non abbiate paura bambini

Transcript

non abbiate paura bambini
-1-
Michele Tropiano
NON ABBIATE PAURA
BAMBINI
versi in libertà
-2-
INDICE
L’aquilone
Mattino freddo d’inverno
L’albero
Pagine bianche
Notte stellata
Meriggio
Non abbiate paura bambini
Principessa
Piove
A te
Il freddo che avanza
Addio
Domani chissà
Freddi binari
Cara finestra
Vanamente aspettai
Fu vera gloria?
Mani di piombo
Non c’è speranza
Ghiaccio
Ubriaco
Medaglia di bronzo
Solo in mezzo alla gente
Mi trascino
La città dei mostri
C’è gente che di poesia non ne capisce un cazzo
Anticonformisti
Non mi avrete mai
Tempo che muta
Questa non è la mia guerra
Arriverà domani
Istinto omicida
Il bivio
Natale
Dedicato a me stesso
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-3Non ho più paura
Oltre l’orizzonte
Sturm und drang
Ulisse
Orfeo
Elogio del male
Tutto ciò che sono
Sotto terra
Mulini a vento
Filosofia
Progresso
Aspettando la scomunica
La mia strada
Un altro anno sta per finire
Il pendolo
Insegnatemi ad amare
Oceani di pensieri
Le vostre risposte
Ad un morto qualunque
Proemio…
Frastuono
Alla sposta che non avrò mai
A Satana
Nonsense
Miles gloriosus
Nessuna consolazione
Domani sarà la fine del mondo
The day after (il giorno dopo)
L’uomo che esce dal bar
Eroina
Incomprensione
Storie da raccontare
L’ora della morte
Il più stupido
Atlantide
Centocinquanta
Versa vino, amico mio
Poète Maudit
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-4Dialogo con il Cristo alle soglie di un’Apocalisse al contrario
Boicottiamo la stirpe d’Adamo
Al di là della morte
Arriverà forse la sera
Nelle notti di plenilunio
Non vi dirò il mio segreto
Verdetto finale
Non morirò del tutto
Il canto della Morte
È tempo di morire
A sé stesso
Testamento
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NOTA BIOGRAFICA
114
-5L'aquilone
Come tempesta al ciel discese
un aquilone dal bianco candore
ricade e poi sale e vola ancora
nel cielo disperso di api e di fiori
di luci e di ombre nascoste dal sole;
tornava a casa un bambino, era solo
e diceva e gridava a gran voce
al mondo non v'è che violenza
e paura ad ogni sorriso;
e corri ora, sorridi fin quando
sarà la tua terra fertile ancora.
Porta con te il tuo aquilone,
non piangere ora, la mamma
è con te nel suo dolore raccolto
fra baci e carezze silenzioso sbocciato
come un fiore che scorre pian piano
il suo pianto al mattino;
vola lontano fra nubi e fra venti
il lamento suo ancora s'ode fra i prati
mentre le stelle discese dal buio
lassù brillano ancora dentro
ai tuoi occhi ignari di male.
-6Mattino freddo d’inverno
Corre nel vento un pensiero nascosto dietro
gli occhi suoi tersi e lucenti di gemma
disciolta nel sole, saliti nel cielo a guardare
l’ultima corsa del giorno disperso
in canti e balli e giochi finiti nel lento tepore
d’un sonno cercato e trovato sotto
coperte che mancano d’oro e d’argento:
sparisci orrenda creatura di nero vestita
non c’interessa la faccia tua brutta
che nasconde nell’ali fastose un presagio
di dolore di miseria e di morte,
non ci prendi in giro tu e la tua gente
senza ritegno… d’un colpo svanita alle spalle
d’un sogno mal rammentato al mattino
freddo d’inverno; adagio alzati adagio,
nuova giornata si sveste e dischiude belle
e nuove sorprese dice la mamma bella al mattino
calda quasi d’estate nel suo pigiama
dorato; sveglia è ora di andare. Andiamo
miei prodi è ora di andare lo dice la mamma
saluta il papà! e soli noi siamo torniamo
vinciamo nel freddo d’un solo mattino fuggito
nel nulla all’alba di cento ricordi sotto
cento dense coperte che mancano
d’oro e d’argento anche oggi.
-7L’albero
Piangerai bimbo gaudente quando sull’ultimo
tocco infinito di sole raggiante dischiuso
al primo mattino sotto l’albero spoglio
udirai un silenzio tuonante che abbraccia
la vita e la morte come sull’orlo d’un nero
burrone s’ode solenne un muto rumore
d’interminabile nulla, lì piangerai e
con leggeri singulti sospirerai i giorni
lontani quando di giochi grondava
quell’albero insieme agli amici felici
d’un solo grande rimpianto disperso
fra i fiori caduti e volanti nel vento
freddo mai come adesso mai come te,
che errante fra le piogge serali confondi
le lagrime tue con l’acque che ’l cielo
comanda dall’alto; piangeranno con te
le cicale e le rondini le fronde ombrose
dell’albero solo che stanco s’appressa
al suo eterno cantare notturno.
-8Pagine bianche
Brezza marina d’alta montagna
soffia nel cuore dell’uomo provato
paziente in attesa dei sogni volati
in un attimo eterno d’infinita tristezza
nel gelido vento come pagine già
scritte di un grande libro mai
letto fermo sulla riva e fra l’onde
di un mare sempre in tempesta dimenticato
nella mente dello scrittore suo impegnato
ne’ mille pensieri che la vita rivela
ad ogni nuova sconfitta patita e sofferta,
vana come caminetto acceso nel deserto
dell’anima sola vagante fra le dune
scoscese d’un tratto sparite dietro la
spessa bufera che mai perdona, con sé
trasportando le ultime pagine bianche
del libro stampato nel gelido vento
d’una lunga giornata di nubi.
-9Notte stellata
Colui che solo fra le sue cose smarrite
vive di speranza disperato muore
come un cane abbandonato per la strada
calcato da mille automobili nella loro folle
corsa verso una falsa meta troppo lontana
per fermarsi ad aspettare la bestia che attende
in mezzo alla corsia di sorpasso la fuga
vincente verso le stelle che in alto ora
brillano e dicono in coro a notte inoltrata
non c’è giustizia nel mondo terreno
imperiose dall’alto del loro trono celeste;
una notte fatale colpito e affondato come
una nave in mezzo al deserto che attende
il diluvio nel torrido inverno della sua
solitudine mesta, solo in mezzo alla gente
l’omino schizzato nel quadro felice fra
mille colori che esplodono grigio risalta
all’occhio del suo osservatore che fermo
impassibile come quel cane schiacciato dalla sua
aspirazione più vaga (vola lontano ora vola lassù!)
si siede ammirando l’arte più vera di una storia
finita nel blu scolorito di una notte stellata.
- 10 Meriggio
Sento lontane le voci di bimbi
felici ne’ loro giochetti innocenti,
meriggio di un giorno che lento
si spegne sui boschi incantati
abitati da gnomi e da elfi verdastri
come le foglie che volano lente
nell’aria odorosa di gemme fatate,
un grido vicino di freddo dolore
sento nell’aria che porta con sé
la scia di pianto sofferto di un bimbo
caduto dall’alto: accorre la mamma
non è niente tesoro ci sono qua io
che asciugo le lacrime tue… nel nulla
svanite al dolce respiro sul collo,
una nenia sottile che percorre fra
i boschi incantati il vuoto meriggio
finito in una serata di piena tristezza.
- 11 Non abbiate paura bambini
Ho scritto lettere per ogni
bambino che nasce in questo
mondo violento firmate col
sangue dei nostri bisnonni
che ora forse riposano in pace
sotto lastre fredde di marmo
pesante come una vita nuova
che sboccia come un fiore
nel caldo deserto i suoi petali
seccati lentamente dal sole;
non abbiate paura bambini
la vita è bella e incantevole
come la vostra mamma che
piange di gioia appena sul
suo grembo posate le vostre
docili mani innocenti non
ancora sporcate da niente
e nessuno vi impedisca di
amare la vita che esplode
una bomba la guerra l’odio
di gente che spara e non pensa,
ma non abbiate paura bambini
perché sarete proprio voi
a sparare per primi senza pensare
perché al mondo pensare
è proibito lo dice la televisione
accesa in salotto con il papà disteso
sul freddo divano in pantofole
lo ucciderete in silenzio
- 12 con i vostri sorrisi glaciali
ma non abbiate paura bambini
ho scritto lettere anche
per ogni vecchio che muore.
- 13 Principessa
Bianche solenni colombe volano dalle
tue labbra come dischiuse da un sapore più
nuovo vagheggiato di giorno e di notte, ed io
vagando fra fiumi e fra mari fiorenti
di pesci e di alghe ombrose come pioppi
d’un bosco sommerso di lacrime eterne
(specchio di sogni lontani) son bambino troppo
cresciuto per stare da solo con i miei
giochi ora feroci ora pacati ora
nascosti dietro di te bella principessa
dei sogni miei alati sconosciuti a te come
segreti perversi tenuti celati per sola
paura, nel candido pensiero che nel buio
s’assopisce e si sveglia d’un tratto
respinto e poi in volo ripescato solo per
te principessa che senza preavviso nasci
dal nulla come bionda luce in una scura stanza
d’albergo in periferia dell’animo mio laddove
nessuno mai aveva visto nient’altro che nero
profondo… un bicchiere vuoto che cade
di mano e si spezza come il mio cuore
spaccato a metà andato in frantumi insieme
ai mille progetti d’un vago futuro che
sepolto rimane sotto una spessa coltre di nulla.
- 14 Piove
Piove sull’ore annoiate, un canto
che scorre le nubi come accordo mai
ritrovato sopra i tasti d’un pianoforte mai
usato; piove sul volto tuo dolce, musica
sempre vitale dorata come lamento
continuo all’ombra del sorriso tuo forte
e massiccio d’un tuono non ancora svelato;
piove e cade la pioggia sopra
i veli del seno tuo fresco e brunito come
pomo accecato da sole di maggio mai
arrivato sul foglio d’un calendario mai
aperto ma a lungo sfogliato con mani
leggere come piume al cielo disperse;
piove sulle gambe tue stanche per aver
passeggiato solerte nella mia fervida
mente tutta la notte fino al mattino
al risveglio d’un tratto colpito da rabbia
non averti vicino le lacrime mie gelide
sul caldo cuscino morbido come le gote tue
dolci… Dillo quassù che non c’è altro per
me ma solo pioggia scurita fra un coro d’estate
e un silenzio d’autunno infinito (un campo riverso
nella sua solitudine) chiuso in sé stesso
l’amico scompare dietro la pioggia;
e piove sull’ore annoiate, un canto
che scorre le nubi come gemito d’un
bianco fanciullo sul letto nero di morte.
- 15 A te
E questa canzone la dedico a te
senza una musica ma con note
dolenti come un pugnale nel cuore
della notte stellata guardo me stesso
in una pozza di pianto sofferto che
stona il concerto di cento cicale
in amore ch’a nullo amato amar
perdona 1 il mio stile, vengo da te
senza niente da dire in silenzio
pietoso pietroso come un aspro
dirupo che percorre la via che
lenta conduce ad un gelido
inferno inverno di una vita vuota
come il palmo della mano d’un vecchio
che all’angolo della strada affollata
solo nel freddo chiede elemosina.
