipendenti (6).
Ai fini dell'individuazione delle azioni cedute dal dipendente, nel caso in cui le azioni siano state
ricevute in epoche diverse , l’Agenzia delle entrate ha ritenuto corretto l’utilizzo del criterio L.I.F.O. (
last in first out ) (7).
E’ interessante ricordare che l’Agenzia delle entrate, in risposta ad un quesito specifico (8), ha
esaminato il tema della qualificazione degli eventuali utili e delle plusvalenze da cessione dei titolo
(capital gain), conseguiti dal dipendente nella sua veste di azionista della società nella quale presta
lavoro.
L’Agenzia ha ritenuto che la norma del TUIR, che prevede la tassazione degli utili in quanto redditi di
capitale (9) non limita il suo ambito di applicazione in ragione della qualifica soggettiva rivestita dal
soggetto percettore degli utili, rilevando esclusivamente la circostanza che il medesimo soggetto
partecipi al capitale o al patrimonio sociale. Invero, la partecipazione agli utili non è subordinata
all'esistenza del rapporto di lavoro, dal momento che il beneficiario potrebbe continuare a mantenere
il possesso delle azioni anche in caso di cessazione del rapporto stesso.
La qualifica di lavoratore dipendente (o assimilato) rileva, infatti, esclusivamente al momento
dell'offerta delle azioni, mentre la fase successiva non attiene al rapporto di lavoro subordinato
intrattenuto dall'azionista con la società emittente. Quindi, eventuali dividendi costituiranno redditi di
capitale (ai sensi dell'art.44, c.1, lett. e), TUIR); così come i proventi ottenuti dalla cessione delle
partecipazioni potranno rilevare ai fini della determinazione dei “redditi diversi” di natura finanziaria
(capital gain) (di cui all'art. 67, co. 1, lett. c) e c-bis), TUIR).
Per completezza di trattazione, ricordiamo che, per il settore finanziario, è previsto un prelievo
addizionale per le stock option assegnate ai dirigenti (10).
Note
1 Art. 51, comma 2, lett.g), TUIR
2. Art. 51, comma 2-bis, TUIR.
3. Agenzia delle entrate, Risoluzione 25 luglio 2005, n.97/E.
4. Art. 51, comma 2-bis, TUIR.
5. Agenzia delle entrate, Risoluzione 25 luglio 2005, n.97/E
6. Agenzia delle entrate, Risoluzione 12 agosto 2005, n.118/E; Circolare 16 febbraio 2007, n.11/E (p.to 11.2).
7. Agenzia delle entrate, Circolare 16 febbraio 2007, n.11/E (p.to 11.2).
8. Agenzia delle entrate, Risoluzione 4 dicembre 2012, n.103/E.
9. Art.44, comma 1, lett. e), TUIR.
10. L'articolo 33 del DL n.78/2010 ha, in considerazione degli effetti economici potenzialmente distorsivi derivanti
dall'adozione di alcune particolari forme di remunerazione, previsto l'applicazione di un'aliquota aggiuntiva del 10% sui
compensi spettanti sotto forma di bonus e di stock option ai dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti nel settore
finanziario nonché ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nello stesso settore. La maggiorazione si
rende applicabile ai compensi variabili che eccedono l'importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione. Questo
prelievo addizionale sui compensi variabili spettanti a dirigenti e collaboratori operanti nel settore finanziario, per la Corte
costituzionale (sentenza n.201 del 2014) non si pone in contrasto con i principi costituzionali che informano il sistema
tributario italiano.
Sotto Capitolo n. 6.6
I Prestiti
Tutte le forme di finanziamento concesse dal datore di lavoro rappresentano un fringe benefit,
indipendentemente dalla loro durata, compresi i finanziamenti concessi da terzi (ad esempio, un
istituto di credito) con i quali il datore di lavoro abbia stipulato un accordo o una convenzione .
Rientrano nell'ambito di questa previsione, i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto corrente,
di mutuo ipotecario e di cessione dello stipendio, mentre ne sono escluse le dilazioni di pagamento
previste per beni ceduti o servizi prestati dal datore di lavoro (1).
L’estensione dell’ambito applicativo della disposizione alle forme di finanziamento concesse da terzi
con i quali il datore stesso abbia stipulato accordi o convenzioni, anche in assenza di oneri specifici a
proprio carico, corrisponde all’interpretazione ufficiale consolidata (2).
Ai fini della determinazione del valore in denaro del fringe-benefit generato dalla concessione di
prestiti agevolati ai dipendenti , si assume il 50 per cento della differenza tra l'importo degli interessi
calcolato al “tasso ufficiale di sconto” (attualmente, “tasso di riferimento”) vigente al termine di ciascun
anno e l'importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi (3). L'importo così determinato
deve essere assoggettato a ritenuta al momento del pagamento delle singole rate del prestito,
stabilite dal relativo piano di ammortamento. In caso di prestiti a tasso variabile (caratterizzati da una
variazione del tasso di interesse iniziale) il prelievo alla fonte deve essere effettuato, alle scadenze
delle singole rate di ammortamento del prestito, tenendo conto anche delle variazioni subite dal tasso
di interesse iniziale. Nei casi di restituzione del capitale in un'unica soluzione oltre il periodo
d'imposta, l'importo maturato va comunque assoggettato a tassazione in sede di conguaglio di fine
anno (4).
L’Agenzia delle entrate (5) ha esaminato l’ipotesi particolare in cui sono i dipendenti a scegliere in
autonomia l’istituto di credito di fiducia , da cui ottengono condizioni più vantaggiose di quelle
procurabili grazie all’intervento del datore di lavoro; costui contribuisce poi in misura percentuale
all’abbattimento del tasso di interesse relativo al finanziamento stipulato dai propri dipendenti,
erogando un contributo direttamente sul conto corrente del dipendente, dal quale la banca preleva le
rate del mutuo.
L’Agenzia ritiene che, in tale fattispecie, sia applicabile la disposizione sulla determinazione del fringe
benefit (art.51, comma 4, lett.b), TUIR) se ricorrono le seguenti condizioni :
- le modalità di accreditamento del contributo del datore di lavoro devono realizzare un collegamento
immediato e univoco tra l’erogazione aziendale e il pagamento degli interessi, tale per cui l’importo
erogato dal datore non entra, di fatto, nella disponibilit à del dipendente; nel caso esaminato, il
requisito si verifica poiché il contributo è accreditato sul conto corrente del dipendente mutuatario,
dedicato al pagamento del mutuo sulla base delle scadenze e dei giorni di valuta previsti nel piano di
ammortamento;
- il dipendente presenta al datore di lavoro, entro il 31 gennaio, una certificazione rilasciata
periodicamente dall’istituto di credito, attestante la regolarità dei pagamenti delle rate del
finanziamento; ciò conferma che le somme accreditate sono state utilizzate per sostenere gli oneri
finanziari attinenti al mutuo;
- l’azienda non resta comunque estranea all’operazione di finanziamento realizzata dai dipendenti,
grazie all’invio da parte dell’azienda alla banca, di una “informativa attinente alla concessione del
contributo aziendale , ovvero all’eventuale revoca dello stesso”; tale informativa sostituisce la
convenzione o l’accordo con la banca, richiesto dai chiarimenti più risalenti (forniti con la circolare n.
326/E/1997).
Note
1. Circolare ministeriale n.326/E/1997, par. 2.3.2.2.
2. Circolare ministeriale n.326/E/1997, par. 2.3.2.2.
3. Art.51, comma 4, lett. b), TUIR.
4. Circolare ministeriale n.326/E/1997, par. 2.3.2.2.
5. Agenzia delle entrate, Risoluzione 28 maggio 2010, n.46/E.
Sotto Capitolo n. 6.7
Abitazioni in uso
La disposizione in commento (1) riguarda i fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato,
indipendentemente dalla circostanza che il fabbricato sia di propriet à del datore di lavoro ovvero sia
da questi acquisito in locazione anche finanziaria.
Il criterio di determinazione del valore di un fabbricato concesso al dipendente è diverso, a seconda
che egli abbia o no l’obbligo di dimora nello stesso e che il fabbricato sia iscritto o no in catasto. In
particolare, si possono distinguere i seguenti casi:
- se il dipendente non ha obbligo di dimora e il fabbricato va iscritto in catasto , il reddito per il
dipendente è costituito dalla differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata di tutte le
spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell'utilizzatore (ad esempio luce,
gas, telefono, tassa rifiuti, ecc.), e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso. Questo
criterio di determinazione dell'importo da far concorrere alla formazione del reddito di lavoro
dipendente si renderà applicabile tanto nell'ipotesi in cui il datore di lavoro conceda in uso, comodato
o locazione una unità immobiliare ad uso abitazione affinché il dipendente vi abiti, quanto nell'ipotesi
in cui il datore di lavoro conceda una unità immobiliare ad uso commerciale e vario affinché il
dipendente ad esempio, vi custodisca l'autovettura propria o di proprietà dell'azienda, ma concessa in
uso promiscuo al dipendente stesso;
- se il dipendente ha l’obbligo di dimora (ad esempio l’immobile concesso al portiere dello stabile) e il
fabbricato deve essere iscritto in catasto, il reddito per il dipendente è costituito dal 30 per cento della
differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato
stesso, comprese le utenze non a carico dell'utilizzatore, e quanto corrisposto per il godimento
dell’immobile;
- se il fabbricato non deve essere iscritto in catasto (ad esempio, i fabbricati situati all’estero), il
reddito di lavoro dipendente è dato dalla differenza tra il valore del canone di locazione determinato in
regime vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime di libero mercato, e quanto
corrisposto o trattenuto per il godimento del fabbricato.
