little miss sunshine

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little miss sunshine
RASSEGNA STAMPA CINEMATOGRAFICA
LITTLE MISS SUNSHINE
Editore S.A.S. Via Bonomelli, 13 - 24122 BERGAMO
Tel. 035.320.828 - Fax 035.320.843 - Email: [email protected]
LITTLE MISS SUNSHINE
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Regia: Jonathan Dayton, Valerie Faris
Interpreti: Greg Kinnear (Richard), Toni Collette (Sheryl), Steve Carell (Frank), Alan Arkin (Nonno), Abigail Breslin (Olive), Paul Dano (Dwayne),
Beth Grant (Nancy Jenkins), Justin Shilton (Josh), Julio Oscar Mechoso (Meccanico), Brenda Canela (Cameriera della tavola calda)
Genere: Commedia - Origine: Stati Uniti d'America - Anno: 2006 - Soggetto: Michael Arndt - Sceneggiatura: Michael Arndt - Fotografia: Tim
Suhrstedt - Musica: Mychael Danna - Montaggio: Pamela Martin - Durata: 101' - Produzione: Big Beach Films, Bona Fide Productions, Third
Gear Productions Llc, Deep River Productions - Distribuzione: 20th Century Fox (2006)
Rivelazione al Sundance e a Locarno,
una commedia cinica e intelligente, divertente e amara che mette una bomba
sotto una stravagante famiglia ma poi
tenta di ricucire. Chissà. Padre in crisi,
mamma indaffarata, figlio nichilista e
silenzioso, zio gay fresco di suicidio e
amante di Proust, nonno freak, strafatto
e sboccato, tutti al servizio di un viaggio scombinato on the road in California dove la piccola di casa gareggia al
concorso di Little Miss Sunshine.
Viaggio d' inferno verso la sfilata delle
piccole Barbie, una delle mostruosità
americane di cui si contesta la voglia di
vincere a tutti i costi. Commedia sfrontata e farsesca dove tutti perdono pezzi,
ma non perde colpi la serrata regia coniugale di Dayton e Faris con un magnifico cast di caratteri, da Greg Kinnear, che passa il ruolo di gay a Steve
Carrell, Toni Collette, Alan Arkin, la
bimba prodigio e incubo Abigail Breslin. Film sorpresa, da non perdere.
Il Corriere della Sera - 22/09/06
Maurizio Porro
Modulato sulla goliardica confusione
lisergica degli anni Settanta, "Little
Miss Sunshine" è una commedia bizzarra e irresistibile sulle contraddizioni
della famiglia allargata, raccontata senza la brutale cattiveria dei fumetti di
Todd Solondz nè l'irriverenza destabilizzante dei ritratti al veleno di John
Waters o l'onirico romanticismo di Tim
Burton. Nell'America sensibile e minore dei concorsi di provincia per piccole
bellezze ricalcati sui modelli sorridenti
delle riviste, il film, con grazia colorata
appiattita da tic ed abitudini, con ironia
carica di sincere e piccole verità, è un
viaggio anche mentale nelle follie e
nelle piccole manie di un gruppo di
perdenti granitici e genetici, destinati a
convivere e condizionati dall'illusione
dei successo e della riconoscibilità.
Benvenuti a bordo del pulmino degli
Hoover, direzione California, con la
figlia che vuole fare un concorso di bellezza, il nonno che sniffa eroina e legge
riviste porno, papà insegnante e psicologo ed il figlio che ha smesso di parlare e comunica con un block notes. Con
una lunga e proficua formazione televisiva, i due registi, furbi e spietati, muovono le loro figurine con affetto, tenendo saldi libertà e privilegi perduti, propositi di protesta riposti, ma illuminati
dagli occhi sinceri e sognanti della
bambina. Con la lucida vivacità della
tolleranza e la glorificazione ideologica
di principi etici da rispettare alla lettera,
il film è una satira tragicomica per equilibristi della solitudine, che gioca
cinicamente sull'identificazione istintiva dei perdenti che non comprendono il
presente e continuano a rifugiarsi nei
valori fallaci della popolarità, facendo
finta di niente e flirtando con tutto ciò
che è moralmente ripugnante. Costruito
sulla differenza e complementarietà dei
caratteri e sull'eterno dilemma tra essere e apparire, con uno stile ossequioso e
cialtrone che estremizza i meccanismi
comici e rende omaggio ai padri nobili
della commedia, "LittIe Miss Sunshine"
fotografa impietosamente le aspirazioni
tradite e vendicatrici di genitori premurosi e vampiri che riversano sui figli
tutte le aspirazioni tradite e le ambizioni disattese e sacrificano ogni decoro
per conquistare premi e strette di mano.