1
“cfr il celeberrimo verso del V canto dell’Inferno di Dante “Amor, ch'a
nullo amato amar perdona”
- 16 Il freddo che avanza
Il freddo che avanza i tuoi
occhi che brillano ancora
di ghiaccio mi guardano
fissi eppure non vedi il mio
pianto che macchia il nostro
amore mancato un affetto
sincero che provi forse per
me ma non m’interessa
volevo la luna mi hai lasciato
un pugno di mosche che
ronzano intorno un rumore
assordante nelle mie orecchie
stanche di sentire i battiti
di un cuore che geme da tempo,
il freddo che avanza lo sento
nelle ossa e nel ventre mi strazia
la mente annebbiata da una noiosa
canzone che si ripete nel vuoto
con i suoi tristi ritornelli profondi
come un burrone dove cade
veloce il mio ultimo inganno.
- 17 Addio
C’incontreremo forse nei sogni di un bimbo
che dorme all’altro capo del mondo
su di un letto argentato che luccica al buio
ma tu non saprai riconoscermi mai e
io sarò lì penserò che sei la più bella,
oppure c’incontreremo forse nel calice
dorato di una festa in maschera dove saremo
bevande che insieme si fondono per
deliziare la gola ai tanti invitati
i loro costumi figurano allegri e felici,
oppure c’incontreremo forse fra mille anni
quando saremo polvere che vola nel vento
impetuoso come un’eterna passione scritta
sui muri di un bianco castello le torri
gli arcieri un assedio finito nel sangue
dei miei cavalieri della tavola quadra
i suoi spigoli lenti mi entrarono in petto,
un dolore lentamente smorzato dal tempo
che solo lui conosce davvero i nostri destini
incrociati un giorno lontano per caso
quando fra tante scelsi te come ossessione
infinita e mentre tutto sta per finire
rubo le rime agli antichi poeti anche io
per darti semplicemente il mio addio.
- 18 Domani chissà
Amo il sapore del silenzio velato da
cento canzoni in un carosello dorato
di spiriti lontani da ogni castigo
inflitto a me stesso da una vita in salita
come il cammino dell’ultimo uomo
sopravvissuto rimasto a guardare il mondo che
crolla impetuoso su se stesso girando attorno
al sole cocente di un’estate bollente che
annebbia i pensieri in conflitto (osserva
un pallone da calcio che rotola sull’erba
e un pianeta malato che rotola nel vuoto).
Amo il sapore delle stelle lontane
sfiorate col pensiero solerte di un lieve
sospiro che cade nello spazio infinito per
trovarsi in compagnia di miliardi di stelle
sperdute ne’ loro respiri ineffabili come
versi smarriti in un mare di solido niente.
Odio guardare intorno le case bianche
rosse gialle e marroni con i loro balconi
sporgenti e i panni stesi a versare sangue
insieme ad acqua e sapone: odio pensare
ad una vita rinchiusa in quattro mura tristi
di un appartamentino quadrato all’ultimo
piano da dove guardo dall’alto la gente che
silenziosa nel proprio ritardo angoscioso
s’appressa veloce alla loro corsa abituale.
- 19 Vorrei volare lontano da tutto e da tutti
perdendo il mio tempo sospeso nel tempo,
perdendo il colore la forma e il sapore di
un mondo che non m’appartiene (o
forse di farne parte non mi è stato concesso)
come un dio solitario che mira dall’alto
la sua creazione maldestra e dice fra sé
oggi ho sbagliato domani chissà.
- 20 Freddi binari
Chiedevo a me stesso chiedo impaziente
il fato che corre e pure ci attende
alle porte bianche d’un lungo cammino
forzato sui freddi binari d’un treno che
corre: dove si va? il biglietto non ho
né l’ho chiesto a nessuno ma ugualmente
pagare mi tocca, un’ammenda infinita
come il castigo d’un malvagio omicida
in una cella senza sbarre guardando lontano
i fiori e i prati che volano nella sua mente
angosciosa… Angoscioso il viaggio che
siamo costretti a iniziare in uno scuro
vagone che corre sui freddi binari:
ditemi almeno perché ma non sanno
non pensano i miei compagni di viaggio
coi loro insulsi sorrisi sulle loro facce da
schiaffi appagati del loro posto a sedere
vicino al finestrino come i bambini che
mani sui vetri ammirano il fugace
paesaggio che scorre loro davanti come
fuoco che muta forma e colore in un rogo
maestoso dove bruciano lente le nostre
timide vite: vana speranza vano cammino
vana la via che lunga si perde ai miei occhi
brillanti di luce mai nuova che sola si spegne
in un confuso pensiero di vuoto.
- 21 Cara finestra
Non ti accorgi cara finestra di
quante cose osservi dall’alto
dal tuo trono modesto tra
tende e serrande aperte sul
mondo che debole scorre come
pioggia d’estate odorosa fra
sterili prati verdastri a festa
addobbati per l’ultimo incontro
di un sole calante dietro montagne
di false promesse ammucchiate
come ossa biancastre di unicorni
morti in battaglia, il buio che scende
maestoso sul cimitero dei poveri
uomini in giacca e cravatta che lesti
attraversano sotto i tuoi occhi
distratti le vie infuocate da demoni
morti in battaglia… il buio che sale
lungo il corpo mio molle storpiato
dall’eco straziante di un canto
perenne che fuori mi attende:
cara finestra (ricordi quando bambino
mi affacciavo felice?) chiudi i battenti
dalle raffiche continue di gemiti
bucati come i sacchi di sabbia
lungo le mute trincee di una
guerra finita nel sangue dei nostri
bambini là fuori a piangere al freddo.
- 22 Vanamente aspettai
Vanamente aspettai dietro l’angolo
ottuso come un manipolo di folti
cavalli con cavalieri invisibili tirati
a lungo ad una meta vicina mai
troppo lontana ma sempre distante
quel tanto che basta da perderci
l’anima a furia di sognarla di notte
conquistata nei timidi accenni
di un giorno che cala il sipario
fra fischi e schiamazzi affilati come
lame di cento coltelli che tagliano
i ponti fra me e il mio futuro
indeciso, un’onda che tutto travolge
da lontano ammirata da vicino temuta
da sempre scolpita sul fondo del mare
delle mie vuote speranze di vita
correndo lento nel buio ad occhi
sbarrati aspettando di scorgere qualcosa
di buono in un fitto frastuono di tenebra.
- 23 Fu vera gloria?
Aspetta in silenzio fuori dal tempo
un canto d’inverno di neve e di vento
arrivato dal Nord che la bussola impone
all’ago distratto che lento s’incurva
in un cerchio perenne di male comune
alle maschere odierne, uno spettacolo
infame dove pagliacci armati di false
promesse improvvisano numeri goffi
come i lor spettatori che nelle piazze
affollate disperati si accalcano nel
silenzioso dolore che portano in seno
scoperto come i loro assegni bancari
vuotate le tasche i risparmi sudati
verso i compensi esaltati dei fantocci
grotteschi sul trono portati in trionfo
(fu vera gloria? ai posteri l’ardua sentenza
di morte) una burla feroce di un mondo
marcio e avariato come una mela caduta
da un albero stanco di portare la sua
croce perenne inchiodato come Gesù
Cristo morente ma senza pretese
di miracoloso ritorno ad una vita che
piatta versa nella sua solitudine.
- 24 Mani di piombo
Volevo conoscere meglio diceva
il bambino che lento cammina
nel buio di un antico portone
di un palazzo sfumato nel vento
che porta con sé i sogni dei bimbi
le loro futili brame da uomini veri
come pesanti macigni che tuonano
nel freddo silenzio di un burrone
infuocato da aspri tormenti lontani
parenti di una grande ferita col sangue
che scorre lo vedi sul muro il mio
cervello ridotto in disgustosa poltiglia
come una vita che lenta mi cola
fra le mie sudate mani di piombo.
- 25 Non c’è speranza
Non c’è speranza nel cuore di chi
vede e capisce la nenia noiosa d’un
lungo bagno in acqua gelata immobile
segno d’un freddo timore di morte o
di vita che impetuosa trabocca ma
ferma per sempre in un istante infinito
distante anni luce da me il mio sogno di
sempre presente in questa torrida estate
sui libri e sui tasti di un bianco computer,
ritorna a studiare dice la mamma che
lesta esce di casa le sue strane faccende
il mio esame che s’avvicina d’un tratto
apparso dal nulla dei miei lungi pensieri
non c’è speranza per niente e nessuno
ma intanto continuo il mio stanco cammino
come un turista di mare nel rovente deserto.
- 26 Ghiaccio
Ho incontrato il Ghiaccio sul mio
cammino lungo la strada abbandonato
come un cane rabbioso che viene
da tutti evitato, fredde le sue dure
movenze impietrito quasi affannoso
nel suo gelido manto notturno a lutto
preparato per il mio funerale dove
ci sarà sempre lui il Ghiaccio che
cingerà con le sue membra le mie
una sola cosa nella vita e nella morte
del cigno un balletto senza applausi
ma con tanti spettatori impietriti
o meglio ghiacciati in una strana
atmosfera sospesa nel tempo in un
posto lontano sperduto fra le tane
dei mostri, tanto freddo che c’è da
bruciarsi come arde un ciocco di legno
in una fitta foresta di gelido nulla.
- 27 Ubriaco
Riceverò in dono quattro
grandi damigiane di vino
rosso come il sangue che
fermenta nella grande tinozza
della mia vita là sotto
in cantina fra topi e sedie
ammuffite ammassate a me
davanti alla luce fioca di una
candela che cola candida cera
come lacrime dal volto di un bimbo,
ubriaco perso fra quattro
grandi mura fredde nel caldo
tepore d’un sogno lontano che
mi scivola addosso veloce
salendo le scale mi sfugge
trovando la fine di sopra alla luce
violenta d’un sole morente che
densa traspare da una finestra
sul mondo che precipita nel suo destino
feroce come un cane da guardia,
ubriaco perso resto qui sotto
a godermi la mia solitudine.
- 28 Medaglia di bronzo
Resto in silenzio ora che
ho visto la via del dolore
lunga lastricata di bronzo
come un terzo posto sul podio
della mia vita dove corro
veloce ma non arrivo primo
al traguardo: Niente e Nessuno
sul podio con me esultanti
per la loro prima vittoria
medaglie d’oro e d’argento
urrà urrà evviva è viva
ancora la speranza nei loro
occhi lucenti di sogni proibiti
non sanno che la corsa è truccata
come un clown del circo beffardo
con il suo finto sorriso stampato
sul volto piangente di lacrime
fredde come la medaglia
di bronzo che porto sul petto
squarciato dai vostri applausi
fasulli (così recita il vostro copione)
e resto in silenzio ancora per molto
mi chiudo in me stesso
e cerco la via che lenta conduce
verso il mio vero traguardo.
