Storia - Primo network per il "twinning" tra Comuni

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Storia - Primo network per il "twinning" tra Comuni
COMUNE DI CROGNALETO
Il Comune di Crognaleto si estende su di un territorio di circa 124 km², con un dislivello altimetrico
tra i 350m (s.l.m.) del fondo valle del fiume Vomano presso la frazione di Santa Croce e i 2458m
(s.l.m.) della vetta del Monte Gorzano, il più alto dei Monti della Laga.
Quasi la totalità del territorio insiste all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della
Laga, infatti le 21 frazioni e contrade (Aiello, Alvi, Aprati, Cerrone, Cervaro, Cesacastina, Crognaleto,
Figliola, Frattoli, Macchia Vomano, Nerito, Paladini, Piano Vomano, Poggio Umbricchio, San
Giorgio, Santa Croce, Senarica, Tintorale, Tottea, Valle Vaccaro, Vallocchio) sono armoniosamente
dislocate sui verdi e lussureggianti crinali dei monti così come arroccate su ardui speroni di roccia
che ne fanno vigili sentinelle delle strette anse dell’alto fiume Vomano e delle piccole valli dei suoi
primi affluenti.
La Storia di Crognaleto
La storia del Comune di Crognaleto è inevitabilmente la storia di quelle che oggi sono le sue
numerose frazioni, infatti il paese di Crognaleto, che da il nome al Comune, è solo uno dei borghi di
origine basso-medioevale che hanno popolato le strette valli, i crinali scoscesi e gli speroni di roccia
caratteristici dell’alta Valle del Vomano, fino alle cime più alte dei Monti della Laga.
Nei secoli scorsi, il territorio chiamato “della Montagna di Roseto”, e che può vantare insediamenti
pre-romanici, ha assistito alle alterne vicende delle comunità dei paesi di Nerito, oggi sede del
Municipio, di Tottea, di Piano Vomano, così come di Senarica e Poggio Umbricchio, ma anche di
Cesacastina, Crognaleto e tutti gli altri borghi ricchi di storia cosiddetta “minore” rispetto a gli
avvenimenti dei grandi capoluoghi come Teramo e L’Aquila, ma che hanno segnato
significativamente le genti e la cultura della montagna teramana.
TOTTEA
E’ stato da sempre uno dei più popolosi paesi della Montagna di Roseto.
Pare prenda il nome dalla distorsione in volgare della parola “tettoia”, data dalla conformazione del
banco di roccia arenaria sul quale si estende e dal quale domina le curve sinuose del Fiume
Vomano.
Documenti del XIII secolo definiscono il confine tra gli ambiti giurisdizionali di Teramo e di
Amatrice, assegnando Tottea a quello teramano.
La chiesa di S.Angelo (S.Michele Arcangelo) di “Tucteio” o “Tocteio” risulta compresa nella Pieve di
Piano Vomano già in documenti del XIV secolo, edificio semplice ma suggestivo, con tetto a
capanna e campanile a vela, al cui interno si conservano tuttora statue lignee del settecento.
Altrettanto interessante è la piccola cappella in pietra di S.Antonio, della metà del XVII secolo.
Ma il vero tesoro di Tottea è nascosto nella dura anima della pietra arenaria, composta da sabbie
finissime compattate nei millenni, a cui i totteiesi hanno saputo dare vita, scolpendoci splendidi
portali, camini e soglie a ornamento di case interamente costruite con lo stesso materiale.
L’arte della scultura della pietra arenaria si è quindi declinata anche nella creazione di oggetti e
suppellettili di uso comune, abilmente forgiati dai maestri scalpellini, artigiani apprezzati ancora
oggi.
PIANO VOMANO
Collocato lungo la cresta di uno sperone di roccia che strapiomba sulla gola del Fiume Vomano,
gode di una invidiabile vista sulla catena del Gran Sasso.
La datazione delle case va dal XVI al XIX secolo, ma l’origine di Piano Vomano è sicuramente
antecedente, infatti se ne trovano testimonianze già in documenti della seconda metà del XIII
secolo.
L’attuale struttura urbanistica del borgo nasce a seguito della decadenza e successivo abbandono
dell’antico insediamento di Campanea legato alla chiesa di S.Martino che sorgeva in località Colle
del Vento.
Di indiscussa importanza fu la Pieve di Rocca Campanea, che comprendeva 8 chiese del
circondario, tra le quali la curata di S.Nicola, ancora oggi un autentico gioiello dall’indubbio valore
artistico, che conserva anche elementi decorativi provenienti con grande probabilità dalla chiesa
medievale di S.Martino.
In località Colle del Vento insiste il sito archeologico di epoca italica più importante dell’intera area
teramana, chiamato “Mura Megalitiche”, muro fortificato costituito da blocchi squadrati della
locale pietra arenaria delle dimensioni di circa un metro cubo ciascuno, perfettamente incastrati
fra di loro, nelle cui vicinanze vi è anche un piccolo tempietto composto da un’unica cella,
chiamato Palazzo della Regina.
Fino al 2007, nei pressi di Piano Vomano, si ergeva con i suoi 8 mt. di diametro e corca 25 mt. di
altezza, la “Quercia Mazzucche”, una delle Roverelle tra le più grandi e monumentali d’Italia e
d’Europa, testimone di una storia millenaria, ormai malata da tempo e le cui radici non hanno più
retto l’enorme peso. Ora, distesa sul prato, continua a mostrare la sua imponente mole.