Con una carica spietata e sulfurea di
intelligenza, ruffiane strizzate d'occhio
alla cultura dei reduci, il film con un
montaggio svelto carica le situazioni
per scatenare effetti comici, ironizza
sugli idoli con lo stupore degli innocenti e riesce ad essere un intrattenimento
di classe, riflettendo le difficoltà sociali
e di comunicazione dei non integrati
con la rivincita distaccata delle piccole
differenze. Il film, proiettato in Piazza
Grande a Locarno 2006, coniuga la forza della tolleranza con l'indipendenza
nelle scelte e nei traguardi, in un passatempo eccentrico sui desideri indotti e
traditi.
Vivilcinema - 2006-4-42
Domenico Barone
Per il loro esordio nel cinema Jonathan
Dayton e Valerie Faris, registi di
videoclip, hanno scelto di ribaltare il
senso del modello di film per famiglie.
"Little Miss Sunshine" è il tipico prodotto indipendente che con la collaudata formula del road movie racconta l'altra America all'insegna del politicamente scorretto. Si tratta di una tragicommedia che ruota intorno alle disavventure della famiglia Hoover, i cui membri non sono proprio il massimo in
quanto a equilibrio, e della piccola Olive invitata al concorso di Little Miss
Sunshne. I due registi costruiscono situazioni di comicità demenziale. Il film
è irrobustito dalla performance di Greg
Kinnear, Alan Arkin e Toni Collette.
Il Mattino - 23/09/06
Alberto Castellano
Ecco a voi la famiglia Hoover: madre
affettuosa ma un po' carente come casalinga, zio intellettuale e gay, tentato
suicida per amore, padre col progetto di
lanciare un manuale per vincenti in nove step, nonno sniffone e sporcaccione
che prepara la nipotina per il numero
coreografico da presentare alla finale di
Little Miss Sunshine, competizione californiana di bellezza per bambine. E
poi c'è il figlio quindicenne, che ha fatto voto di silenzio e considera tutti i
suoi familiari una massa di falliti. Un
florilegio di scoppiati come non se ne
vedevano dagli anni '70. E infatti, ad
accompagnare la piccola alla finale in
un hotel californiano ci vanno su un
furgone Wolkswagen, perché in aereo
costerebbe troppo, e non ci nascondono
nessuna delle loro debolezze e dipendenze, si prendono tutti i tempi morti
che trovano (e non solo in senso figurato) e si ritrovano addosso come un boomerang il motivo per cui sono partiti,
che, alla fine, come da copione, non è
più così essenziale. Niente di nuovo ma
tutto gira, ci scappa anche qualche risata, per lo più per gli effetti grotteschi, in
sceneggiatura si avverte l'umanità dei
personaggi ma anche la forzatura della
costruzione di un gruppo familiare dalla bizzarra esemplarità. La ridicolizzazione del fanatismo (non solo statunitense) per la bellezza e il successo è un
po' facile e già vista, ma la naturalezza
dei protagonisti compensa la prevedibilità del discorso: al programmatico ritmo rilassato, quasi sciatto, del viaggio
fa da contraltare un finale che è un piccolo colpo di coda. Un inno alla normalità da recuperare, perché da vicino
nessuno è normale. Di questi tempi, è
già qualcosa.
Film TV - 2006-39-11
Raffaella Giancristofaro
La storia - Olive ha sette anni e si prepara alla finale di Little Miss Sunshine,
concorso di bellezza per minorenni californiane. Tutta la famiglia l'accompagna alla finale.
Bozza per un manuale di cinema indie.
Soggetto: un road movie per finta, che
sia modello narratologico funzionale al
'messaggio'. Regia: non troppo eccentrica, anzi, la più piatta che c'è (ndr: il
più delle volte, è perché l'ideale utente
di questo manuale il creativo con la
macchina da presa lo fa già come primo
lavoro). Scegliere i pezzi della colonna
sonora (niente disco, per favore, cioè sì,
ma solo per prendere in giro i super
freak) e inserirli a effetto quando la
mdp è in movimento (p.s.: rigorosamente non su un mezzo di trasporto
convenzionale. Perfetto il furgoncino
vintage Wolkswagen, che abbia il cambio manuale e non automatico perché
siamo sì americani, ma non omologati).