- 29 Solo in mezzo alla gente
Posti mai visitati lontani che
si frangono in testa come l’onde
sulla scogliera in riva ad un mare
di niente, vani pensieri la vita
raccoglie e poi sparge nel vento
come semi di un frutto non ancora
raccolto nascosto fra i rami secchi
di un albero spoglio solo in mezzo
ad un prato dimenticato da tutti,
la notte che cala su tutto e io guardo
nel sogno più cupo un bambino
cresciuto solo in mezzo alla gente
ne’ suoi giochi feroci cattivo
come l’avete voluto voi che sedete
in poltrona col sigaro in bocca
il fumo che sale negli occhi vi acceca,
intanto io continuo ad ascoltare il
lamento monotono del bambino
che adagio si avvicina alla morte.
- 30 Mi trascino
Mi trascino lento e ferito
su di una lunga strada pigra
che si dilata ai miei occhi
ogni volta che guardo davanti
sfocata confusa mi sembra
di camminare nel vuoto le sento
le gambe che vanno da sole
una fatica infinita il sudore
che veloce scende sul volto
e cade per terra con un sordo
rumore un’eco di morte
si propaga nel nulla, un urlo
straziante come una frustata
dietro la schiena col sangue che
si mischia al sudore un sapore
sulle labbra di agrume avariato
e ancora cammino senza sosta:
sono un superstite in mezzo
al deserto tentoni sulla sabbia
cocente come ardenti carboni
e il sole dilania le carni confonde
la mente penetra l’anima fiacca.
- 31 La città dei mostri
Non trovo parole né
gesti né pianti un lungo
lamento di morte esce
silenzioso dall’anima
stanca incapace di tutto
sull’orlo di una crisi di
nervi smorzata dalla
triste abitudine di giorni
che scorrono lenti come
melma che cola da un tubo
di scarico di una fogna
nauseante come i volti
della gente che mi guarda
col sorriso sulle labbra
camminando lungo strade
affollate: le grida i canti
le gioie bugiarde di uomini
e di donne in camicia da
notte profonda che cala
sulla città e sulle folle festanti
mentre io siedo sul prato
fra fiori appassiti e foglie
ingiallite da un autunno
che torna ogni giorno
stendo leggero un velo
pietoso stracciato dal vento
che soffia veloce lungo
le vie di una strana città
abitata da languidi mostri.
- 32 C’è gente che di poesia non ne capisce un cazzo
E io voglio scrivere ancora poesie
con l’impegno di chi non muore
sotto coltri di merda che
ci bombardano dovunque in questo
mondo malato maltrattato ma mai
stanco di subire eterna vergogna,
c’è in tivù un nuovo eroe acclamato
come un comandante di un esercito
di pinguini con il frac una guerra
a colpi di microfoni e vallette
che ridono danzano e sculettano
mentre gente che soffre muore
sotto i riflettori all’angolo di una strada,
il telespettatore il telefono alla mano
il televoto che decide della vita e della morte
il grande fratello grande fardello che
ci portiamo appresso in un epoca
senza dignità alcuna per l’uomo moderno,
e io voglio ancora scrivere poesie
mentre c’è gente che di poesia
non ne capisce un cazzo (come me).
- 33 Anticonformisti
Se fossimo noi quelli sbagliati
che predichiamo nelle strade vuote
come le teste di chi non ci ascolta
allora resto crocifisso in cima ad un
cartellone pubblicitario reclamo una nuova
morte a buon prezzo a portata di tutti,
se fossimo noi quello sbagliati
allora mi inginocchio al nuovo re
perché non abbiamo capito niente
noi anticonformisti del cazzo,
il mondo va avanti anche senza di noi.
- 34 Non mi avrete mai
Non mi avrete mai come volete
voi che tacete con i vostri schiamazzi
in un unico suono che voce non ha
confuso e stonato negli infiniti spazi
che riempiono ogni vostra parola
non detta le leggi ma solo follia
chi sta su in alto con i vostri consensi
traballanti come un ponte sul fiume
più impetuoso di tutto il reame.
Mi saranno testimoni gli anni
e i millenni che forse mi daranno ragione
sui libri di storia studiata stroncata
da chi la scrive con fiato sul collo
legato da un cappio asfissiante come
l’aria che si respira in tempo
di guerra o di pace fasulla come
le promesse che veloci scompaiono
dietro una densa nebbia avvolgente.
- 35 Tempo che muta
Con un tempo che muta
ho salutato ogni silenzio
di una luna crescente
che cala le sorti su di un
torrido oceano di sangue
e i suoi raggi appassiti
da un solo timore divino
come l’ultimo figlio che
china la testa davanti al
padre nostro che sei nei cieli
gridano in coro le genti
ancora fedeli alle loro candele
accese nel buio di un mondo
sconfitto da soldatini di piombo.
Sarò come vento che corre
sulle gote di un bimbo in sella
alla sua nuova bici veloce
sarò come acqua che scorre
sulla sua fronte arrossata,
sarò come il tempo che muta
in silenzio cambiando la rotta
di una nave che si perde
fra le onde sfumate di un
gelido mare in tempesta.
- 36 Questa non è la mia guerra
Questa non è la mia
guerra
ma combatterò al tuo fianco
fino alla morte
anche senza cartucce a mani
nude come il dolore che ci
penetra nelle ossa stremate
da mille battaglie perse
in partenza come un treno che
muove lungo rotaie di cera,
conteremo i cadaveri senza nemmeno
guardarli perché sapremo già i loro
nomi impressi nei nostri sogni più
oscuri
il bagliore
delle mine ci acceca ma sappiamo
già dove andare, io sarò al tuo fianco
fino alla morte.
- 37 Arriverà domani
Arriverà domani e sarà
come neve cocente sulle mie mani
leggère un libro aperto da lèggere
in silenzio mentre passa la notte e
arriva il mattino poi la sera che
scende e ancora la notte che leva ogni dubbio.
Arriverà domani e sarà
come morire ancora una volta
d’un morbo incurabile ma sempre curato
ogni giorno una vana speranza che frange
barriere invisibili costruite nel tempo
dai miei soldati più forti morti da eroi.
Arriverà domani e avrà
le ore contate già dal mattino freddo
anche d’estate con il sole che non scalda
per niente il cuore dell’uomo stanco
che vaga per mari e per terre cercando
il suo tramonto lontano da occhi indiscreti.
Arriverà domani e avrà
le mie dimissioni sulla sua scrivania
perché ho perso e la sconfitta mi attraversa
come gelida goccia di pioggia lungo la schiena
brivido infame che spezza ogni mia convinzione,
resto impassibile insieme a voialtri mentre
arriva domani e un altro giorno perisce.
- 38 Istinto omicida
Ho visto carne e sangue
su di un piatto che non è d’argento
e la carne non è di mucca né di
maiale quell’uomo che
uccide il suo simile
o almeno così dicono in giro
ma io dico che se errare è umano
perseverare lo è ancora di più,
arrendetevi gente al nostro più grande
nemico il tuo amico
che siede e mangia con te
magari non si chiamerà Giuda
ma per trenta denari è pronto a
tradire anche te perchè
abbiamo tutti lo stesso istinto che
ci scorre nelle vene come fiume
in piena guerra l’un contro l’altro
armati di bugie o di un fucile
(fa lo stesso uccidono entrambi)
allora rassegnati uomo
la tua fine è vicina.
- 39 Il bivio
Forse ho sbagliato ma
nessuno mi aveva mai detto
che al bivio vi sono due strade
sbagliate:
la scelta giusta è non scegliere
sedersi e aspettare che qualcuno
venga a salvarti o ad ucciderti,
la scelta giusta non esiste nemmeno
perché tanto non scegliamo un bel
niente
tutto
è già stato deciso ma nessuno
l’ha mai saputo davvero e allora
crediamo ciò che vogliamo
al bivio che sempre c’inganna
al bivio che mai ci perdona.
Avrò come compagno di viaggio
una clessidra con sabbia cocente
come la mia testa sfinita
il tempo
che scorre sembra
prendermi in giro mi dice
vai a destra vai a sinistra
mentre lento m’appresso alla mia
decisione che non posso prendere
mai
sempre sull’orlo di un triste burrone
sempre più scuro come la notte
che scende sulle nostre fragili vite.
- 40 Natale
E intanto arriva Natale
con le sue luci sgargianti
come pire infuocate dove
ardono lente le membra
di uomini onesti, ingiusti
gli insulti che loro si danno
oltre il danno la beffa
è proprio il caso di dirlo;
e intanto arriva Natale
con i suoi doni sgargianti
che Babbo Natale porta
sulla sua magica slitta
agli onesti bambini, grandi
feste sotto l’albero verde
il venticinque dell’ultimo
mese che ora porta con sé
solo gli affanni di un anno
passato a scartare regali
che il mondo ci porta
ogni giorno brutte sorprese
senza averle richieste.
E intanto arriva Natale
mentre io scrivo e ricordo
i giorni felici sgargianti
quando scartavo i regali
anche io sotto un albero
bello come il dono trovato
dopo un’attesa sì lunga,
ora aspetto effimere carte
- 41 che bruciano a rogo e fumo
negli occhi che vedono
cose che presenti non sono.
- 42 Dedicato a me stesso
Guarderò dentro gli occhi di un bimbo
cresciuto come noi a raccontarsi bugie
e troverò il riflesso di un mondo
che piomba nell’abisso più scuro,
sicuro di cadere con esso insieme
alle anime di miliardi di uomini spenti
accesi fra le fiamme di un inferno
che si creano per caso da sé.
Ma io rimarrò in piedi a guardare
la pioggia che cade incessante
che mi scivola addosso come
docile lava infuocata nell’inferno
a cui non posso più credere,
se il mondo crolla io resto a guardare
se il mondo è feccia io sono diverso
se il mondo mi guarda io non abbasso la testa
ma rimango impassibile come colonna
portante sotto i colpi di un terremoto
frenetico eroico pilastro cocciuto
in mezzo alle spesse macerie
di un tempio dedicato a me stesso.
- 43 Non ho più paura
Ho pensato a tutti quelli
che non sono più tra di noi
che ridiamo e piangiamo
e ho visto tombe aprirsi
come portoni di chiese
che dispensano messe
ogni santa domenica
con le folle supplicanti
ansimanti angosciate
dalla loro ultima ora,
ho visto tombe dischiudersi
come fiori a primavera
e sono usciti da lì cadaveri
più vivi che morti;
ho scritto lettere per ognuno di loro
piene di domande a cui
non ho avuto ancora risposta
se non con un cenno d’intesa,
ma non ho più paura perché
ho ascoltato i loro canti
come un coro di mummie
in uno studio polveroso
ma ripulito da ogni dolore
acerbo come quel punto
che di vita ha nome, (2)
2
C’è un’operetta morale di Giacomo Leopardi, “Dialogo di Federico
Ruysch e le sue mummie” in cui nello studio polveroso si leva un coro di
mummie che, risvegliate magicamente dal loro sonno eterno, ad un certo
punto della lirica iniziale declamano «[…] Che fummo? / Che fu quel
- 44 ma non ho più paura perché
il nostro è destino scritto
nelle stelle lucenti lontane
dalle nostre passioni
infinite come l’universo
che severo ci circonda
come in battaglia un nemico
che non puoi vincere mai.
punto acerbo / Che di vita ebbe nome? / Cosa arcana e stupenda / Oggi è la
vita al pensier nostro […]»
- 45 Oltre l’orizzonte
Se guardi lontano nel mare
dove l’orizzonte finisce
e iniziano i sogni dove
si perdono mille e mille
speranze che nuotano leste
per poi annegare laggiù,
se guardi ancora più in là
puoi vederci gli dei
stravaccati sulle loro lettighe
scesi dall’Olimpo noioso
stanchi di nettare e ambrosia (3)
per arrivare oltre l’orizzonte
allegri e beffardi a saziare
le loro gole con le nostre
morte illusioni affogate
come un gelato al cioccolato
dolce dessert degli dei
ingordi e voraci scampati
per privilegio divino
dal cerchio di Cerbero. (4)
Ma io per pura protesta
non darò loro nessuna pietà
né pietanza per i loro palati
perché resterò sulla riva
senza sognare più nulla.