SENARICA
Adagiata naturalmente su di uno sperone di roccia che sembra voglia sbarrare la strada a chi risale
il fiume Vomano, Senarica ha saputo profittare della sua posizione strategica per imporsi nei secoli
come punto di riferimento per tutto il territorio montano.
Infatti il piccolo borgo, che oggi conta una settantina di residenti, ha vissuto un passato glorioso
quanto singolare.
Anche se non completamente supportato da conferme documentate, sembra che nel 1343 la
regina Giovanna Iª D’Angiò abbia concesso a Senarica il privilegio dell’autonomia, quale
riconoscimento del valore dimostrato nel respingere l’avanzata delle truppe Viscontee, fu così che i
senarichesi nominarono fra di loro i propri giudici, riconoscendo obbedienza solo alla corona, senza
sudditanza alcuna verso famiglie nobili esterne.
Questo status di feudo di tipo longobardo, dove il diritto di proprietà si succedeva a tutto l’asse
ereditario e non solo al primogenito, fece in modo che tutti erano Baroni (così sono chiamati
ancora oggi i senarichesi) di loro stessi e delle loro terre, definendo di fatto il concetto di “Res
Pubblica” (cosa pubblica), dando vita quindi alla leggendaria “Repubblica di Senarica”, con a capo
un doge, prendendo ad esempio la ben più illustre Repubblica Marinara di Venezia, la quale
sembra abbia anche riservato alla minuscola repubblica appenninica l’appellativo di Serenissima
Sorella, ed in cambio della protezione Senarica inviava 12 carlini d’oro e 2 soldati in caso di guerra.
La singolare potestà di autonomia fu confermata nei secoli dai vari sovrani che si successero al
trono di Napoli e la denominazione di Repubblica di Senarica appare ancora in molti documenti
geografici redatti tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, fino a quando nel 1813 Senarica e le
altre Ville della Montagna di Roseto confluivano nel Comune di Crognaleto, con sede municipale a
Cervaro, trasferita definitivamente a Nerito con delibera del Consiglio Provinciale del 1880.
Resistono ancora, al trascorrere dei secoli, testimonianze scolpite nei bassorilievi di alcune
architravi e soglie decorate, e ancora in conce di pietra utilizzate per costruire o ristrutturare le
attuali case e la ricostruita chiesa dei SS. Proto e Giacinto.
Altro testimone suggestivo della vetusta storia di Senarica è il secolare Castagneto, una volta fonte
di sostentamento delle famiglie ed oggi, a causa dei parassiti e del progressivo abbandono della
coltura, ridotto a poche decine di piante produttive che assistono impotenti alla trasformazione di
quello che una volta era il vanto della montagna in un monumentale cimitero di giganti spogli e
grigi.
CESACASTINA
Circondato dal verde lussureggiante dei boschi, con la sua inconfondibile forma di croce, adagiato
alle pendici del Monte Gorzano (2548m slm), il paese di Cesacastina (1150m slm) e stato da
sempre un’importante “stazione” di passaggio lungo il percorso che univa la costa abruzzese al
versante laziale dei Monti della laga.
Il sentiero che attraversava le montagne non era percorso solo dai pastori e le loro greggi, ma
anche dai cavalieri, con molta probabilità anche templari, che si dirigevano a Roma.
Ovviamente il passaggio di queste figure epiche ha lasciato tracce indelebili nelle storie e nelle
leggende ambientate in questi luoghi, rafforzate dalle testimonianze mute ma cariche di significato
dei ruderi di costruzioni in pietra, spesso di carattere religioso, che ancora si affacciano tra il verde
prorompente dei prati, dei boschi e dei fossi.
Si racconta dell’esistenza, appena fuori dell’abitato, di un antico minuscolo convento dove sette
frati, tra il XV e il XVI secolo, erano dediti tra l’altro a pratiche di alchimia, con la missione di curare
i viandanti e i soldati di ritorno dalle crociate. Ma improvvisamente morirono tutti e sette,
avvelenati dal vino nella cui botte eta caduta una vipera. E da quel giorno nessun cavaliere transitò
più da quelle parti, lasciando però nelle voci del popolo la convinzione che avessero nascosto in
quei luoghi, parte dei tesori provenienti dalle loro missioni in terra santa.
Ancora oggi Cesacastina è un importante punto di transito, anzi e ormai uno dei più frequentati
punti di partenza di escursionisti e alpinisti diretti alle più alte cime dei Monti della Laga, senza
dimenticare la ormai celeberrima Valle delle Cento Fonti (o Cento Cascate) che con diversi salti
scende fino al Fosso dell’Acero, meta suggestiva e irrinunciabile, anche se non priva di rischi, degli
appassionati di montagna.
Nel secolo scorso alcuni cesacastinari emigrarono, concentrando la loro destinazione nelle frazioni
Pavona e Castello del Comune di Castel Gandolfo (Roma). L’attaccamento al paese d’origine ha
stimolato un contatto fra i due Comuni e i loro rispettivi Sindaci, i quali da qualche anno hanno
intrapreso un percorso che porterà al gemellaggio, per un costruttivo interscambio socio-culturale.