Higuain alla Juventus: scelta giusta

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Higuain alla Juventus: scelta giusta
Il Malpensante.com
Alberto Di Vita
23/07/2016
La trattativa tra Juventus e Higuain sembra ormai in dirittura di arrivo, anche se davvero c’erano
pochi dubbi che si perfezionasse: ne avevamo già parlato come di un fatto sostanzialmente certo. Il
Napoli può solo stare alla finestra, dato che l’esistenza della clausola rescissoria consente a
qualunque società, disposta a pagarne per intero l’ammontare, di accordarsi con il calciatore (pare
abbia già fatto le visite mediche a Madrid).
In questi giorni si moltiplicano gli improperi sui social, qualcuno già brucia le magliette in pieno stile
“The Decision – Lebron”, vengono fuori minacce, insulti e tutto l’abbecedario del tifoso idiota, dotato
di cellulare 24h su 24h che gli consente una platea fino a ieri disponibile solo nei peggiori bar sport.
Tra i più notevoli (oltre ai deprimenti auguri di infortunio, se non proprio di morte prematura):
“infame”, “traditore”, “uomo di merda”.
Ecco, uomo di merda. È proprio
su questa parola che vorrei soffermarmi, sulla parola “uomo”. Il tifoso tifa, è fisiologico che si senta
attaccato visceralmente a quella squadra e a quella maglia: anche quando in B, i milanisti e gli
juventini hanno tifato comunque, così come i napoletani. La fede calcistica fa fare capriole anche alla
logica, e ci lascia permeare soltanto da ciò che ci piace di più e respingere tutto il resto, fino al suo
parossismo: l’odio. Perché, sì, purtroppo esiste il concetto di “odio” nello sport, soprattutto nel calcio
(fortunatamente ce ne sono molti altri dove non c’è o è molto meno evidente): non si spiegherebbero
altrimenti quelle guerre vere tra tifosi che vediamo troppo spesso.
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Ma sarebbe ora che il tifoso capisse che il suo tifo, quello personale, è qualcosa che matura
con lui anno dopo anno: ci sono le gioie e le delusioni, le vittorie e le sconfitte, gli sfottò, le
speranze, la voglia di appartenere a qualcosa… tutto straordinariamente individuale, intimo.
I calciatori, però, non sono tifosi: sono dei professionisti che iniziano la carriera a 20 anni (quando
sono fortunati) e la completano a 33-34, talvolta prima, talvolta dopo. Sono professionisti che hanno
10-12, forse 14 anni al massimo per ottenere ciò che desiderano di più: c’è chi cerca solo
occasioni di vittoria (Seedorf, Serena…); c’è chi guarda di più al lato economico della vicenda (troppi
per poterli enumerare); e c’è chi si affeziona a una maglia e una città, non senza tentazioni (Zanetti,
Totti, Maldini…). Quest’ultima categoria è popolata da pochissimi atleti: sono delle rarità in un
mondo di professionisti.
Cosa è stata Napoli per Higuain?
Al di là dei festeggiamenti, dei canti e dei balli pro e contro, è stata una grande occasione per
rilanciarsi: pur avendo prodotto sempre in maniera straordinaria, non ha mai trovato attorno a sé la
piena fiducia. Prima erano Raùl e Van Nistelrooy, poi è stato Cristiano Ronaldo, poi Benzema… se si
escludono un paio di anni, c’è sempre stato qualcuno che ha avuto più attenzioni di lui. Nel
2009-2010 in campionato segna un gol in più di Cristiano Ronaldo, eppure è spesso costretto a
giocare ai margini della manovra, ai margini dei giornali, ai margini delle attenzioni, delle
tv, ai margini di tutto perché c’è chi brilla più di lui (anche quando brilla di meno).
In Nazionale stessa storia, c’è sempre qualcuno che gli ruba il posto, che gli ruba il palcoscenico:
vuoi Tevez, vuoi Aguero, vuoi Di Maria, vuoi soprattutto il padreterno Messi, l’unico giocatore al
mondo che sceglie come deve giocare lui e tutto il resto della squadra. Higuain compreso. E la Copa
America di quest’anno ci racconta di uno straordinario Higuain fino alla finale, dove però sbaglia un
gol come non dovrebbe: per quell’errore, riceve più critiche lui che non un Messi con l’Argentina
mai decisivo quando conta.