3
Ovvero il cibo degli dei
Nel suo Inferno, Dante colloca i golosi nel III cerchio, alla cui guardia è
posto il cane a tre teste Cerbero.
4
- 46 Sturm und Drang (5)
E ci furono innumerevoli
lampi fra le stelle infinite
e tuoni che giunsero
dopo
alla fine
a spezzare il silenzio
irreale d’una bufera notturna.
Stammi vicino è tutto
finito inizia
la pace la guerra
nel cuore dell’uomo impaziente
di una nuova tempesta impetuosa
un viandante sul mare di nebbia6
sull’orlo d’uno scoglio preso
d’alta burrasca sembra che cada,
ma non temere quel tempo è finito
s’è sciolto nel sale del mare
insieme alle sue trepidanti sciagure,
ora è tutto diverso io canto
d’inutili battaglie e falsi eroi.
5
Lo “Sturm und Drang” (ovvero “tempesta e impeto”) è stato uno dei più
importanti movimenti culturali tedeschi e contribuì notevolmente al
Romanticismo europeo.
6
“Viandante sul mare di nebbia” è il titolo di un dipinto di Caspar David
Friederich realizzato nel 1818, che esprime il sublime, ovvero l’emblema
del sentire romantico.
- 47 Ulisse
Stanco ritorni alla tua fertile casa
infestata da genti che attendono
l’ora di vederti caduto in una buca
profonda (prima o poi capita a tutti)
vagando per mare e per terra in mente
una sola meta sicura una lunga agonia
lontano da tutto e da tutti fra mostri
incantati e porcelli cangiati e donne
misteriose come pesci che all’amo
all’amore non abboccano mai anzi
ti portano con canti velati a morte
sicura, un viaggio forzato dieci anni
un cavallo bucato un assedio un incendio
scoppiato nel tuo cuore piangente
di un bimbo lontano ma forse laggiù
tornare non vuoi ma lo impone un destino
feroce che scrisse per te un cieco poema
immortale come l’impresa che ti rese
famoso, io leggo la tua storia siamo tutti
turisti di un viaggio che non abbiamo deciso
ma a loro piace, a me meno… ed a te?
- 48 Orfeo
Voltati Orfeo la tua bella
è li dietro ti cerca ti vuole
far cadere in errore perché
lei tornare fra i vivi non
brama e ti chiama la senti
nella tua testa confusa,
un viaggio impossibile
e un amore impassibile
da parte della tua bella
Euridice che dice e non dice
ma la ascolti e allora ti volti
(tacciano antichi e moderni io
la storia vi dico è andata così):
vedi il suo volto velato che
veloce scompare nell’Ade
e adesso che sei solo suona
la tua malinconica lira e
le bestie piangeranno con te,
capirai forse un giorno quando
il fiume porterà la tua testa lontano
da un mondo che non merita te
né la tua docile lira armoniosa
che Zeus porterà in alto nel cielo (7)
stellato infinito come il dolore
che porti nel petto straziato.
7
Secondo alcune variazioni sul mito, Orfeo trovò la morte imbattendosi
con le Menadi invasate che gli tagliarono la testa e la gettarono nel fiume;
successivamente Zeus prese la sua lira e la portò in cielo a formare una
costellazione.
- 49 Elogio del male (8)
Parla il male
I
Comunque di me parlino
volgarmente i mortali
io solo guido e regno
questo mondo malato,
io da sempre piantato
come un’alta sequoia
che una selva sovrasta
dall’inizio dei tempi
già da quando Caino
il mio nobile figlio
versò ‘l sangue fraterno
passando per imperi
violenti e sanguinose
battaglie che da sempre
hanno riempito il mio
calice dove ho sempre
bevuto degustando
il sapore de’ vinti e
de’ vincitori sciocchi
sì credendo d’aver
ottenuto qual cosa
8
Si veda in proposito il testo satirico “Elogio della Follia” di Erasmo da
Rotterdam, di cui l’inizio: «Utcumque de me vulgo mortales loquuntur
[…]» («comunque di me parlino volgarmente i mortali») e la fine «Quare
valete, plaudite, vivite, bibite […]» («per cui state bene, applaudite,
bevete»)
- 50 se non sol la mia gloria.
II
Capitato è per caso
che mi fermassi qui
nel bello e italo regno (9)
e per caso v’ho udito
del vostro imperatore
o come lo chiamate
voi adesso il presidente
(ma di quale consiglio
se fa tutto da solo?)
e di questo parlare
ora io voglio con voi
ché con voi mi compiaccio
lui l’avete ben scelto
dato che rappresenta
quasi perfettamente
ciò che io voglio per voi
perché voi non sapete
come i bambini ciò
che è giusto per voi tutti
mortali feccia sacra
ad un dio che non c’è
fra di voi mentre io sì.
9
L’Italia, il “bello e italo regno” come scrisse Ugo Foscolo nei suoi
“Sepolcri”
- 51 III
Ho letto sui giornali
delle sue pagliacciate
ma voi cosa credete?
che a me non sia gradito
burlare anzi da sempre
un grande mattacchione
io sono e quell’omino
gagliardo tanto è caro
a me ed alla mia corte
cortigiane puttane
di cui giù mi circondo
e lui lo stesso qui
(in terra di poeti
scrittori e anche pittori)
combina alla sua villa
pagando ed elargendo,
mentre voi qui nuotate
in un mare di merda
sì come oro colato
per lui che non se ne
frega un cazzo di nulla
se non sol di se stesso.
- 52 IV
La mia volgarità
non ritengo vi turbi
abituati a ben altro
voi siete, o d’italica
regal stirpe discesi!
quanto vi amo sapete
abbandonaste invero
la strada retta grazie
a lui che ora vi regna
poiché grande lui fu
quando fin dall’inizio
vi buggerò sì al trono
salì e cambiò le leggi
in modo da non esser
mai toccato da alcuno,
oramai vi controlla
con le televisioni
ad arte sistemate
per non farvi sapere
la vera verità
su di lui e sulla sua
cara gente degenere.
- 53 V
Così spero che il mondo
ben comprenda la sua
grande mente funesta
che gran lodi da me
per sempre lui avrà
e spero che per lungo
tempo ancora al governo
rimarrà fino a quando
la Morte chiamerà
anche lui ed io così
spedirlo ad Antenora (10)
potrò da mio fratello
Lucifero ove soffrono
chi come lui tradiron
lor patria grandiosa,
io non scherzo attenzione
io qui adesso concludo
e comunque vi dico
applaudite vivete
state bene e bevete
discepoli miei
continuate così.
10
Antenora era il girone dantesco in cui finivano i traditori della patria,
precisamente la seconda zona del IX cerchio.
- 54 Tutto ciò che sono (11)
Io sono quel che sono
ma tutto ciò che sono
non ve lo posso dire
a dirlo non son buono
e allora ve lo scrivo:
scrivere è l’imperativo
dominante in questo
secolo di chiacchiere
non possiamo stare
zitti ad ascoltare
solo i battiti del cuore,
dite spazio alle emozioni
ma non vi emozionate
per chi avete qui davanti:
io sono quel che sono
ma tutto ciò che sono
non ve lo posso dire
a dirlo non son buono
allora cado nel dimenticatoio
come chi m’ispirò le
prime rime ime
profonde come lo squarcio
che porterete sulla schiena
colpiti a tradimento
da chi forse è solo un folle.
11
In una sua macchietta, il grande attore d’avanspettacolo, oramai quasi
dimenticato, Ettore Petrolini così cantava: «ma tutto ciò che sono non ve lo
posso dire a dirlo non son buono mi proverò a cantar»
- 55 Sotto terra
Ho elemosinato emozioni
da chi poteva solo venderle
al mercato a caro prezzo
che ho pagato senza nemmeno
assaggiarle e gustarle a fondo
perduto come le speranze mai
ritrovate nemmeno a ripagarle
col sangue che ho versato
in un bicchiere di cristallo
sempre mezzo vuoto mai
colmato da nessun’altra illusione;
ho cercato di risalire dal buco
profondo come il cratere
di un vulcano spento e assopito
ma ho capito che laggiù
dovevo restare a scavare
e allora ho già edificato
la mia magnifica reggia
al riparo da attacchi nemici.
Nella terra dei ciechi
chi ha un occhio buono è
sovrano diceva qualcuno (12)
allora fra le bestie che
popolano la terra nascosta
io sono il solo e unico re
con due occhi e due facce
12
[…] nella terra dei ciechi chi ha un occhio buono è sovrano. (N.
Machiavelli, “La Mandragola”)
- 56 come Giano il creatore
l’inizio e la fine di tutto
perduto nei tempi e negli
anni passati ad adorare
numi avari e bugiardi, (13)
menzogne che racconto
a me stesso per essere
un dio disceso in terra
più propriamente sotto
la terra fredda e negra
ma il sol non mi rallegrava
nemmeno mi risvegliava (14)
allora meglio celato quaggiù
lontano da tutto e da tutti.
13
Giano, il dio bifronte, raffigurato con due facce, era il dio più importante
nella società arcaica latina pre-romana, era il dio creatore e padre degli
altri dei; nel tempo però, Giano finì per essere accantonato e le altre
divinità, Zeus in primis, presero il sopravvento.
14
Si veda in proposito “Pianto antico” di Giosuè Carducci «Sei ne la terra
fredda, \ Sei ne la terra negra; \ Né il sol più ti rallegra \ Né ti risveglia
amor».
- 57 Mulini a vento
La mia guerra è finita
sono un Don Chisciotte
rinato dalle pale dei mulini a
vento venuto a svegliarmi
da un sonno che durava da troppo
tempo perduto
lungo una strada
che finiva in un vicolo
cieco come il furore
che accecava i miei
occhi che vedevano
mostri giganti,
giorni miserabili
quelli trascorsi a combattere
invano chi non potevo mai
vincere
ed ho perso
ma forse è meglio così.