Note
1. Art.51, comma 4, lett. c), TUIR.
Sotto Capitolo n. 6.8
Le polizze assicurative: i premi per assicurazioni sanitarie, sulla vita e sugli infortuni
La casistica delle polizze stipulabili dal datore di lavoro a favore dei dipendenti sono diverse; le
illustriamo di seguito. Dev’essere tenuto presente che, relativamente, ai premi di assicurazioni
sanitarie e per infortuni extra-professionali, l'assoggettamento a tassazione deve avvenire nel periodo
di paga in cui sono effettuate le erogazioni da parte del sostituto d'imposta (1).
Note
1. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par. 3.4).
Sotto Capitolo n. 6.9
I veicoli aziendali
Per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori utilizzati oltre che per esigenze di lavoro anche per uso
privato (ad esempio per recarsi al lavoro), concessi cioè in uso promiscuo, si utilizza un criterio
forfetario che prescinde dall’effettiva percorrenza e dai costi realmente sostenuti.
Se il veicolo non è concesso in uso promiscuo , la suddetta regola forfetaria di valorizzazione del
fringe benefit non trova applicazione: per il veicolo concesso per uso esclusivamente personale , il
valore del fringe benefit è determinato secondo la regola generale del valore normale .
L’utilizzo di veicoli per uso esclusivamente aziendale non concorre, invece, a formare il reddito del
dipendente.
Il valore del fringe benefit è pari al 30 per cento dell’importo che corrisponde a una percorrenza
convenzionale di 15.000 chilometri, calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio, desumibile
dalle tabelle ACI, al netto dell’ammontare eventualmente trattenuto al dipendente per l’utilizzo del
mezzo.
E' del tutto irrilevante, quindi, che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi
che sono nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall'ACI, dovendosi
comunque fare riferimento, ai fini della determinazione dell'importo da assumere a tassazione, al
totale costo di percorrenza esposto nelle suddette tabelle.
E’ stato chiarito che, qualora il modello di veicolo utilizzato promiscuamente dal dipendente non sia
compreso tra quelli inclusi nelle tabelle in questione, l'importo da assoggettare a tassazione dovrà
essere determinato prendendo a riferimento quello che per tutte le sue caratteristiche risulta più
simile.
Per espressa previsione normativa il costo chilometrico di esercizio è desumibile dalle tabelle
nazionali che l'Automobile Club d'Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e
comunicare al Ministero delle finanze che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con
effetto dal periodo d'imposta successivo.
Poiché la percorrenza convenzionale utilizzata dal legislatore per stabilire il valore del veicolo
utilizzato in modo promiscuo, è determinata su base annua, l'importo da far concorrere alla
formazione del reddito, calcolato come sopra specificato, deve essere ragguagliato al periodo
dell'anno durante il quale al dipendente viene concesso l'uso promiscuo del veicolo , conteggiando il
numero dei giorni per i quali il veicolo è assegnato, indipendentemente dal suo effettivo utilizzo.
Come sopra detto, se il dipendente corrisponde somme (con il metodo del versamento o della
trattenuta) nello stesso periodo d'imposta, per la possibilità di utilizzare il veicolo in modo promiscuo
che il datore di lavoro gli ha concesso, tali somme devono essere sottratte dal valore del veicolo
stabilito presuntivamente dal legislatore (1). La natura di tali “somme”, corrisposte dal dipendente per
la possibilità di utilizzare il veicolo e che riducono il valore del benefit , è stata precisata dall’Agenzia
delle entrate che si è riferita all’ipotesi in cui è “prevista la corresponsione da parte del dipendente di
un prezzo o di un canone (con il metodo del versamento o della trattenuta) per il godimento del
veicolo in uso promiscuo” (2).
In base alle disposizioni vigenti in materia di IVA (3), l’azienda dovrà emettere una fattura al
dipendente per un importo pari al valore normale della prestazione di servizio (4). Ciò consente di
detrarre l’IVA passiva relativa alle spese dell’auto aziendale concessa al dipendente.
E’ previsto che, ai fini dell’IVA, il valore normale della prestazione, che dovrà essere addebitato come
corrispettivo al dipendente, verrà stabilito con apposito decreto (5); in attesa di tale provvedimento, ci
si deve riferire al valore del fringe benefit, stabilito ai fini della determinazione del reddito di lavoro
dipendente, in base alla tabelle ACI (6) (7). Tale valore è calcolato ed espresso “a lordo” dell’IVA: il
datore di lavoro dovrà quindi scorporare l’imposta compresa in tale valore convenzionale (8).
Note
1. CM 23 dicembre 1997, n.326/E, par. 2.3.2.2.
2. Agenzia delle entrate, Circolare 19 gennaio 2007, n.1/E, par.17.1 .
3. Art.13, DPR 26 ottobre 1972, n.633.
4. Art.13, comma 3, lett. d), DPR 26 ottobre 1972, n.633.
5. Art.14, comma 3, DPR 26 ottobre 1972, n.633.
6. Art.14, comma 6, DPR 26 ottobre 1972, n.633.
7. Art.51, comma 4, lett.a), TUIR.
8. Ministero delle finanze, Risoluzione 20 febbraio 2008, n.6/DPF (par. 5). Il documento ufficiale chiarisce che “Per i veicoli
messi a disposizione dei dipendenti dietro corrispettivo, si è inteso in ogni caso evitare - come precisa la relazione governativa
alle nuove norme - l'effetto distorsivo che potrebbe derivare dalla detrazione integrale nel caso in cui sia previsto un
corrispettivo non in linea con il mercato. (…) Nella lett. b) del nuovo terzo comma di detto articolo (si tratta dell’art.13, DPR
n.633/1972; NdR) è stato segnatamente previsto che, in caso di messa a disposizione dei veicoli di cui trattasi da parte del
datore di lavoro nei confronti dei dipendenti a fronte di un corrispettivo specifico inferiore al valore normale, la base imponibile è
costituita dal valore normale medesimo. (…). In questo senso, il nuovo sesto comma dell'art. 14 del decreto IVA, aggiunto dalla
predetta disposizione, prevede una regola particolare per la messa a disposizione a titolo oneroso, nei confronti del personale
dipendente, di veicoli stradali a motore. In particolare, al fine di semplificazione e di coordinamento con la disciplina in materia di
imposte sul reddito, viene stabilito che per tali operazioni il valore normale sia determinato in funzione dello stesso parametro
cui è commisurato il fringe benefit ai fini dell'IRPEF, ovvero in misura pari al 30 per cento dell'ammontare corrispondente ad una
percorrenza convenzionale di quindicimila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle
tabelle nazionali ACI, al netto dell'IVA nello stesso inclusa. Ove sia pattuito un corrispettivo inferiore a tale importo, la base
imponibile è quindi costituita - in luogo del corrispettivo - dall'importo medesimo, al lordo delle somme trattenute al dipendente e
al netto dell'IVA nello stesso importo inclusa”.
Sotto Capitolo n. 6.1.1
I buoni-acquisto o vouchers dopo la Legge di Stabilità 2016
Nei paragrafi precedenti si è accennato al fringe benefit costituito da “buoni-acquisto” o vouchers ; di
seguito, si svolgono alcune considerazioni sull’argomento, tenendo presenti le modificazioni
introdotte dalla Legge di Stabilit à 2016 (legge 28 dicembre 2015, n.208).
Le imprese possono cedere ai dipendenti, vale a dire alla generalità dei dipendenti, a categorie degli
stessi, ma anche a singoli lavoratori, particolari “buoni-acquisto” o vouchers, da utilizzare presso altre
imprese precedentemente convenzionate (negozi, punti-vendita della grande distribuzione, distributori
di carburanti, eccetera), per l’acquisto di beni o servizi. In base alla convenzione stipulata con il datore
di lavoro, il fornitore provvede a fatturare i beni o i servizi acquistati dal dipendente, al datore di lavoro
medesimo (esiste comunque anche la possibilità dell’intermediazione di un’impresa terza rispetto al
rapporto di lavoro, che emetta i vouchers e stipuli apposite convenzioni con i fornitori di beni e servizi
ai dipendenti, come avviene con i buoni-pasto).
L’Agenzia delle entrate ha ricondotto, in via interpretativa la fattispecie dei buoni-acquisto alla più
generale categoria dei fringe-benefits ed ha chiarito (Circolare 22 ottobre 2008, n.59/E, par. 16) che “
con l'abrogazione della disposizione agevolativa relativa alle liberalità, le stesse, ove siano erogate in
natura (sotto forma di beni o servizi o di buoni rappresentativi degli stessi) possano rientrare nella
previsione di esclusione dal reddito se di importo non superiore, nel periodo d'imposta, a 258,23 euro
”.