Napoli per Higuain è stata la città del riscatto, dove poter dimostrare di essere un numero
1 assoluto: nient’altro che questo.
Dall’altra parte ha la chance della vita: una squadra che domina in Italia, che ha una squadra di
straordinario livello completata con il più determinante centrocampista attualmente in Italia (Pjanic),
che ha appena perso Morata e che ha davanti un Gomez che di certo non gli ruberà nulla; dall’altra
parte Napoli, con mister Sarri che tutto sembra tranne che “international”, con una squadra che non
sembra attrezzata per andare molto lontana in Champions League, quello che probabilmente El
Pipita sente come banco di prova vero per potere finalmente mostrare che lui può fare la differenza,
come e più di Cristiano e Messi.
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Higuain è un professionista
con davanti l’occasione della vita: quest’anno compie 29 anni e all’orizzonte non c’erano grandi
squadre che potevano garantirgli competitività e titolarità. L’unica era la Juventus, che l’ha voluto,
cercato e pagato.
Da poche settimane nella NBA c’è stato il clamoroso passaggio di Kevin Durant ai Golden State
Warriors: Durant è “nato” con OKC e ci ha giocato 9 anni, facendola sorgere dal nulla come una
franchigia di livello, capace di sfiorare il titolo e di arrivare spesso in fondo. Ma non gli bastava,
perché sapeva che OKC probabilmente non avrebbe vinto mai: nonostante il carico di emozioni è
mille volte superiore al caso di Higuain, ha fatto una scelta da professionista ed è andato là
dove aveva più chance di vincere. Giustamente.
Hiugain non è un “uomo di merda” perché queste scelte non le fa l’uomo, le fa il
professionista: e se tutti ci spogliassimo dall’abito di tifosi “duri-e-puri”, quanti di noi avrebbero
fatto diversamente? Quanti di noi, vedendo Torino e Napoli più o meno allo stesso modo, vedendo
Juventus e Napoli come due semplici tappe di una carriera… quanti di noi avrebbero scelto Napoli,
che non vincerà e non ha grosse possibilità di vincere? Onestamente direi quasi nessuno (e il “quasi”
lo tengo solo per formalità). Sì, sarebbe stato bello se… il sogno, la favola, la “fedeltà”, la storia da
raccontare: ma queste sono tutte cose che appartengono al tifoso, non al calciatore. Non sempre,
anzi, quasi mai.
Poi, si badi, il calcio è
straordinario: Zlatan Ibrahimovic andò via dall’Inter perché voleva vincere la Champions League.
Andò al Barcellona e si sbagliò. Si sbagliò perché Ibrahimovic una Champions non l’aveva
vinta prima e non l’ha vinta neanche dopo, neanche con quella che tecnicamente doveva essere
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la squadra più forte della storia: il Barcellona di Messi, Ibrahimovic, Iniesta, Yaya Touré e chi più ne
ha più ne metta. A eliminare quel Barcellona fu proprio l’Inter da cui lo svedese era scappato: quale
straordinaria beffa della vita e della storia!
E allora, via, lasciamo le cose di sport per quello che sono: cose di sport. Dove non c’entrano
per forza le qualità umane: un calciatore deve calciare, far gol, difendere, poi fuori dal campo può
essere ciò che vuole. Zebina era un difensore atroce, falloso, cattivo e odioso, mentre fuori dal
campo si diceva fosse gentile, amava l’arte, leggeva, era informato. Sono due piani distinti e
separati.
È la prospettiva del tifoso che inganna, che ci fa innestare i calciatori nell’alveo della nostra vita
come una passione che deve durare più a lungo possibile (se bravi, ovviamente): ma non è così.
Higuain ha fatto la scelta migliore, dal suo punto di vista. Ora non gli rimane che vincere, ormai un
obbligo: qualunque cosa che sia meno di un doblete più la finale di Champions League sarà
un fallimento per i bianconeri. Per il resto si sono solo acuite le cose che già esistevano: il
campionato è già andato a luglio, la Juventus è ancora più odiata (sempre che fosse possibile).
Poi, sia mai… magari il Napoli vince lo scudetto e a Maggio nessuno si ricorderà di Higuain, se non
per qualche sfottò.
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