- 58 Filosofia
Se davvero vi sono più cose
fra il cielo e la terra
più di quante ne possa
Orazio fantasticare
con ogni filosofia (15)
di questo mondo infame,
allora non basteranno
gli anni di mille battaglie
combattute per una libertà
fittizia come quella che
ci propugna qualche dottrina
e allora non basteranno
i secoli di una civiltà
presunta civile solo per etimo
e non basteranno nemmeno
i millenni di una scimmia
cresciuta a pane e acqua
per contarle tutte,
queste cose che ci circondano
e ci tengono imprigionati
in una realtà desolata
come un Eden perduto
da due amanti ingordi
di mele più marce
di una religione vigente:
e dunque, Orazio, dimmi
15
«There are more things in heaven and earth, Horatio, Than are dreamt of
in your philosophy» («Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante
ne possa fantasticare la tua filosofia») (William Shakespeare, “Hamlet”)
- 59 perché voglio saperlo
perché non mi bastano
queste cose che ci sono
fra il cielo e la terra
cosa dice la tua filosofia?
- 60 Progresso
Vivremo più a lungo
accorciando le distanze
fra noi e le generazioni
che si susseguiranno
come sassi assetati di sangue
scagliati per lapidare
l’ultimo vecchio che
sibilando sussurra
incomprensibili parole
nella stanza d’un ospizio
dove vige il silenzio
dell’età più avanzata,
lavoreremo di meno
accrescendo la nostra noia
oziosi fra macchine
che non pagheranno dazio
per i loro assurdi sollazzi
perché non avranno un cuore
dove immagazzinare emozioni
ma solo padroni da servire,
ma moriremo lo stesso
memori delle nostre vite
ammucchiate all’anagrafe
come cammelli nell’oasi
che dentro sé immettono acqua
immaginando che duri
per l’erta traversata
di un deserto immortale,
- 61 e nelle nostre tombe
non porteremo le cose
che abbiamo ammucchiato
ma rimarremo con le nostre
molte ossa a marcire
mentre la morte
ci abbraccia e ci culla
posando il suo velo
sulla nostra esistenza
disgraziata e infelice
come il progresso
che regredisce pian piano.
- 62 Aspettando la scomunica
Se c’è chi è morto per noi
su di una croce di legno
intagliata duemil’anni fa
allora la storia si ripete senza
centurioni né ultime cene
continuando a sentire l’urlo nero
della madre che va incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo: (16)
io aspetto ancora qualcuno
che ci venga a salvare
senza moltiplicazioni
(l’algebra non è il mio forte)
senza pane e senza vino
d’ottima annata quella
in cui io sono nato
sotto una buona stella
cometa che mi ha guidato
verso una mangiatoia
dove al freddo ho assaggiato
la carne degli angeli
decaduti come la mia fede
da tempo coperta
sotto croste di verità
più dure dei chiodi
che conficcarono le mani
di un cristo qualunque.
16
Cfr «[…] all’urlo nero \ della madre che va incontro al figlio \ crocifisso
sul palo del telegrafo […]» (S. Quasimodo, “Alle fronde dei salici”)
- 63 La mia strada
Se per qualche strano caso dell’universo
mi è stata affibbiata quest’assurda
incombenza della vita
che mi ritrovo a vivere adesso
non ci saranno leggi né umane né divine
che forzatamente mi tratterranno
dal portarla a termine
come dico io e com’io voglio
ribadire a tutti che sono un punto
solitario e nero su un foglio
bianco e nitido come l’anima
che ho barattato per una
sapienza più pura e più pulita
delle coscienze di chi crede
di ottenere una vita eterna
invocando un falso dio:
a caro prezzo ho capito
che non ci sono padreterni
nella volta infinita del cielo
a guardarmi e giudicarmi,
saprò ben cavarmela anche
senza inginocchiarmi e confessarmi
saprò trovare la mia strada anche
senza l’aiuto di nessuno lassù.
- 64 Un altro anno sta per finire (17)
Sento tutti quei giorni pesanti
di un anno trascorso come tanti
a osservarmi incerto allo specchio
dei sogni volati via lontano
su di un calendario venduto
da qualche ingenuo mercante
su di una via veloce vagando
come un passeggere d’altri tempi,
ogni anno la stessa domanda
e ogni anno la stessa risposta:
non ce n’è uno che vorremmo
rifare così come c’è stato concesso
sperando che ‘l prossimo
sia più felice e più bello
di questo che sta per finire
nel cassonetto degli anni passati,
che arde maestoso in un sol fuoco
di paglia perché ce ne saranno
altri e poi altri peggiori alle porte
d’un grande palazzo stregato dove
ogni anno scendiamo un gradino
ruzzolando impotenti giù per la tromba
finendo diritti in una malinconica tomba.
17
Si veda in proposito l’operetta di G. Leopardi “Dialogo di un venditore
d’almanacchi e di un passeggere”
- 65 Il pendolo
Mentre il tempo fugge assassino
noi in nugoli di noia cerchiamo
d’ammazzarlo con le azioni
più crudeli e disumane finché
il pendolo dell’orologio oscilla
silenzioso fra noia e dolore, (18)
mangeremo caviale di lusso
e faremo l’amore sotto la luna
rallegrandoci d’un altro giorno
felice che la sorte c’ha regalato,
ma il pendolo borioso ondeggia
e vacilla da una parte e dall’altra
guancia che porgiamo ogni volta
alla fortuna che ci regala un bacio
di Giuda impiccato ad un albero
maestro d’una nave che lenta
s’avvia alla deriva sull’onde mortali.
Ma io ho cancellato il dolore
e la mia natura ho ripudiato
divenendo un fantoccio di legno
più duro della cassa di quell’orologio
dove dondolava quel pendolo altero:
ora è la noia costante che mi invade
le giornate maledette e mi circola
nel sangue nelle vene e mi stringe
soffocandomi adagio ogni emozione.
18
«La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il
dolore e la noia». (A. Schopenhauer)
- 66 Insegnatemi ad amare
Ho imparato tante cose
che non mi son servite a
niente compromessi questa
volta del cielo sopra di me
mi sovrasta imponente
ma non guardo le stelle
da molti secoli oramai:
insegnatemi a migrare
più lontano fra le nubi
insegnatemi a desiderare
qualcosa che sia vero
insegnatemi ad amare
questa vita che detesto
dove la mia vanagloria
è l’unica cosa che mi salva,
a me stesso mari e monti
ho promesso poi ho ottenuto
pozzanghere e montagne
di nauseabonda spazzatura
in una discarica ammassate
come ebrei ad Auschwitz,
e già che vi trovate insegnatemi
il politically correct così
divento conformista pure io
e potrò amare quest’esistenza
grama e infame con un falso
sorriso sulle labbra pure io.
- 67 -
Oceani di pensieri
Ho attraversato oceani di pensieri
scomposti come burattini senza fili
d’erba che ondeggiano al vento
sospinto da centinaia di riflessioni
riflesse in uno stravagante specchio
deformante come la mia realtà che
deforma me stesso e mi plagia
mi forgia come uno debole Efesto
stanco di modellare scudi e lance
per un’assurda battaglia già persa,
mi perdo così laggiù all’orizzonte
ove fra l’onde ostinate il mio pensiero
più vero si perde e vince la più vera
mia resistenza ostinata estenuante
come i capricci di un bimbo viziato
che alla fine abbandona le forze
e brandisce una bandiera bianca
come la spuma del mare in tempesta.
L’ho ripescato sulla riva di un’Itaca
ritrovata dopo vent’anni di vani viaggi
quel pensiero smontato d’ogni suo
pezzo come un puzzle dai pezzi
disseminati in ogni angolo del pianeta
andato anche lui in pezzi crollato
sotto i colpi di tanti pensieri malvagi
che non abbiamo saputo frenare:
si sono persi in un mare di morte.
- 68 -
Le vostre risposte
Ma forse vi chiederete perché,
dove ci porta questo
inane tempo che scorre silente
nelle vitree volte
d’una clessidra che sabbie ai deserti
rapì affinché scorrano
lentamente nel suo grembo esigente,
or chiedetelo ai venti
(ai torrenti scroscianti
ai tuoni rimbombanti)
o ad un cane che solingo nel buio
lamenta un canto umano
più dei vostri ingannevoli guaiti:
avrete le risposte
migliori da lor che non vi capiscono
e rigettano parole
incantate sui vostri fogli bianchi
come neve che copre
ogni vostro mutevole pensiero.
Avrete quel che volete
fuori da ogni schema
che la natura ha voluto
ma non vuole a noi dirlo,
ce lo dimostra con prepotenza
senza regola alcuna
e qualcuno forse lo intende
poi muore infelice.
- 69 -
Ad un morto qualunque
Che la morte ti sia
lieve più della terra
che t’ospita per ora
fin quando sparirai
anche da quella tomba
e così mischierai
le tue membra disciolte
alla natura che
ti diede poi ti tolse
che qui ti accampò
per farti compiangere
da chi ti volle bene,
ma se loro piangono
ora forse tu ridi
se in qualche strano posto
fabbricato hai tu
un’ultima dimora
per la tua anima stanca,
il Trapasso non pesa
certo come la vita greve e lunga
leggero lui arriva
sul calesse d’Apollo (19)
ultima opera d’arte
d’una vita forse troppo sprecata.
Che la vita ti sia
19
Apollo era il dio delle arti e anche della medicina
- 70 un ricordo lontano
come da questa terra
son lontane le stelle
e i pianeti rotanti
intorno a noi che
non possiamo ascoltare
i lor canti infiniti,
ma forse da lassù
tu li odi e li detesti
perché son canti tristi
che ti ricordan la vita che fu:
ora sei della Morte
e sei persona seria (20)
non come noi qui
legati da catene
che ci fanno ridicoli,
ma tu sei altra cosa
che noi non comprendiamo
la Morte ha passato
la sua bella livella
allor godi l’eterno
ché nessuno mai più
intralciarti potrà.
20
Si veda in proposito la poesia di Totò “A livell” «[…] nuje simmo
serie...appartenimmo à morte!»
- 71 Proemio…
Cantami o diva del solingo poeta
ch’infinite parole scrisse vuote
come il calice che ha tra le mani
attendendo dolente di brindare
appagato al suo ultimo viaggio lungo
una strada lastricata di sogni
ormai perduti lontano nel tempo
sciupato come un volto d’un bimbo
che non mangia qualcosa da secoli,
egli iniziò qualcosa secoli fa
la qual non rammenta nemmeno più
e dopo non la portò a compimento
come questo poema che non finisce
ma inizia e rimane bene stampato
nella mente di chi forse lo legge
così come un anatema di morte.
Avranno tutti il loro bel da fare
filologi stanchi fra polverose
biblioteche di sogni infranti
come questi versi leggeri
per ritrovare i frammenti perduti
d’un poema mai scritto.
- 72 Frastuono
Ho sofferto soffi
di vento gelato
dietro la schiena
nuda spogliata
d’ogni l’orgoglio
(silenzio)
poi ho trovato la mia pace
al caldo sotto le coperte
d’un letto di sospiri
(silenzio)
e la notte è
venuta a svegliarmi
da un sonno di vita
(frastuono)
la morte m’attende
o io attendo la morte?