Come già illustrato ai paragrafi precedenti, infatti, in deroga al principio di onnicomprensività del
reddito di lavoro dipendente, l’articolo 51 comma 3 del TUIR prevede che (secondo la regola
generale dei fringe-benefits) non concorre a formare il reddito imponibile il valore dei beni ceduti e dei
servizi prestati se l’importo complessivo nel periodo di imposta non è superiore a 258,23 euro; se
invece il valore corrisposto è superiore, lo stesso concorre interamente alla formazione del reddito di
lavoro dipendente.
Ebbene, già prima delle modifiche recate dalla Legge di Stabilit à 2016, la dicitura utilizzata
dall’Agenzia delle entrate nel documento di prassi citato (“buoni rappresentativi di beni o di servizi”)
suggeriva un approccio prudente allo strumento dei buoni-acquisto. Il significato testuale
dell’espressione citata consigliava che la correlazione tra il “buono” ed il “bene” o il “servizio” che il
dipendente assegnatario del voucher può acquistare (con onere a carico del datore di lavoro) fosse
sufficientemente stretta, in modo che i beni o i servizi acquistabili con l’utilizzo del voucher fossero
“beni” o servizi” individuati.
In assenza di più precise indicazioni dell’Amministrazione finanziaria sul tema, si sarebbe potuto
ammettere che tale predeterminazione dei beni o dei servizi acquistabili con i buoni fosse da limitare
all’individuazione se non di specifici beni, quanto meno di una “tipologia merceologica” predefinita di
beni o di servizi: ad esempio, il voucher assegnato (come avviene nella prassi) solo per l’acquisto di
carburante (“carburante”, senza altre precisazioni; quindi benzina, gasolio, gpl, o metano); di prodotti
alimentari (non altrimenti predefiniti); di libri (senza prevedere ulteriormente la limitazione, per
esempio, ai soli libri scolastici per i figli), di servizi di trasporto pubblico per percorsi liberi, anche
diversi da quello casa-lavoro (risoluzione delle Entrate 126/E del 2007); di prestazioni mediche
specialistiche (senza altra definizione ulteriore), ed altro ancora.
In passato, nel silenzio della prassi ed in mancanza di una norma fiscale che regolasse la questione,
si rendeva opportuno evitare che il voucher conferisse al dipendente il diritto di acquistare una
gamma di prodotti così ampia da privare il documento della caratteristica di essere “rappresentativo”
di determinati beni o servizi e renderlo assimilabile ad un “titolo di credito”, munito di un grado di
“astrattezza” sufficiente a farlo equiparare al denaro.
La prospettiva descritta non sembra essersi modificata in virt ù delle novità recate dalla Legge di
Stabilità 2016 (legge n.208/2015, art.1, comma 190).
Si è introdotto dopo il comma 3 dell’art.51 del TUIR, il nuovo comma 3-bis il quale prevede che “Ai fini
dell’applicazione dei commi 2 e 3 (vale a dire: per l’applicazione delle disposizioni sui servizi
costituenti l’offerta di welfare aziendale e l’attribuzione di fringe-benefits individuali), l’erogazione di
beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di
legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale”.
Tale norma presenterebbe le potenzialità per risolvere le incertezze interpretative accennate, sul
regime fiscale applicabile alle assegnazioni ai dipendenti dei cosiddetti vouchers, da utilizzare per
l’acquisto di beni e servizi presso imprese convenzionate (negozi, punti-vendita della grande
distribuzione, distributori di carburanti, eccetera). Più precisamente, la disposizione in discorso, si
potrebbe intendere come una conferma normativa della tesi secondo cui non concorrerebbero alla
formazione del reddito i vouchers per così dire “a contenuto generico”, assegnati al dipendente, che
gli attribuiscono il diritto ad acquisire beni e servizi con il solo limite dell’importo nominale “facciale”
riportato sul titolo.
Infatti, la nozione di “documenti di legittimazione ” è quella contenuta nell’ articolo 2002 del Codice
civile (documenti di legittimazione e titoli impropri) secondo cui le norme sui “titoli di credito” “non si
applicano ai documenti che servono solo a identificare l'avente diritto alla prestazione, o a consentire
il trasferimento del diritto senza l'osservanza delle forme proprie della cessione”.
Il testo del decreto interministeriale attuativo , in attesa di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale,
sembra invece deporre a favore della opposta tesi restrittiva , come detto, già presente nella prassi
amministrativa citata, secondo cui la correlazione tra il “buono” ed il “bene” o il “servizio” che il
dipendente assegnatario del voucher può acquistare (con onere a carico del datore di lavoro) deve
essere sufficientemente stretta , in modo che i beni o i servizi acquistabili con l ’utilizzo del voucher
siano “beni” o servizi” individuati, non essendo sufficiente che il “documento di legittimazione riporti
solo il limite di valore in esso incorporato.
L’articolo 6 del decreto attuativo così si esprime: “ 1. L’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi
di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n.917 del 1986, può
avvenire anche attraverso il rilascio di documenti di legittimazione nominativi, in formato cartaceo o
elettronico. Tali documenti non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, non possono
essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare diritto ad un solo bene, prestazione opera o servizio
per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico del titolare.
2. In deroga a quanto disposto dal comma 1, i beni e servizi di cui all’articolo 51, comma 3, ultimo
periodo, del decreto del Presidente della repubblica n.917 del 1986 possono essere cumulativamente
indicati in un unico documento di legittimazione purché il valore complessivo degli stessi non ecceda il
limite di importo di cui alla medesima disposizione.
3. l’affidamento e la gestione dei servizi sostitutivi di mensa continuano ad essere disciplinati dal
decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n.207 ”.
In sintesi, pertanto, la disciplina relativa ai buoni acquisto (o vouchers) scaturente dalla legge di
Stabilità 2016 e dal decreto attuativo (articolo 6) appare la seguente.
a) il nuovo comma 3-bis dellart.51 del TUIR, codifica l’ interpretazione a suo tempo resa dall’
Amministrazione finanziaria, secondo cui eventuali disposizioni di favore connesse alla fruzione di
opere o servizi da parte del lavoratore, si applicano a prescindere dal fatto che la stessa avvenga per
il tramite di strutture di propriet à del datore di lavoro ovvero esterne all’azienda;
b) in questo caso, il dipendente deve risultare del tutto estraneo al rapporto che intercorre fra
azienda e l’effettivo prestatore del servizio ;
d) viene ammessa la possibilità che il documento di legittimazione riporti un valore nominale ;
e) in base all‘articolo 6 del decreto attuativo , si stabilisce (comma 1) che i vouchers presentano le
seguenti caratteristiche :
- devono essere nominativi;
- non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare ;
- non possono essere monetizzati né ceduti a terzi;
- devono dare diritto ad un solo bene, opera o servizio ;
- sono utilizzabili esclusivamente per l ’intero valore nominale rappresentato , non essendo poi
ammessa la possibilità per l’utilizzatore di integrare a proprio carico l’eventuale differenza a saldo dei
servizi legittimati
f) le deroghe a questi principi sono contenute nei successivi commi 2 e 3 con cui viene ammesso, da
un lato, che i beni e servizi di valore inferiore a 258,23 euro possono essere cumulativamente
rappresentati da un unico documento di legittimazione, mentre, dall’altro, che i buoni pasto continuino
ad essere disciplinati dalla normativa previgente.
E’ sulla portata e significato pratici di tali deroghe che si avverte la necessità delle indicazioni
operative della prassi amministrativa dell’Amministrazione finanziaria.
Sotto Capitolo n. 6.10
Le novità della Legge di Stabilità 2016 per il nuovo assetto del Welfare aziendale
I capitoli che seguono illustrano i fringe benefits correlati alla realizzazione di un “valore sociale” e
consistenti in prestazioni finalizzate ad appagare determinati “bisogni esistenziali” del lavoratore; al
soddisfacimento di queste esigenze, l'ordinamento annette un particolare apprezzamento cosicchè si
prevede la non concorrenza al reddito del relativo valore economico.
Destinatari potenziali di tali benefits devono essere la generalità dei dipendenti oppure categorie di
dipendenti.
E’ in tale contesto che si collocano le significative novità previste in materia di Welfare aziendale
dalla Legge di Stabilità 2016, (legge n.208 del 28 dicembre 2015, articolo 1, commi 182-190).
In attesa di chiarimenti ufficiali da parte dell’Amministrazione finanziaria, i paragrafi che seguono
forniscono una prima illustrazione delle notevoli innovazioni introdotte dal 1° gennaio 2016.
Resta peraltro fermo che, in base al comma 188 della Legge di Stabilità 2016, l’intero “pacchetto”
delle disposizioni relative alla fiscalità del lavoro dipendente, vale a dire, la “detassazione dei premi di
risultato” (commi 182-187 e 189) e le modifiche al welfare aziendale oggetto delle presenti note
(comma 190), richiede che, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, sia emanato il decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell ’economia e delle
finanze, che deve definire le modalità attuative delle nuove norme.
Si tratta, nello specifico, in merito alla nuova “detassazione” delle retribuzioni premianti, di stabilire i
criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, con
le modalità del monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali di cui al comma 187, nonché le
modalità attuative delle previsioni contenute nei commi da 182 a 191, compresi gli strumenti e le
modalità di partecipazione all’organizzazione del lavoro, di cui al comma 189 (1).