Personaggi: la gamma più varia e bizzarra possibile dello spettro umano, ognuno con un punto debole, meglio una
dipendenza, che lo renda simpatico
(leggi: faccia sentire lo spettatore meno
sfigato). Un gruppo di weird, insomma,
che però passi per una famigIia america, soprattutto alternativa. Per esempio:
la bambina occhiaIuta e goffa che si
allena per diventare una star, l'adolescente dai lineamenti strani che fa voto
di silenzio per protesta e si ammazza di
flessioni per essere ammesso all'Accademia aeronautica, il nonno cocainomane, lo zio gay sopravvissuto al suicidio per amore, la madre che non riesce
a smettere di fumare, il padre che crede
ciecamente nel progetto di farsi pubblicare un manuaIe per essere vincenti in
nove passi, e si ricrederà (vedi alla voce: 'messaggio', cioè 'rovesciamento del
mito americano del successo a tutti i
costi'). Ringraziamenti: a uno o più festival (minori, o meglio global) per aver
ottenuto la patente di film intelligente e
di nicchia. Nota a margine: anche gli
spiriti liberi che amano il cinema indipendente potrebbero essersi stancati dei
film fatti bene ma col manuale, dell'esibizione finto-disinvolta del riferimento
a un paio di libri e della facile ironia (le
madri mostro e le figlie altrettanto
horror dei concorsi di bellezza). Dignitoso, insomma, ma piccolo già prima di
essere girato.
Duellanti - 2006-29-23
Ada Arcieri
Venerdì scorso è uscito "The Queen".
Oggi esce "Little Miss Sunshine". Venerdì prossimo "Clerks 2". Se siete gente che al cinema va una volta al mese,
datevi una mossa. Cancellate qualche
appuntamento galante, rinunciate a
qualche partita, rimandate qualche seduta di meditazione (che mal si concilia
con il cinema, basta vedere l'orrendo
"Inland Empire" di David Lynch - sappiamo che va tutto maiuscolo, lo abbiamo scritto così per dispetto). Non si
può rinunciare a nessuno dei tre film.
Dovendone salvare solo uno - qui lo
diciamo con dolore, e qui immediatamente lo neghiamo - la corona va a
"Little Miss Sunshine". Se la guadagna
per motivi extra-cinematografici: a parità di bellezza e divertimento, è il più
mainstream. A qualcuno potrebbe non
interessare la monarchia inglese, a
qualcun altro potrebbe non interessare
il turpiloquio. Ma una famiglia l'abbiamo avuta tutti. Non totalmente disastrata come gli Hoover, magari. E certamente non così simpatica. Non abbiamo mai gareggiato a un concorso di
bellezza per bambine, ma certo nessuno
di noi nella vita si è mai 'allenato a perdere', come diceva Lucy dei Peanuts.
Nonno Hoover l'hanno cacciato dall'ospizio, perché sniffava. Il figlio studioso di Proust viene mandato a casa dalla
clinica psichiatrica: la convalescenza
dopo il tentato suicidio è finita. Olive otto anni, panciuta con gli occhiali - si
informa sul perché. Non è che la cosa
le piaccia: 'Hai tentato il suicidio per un
maschio, che schifo!'. Il capofamiglia
vende manuali per avere successo in
dieci mosse. Epperò non riesce a mettere in pratica neppure le prime due. (Gli
acquirenti sono gemelli in spirito di chi
compra da Vanna Marchi: comprereste
una crema scioglipancia da una venditrice con i rotolini di ciccia?). Il fratello
maggiore non parla da nove mesi, finché gli concederanno la scuola di pilotaggio. Così combinati partono on the
road, a bordo di un vecchio pulmino
Wolkswagen bicolore, quelli che solitamente fanno hippie ritardato e qui
fanno solo 'fatica per arrivare alla fine
del mese'. Dieci minuti dopo - grazie a
una sceneggiatura incantevole - pare di
conoscerli da sempre. Una sorpresa via
l'altra, fino alla sorpresona finale.
Il Foglio - 23/09/06
Mariarosa Mancuso