- 73 Alla sposa che non avrò mai
Fugace è l’amore d’uomo e di donna
e le parole loro scritte nel vento e nella
sabbia cocente che ricopre il mio corpo
su questa spiaggia deserta ove mi perdo
aspettando una donna ormai già morta
di freddo e di noia e scomparsa fra gli
oceani di mondi ancora sommersi da
oceani di eterne bugie di belle parole
dette e ridette a vuoto, con la speranza
che il nostro amplesso non sia putrido
come una fogna di una città appestata
da amanti plebei e volgari innamorati
di un corpo che perderà ogni bellezza
ogni giorno di più, fin quando fuggirà
sotto una lastra di marmo come recita
sotto un altare un religioso copione:
ma io dico finché morte non ci unisca
e il nulla sarà il nostro covo d’amore.
- 74 A Satana
Di tutte quelle fiamme
che spandi negl’inferi
lassi e peccaminosi
arde una più di tutte
qui sulla terra mesta
e infelice, contento
tu versi come sangue
tal spregevole vampa
che odio ha come nome
che grandissima fama
fra noi ha come re
ritto su un alto trono,
trovo sia grandioso
il tuo grande progetto
hai fra noi seminato
un dì molto lontano
e raccogli ogni giorno
tutti i frutti fiammanti
ardenti in mezzo a noi
infuocati dall’odio.
Ma so che non esisti
allora mi rammarico
perché vedo ogni giorno
disprezzo poi rancore
soprusi poi violenze
generate soltanto
da noi no non abbiamo
scuse né mai discolpe
l’inferno è opera nostra
e l’abbiamo qui in terra.
- 75 Nonsense
Odo il silenzio
di voci mai pronunciate
da bocche mai spalancate
e chiudo gli occhi
tastando il suono sensuale
d’un profumo primordiale:
esalto i miei sensi
fra rime di nonsense
di sensazioni false
come dei camaleonti
che si mimetizzano
in una stanza buia
come l’anima mia
derubata anzitempo
da qualsiasi emozione.
- 76 Miles gloriosus 21
In deserti bugiardi
falsi eroi periscono
sotto colpi di kalashnikov
che non sono finti
come giocattoli in vetrina:
non è un gioco ma
è guerra aperta,
ma allora tu miles gloriosus
inglorioso e ingordo milite
non ignoto ma alla ribalta
di una cronaca ipocrita
come la tua prode morte
per difendere una presunta
libertà anch’essa ipocrita
cosa aspettavi di ricevere
oltre a migliaia di euro?
Una manciata di proiettili
ti è stata assegnata
nella tua busta paga
non paga di altri caduti
rialzati innalzati ad eroi
da un popolo sciocco.
21
“Miles gloriosus” è il titolo di una commedia di Plauto, la quale parla di
un soldato, come dice già il titolo, spaccone e vanaglorioso, che si vanta
delle sue imprese militari
- 77 Nessuna consolazione
Per quante cose belle e magnifiche
possa io fare nella mia vita distratta
forse saran sol di conforto a chi
passando un giorno su quella mia lapide
bianca marmorea con occhio distratto
legga un insulso e banale epitaffio
scritto su di quel monumento freddo
insensibile come gli astri lassù;
a egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti? (22) e il forte? li sotto
disteso dormendo d’un sonno lieto
non come quella sua vita sprecata
per fare cose belle e magnifiche
rimaste stampate nella memoria
de’ posteri che lodano l’eroe
ch’ora si cruccia d’esser stato tale:
quale consolazione v’è per lui
che ora qui giace come gli altri infami?
Ecco allora perché qui mi dissolvo
in questa vita d’accidia e d’ignavia.
22
Si veda in proposito «a egregie cose il forte animo accendono l’urne de’
forti», verso de “I Sepolcri” di Ugo Foscolo: il significato è che le tombe
dei grandi uomini stimolano i visitatori a far grandi cose anch’essi.
- 78 Domani sarà la fine del mondo
Non ci sarà un’altra estate
a scaldare i nostri cuori
a sfiorare i confini di ferie
mai ottenute per un lavoro
mai piaciuto e le nostre parole
d’addio saranno vuote
come un mondo convesso:
confesso i miei peccati ma
lascerò questa vile esistenza
con un pacato silenzio
fra il fragore frenetico
di frotte che si affretteranno
a sbrigar le loro faccende
prima che l’indomani
non ci conceda più l’alba.
Non ci sarà un’altro inverno
a congelare le nostre promesse
inutili come un apostrofo
di troppo anzi dannose
che alimentano vane speranze
mai avverate e le nostre parole
d’addio saranno vuote
piene di timori e incertezze:
rimarrò in silenzio ma
rimarrò a osservare l’ultima ora
con un sorriso da Gioconda
come un ultimo mistero
d’una vita incomprensibile.
- 79 The day after (il giorno dopo)
Il mondo è un posto triste
ma anche pieno di vitalità
imbottito come un panino
consumato alla tavola calda
fredda e senza un’anima,
il boato d’ogni suo moto
s’ode fino alle stelle lontane
irritate dal vociare continuo
di persone che trafficano
nelle metropoli stracolme
di voci di lamenti di gioie,
sono solo fiumi di persone
che continuano a inondare
i pezzetti di terra più grandi
portando con sé le loro storie
pian piano scarabocchiate
nei libri e anche nelle memorie.
Ma quando giungerà la fine
perché niente è immortale
nemmeno l’arte
nemmeno l’amore
e quando i lamenti le gioie
non feriranno più le stelle
e quando il mondo dimenticherà
con i venti e con le piogge
la sua molteplice prole dannata
allora un silenzio irreale irrorerà
i vasti posti deserti del mondo
- 80 come in un cimitero d’una guerra
dimenticata insieme ai suoi caduti.
A quel punto a cosa sarà valsa
ogni guerra ed ogni pace?
ogni sospiro ed ogni sogno?
di noi cosa resterà?
Nulla all’alba
nulla al tramonto
e le stagioni segnate sui calendari
continueranno ancora ricorrersi
come bimbi che giocano lieti
anche senza nessuno che le conti
e nell’aria fragrante di morte
non resterà nemmeno il vuoto ricordo
di miliardi e miliardi di vite perché
non vi sarà più nessuno a ricordare.
Tranne forse me che non sono nessuno…
Erigerò una lapide sulle onde del mare:
In memoria della razza umana,
pianeta Terra, li “il giorno dopo”
- 81 L'uomo che esce dal bar
C'è una felicità che fugge
e si nasconde e s'eclissa
come il sole che splende
alto nel cielo fra cirri dorati
come un cornetto alla crema
assaporato al primo mattino
insieme ad un ultimo caffè
trangugiato fra i sudici banchi
d'un bar di periferia estrema
come un'azione coraggiosa
eroica impresa e gesto prode
che medaglie non offre a nessuno,
poi l'uomo esce dal bar mirando
il sole che s'offusca pian piano
come un sipario rosso di sangue
d'un ultimo spettacolo infame
di una tragica farsa grottesca:
un proiettile in testa... bum!
C'è una morte che fugge
la mediocrità di ogni giorno
e mai tuttavia si nasconde,
i giornali domani canteranno
dell'uomo l'epica sconfitta
e il trionfo glorioso della Morte.
- 82 Eroina
Nelle sue vene scorreva
l'amore come fiume impetuoso
travolgente e passionale
come un storia finita poi male,
nelle sue vene scorreva
l'odio per quella donna dura
che un altro fece stare nel letto
e lui lasciò con un palmo di
naso che ora gli cola di bianco:
ha iniziato il suo cammino
nel nulla fra spettri ed ombre
fra illusioni e false fantasie,
un'insania folle ma più lucida
del pomello del cambio della
di lui Ferrari spendente
come un sorriso più beffardo
di una iena che sbrana la preda.
Nelle sue vene ora scorre
come spuma del mare eroina
di un romanzo drammatico
commovente e lacrimevole
come il fumo abbondante
di uno spinello fumato nel freddo
di una triste notte infinita.
- 83 Incomprensione
Come la neve
che tacita scende
spendendo
i suoi spicci argentati
al mercato dei pini e degli olmi
acquistando
forme impreviste
lungo i muti boschi montani,
così le parole
mutano silenziose
nell’animo di chi le ascolta
perdendo la loro forma
prendendo un’altra forma
che adagio s’adagia
sulla quella di chi le accoglie
per farle più proprie:
Esse patiscono così
sofferenti in silenzio
la condanna più infame
per un segno che vuol significare.
- 84 Storie da raccontare
Dicono che non si è veramente fregati
fin quando hai una storia da raccontare:
andatelo a raccontar ai vostri nonni
che senza pietà abbandonate negli ospizi
muti e intrisi di silenzi e false serenità,
loro avranno mille e poi cento storie
da favellar ma i loro personaggi restano
in silenzio aspettando solo di salvarsi
sul palco senza pubblico e senz'applausi.
In quelle case di riposo e d'eterno riposo
le stanze tacciono di miti e leggende che
lente si confondono nelle memorie tarde
di color che non s'arrendono alla morte
ancora e ancora stanno in attesa della fine
e dei parenti o di una voce vera amica
che presti orecchio attento a quelle storie.
Alcuni di loro non le ricordan nemmeno
tutte quelle loro avventure fantastiche
della loro vita andata ormai al traguardo
perse nel vento veloce e nella buia pioggia
che batte sui vetri di una finestra severa
come l'età che dura avanza rapida e spedita
come lepre che fugge dal suo cacciatore
(così forse recita una di quelle storie perdute)
mentre 'l sonno languido della vita li ammanta
preparandoli all'ultimo saluto col mondo.
- 85 L'ora della morte
Segna forse l'ora della
morte l'orologio a lancette
che imperioso sul muro
trasuda il suo ticchettio?
come sudore sudato
faticoso movimento
d'ogni giorno sempre uguale
sempre diverso ogni secondo
terza quarta quinta sesta
ora s'arriva arrancando,
eppur non si muove ora
a che ora? Alle sette!
come i peccati capitali
e lui ora pecca d'ignavia
stando fermo alle sette:
eppur due volte al dì
l'ora esatta segnerà,
amo il mistero mistico
di questo oggetto rotto
che almeno due volte
in un giorno lungo ventiquattro ore
sicuramente funzionerà.
- 86 Il più stupido
Mi sarebbe piaciuto
stare fra le nuvole
bianche come l'anima
candida di chi non sa
se non il suo nome,
mi sarebbe piaciuto
non aver alcun pensiero
da afferrare e comprendere
se non quello di vivere
ogni giorno come viene,
mi sarebbe piaciuto
essere un fesso indefesso
della sua condizione
infamante ma non infelice
come l'esistenza di chi
si srotola in mille perché
come un tappeto persiano
prezioso ma a caro prezzo
da pagare per comprarlo
al bazar delle illusioni
false e fallaci apparenze
di qualcosa t'inganna
come un losco venditore
che ti rifila un oggetto
che non hai mai chiesto.
È stato tutto un'illusione
quest'alto mio ingegno
questo talento d'oro
- 87 leggero come una moneta (23)
da portare sempre nella tasca
piena d'inutili preziosismi
e di futili raffinatezze gonfia
come la bocca di chi solo
sa profferir parole vane.
Mi sarebbe piaciuto
essere il più stupido essere
vivente per potermi crogiolare
nella mia vile vera vacuità.