Il decreto interministeriale in questione è stato firmato dai Ministri competenti (Comunicato-stampa
del 30 marzo 2016) e trasmesso alla Corte dei conti per la relativa registrazione, preliminare alla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
NOTE
1. Legge n.208 del 28 dicembre 2015, articolo 1, comma 188.
Sotto Capitolo n. 6.10.1
Gli oneri di utilità sociale consistenti in servizi: la lettera f) dell’art.51 TUIR
Come accennato, per incentivare la diffusione dei cosiddetti “piani di Welfare aziendale” sono state
apportate, a decorrere dal 1° gennaio 2016, rilevanti modifiche alla disciplina dell ’art.51 del TUIR ad
opera della Legge di stabilità 2016.
In primo luogo, viene modificata la lettera f ); oggi, essa dispone che non concorre al reddito del
lavoratore “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o
in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità
dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al
comma 1 dell’articolo 100”.
Si prevede, quindi, la non imponibilità del valore delle opere e dei servizi di utilità sociale, erogati dal
datore di lavoro alla generalità o categorie di dipendenti ed ai loro familiari (1), non più solo
“volontariamente”, ma anche in esecuzione di obblighi assunti contrattualmente , per le finalità di cui
all’art. 100 del TUIR , vale a dire per scopi di
- educazione,
- istruzione,
- ricreazione,
- assistenza sociale,
- assistenza sanitaria o
- culto.
L’art.100, comma 1, TUIR è la disposizione secondo cui i costi sostenuti dall’impresa per le opere ed i
servizi offerti volontariamente alla generalità o a categorie di dipendenti sono deducibili dal reddito
d’impresa per un ammontare non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni
di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi (2).
La norma si riferisce espressamente alle spese per le opere ed i servizi offerti unilateralmente alla
generalità o a categorie di dipendenti; ne dovrebbe conseguire che, viceversa, i costi relativi agli
analoghi servizi ed opere messi a disposizione dei dipendenti dall ’impresa in esecuzione di un
obbligo contrattuale siano deducibili integralmente dal reddito d’impresa.
In merito alle modalità con cui fornire i servizi e le opere in discorso ai dipendenti, l'Agenzia ha
ritenuto (3) che l'esclusione dalla tassazione operi anche nell'ipotesi in cui detti servizi siano messi a
disposizione dei dipendenti tramite il ricorso a strutture esterne all'azienda , di proprietà di prestatori
terzi. In tal caso, il dipendente deve risultare estraneo al rapporto che intercorre tra l'azienda ed il
prestatore del servizio e, in particolare, non deve risultare beneficiario dei pagamenti effettuati dalla
propria azienda in relazione all'obiettivo di fornitura dei servizi medesimi.
Dev’essere rimarcato che la nuova disposizione consente di superare le precedenti interpretazioni
dell’Agenzia delle Entrate, che vincolavano la non imponibilità dei predetti servizi in capo al
dipendente alla condizione che la spesa fosse sostenuta volontariamente dal datore di lavoro e non in
adempimento di un vincolo contrattuale. L’Agenzia delle entrate ha infatti ritenuto (4) che il combinato
disposto dell’art.51, comma 2 lett. f) (nel testo previgente) e dall’art.100 del TUIR (che, come detto,
disciplina la deducibilità dal reddito di impresa dei servizi di utilità sociali erogati volontariamente dal
datore di lavoro ai dipendenti), comportasse che la non-concorrenza di tali servizi al reddito
dipendente fosse ammessa solo nei casi loro “volontaria” corresponsione da parte del datore di
lavoro, vale a dire non in adempimento di un vincolo contrattuale o, più in generale, legale (5).
In tale contesto si collocano, normalmente, i cosiddetti “piani di Welfare aziendale”, utilizzabili come
fattore per contenere e controllare i costi e, soprattutto, per incrementare la fidelizzazione dei
lavoratori per mezzo del miglioramento dei rapporti interni.
Tali piani potrebbero prevedere l’offerta di varie prestazioni a “contenuto sociale”; ad esempio:
- prestazioni di servizi in materia di assistenza domiciliare e infermieristica per persone non
autosufficienti,
- check-up medici,
- servizi socio-educativi per l’infanzia,
- servizi di sostegno della genitorialità,
- viaggi e soggiorni presso centri di benessere,
- abbonamenti a palestre,
- abbonamenti a giornali e periodici,
- abbonamenti o biglietti per competizioni sportive, rappresentazioni teatrali, proiezioni
cinematografiche, mostre, musei,
- corsi di formazione su materie extra-professionali,
- viaggi culturali o religiosi.
Note
1. Si tratta dei familiari che, se fossero a carico del contribuente, darebbero diritto alle detrazioni per carichi di famiglia: coniuge,
figli, altri familiari di cui all’art.433 Codice civile (cfr. C.M. n.238/E/2000 e Risoluzione n.378/E/2007).
2. Art. 100, comma 1, TUIR: “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di
dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria
o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni
di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi”.
3. Agenzia delle entrate, Risoluzione 10 marzo 2004, n.34/E.
4. Risoluzioni 10 marzo 2004, n.34/E e 29 marzo 2010, n.26/E.
5. Il Ministero dell’economia e delle Finanze, (CC.MM. n. 326/E/1997 e n.238/E/2000), aveva invece precisato che il rinvio
contenuto all’art.65 (ora art. 100) del TUIR fosse effettuato soltanto per individuare i soggetti e le finalità agevolate (ad esempio,
l’educazione) senza che questo comportasse l’osservanza delle ulteriori condizioni in esso contenute (ad esempio, la volontaria
erogazione di tali servizi). Pertanto, il Ministero ammetteva la non-concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente
delle opere e servivi di utilità sociale erogate ai dipendenti anche in forza di espresse disposizioni contrattuali.
Sotto Capitolo n. 6.10.2
Oneri di utilità sociale sotto forma di somme o in servizi: la lett. f-bis) dell’art.51 TUIR
Alcuni “oneri di utilità sociale” non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, anche
se corrisposti in denaro , secondo quanto disposto dalla lettera f-bis) dell’art.51 TUIR.
La Legge di Stabilità 2016 ha modificato anche questa norma, al fine di aggiornare la casistica delle
somme, dei servizi e delle prestazioni erogati alla generalità o a categorie di dipendenti e loro
familiari, che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
La nuova disposizione prevede che non concorrano al reddito di lavoro dipendente “ le somme, i
servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di
dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e
istruzione anche in et à prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché
per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi
familiari”.
In particolare, il nuovo testo reca un generico riferimento ai ”servizi di educazione ed istruzione in et à
prescolare”, in luogo del riferimento all’asilo nido della precedente formulazione (1), al fine di
estendere il trattamento di non imponibilità anche alle scuole materne (2); viene sostituito anche il
“vetusto” riferimento alle colonie climatiche con il rinvio ai servizi di frequenza di ludoteche e di centri
estivi ed invernali.
Per quanto concerne la non imponibilità delle borse di studio erogate ai familiari dei dipendenti non
sono previste modifiche al testo: devono, pertanto, intendersi confermate i precedenti chiarimenti
interpretativi forniti dall’Amministrazione finanziaria (3).
Ricordiamo che, in vigenza della precedente formulazione della lettera f-bis), il regime di
non-concorrenza al reddito del lavoratore trovava applicazione anche con riferimento a quei casi in
cui i servizi e le prestazioni richiamati dalla norma previgente (messa a disposizione di asili nido e
colonie climatiche, interne o esterne all'azienda, a favore di dipendenti, categorie di dipendenti e loro
familiari così come borse di studio a questi ultimi), fossero assunti in conformit à ad accordi o contratti
di lavoro aziendali, nazionali o di altro livello . Nel testo della norma, mancava infatti, la condizione
che gli oneri fossero “volontariamente” sostenuti dal datore di lavoro, presente invece nella “vecchia”
formulazione della lettera f) dell’art.51, comma 2.
Note
1. L’Agenzia ha ammesso l’assimilazione agli asili nido dei servizi di assistenza domiciliare all’infanzia (cosiddetto
“tagesmutter”) a fronte della verifica di precisi requisiti (Risoluzione n. 11/E/2014).
2. La Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 344/2008 ha negato l’estensione dell’agevolazione fiscale prevista per gli asili nido
anche alle scuole materne sulla base della considerazione che le voci escluse dalla formazione del reddito imponibile di cui
all’art. 51 del TUIR hanno carattere tassativo, e non possono essere ampliati né in via analogica né tramite interpretazione
estensiva.
3. cfr. C.M. n.238/E/2000 e Risoluzione n.378/E/2007.
Sotto Capitolo n. 6.10.3
Oneri di utilità sociale sotto forma di somme o in servizi: la nuova lettera f-ter)
La Legge di Stabilità 2016 introduce nell’art.51 comma 2, TUIR una nuova fattispecie agevolabile
contenuta nella lettera f -ter) secondo cui non concorrono al reddito di lavoro dipendente “le somme e
le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per
la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12”.
Queste prestazioni potevano già beneficiare della non-imponibilità in capo al dipendente, potendosi
ricondurre in via interpretativa alle opere e servizi rese dal datore di lavoro per finalità di assistenza
sociale, di cui all’art. 51, comma 2, lettera f) del TUIR; con la nuova disposizione , si estende tale
regime agevolato anche alle ipotesi in cui tali servizi sociali siano corrisposti dal datore di lavoro sotto
forma monetaria (ad esempio, in caso di rimborso delle spese sostenute dal lavoratore per assistenza
ai familiari).
Sotto Capitolo n. 6.10.4
La convertibilità in Welfare aziendale dei “premi di produttività”
La Legge di Stabilità 2016 (commi da 182 a 191) prevede in modo permanente , a decorrere dal
periodo di imposta 2016, una disciplina fiscale agevolata sugli emolumenti retributivi di ammontare
variabile, erogati ai lavoratori dipendenti del settore privato, in esecuzione di contratti aziendali o
territoriali, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttivit à, nonché sulle somme erogate
sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. Come si ricorderà, misure analoghe di tassazione
agevolata dei premi di produttività erano state introdotte nel periodo 2008-2014, ma in via
sperimentale o con valenza temporanea limitata ad un solo periodo di imposta.
La nuova agevolazione è riservata ai lavoratori dipendenti (a tempo determinato, a tempo
indeterminato ed in somministrazione (1)) del solo settore privato, i quali abbiano percepito, nell’anno
precedente, redditi da lavoro dipendente, di cui all’art.49 del TUIR, di ammontare non superiore a
50.000 euro annui, non soggetti alla tassazione separata.
Il limite di reddito agevolabile è pari a 2.000 euro ed è innalzabile a 2.500 euro per le imprese che
prevedono precise forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione aziendale del lavoro.
Come accennato, con il decreto congiunto del Ministero del lavoro e del Ministero dell ’economia, da
emanarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016 (quindi entro il 1° marzo
2016) attualmente in attesa di pubblicazione, si definiscono sia i criteri di misurazione dei predetti
incrementi di produttività, le modalità di partecipazione dei lavoratori all’organizzazione del lavoro,
nonché le modalità di monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali.
Ciò premesso, si dispone (comma 184 della Legge di Stabilità 2016) che i premi di produttività in
denaro non sono soggetti ad imposizione né ordinaria, né sostitutiva, nei casi in cui siano convertiti,
su scelta del lavoratore, nella fruizione di somme, beni e servizi di cui all’articolo 51, commi 2 e 3,
ultimo periodo, del TUIR.
Il testo della norma è il seguente “Le somme e i valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del
comma 3 dell’articolo 51 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n.917, non concorrono, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro dipendente,
né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191, anche nell’eventualità in
cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui
al comma 182”.
La modifica normativa risponde alla finalità di superare alcune interpretazioni fornite dall ’Agenzia
delle entrate in risposta ad interpelli, nelle quali era stata negata la non imponibilit à in capo ai
dipendenti dei servizi di welfare fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione di quote di retribuzione
monetaria, fissa o variabile (2).
La corresponsione di tali servizi ai dipendenti, secondo l’Agenzia delle entrate, doveva essere “
aggiuntiva” rispetto alla normale retribuzione spettante al dipendente e non “sostitutiva” delle somme
di competenza dello stesso. Nei casi in cui fosse stata sostitutiva, secondo l’Agenzia delle entrate, tali
erogazioni ai dipendenti dovevano essere assoggettate a tassazione ordinaria come retribuzione in
natura, sulla base del loro valore normale determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR, in ragione del
principio di onnicomprensività dell’art. 51, comma 1 del TUIR (3). Tale impostazione dovrebbe, ora,
essere superata .
Segnaliamo che, stando alla lettera della norma, la fruizione del premio di risultato sotto forma di beni
e servizi, rispettivamente previsti al comma 2 ed al comma 3 dell’art.51 TUIR, deve avvenire nel
rispetto dei “limiti” previsti nelle diverse fattispecie inserite nei due commi citati, affinchè il
corrispondente valore non concorra al reddito di lavoro dipendete del fruitore.
NOTE
1. La tassazione sostitutiva delle somme legate ad incrementi di produttività spetta anche ai lavoratori in somministrazione,
dipendenti di agenzie del lavoro, secondo le modalità di applicazione dell’agevolazione prevista nei contratti collettivi aziendali e
territoriali (circolari dell’Agenzia delle entrate n. 59/E/2008 e n. 3/E/2011).
2. L’Agenzia delle entrate, nella risposta all’interpello n. 954-454/2013 del 12 febbraio 2014, aveva chiarito che: “La non
imponibilità delle somme erogate per borse di studio in favore dei familiari del dipendente (comma 2 lett. f-bis) non si applica
anche alle ipotesi in cui, in base ad una scelta dei soggetti interessati tali benefit siano sostitutivi di somme costituenti
compenso in denaro (fisso o variabile) imponibili per il loro intero ammontare.” L’Amministrazione ha ritenuto che “… non era
coerente con la ratio sottesa alle disposizioni in materia di redditi di lavoro dipendente, consentire la riduzione dei redditi
imponibili, fino al completo abbattimento degli stessi, in ragione della tipologia di retribuzione (in denaro o in natura) scelta dai
soggetti interessati”.
3. Agenzia delle entrate, risposte agli interpelli n. 954-83891/2012 del 12 giugno 2012 e n. 954-654/2014 del 24 luglio 2015.
Sotto Capitolo n. 6.8.1
Assicurazioni contro il rischio di morte o di invalidità permanente
I premi versati a copertura di rischi di natura extraprofessionale, in conformità a contratti collettivi o
ad accordi e regolamenti aziendali, per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di morte o invalidità
permanente superiore al 5 per cento, da qualsiasi causa derivante, o di non autosufficienza nel
compimento degli atti della vita quotidiana (sempreché, in quest’ultima evenienza, l’impresa di
assicurazione non abbia facoltà di recesso dal contratto) (1), costituiscono reddito secondo le regole
generali dei compensi in natura.
Si applica, quindi, la soglia generale di 258,23 euro, oltre i quali il complessivo importo di tutti i benefi
ts concessi costituisce reddito (2). In tal caso, sui premi assicurativi in esame, il datore di lavoro
applica, in sede di conguaglio, la detrazione del 19 per cento sull’importo massimo previsto dalla
norma del TUIR (3): euro 630 per il periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013; euro
530 a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014 e, a decorrere dallo stesso
periodo d'imposta, a euro 1.291,14, limitatamente ai premi per assicurazioni aventi per oggetto il
rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, al netto dei premi aventi
per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente.
Qualora la polizza garantisca il diritto al risarcimento anche in caso di danni per invalidità permanente,
inferiori alla franchigia del 5 per cento, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito (4) che la detrazione
compete con riferimento alla sola parte del premio corrisposto a copertura del rischio di invalidità non
inferiore a tale limite percentuale. Per poter attribuire la detrazione nell’operazione di conguaglio, è
necessario che l’obbligo d’assicurazione sia previsto dal contratto collettivo o da un accordo o
regolamento aziendale (5).
Segnaliamo che la percentuale minima di invalidità, richiesta ai fini del diritto alla detrazione
d’imposta, é una condizione che non riguarda le polizze stipulate entro il 31 dicembre 2000. Infatti,
per i contratti di assicurazione sulla vita e contro gli infortuni stipulati o rinnovati in anni precedenti
rispetto al 2001, resta salva la previgente disciplina che, nel rispetto della condizione di durata minima
per le assicurazioni vita pari a cinque anni e dell’impossibilità di concessione di prestiti in tale periodo,
prevedeva la tassazione dei premi con il riconoscimento della detrazione d'imposta pari al 19 per
cento degli stessi, da calcolare sul limite massimo di rilevanza fiscale.
I premi versati a copertura di rischi infortuni professionali, versati dal datore di lavoro non
costituiscono reddito (6). Da ciò, consegue la necessità che un’eventuale “polizza mista” precisi la
natura dei rischi assicurati e riferisca a ciascuno di essi la rispettiva quota del premio; in caso
contrario, dovrebbe presumersi l’extraprofessionalità del rischio considerato e quindi la concorrenza
al reddito dell’intero importo del premio versato dal datore di lavoro.
Note
1. Art.15, comma 1, lett. f), T.U.I.R
2. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par. 2.1).
3. Art.15, comma 1, lett. f, DPR n.917/1986, dopo le modifiche apportate dall’art.14 del DL n.149/2013.
4. Agenzia delle entrate Circolare 23 marzo 2001, n.29/E.
5. Art. 23, comma 3, del DPR 29 settembre 1973, n. 600.
6. Ministero delle finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n.326/E (par. 2.1).
Sotto Capitolo n. 6.8.2
Assicurazioni sanitarie
I premi per polizze sanitarie , versati dal datore di lavoro, costituiscono reddito per il dipendente e non
attribuiscono alcuna detrazione d’imposta; tuttavia, le spese sanitarie sostenute conservano la natura,
di volta in volta di oneri deducibili o detraibili, secondo la specifica disciplina in materia, anche se
rimborsate dalla compagnia assicuratrice.