23
Il talento, quello d’oro, era una moneta
- 88 Atlantide
Io ch'ero il re possente
d'una Atlantide ora
dimenticata sommersa
sotto oceani d'oblio
io posseggo la verità
anch'essa sommersa
inghiottita dall'acque
pesanti e pur gravi
come i peccati della mia gente
condannata all'oblio
da un mondo che mai perdona,
palazzi maestosi s'erigevano
muti nell'alto dei cieli e
grandi piazze accoglievano
gl'echi silenziosi di folle e
le stanze della mia reggia
tacite godean del mio potere,
ma ora il fragore dell'abisso
pervade ogni cosa
impregna ogni casa
diffonde ogni scusa
che io accampo per questa
damnatio memoriae,
io ch'ero il re possente
io che la verità posseggo
io ch'ora sparisco nel nulla.
M'hanno ricordato alcuni,
colui che fra i tratti
- 89 dipinti d'un affresco
della scuola d'Atene
punta in alto il dito (24) e
colui che a Londra
fu filosofo e politico
al tempo d'una strana
rivoluzion della scienza,( 25)
l'un la potenza rammentando
l'altro menzionando la pace
che non era un'utopia
ma era una vera realtà
di un'isola splendida,
ma nessuno ricorda
che la cosa più grande
del mio magnifico regno
era possedere la verità
sulle terre sulle acque
sulle stelle del cielo e
sull'universo infinito:
d'arroganza abbiam peccato
e 'l mondo non c'ha perdonato.
24
Platone, che compare nel dipinto di Raffaello "La scuola di Atene" con il
dito rivolto verso l'alto: egli, nel "Timeo", ricordava in particolar modo la
potenza di Atlantide.
25
Francesco Bacone, filosofo, politico e saggista londinese che fu
promotore di una rivoluzione scientifica tramite la sua filosofia e un suo
"metodo" divenuto poi famoso: egli, nella "Nuova Atlantide" descrive una
società utopica di nome Bensalem, popolo che proveniva da Atlantide.
- 90 Centocinquanta (26)
Non basteranno mille
di questi secoli gravi
per dimenticar ciò che c'ha unito
grazie al sangue dei nostri
fratelli d'Italia l'Italia s'è desta,
ma or s'addormenta e s'accascia
avvilita e abbattuta lei invecchia
come vecchio stivale gettato
in una discarica ove riposan
tante imprese d'eroi veri
condannati ad un oblio infame.
Non basteranno mille
di queste parole solenni
per ricordare a dovere
cento anni e mezzo secolo
di storia di storie d'uno stato
che sempre è stato grande
e suoi figli sempre grandi
uomini poeti filosofi ed artisti
che alto hanno portato
il nome della nostra magnifica
terra variopinta e variegata.
26
Poesia in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia
- 91 Quest'Italia sempre più
serva e donna di bordello (27)
e la storia ancor va avanti
da più di centocinquant'anni,
le cose son cambiate
ma se in giro ci guardiamo
le vediamo quasi uguali
come i nostri avi le vedean
in tempi ancor lontani
vicini più di quanto immaginiamo.
Oggi una vecchia Nazione festeggiamo
e un nuovo Risorgimento aspettiamo.
27
Cfr. Dante Alighieri nel IV canto del Purgatorio "Ahi serva Italia, di
dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di
province, ma bordello!"
- 92 Versa vino, amico mio
Ora bisogna bere per dimenticare
le cose che non vogliamo portare
sulle spalle come pesanti fardelli
orpelli artificiosi d'una triste vita:
versa intanto un po' di lieto vino
sui nostri mesti pensieri stanchi
di battere come chiodi in testa
rimbombando ogni giorno di più
come bomba o granata o rosso
è il sangue che copioso sprizza
da tutti i pori come la felicità
che deve sprizzare e schizzare
da questo calice di vino divino
sacro a quelle divinità dell'oblio
che nessuno in chiesa prega mai.
Ogni cosa che so ed ho sempre saputo
voglio dimenticarla insieme a te
amico mio che non sai nulla di me:
t'ho trovato in riva ad un fiume
sporco e trasandato senz'anima quasi
con una bottiglia di vino rubato
forse in qualche ristorante di periferia,
io ho portato il bicchiere e tu versa
amico mio che non sai nulla della vita.
Io ho da dimenticare ciò c'ho imparato
ciò che mai avrei voluto sapere sul mondo
infame che tutti noi assedia ogni giorno,
ma tu versa tu che non sai nulla di me
- 93 e ci ubriacheremo in riva al nostro fiume
insieme cantando canzoni senza senso
come questa vita da cui voglio estraniarmi
con un estraneo come te che è estraneo
ad ogni verità che l'esistenza sa bene celare
in fondo agli oceani immensi e pesanti
come tutte le cose che ora voglio sopire
in fondo al mio animo ch'aspetta la morte.
- 94 Poète Maudit
Forse dovremmo vergognarci
di rovesciare su d’un foglio
ogni nostra pseudosofferenza
come vomito d’un ubriaco
che in estasi etilica chiacchiera
dei grandi problemi della vita
come un filosofo mascherato
da santone che dispensa consigli
come una sacra scrittura antica
d’una strana religione in declino,
dovremmo vergognarci mentre
c’è gente che soffre davvero
in silenzio vomitando l’anima
(e l’anima sola perché non ha cibo)
vedendo sbocciare i fiori del male 28
sulla loro strada erta e scoscesa,
mentre noi in poltrona scriviamo
frenetici in preda ad un’afflizione
fittizia e forse anche immaginaria
non come la tavola imbandita
che c’aspetta ansiosa in cucina:
ma del resto poco m’importa
io sono un poeta maledetto
o come qualcuno anche dice
io sono un maledetto poeta.
28
“I fiori del male” è il titolo della famosissima raccolta di poesie di
Charles Baudelaire, uno dei poeti maledetti.
- 95 Dialogo con il Cristo alle soglie di un’Apocalisse al
contrario
Lo vedi il Male che incurva
furente la schiena di dio
impotente di fronte a sé stesso
come uno specchio bifronte
che non esiste nemmeno,
una divinità che si inginocchia
alla propria scellerata creazione
davvero un s’era mai vista
nemmeno ai tempi di Giove
e Saturno e i suoi anelli
e le collane delle vecchie signore
che invocano un nume sconfitto
dalla sua ombra che fugge
lesta e svelta alle sue spalle.
Lo vedi gesù cos’hai combinato?
hai tramutato acqua in vino
camminando sull’acque in tempesta
e hai frignato invano quel giorno
mentre la Morte stava per portarti
via lontano lungo una strada
che conduce forse nel nulla più oscuro,
hai parabolato a lungo al muro
che avrebbe sicuro ascoltato di più
dei tuoi dodici santi scagnozzi
e della gente che ti attorniava
incuriosita dalle tue stregonerie.
Figlio degenere la prova del sangue
non l’hai superata sei morto
- 96 e risorto ma solo dopo tre giorni
e tua padre dall’alto chissà cosa pensava:
ora è in ginocchio davanti a noi
che siamo solo poveri mortali,
lui che era un re talmente potente
che per regnare sul mondo
non ha bisogno nemmeno d’esistere.
- 97 Boicottiamo la stirpe d’Adamo
In questa barca colma di dolore
alla deriva nell’acque della vita
mi vedo solo a remar alacremente
forse per disperazione
o forse solo per principio
continuo a navigare senza sosta,
non trascinerò mai nessuno
lungo questa mia strana
rotta da troppe cose che non vanno
a questo mondo di dolore
e miseria e poi finalmente morte
che sopraggiunge come uragano
a spazzar via i legni intrecciati
o come calma bonaccia
a regalar l’oblio al rematore:
presto sarò così dimenticato
perché non farò come i pesci del mare
catturati nelle reti alla mattanza
lor che tanto han prolificato
e lor progenie intrappolata anch’essa
nelle reti più meschine della vita,
no non donerò dolore come Adamo
non avrò stirpi né sangue
che potrebbe un dì degenerare
no non avrò nessun erede
solo per paura di restare solo
come egoista in cerca di compagnia
no non avrò nessun ragazzo
che un dì s’accolli le mie spalle
- 98 tremanti per la vecchiaia incombente
come la morte che senza preavviso
verrebbe un dì anche per lui,
dopo però avergli inflitto castighi
meritati solo perché nato
fra queste lande desolate
che hanno nome terre emerse
ma mai elevate dalla loro condizione
infima e miserevole anche pietosa
ma senza pietà alcuna per noi tutti.
- 99 Al di là della morte
Sarà come avere un altro posto
dove andare a dormire
alla sera
quando le membra cedono
e la mente è ormai stanca
risvegliarsi poi gagliardo
senza più la testa sulle spalle
alla mattina
leggero come una piuma
e spoglio d’ogni pensiero
o almeno così dicono
ma io non ci credo.
- 100 Arriverà forse la sera
Era bello ormeggiare al mattino
col mare che dolcemente mi cullava
con i gabbiani che stornellavano
ninne nanne d'amore d'altri tempi,
era bello riposare su di una nuvola
bianca e candida come la verde età
che pian piano sfuma e si fa grigia
fumosa come in un nero camino
ove si confondono lente le fiamme
e gli ardori d'una tenera infanzia
a poco a poco terminata anzitempo.
In questo tempo fugace ma non troppo
sbiaditi ricordi si affastellano densi
come colombe che si ammassano
in preda ad un cupo terrore istintivo
nel bel mezzo d'una buia tempesta: 29
dopo gl'innumerevoli lampi e scoppi
che il pomeriggio trascina con sé
arriverà forse la sera forse senza stelle
senza rondini intorno e gregre di ranelle 30
forse senza nemmeno una dolce rima
che mi ripagherà la giovinezza di prima.
29
Cfr Virgilio, “Eneide”, II v 516 «praecipites atra ceu tempestate
columbae» («come colombe a capofitto in una scura tempesta»)
30
Si veda in proposito G. Pascoli, “La mia sera” «Il giorno fu pieno di
lampi; \ ma ora verranno le stelle, \ le tacite stelle. Nei campi \ c'è un breve
gre gre di ranelle [...] \ Nel giorno, che lampi! che scoppi! \ che pace la
sera».
- 101 Nelle notti di plenilunio
A chi giova davvero questa esistenza
fatta d’inganni e di menzogne intrisa
come una spugna fradicia imbevuta
di sangue di uomini sempre innocenti
come vittime di guerre sempre inutili?
A chi giova che io continui a scrivere
parole inani su di questo foglio vuoto
riempito d’ogni mia frustrazione?
Sono solo un povero fallito come tanti
come tutti che esistiamo e viviamo
una vita insipida che non sa di niente
ma che ci lascia poi l’amaro in bocca
come una brutta storia che non ha lieto
fine senza avere mai nessuno scopo,
scopro le mie carte e dopo scompaio
lasciandovi senza rancore e senz’amore
vi abbandono al vostro destino ed io al mio.
A chi mi chiederà “cosa hai fatto in vita?”