Si pone talvolta la questione, delle polizze per spese sanitarie sostenute all ’estero . A tal proposito, si
può ritenere che il regime tributario dei relativi premi non si differenzi da quello delle polizze relative
alle spese sanitarie sostenute in Italia: questo, in considerazione del fatto che le Istruzioni del modello
Unico Persone fisiche precisano che “le spese mediche sostenute all’estero sono soggette allo stesso
regime di quelle analoghe sostenute in Italia” (1).
Note
1. Cfr. Istruzioni al Mod.Unico PF 2014, fascicolo 1, pag.106.
Sotto Capitolo n. 6.8.3
Altre assicurazioni
I premi per altre tipologie di polizze , versati dal datore di lavoro, si ritiene concorrano al reddito
imponibile e non diano luogo a detrazione, salvo quanto precisato al paragrafo successivo.
Sotto Capitolo n. 6.8.4
Assicurazione R.C. in favore dei dipendenti
Segnaliamo l’ipotesi delle polizze stipulate dal datore di lavoro per tenere indenni i propri dipendenti
dalle perdite patrimoniali consistenti in risarcimenti di danni a terzi , lesi dal dipendente
nell’espletamento di sue mansioni (esclusi, beninteso, i comportamenti dolosi o fraudolenti ed i casi in
cui il dipendente avesse tratto vantaggi personali, conseguito profitti o ottenuto compensi indebiti): i
premi di tali polizze non costituiscono fringe benefit.
L'Agenzia delle entrate (1) ha, infatti, esaminato l’istanza di interpello di una società che, avendo
stipulato per alcuni suoi dipendenti (amministratori quadri e dirigenti) polizze per l'assicurazione di
responsabilità civile, chiedeva se i relativi premi concorressero alla determinazione del reddito di
lavoro dipendente. L'Agenzia ha affermato che tali premi non costituiscono fringe benefit e non
concorrono al reddito di lavoro dipendente, in virtù dei seguenti principi :
- la non concorrenza alla formazione della base imponibile delle somme che non costituiscono un
arricchimento per il lavoratore (esempio, indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione
patrimoniale) ;
- l'irrilevanza ai fini fiscali delle erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro.
Tali principi, desumibili dalle disposizioni contenute nell'art. 51 del TUIR e da alcune pronunce in
materia dell'Amministrazione finanziaria (Circolare n. 326/E/1997 e Circolare n. 55/E/1999)
rappresentano una deroga al principio di onnicomprensivit à del reddito di lavoro dipendente e, ad
avviso dell'Agenzia, possono essere applicati anche alla fattispecie in esame. In particolare, nel caso
in cui l'obbligo per la societ à di tenere indenni i propri dipendenti da eventuali azioni di responsabilit à
civile sia previsto dalla legge o dal contratto collettivo (era il caso rispettivamente dei quadri e dei
dirigenti della società istante), la stipula di una polizza assicurativa rappresenta soltanto "una delle
modalità che la società può scegliere per adempiere agli obblighi posti a suo carico e risponde ad un
esclusivo interesse del datore di lavoro altrimenti chiamato a rispondere, direttamente o
indirettamente, del danno provocato dal dipendente a terzi".
Note
(1) Agenzia delle entrate, Risoluzione 9 settembre 2003 n. 178/E.
Capitolo n. 7
Trattamento fiscale in capo al datore di lavoro
Sotto Capitolo n. 7.1
Reddito d’impresa (IRPEF; IRES)
I fringe benefits generano, per il datore di lavoro, spese per prestazioni da lavoro dipendente,
deducibili nella determinazione del reddito d’impresa ai fini dell’IRPEF (imprese individuali e società di
persone) o dell’IRES (società di capitali), secondo i criteri ordinari. In altre parole, le disposizioni
normative in materia di deducibilit à dei costi di lavoro non devono essere applicate secondo criteri
particolari, salvo nei casi in cui ciò sia previsto a causa di esplicite limitazioni alla deducibilità (ad
esempio, nel caso delle autovetture concesse a dipendenti in uso promiscuo).
Tali “criteri ordinari” per la deducibilità sono:
- il principio di certezza dell ’esistenza e della determinabilit à obbiettiva dell’ammontare della spesa
(art.109, comma 1, TUIR);
- il principio di competenza (art.109, comma 2, TUIR);
- il principio di inerenza (art.109, comma 5, TUIR).
Per le spese per le prestazioni di lavoro dipendente, si applica, infatti, quanto prevede l’art.95, TUIR (il
grassetto è aggiunto): “Le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione
del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalit à a favore dei
lavoratori, salvo il disposto dell’art.100, comma 1”.
Quest’ultima disposizione prevede che “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla
generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti, volontariamente sostenute per specifiche finalità
di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un
ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di
lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi”.
Ciò posto, è possibile ora analizzare alcuni fringe-benefits particolari, sotto il profilo della deducibilit à,
nel reddito d’impresa, delle relative spese.
Sotto Capitolo n. 7.2
Autovetture aziendali assegnate in uso promiscuo
L’autovettura aziendale assegnata ai dipendenti in uso promiscuo per la maggior parte del periodo
d’imposta o del periodo di possesso (1), genera costi deducibili al 70% (2). La misura di questa
limitazione alla deducibilità è stata introdotta dall’art.4, comma 72, legge 28 giugno 2012, n.92..
Per quanto riguarda le quote di ammortamento, i canoni di leasing o di noleggio, la percentuale in
parola si applica all’intero costo, senza individuare previamente la quota parte dello stesso
fiscalmente rilevante (come si prevede per l’autovettura in normale utilizzo solo aziendale). I criteri
applicativi di tali regole sono tutt’ora contenuti nella Circolare del Ministero delle finanze del 10
febbraio 1998, n.48/E (le cui indicazioni vanno assunte con gli adattamenti richiesti dall’evoluzione
normativa nel frattempo intervenuta).
Segnaliamo che questo documento di prassi amministrativa richiede, allo scopo di evitare
comportamenti elusivi posti in essere al solo fine di fruire della deduzione nella maggiore misura
prevista in questa fattispecie (rispetto alla deducibilità ordinaria nella misura del 20% dei costi
dell’autovettura in uso solo aziendale), che l'utilizzo da parte del dipendente stesso debba essere
provato in base ad idonea documentazione che attesti con certezza l'utilizzo (ad esempio, qualora ciò
risulti da specifica clausola del contratto di lavoro del dipendente) (3).
Dal 3 novembre 2014, in caso di comodato di veicoli aziendali, di durata maggiore di 30 giorni, il nome
dell’utilizzatore deve essere registrato nell'Archivio Nazionale Veicoli per mezzo di una procedura
presso la Motorizzazione civile o presso agenzie automobilistiche abilitate (4).
Va, inoltre, rilevato che l’assegnazione può avvenire anche in modo non continuativo e che il veicolo
può essere utilizzato da più dipendenti (5).
Note
1. CM 16 luglio 1998, n.188/E (par.3).
2. La misura di questa limitazione alla deducibilità è stata introdotta dall’art.4, comma 72, legge 28 giugno 2012, n.92.
3. CM n.48/E/1998, par. 2.1.2.1.
4. La Direzione della Motorizzazione civile , con la circolare n.23743 del 27 ottobre 2014, ha precisato che non sussiste
l’obbligo di annotazione del nome dell’utilizzatore del veicolo aziendale nell'Archivio Nazionale Veicoli , nel caso del fringe
benefit per l’utilizzo anche personale del mezzo o per l’utilizzo “promiscuo” dello stesso (il termine “promiscuo” non è qui
impiegato nell’accezione fiscale del vocabolo e rinvia al caso in cui il dipendente ha il veicolo assegnato in esclusiva, ma non in
fringe benefit).
In generale, va infatti tenuto presente che, nel caso di comodato di veicoli aziendali di durata maggiore di 30 giorni, per gli atti
posti in essere dal 3 novembre 2014, l’art.94 del Codice della strada (D.Lgs. n.285/1992, comma 4-bis dell’art.94, introdotto
dalla legge n.120/2010; attuato da un DM in vigore dal 7 dicembre 2012 e reso operativo dalla circolare della Motorizzazione del
10 luglio 2014, n. 15513) prevede che il nome dell’utilizzatore deve essere registrato nell'Archivio Nazionale Veicoli con una
procedura presso la Motorizzazione civile o presso agenzie automobilistiche abilitate; non occorre tenere a bordo la ricevuta
dell’adempimento. In questo caso, il nome dell’utilizzatore non dev’essere annotato sulla carta di circolazione.La concessione
del veicolo in uso gratuito può essere effettuata dal proprietario, dal trustee, dal locatario in leasing (previo assenso del
locatore), dall’usufruttuario e dall’acquirente con patto di riservato dominio (con il consenso del venditore).
L’obbligo di registrazione della concessione della disponibilità del mezzo grava sull’avente causa (in particolare, sul
comodatario), ma può provvedervi su delega anche il dante causa.
La violazione dell'obbligo di aggiornamento dell'Archivio nazionale è punito dallo stesso articolo 94 con sanzione pecuniaria
amministrativa.
5. CM n.48/E/1998, par. 2.1.2.1.
Sotto Capitolo n. 7.3
Finanziamenti concessi al dipendente dall’azienda
La deduzione degli interessi passivi corrisposti a terzi sui prestiti concessi ai dipendenti è soggetta
alle regole di cui all’art.96 del TUIR (1).
Gli eventuali interessi attivi corrisposti dai dipendenti sui prestiti concessi dal datore di lavoro
rientrano nell’ambito applicativo dell’art.96 del TUIR se presentano le caratteristiche enunciate nella
Circolare dell’Agenzia delle entrate n.19/E del 21 aprile 2009 (2), ovvero devono scaturire da una
messa a disposizione di una provvista di denaro, per la quale sussiste l’obbligo di restituzione e in
relazione alla quale è prevista una specifica remunerazione (3).
Note
1. In sintesi sommaria, ricordiamo che la norma prevede che gli interessi passivi e gli oneri assimilati, diversi da quelli compresi
nel costo dei beni sono deducibili, in ciascun periodo d'imposta fino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati.
L'eccedenza è deducibile nel limite del 30% del risultato operativo lordo (ROL) della gestione caratteristica. La quota del
risultato operativo lordo, non utilizzata per la deduzione degli interessi passivi e degli oneri finanziari di competenza, può essere
portata ad incremento del risultato operativo lordo dei successivi periodi d'imposta.
2. Circolare dell’Agenzia delle entrate n.19/E del 21 aprile 2009 (par. 2.2.)
3. Circolare dell’Agenzia delle entrate 23 giugno 2010, n.38/E, p.to 1.2
Sotto Capitolo n. 7.4
Abitazioni in uso ai dipendenti
La fattispecie è regolata dall’art.95, comma 2, TUIR: la disposizione prevede che “Non sono deducibili
i canoni di locazione anche finanziaria e le spese relative al funzionamento di strutture recettive, salvo
quelle relative a servizi di mensa destinati alla generalità dei dipendenti o a servizi di alloggio destinati
a dipendenti in trasferta temporanea. I canoni di locazione anche finanziaria e le spese di
manutenzione dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti sono deducibili per un importo non
superiore a quello che costituisce reddito per i dipendenti stessi a norma dell’art.51, comma 4, lett. c).
Qualora i fabbricati di cui al secondo periodo siano concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito
la loro residenza anagrafica per esigenze di lavoro nel comune in cui prestano l'attività, per il periodo
d'imposta in cui si verifica il trasferimento e nei due periodi successivi, i predetti canoni e spese sono
integralmente deducibili”.
Sotto Capitolo n. 7.5
Oneri di utilità sociale consistenti in servizi in natura (lett. f), art.51, c. 2, TUIR)
La deducibilità dei costi sostenuti spetta in misura limitata ed è commisurata alle spese per
prestazioni di lavoro dipendente e più precisamente entro il limite del “5 per mille dell’ammontare delle
spese per prestazioni di lavoro dipendente”, risultanti dalla dichiarazione dei redditi del datore di
lavoro (1).
Note
1. Art.100, comma 1, TUIR.
Sotto Capitolo n. 7.6
IRAP: i costi per il personale a tempo indeterminato
La Legge di Stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n.190, art.1, commi da 20 a 25) ha introdotto
rilevanti novità circa i costi per il personale dipendente . Si è prevista la totale deducibilità dalla base
imponibile dell’imposta dei costi sostenuti per il personale dipendente assunto in base a contratti a
tempo indeterminato , a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.
Dal punto di vista della tecnica normativa, questa “neutralizzazione” del costo del lavoro è stata
ottenuta aggiungendo all’art.11 del Dlgs n.446/1997 (la “legge IRAP”) una nuova deduzione (inserita
con il nuovo comma 4-octies) , residuale rispetto a quelle gi à esistenti, di misura pari alla differenza
tra il costo del lavoro complessivo del personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e le
deduzioni attualmente vigenti (per esempio, quella fissa per il tempo indeterminato, i premi INAIL, i
contributi previdenziali ed assistenziali, la deduzione di 15.000 euro per l’incremento occupazionale a
tempo indeterminato). In altre parole, la norma introduce la deducibilità analitica dei costi per il lavoro
dipendente a tempo indeterminato come un completamento delle deduzioni gi à previste dall’art. 11
del decreto legislativo n. 446 nel quadro della riduzione del “cuneo fiscale”; queste deduzioni,
pertanto, sono rimaste formalmente applicabili e la nuova deduzione si aggiunge ad esse fino a
concorrenza del costo complessivo sostenuto a titolo di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
La deduzione in parola interessa i soggetti che determinano il valore della produzione netta ai sensi
degli articoli da 5 a 9, del D.Lgs. n. 446/1997, quali, in particolare, le società di capitali ed enti
commerciali (art. 5) e le imprese individuali e le società di persone (art. 5-bis).
Sempre la Legge di Stabilità 2015 prevede l’aumento dell’aliquota dell’imposta dal 3,5% al 3,9% con
effetto però retroattivo già per l’esercizio in corso al 31 dicembre 2014, facendo salvi gli acconti
versati, calcolati secondo il metodo previsionale con l’aliquota del 3,5%.
Si ritiene che le disposizioni precedenti continuino, pertanto, ad essere applicate per l’esercizio in
corso al 31 dicembre 2014, rispetto ai costi di tutti i lavoratori dipendenti e, dall’esercizio successivo ,
per i costi dei lavoratori dipendenti con contratto a tempo determinato (1).
Tali norme sono oggetto della sintesi contenuta nel capitolo seguente.
Note
1. ASSONIME, Circolare n.70/2015, vedi nota successiva.
Sotto Capitolo n. 7.7
IRAP: i riflessi delle regole IRES-IRPEF sulla deduzione dei costi per il personale. I dubbi
e le questioni aperte
In generale, in materia di deduzione dei costi del personale nella determinazione del “valore della
produzione”, che forma la base imponibile dell’IRAP, permane il dubbio che le limitazioni alla
deduzione di determinati costi ai fini delle imposte sul reddito (IRPEF ed IRES) possano riflettersi
sulla deduzione dei medesimi costi ai fini dell’IRAP.
Ammettere, tuttavia, tali limitazioni nella deduzione dei costi per il personale a tempo indeterminato
appare in contrasto con la deduzione integrale di tali spese, introdotta dalla Legge di Stabilità 2015,
descritta al capitolo precedente, di modo che le norme in materia di deduzione dei costi del personale
in vigore fino a tutto il 2014, si dovrebbero ritenere oggi circoscritte alle spese relative al personale a
tempo determinato (1).
Ricapitoliamo di seguito le suddette limitazioni , con i relativi dubbi applicativi, in attesa di chiarimenti
ufficiali che dirimano le questioni controverse.
Il sistema impositivo dell ’IRAP, ridisegnato dalla Legge Finanziaria per il 2008 (legge n.244/2007), è
animato dal principio generale della diretta derivazione dal Conto economico delle voci considerate
rilevanti ai fini impositivi (2) (nel Conto economico, le spese ed i costi si rilevano in virtù della loro
natura e non della loro destinazione) (3).
L’Agenzia delle entrate ha specificato (4) che i componenti negativi correttamente imputati a Conto
economico in applicazione dei principi civilistici, sono normalmente connotati dal generale requisito di
inerenza al “valore della produzione ”, base imponibile dell’IRAP (5), declinata dal contribuente nella
predisposizione del Conto economico; tuttavia, l’Amministrazione finanziaria pu ò sindacare tale
inerenza, in particolare, per determinati costi, per i quali il TUIR introduce presunzioni legali di
parziale inerenza, ponendo limiti alla relativa deducibilit à.
Secondo le Entrate (6), l’eventuale applicazione delle regole sul reddito d ’impresa (IRPEF e IRES) in
materia di deduzione dei costi , realizza una sorta di “area di sicurezza ”, all'interno della quale il
contribuente può posizionarsi; in particolare, l’Agenzia sostiene che “Per limitare le controversie che
potrebbero sorgere in sede di controllo, sul modo in cui tali principi debbano essere correttamente
applicati, e tenendo conto delle esigenze di certezza e di semplificazione”, l'inerenza dei componenti
negativi può essere considerata senz'altro sussistente anche ai fini dell'IRAP , qualora vengano
dedotti importi di ammontare non superiore a quelli determinati, applicando le disposizioni delle
imposte sul reddito.
L’Agenzia delle entrate si riferisce “ad esempio, agli oneri di utilità sociale imputati, secondo corretti
principi contabili, in una voce rilevante ai fini del tributo regionale. Tali componenti di reddito potranno
considerarsi senz'altro inerenti e, dunque, deducibili dalla base imponibile IRAP secondo le limitazioni
contenute nell'art. 100 del TUIR” (7).
Si è, peraltro, già osservato (paragrafo 6.10) che il comma 1 dell’art.100, TUIR limita, a fini
dell’imposta sul reddito, la deduzione dei costi sostenuti dall’impresa per le opere ed i servizi offerti
volontariamente alla generalità o a categorie di dipendenti ad un importo non superiore al 5 per mille
dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei
redditi (8); e che la norma si riferisce espressamente alle spese per le opere ed i servizi offerti
unilateralmente alla generalità o a categorie di dipendenti. Da ciò, dovrebbe derivare che, viceversa, i
costi relativi agli analoghi servizi ed opere messi a disposizione dei dipendenti dall’impresa in
esecuzione di un obbligo contrattuale siano deducibili integralmente dal reddito d’impresa, con la
medesima conseguenza anche ai fini della determinazione della base imponibile dell’IRAP.