“nulla” risponderò da lassù come fantasma
che ulula alla luna nelle notti di plenilunio:
il mio sarà come un verseggiar di franchigia
una canto intonato sulle note delle tenebre
che m’avvolgeranno come un velo di seta
puro e limpido come rivo d’alta montagna
che canta solitario fra le fronde fresche
d’estate inoltrata in un bosco incantato,
non dovrete avere paura di quel lamento
che sarà un pianto di gioia e di redenzione
- 102 da tutti quei peccati di cui non ho peccato
ma ho pagato in vita e in morte non avrò
più niente da espiare ma solo da godere.
A chi mi chiederà “cosa godi della morte?”
“nulla” risponderò perché il nulla mi culla
mi abbraccia mi vuol bene e mi dà pace.
- 103 Non vi dirò il mio segreto
Non vi dirò il mio segreto
lo porterò con me nella
tomba
fra le mie ossa ammassate nella
polvere nel buio più cupo
dell’ultima dimora che merito
per le mie stanche membra
arse dalla vita che lenta
consuma in silenzio ogni
vana speranza;
preferisco tacere ora
ma parlare per sempre
lascerò nel mio testamento
(il notaio è mio amico
si chiama Dolore)
parole incomprensibili
metafore ineccepibili
di una vita illusoria
che dietro nasconde
enigmi da Sfinge:
io sono Edipo Re 31
del Nulla ma non vi dirò
il mio segreto.
31
Edipo fu, nella mitologia greca, colui che riuscì a svelare il mistero della
Sfinge.
- 104 Verdetto finale
Galleggiare in un mare di
inutilità
per poi affogare
con l’acqua che ti riempie
i polmoni
insieme al fumo di una
sigaretta che lenta si consuma
come una vita sfumata
sull’orlo dell’abisso più
nero
presagio di una storia
che non ha lieto fine,
divento misera cena per stanchi
avvoltoi
consumati dal vento
che soffia nel cuore
vuoto come un teschio
decomposto
sotto un sepolcro
che non ha nessun nome,
vivere o morire
aspetto solo il verdetto finale.
- 105 Non morirò del tutto (32)
Ho edificato un monumento più duraturo
dei castelli di sabbia dei bimbi felici
in riva ad un mare di false credenze
che non saranno distrutte né da mostri
né dall’infinito ritorno degli anni e del tempo:
non morirò del tutto ma gran parte di me
rimarrà scolpita in una tomba dimenticata
nell’ultimo angolo di un cupo cimitero
in periferia di una città fantasma infestata
da anime vive che non trovano pace
né in cielo né in terra né sulle rive
di un fiume che stanco risuona nel bosco.
E sarò cinto così di una corona
di spine pungenti col sangue che scorre
come il fiume come il tempo come
tutta la vita che lentamente perisce.
32
Si veda in proposito la XXX Ode di Quindo Orazio Flacco nei suoi
Carmina: «Exegi monumentum aere perennius \ regalique situ pyramidum
altius, \ quod non imber edax, non Aquilo inpotens \ possit diruere aut
innumerabilis \ annorum series et fuga temporum. \ Non omnis moriar
multaque pars mei \ uitabit Libitinam […]» («Ho edificato un monumento
più duraturo del bronzo e più alto delle piramidi dalla mole maestosa, né la
pioggia pungente né Vento in persona lo potranno annientare, ma
nemmeno l'infinito ritorno degli anni e il tempo che fugge. Non morirò del
tutto ma gran parte di me sfuggirà all’Ade»)
- 106 Il canto della Morte
Io non sono capace della bellezza della vita
di scrivere scarabocchiando su di un foglio
allegorie meravigliose e stupende metafore
da togliere il fiato a chi le legge dappertutto
anche oltre i confini di quelle poche righe:
un cieco non potrà mai tratteggiar a matita
gl’orizzonti lontani e le maestose colline
d’un panorama che gli s’espande davanti
seppur egli ne senta la brezza sulla sua pelle
…come uno spettro greve che muto aleggia
nell’oscurità gravosa d’un antico maniero…
Quasi l’avverto questo fascino intorno a me
ma è sfuggente e par sempre più sfuggevole
come un bel sogno d’amore che mesto finisce
allorquando la Venere sta per calare la veste,
allora mi chiudo in me stesso ove la Morte vive
indisturbata fra un sussulto e un battito del cuore
tirandola fuori come una sprucida preda dal carniere
e gettandola come un idillio sulle mie ruvide righe:
sappiate, non più fa male il dolce canto della Morte!
- 107 È tempo di morire
È tempo di morire: la vita
l’abbiamo vissuta in un attimo
fuggente come il tempo
di una sigaretta prima
della fucilazione d’un reo,
ma noi moriremo così
come abbiamo vissuto
ignavi nei nostri giacigli
fra cuscini e guanciali
cinti da parenti e dottori
che leggeranno il referto
un infarto o un tumore
maligno come il demonio
che aspetta lì sotto l’anima
nostra sperando che arrivi,
mentre il condannato che
guarda negli occhi il boia
sembra quasi che se ne vada
da eroe d’altri tempi andati
e sepolti sotto coltri di nebbia
perenne come il dolore di chi
non accetta l’ultimo passo
di una vile esistenza trascorsa
a mentire agli altri e a sé stesso.
- 108 A sé stesso (33)
Io ti perdono
se quando ti guardi
allo specchio speri
di non riveder più
quell'immagine vile,
se il desiderio è spento
e l'inganno estremo
perì come perisce
un uccello nell'aria
colpito da una fucilata
al cuore ormai stanco
d'ogni affanno diffuso
per i giorni d'una vita
che fluisce affannosa
come fiume di fango
fra campi di rose
rosse come il sangue
che scorre copioso
come lacrime fiacche
da un occhio disilluso,
io ti perdono
perché in fondo
non amo che te
non mi resti che te
quell'immagine viva
33
Cfr "A se stesso" di G. Leopardi, «Or poserai per sempre, \ Stanco mio
cor. Perì l'inganno estremo, \ Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento, \ In
noi di cari inganni, \ Non che la speme, il desiderio è spento. [...]»
- 109 se tutto il resto muore
tutto d'intorno a noi,
franando come roccia
sgretolata da venti
impetuosi come passioni
infinite ma ora finite
in un sogno notturno
dimenticato al mattino,
confuso risveglio
da una morte apparente
vana come una vita
che non ci merita più.
- 110 Testamento
Di quelle lunghe passeggiate
lungo sentieri sconosciuti
non resta che un rauco ricordo
sbiadito come una tela antica
appesa in un museo di muse
piangenti come i soliti salici
lungo sentieri sconosciuti
ignoti come suoni mai emessi
trasmessi nel silenzio dei venti
eventi forse mai accaduti
e la loro bugiarda memoria
s’infrange sulle scogliere del
tempo di capire tempo di amare
tamponando ogni possibile dolore:
quando saremo stanchi di vagare
ogni sensazione si dissolverà
sull’orlo del grande baratro
e il vuoto catturerà i nostri ricordi
rubandoli dal ripiano dei souvenir
adagiato con un paio di chiodi al
muro del pianto e del rimpianto
del se avessi saputo se non avessi fatto
tutte quelle cose di cui mi pento
e mi dolgo con tutto il cuore dei miei
peccati beccati in flagranza di reato
forse non punibile a norma di legge
(quella legge che è uguale per tutti
i morti di fame e di sete) del mondo
fin ora conosciuto… ce ne saranno altri?
- 111 -
In attesa che scoprano altri mondi
forse più felici forse meno angusti
prima che sia poi troppo tardi
il mio testamento io qui sigillo
lasciando in eredità le sole mie parole
a mia madre mio padre mio fratello
a tutti quelli che m’han voluto bene
e a tutti gli altri che m’hanno odiato
al genere umano a cui non mancherò
a Darwin e la sua stramba evoluzione
l’involuzione ancor più strana
che rappresento con la mia parola
astratta come un quadro di Kandinsky:
è la mia storia la mia vita che vi lascio
e ne farete poi ciò che più vi piace
com’io ho fatto e continuo pur a fare
impastando ogni attimo fuggente con
il sangue che gronda e sprizza
sregolato come un quadro di Pollock
macchiando il mondo con la morte
assassina d’ogni sogno vacillante
barcollante come un giovane ebbro
al volante della sua BMW a cento
all’ora allora poi si schianta e se ne va
senza nemmeno siglare testamento
fra cento sogni e mille miglia
che ormai non percorrerà più
lungo sentieri sconosciuti… ancora?
Non conoscerò il mio destino
- 112 fin quando non me lo vedrò di
faccia quel che vuole di me
tanto io ho scritto testamento
e chi mi farà strada al camposanto
con i volti a lutto a tutto a niente
saprà che farne della mia memoria:
non piangerete per me prefìche
(l’accento mi piace più così!)
né voi salici né scultoree madonnine
che di miracoli ne han già sentiti
tanti auguri a te tanti auguri a me
nell’anno duemila e undici
nel mese di luglio torrido e caldo
quasi il quarto di secolo io compio
e mi sembra quasi ora di fare i conti
anche senza l’oste senza soldi
senza un briciolo di amor proprio
e la dignità sotto le suole delle scarpe
lucidate di tutto punto per finire nella
bara il tempo ingannando anche sé stesso
corre a volte lento e lesto l’altre volte,
perciò io scrivo scrivo e mi dilungo
sperando di esser compreso un giorno.
Tutt’un tratto le lunghe passeggiate
s’attenuano come fumo acre al vento
s’esauriscono come maestre d’asilo
intente a sgridare i propri alunni
o forse a violentarli luride bastarde
per questo vedete il mondo non è
più posto per me che sono uomo
- 113 buono (forse solo quando dormo!):
non getto la spugna perché son curioso
di sapere come va a finire questo film
diretto male e interpretato ancora peggio
e quando alla fine scriverò la recensione
vedrete che parole dure avrò senza
censura controllo condanna cuculo
col culo col cazzo che mi fermerete
e scusate l’espressione ma or ci vuole
ci prende e ci pretende la Morte
dall’alto del suo trono possente
potente come Barack Obama
Bill Clinton Monica Lewinsky
e i suoi esami orali passati a pieni
voti e vota a destra vota a sinistra
la ics la metto ma solo sul mio petto
scelgo me me solo me medesimo
mi autogoverno e mi punisco
ma mi tutelo e siglo testamento.
Forse vi ho stancato e già ringrazio
chi m’ha seguito fin quaggiù
lungo sentieri sconosciuti
alla poesia più corretta e giusta:
la poesia e le mie poesie ecco
questa è la mia sola eredità.
(Amen)
- 114 NOTA BIOGRAFICA
Michele Tropiano nacque a Salerno il 14 luglio 1987 da
Vincenzo e Valeria. Ha frequentato le scuole materne,
elementari e medie situate vicino casa, manifestando già dai
primi anni una grande intelligenza ma contemporaneamente
una grande “vivacità” e anche indolenza: non è stato mai un
grande studioso ma nella sua carriera scolastica la sua
intelligenza lo ha sempre aiutato. Ha frequentato il liceo
classico “F. De Sanctis” con una buona media durante il corso
dei cinque anni, ma per motivi comportamentali ne uscirà
con un misero 60/100. Ha conseguito la laurea triennale in
Lettere nel febbraio 2010 con votazione 97/110; la laurea
Magistrale in Filologia moderna nel marzo 2012 con
votazione 102/110.