L’Agenzia delle entrate (9), aveva anche chiarito che i costi per il personale , classificati nella voce B9
del Conto economico non sono rilevanti ai fini del calcolo della base imponibile dell’imposta; e che
questi costi non sono comunque ammessi in deduzione, anche nel caso in cui fossero classificati in
voci del Conto economico diverse da quella citata, deputata ad accogliere le spese del personale.
L’Agenzia aveva, inoltre, precisato che le spese sostenute dall’azienda per acquistare beni e servizi
da destinare ai dipendenti per lo svolgimento dell ’attività lavorativa sono da considerarsi deducibili “
nella misura in cui costituiscono spese funzionali all’attività d’impresa e non assumono natura
retributiva per il dipendente ” (10).
In proposito, osserviamo che l’espressione utilizzata nel documento di prassi , per individuare i casi in
cui le spese sostenute dall’azienda permangono deducibili (“nella misura in cui i beni ed i servizi ai
dipendenti non assumono natura retributiva ”), potrebbe rinviare non tanto alla circostanza che il
fringe benefit di volta in volta considerato concorra o non alla formazione del reddito del lavoratore,
ma semplicemente al fatto che quel benefit rivesta o no “natura retributiva ”: in altre parole, ad
esempio, i fringe benefits “generici”, goduti nell’anno dal lavoratore, non concorrerebbero al suo
reddito se complessivamente il loro valore non superasse la soglia di euro 258,23; tuttavia, quei valori
rivestirebbero comunque “natura retributiva”, anche se non tassati in capo al lavoratore.
L’Agenzia delle entrate ha ricordato, esemplificando, che rientrano tra i costi deducibili quelli sostenuti
per l'acquisto di tute e scarpe da lavoro; per i corsi di aggiornamento professionale, per i servizi di
mensa e di trasporto collettivo dei dipendenti; quelle erogate a terzi dal datore di lavoro per il viaggio,
il vitto e l'alloggio dei dipendenti e i rimborsi analitici delle spese di vitto, di alloggio e di viaggio
anticipate dal dipendente in occasione delle trasferte (11).
Accanto a queste indicazioni, dev’essere, infine, considerato che la base imponibile dell’IRAP è
costruita in modo tale da rendere indeducibili in capo al soggetto passivo quei costi che non
costituiscono componenti positive imponibili per il percettore del corrispettivo , fornitore del bene o del
servizio (in proposito, a scopo di sintesi, si potrebbe parlare di un “principio di correlazione esterna”
dell’elemento considerato).
Tutti questi principi divengono rilevanti per valutare la “deducibilità” ai fini dell’IRAP (o meglio: la
considerazione ai fini del computo della base imponibile dell’imposta) delle spese sostenute
dall’azienda per attribuire ciascun fringe benefit ai dipendenti (a tempo determinato).
In sintesi e con qualche approssimazione, oggi, in relazione ai dipendenti a tempo determinato , si
possono ritenere esclusi dalla determinazione della base imponibile e quindi indeducibili ai fini
dell’IRAP i costi e le spese relative al personale (voce B9 del Conto economico) e le spese per il
personale dipendente e assimilato, classificate in voci diverse dalla B9.
Devono, invece, ritenersi deducibili le spese sostenute dall’azienda per acquisire beni e servizi da
destinare ai dipendenti in questione (a tempo determinato), nella misura in cui dette spese siano
funzionali, vale a dire inerenti, all’attività di impresa, tenendo conto di eventuali limiti di deducibilità,
secondo le regole sul reddito d’impresa, che definiscono una cosiddetta “area di sicurezza” (ad essa,
l’Agenzia delle entrate “suggerisce” di attenersi), e – come detto – purché tali spese non assumano
natura retributiva per il dipendente.
Ai fini operativi, si può ipotizzare di organizzare i principi in argomento, in base al seguente ordine
logico:
- verifica della classificazione del costo nel Conto economico alla voce B9-Costi per il personale (in
caso affermativo, si avrà l’indeducibilità della spesa);
- in presenza della corretta classificazione della spesa in voci diverse dalla B9, verifica della “rilevanza
retributiva” in capo al lavoratore, del costo sostenuto dal datore di lavoro (in caso affermativo, si
verifica l’indeducibilità del costo per un importo pari a quello rilevante per la retribuzione);
- in assenza di “rilevanza retributiva”, applicazione al costo dei limiti di deducibilità (c.d. “area di
sicurezza”), mutuati dalle norme sul reddito d’impresa per le imposte dirette (IRPEF e IRES).
Peraltro, in vigenza del regime precedente, l’Agenzia delle entrate aveva affermato (12) che le spese
per l’acquisto di beni e di servizi classificati in voci di conto economico rilevanti per l’IRAP erano, in via
di principio, deducibili, a nulla rilevando che quei beni e servizi fossero qualificabili, ai fini della
determinazione del reddito di lavoro dipendente, alla stregua di fringe benefits. In vigenza del
precedente regime poi, la disciplina IRAP di quelle spese seguiva i criteri dell’IRES.
Ebbene, quanto affermato dall’Agenzia delle entrate (13) rappresenterebbe dunque un cambio di
orientamento che non può essere sottaciuto, fermi restando i principi generali che regolano la
determinazione della base imponibile dell’imposta, accennati in premessa. Le interpretazioni pi ù
recenti dell’Agenzia delle entrate alimentano quindi il dubbio circa la indeducibilità ai fini IRAP di quei
costi che l’impresa sostiene per acquistare beni e servizi da erogare ai dipendenti (a tempo
determinato), beni e servizi che costituiscono un fringe benefit per i dipendenti medesimi, tassato o
non tassato in capo a questi ultimi.
In considerazione di tali valutazioni , nello schema riassuntivo riportato in calce al presente lavoro, nel
valutare la deducibilità ai fini dell’IRAP delle spese relative a singoli benefits, si è adottata
l’interpretazione più restrittiva, e per ciò stesso, più prudente.
Note
1. ASSONIME (Circolare n.70/2015) osserva che “partecipano alla determinazione del tributo i soli redditi dei lavoratori a tempo
determinato”; “il mantenimento in vita delle precedenti deduzioni non rappresenta, di per se, un vantaggio per il contribuente,
salvo che nei casi marginali sopra evidenziati in cui esse si applicano a spese per il personale con contratto di lavoro a tempo
determinato per le quali la nuova deduzione non opera”; ed ancora “la nuova disposizione pone riguardo solo alle spese relative
al personale dipendente a tempo indeterminato, per cui l’indeducibilità continua a operare per il personale a tempo determinato
”.
2. L’abrogazione dell’art-11-bis del D.Lgs. n.446/1997, che riconosceva la rilevanza nell’IRAP delle variazioni fiscali effettuate ai
fini delle imposte sul reddito, ha determinato lo “sganciamento” del tributo regionale dall’imposta sul reddito stesso rendendo, in
tal modo, le modalità di calcolo del tributo più aderenti ai criteri adottati in sede di redazione del bilancio di esercizio. Cfr in
proposito: Agenzia delle entrate, Circolare 20 giugno 2012 n.26/E; Circolare 16 luglio 2009, n.36/E; Circolare 22 luglio 2009,
n.39/E.
3. OIC, Principio contabile n.12 “Composizione e schemi del bilancio di esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi”.
4. Circolare dell’Agenzia delle entrate 16 luglio 2009, n.36/E.
5. Per le società di capitali, l’art.5, comma 1, DLgs n.446/1997 prevede che “la base imponibile è determinata dalla differenza
tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’art.2425 del Codice civile, con esclusione delle voci di cui ai
numeri 9), 10), lett. c) e d), 12) e 13) così come risultanti dal conto economico dell’esercizio”. Per le società di persone e le
imprese individuali, l’art.5-bis dispone che non sono deducibili le spese per il personale dipendente e assimilato.
6. Circolare dell’Agenzia delle entrate 16 luglio 2009, n.39/E.
7. Circolare dell’Agenzia delle entrate 16 luglio 2009, n.36/E (par. 1.2).
8. Art. 100, comma 1, TUIR: “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di
dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria
o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni
di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi”.
9. Circolare dell’Agenzia delle entrate 26 maggio 2009, n.27/E (par. 1.4).
10.La Circolare delle Entrate n.27/E/2009 (par.1.4) interviene, di fatto, a “colmare” il vuoto creato dall'abrogazione del comma 2
dell'articolo 11 della “legge IRAP” (D.Lgs. n.446/1997) ad opera della legge finanziaria per il 2008 (legge n.244/2007, art.1,
comma 50, lett.f) ).
11. Circolare dell’Agenzia delle entrate n.27/E/2009 (par. 1.4).
12. Circolare dell’Agenzia delle entrate 12 novembre 1998, n.263/E (par. 2.3).
13. Ci riferiamo in particolare, alla circolare n.27/E/2009.
Capitolo n. 8
Tabella riassuntiva del regime fiscale e previdenziale dei principali fringe benefits
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