i pesticidi ammessi anche in agricoltura biologica

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i pesticidi ammessi anche in agricoltura biologica
Comunicato stampa, 09.03.2017
Uno studio del MUSE prende in considerazione
i pesticidi ammessi anche in agricoltura biologica:
che effetti hanno sull’ambiente acquatico?
Tra questi il rame e azadiractina sono pesticidi “naturali” il cui uso è autorizzato in
agricoltura biologica in Italia e nel resto d’Europa.
È di recente pubblicazione sulle prestigiose riviste scientifiche internazionali
Chemosphere e Science of the Total Environment della casa editrice Elsevier (il
maggior editore mondiale in ambito medico e scientifico), uno studio condotto dal
MUSE-Museo delle Scienze di Trento in collaborazione con il CNR – Istituto di
Biofisica di Povo (Trento) che prende in considerazione l’effetto di rame e
azadiractina - due pesticidi legalmente ammessi anche nelle coltivazioni biologiche
- sugli insetti che popolano il Rio Gola, un torrente trentino che attraversa una valle
coltivata dove i due pesticidi sono regolarmente e legalmente utilizzati secondo il
Disciplinare Provinciale. Entrambi i pesticidi entrano per dilavamento
nell’ecosistema acquatico e, a oggi, poco si sa sugli effetti che hanno sugli animali
che vivono nei canali e nei torrenti in cui questi pesticidi finiscono. I dati raccolti nel
corso del lavoro dimostrano che entrambi sono tossici - il rame più dell’azadiractina
- e che le popolazioni esposte sono sofferenti. Il lavoro condotto sarà utile alle
autorità che si occupano di valutare la qualità delle acque superficiali, per prendere
in considerazione l’opportunità di una revisione del limite di legge di utilizzo di
questi pesticidi, nonché ai produttori stessi cui si chiede di valutare sempre
un’alternativa o proporre formule più eco-sostenibili.
La ricerca è stata svolta sulle acque del torrente Rio Gola, in Trentino. Come specie
modello è stato scelto il Dittero Chironomide Chironomus riparius, una specie di insetto
molto comune, resistente a basse concentrazioni di ossigeno ed elevato inquinamento
organico, naturalmente presente nel torrente e mantenuto in allevamento in laboratorio
durante i test sperimentali.
La prima parte del lavoro ha valutato gli effetti della presenza di questi pesticidi - a
concentrazioni crescenti - sulla sopravvivenza delle larve. Partendo dalla concentrazione
ambientale (quella rinvenuta nel torrente al momento della raccolta), si è stabilita in più
step la concentrazione massima tollerabile dall’animale, ovvero quella a cui si registra il
10%, 50% e 100% delle morti. Sulla base dei risultati dei test di tossicità acuta, il rame
sembra essere più tossico dell’azadiractina per questi animali, che sono rappresentativi
dell’intera comunità vivente nel torrente.
In un secondo tempo, il lavoro ha preso in considerazione gli effetti molecolari dei due
pesticidi, ovvero gli effetti sull’espressione di cinque geni, appartenenti a due famiglie di
proteine. Entrambe le famiglie di proteine vengono coinvolte in risposte a stress chimico,
le prime con azione di “protezione” verso proteine complesse essenziali - che altrimenti
potrebbero perdere la loro struttura e funzione compromettendo la vita stessa dell’animale
- mentre le seconde come enzimi ossidativi coinvolti nel processo di detossificazione, in
grado di agire sia nei confronti di farmaci e tossine di origine esterna, sia su prodotti di
scarto dell'organismo.
Lo studio dimostra che il Dittero Chironomide Chironomus riparius è molto
resistente a questi due pesticidi, grazie alle due proteine che vengono sintetizzate in
risposta all’aumento di concentrazione dei tossici. La presenza di queste due
proteine in alte concentrazioni nella popolazione selvatica indica però una
condizione di stress fisiologico (i due pesticidi stressano le popolazioni animali
presenti nel torrente). E se le popolazioni naturali sono stressate, sono anche più
vulnerabili.
In conclusione, i due pesticidi naturali non sono innocui, e lo dimostra lo stato di stress
fisiologico in cui gli animali acquatici vivono in acque in cui questi tossici arrivano per
dilavamento dei terreni agricoli. Diventano letali a concentrazioni da 30 a 500 volte più
elevate rispetto a quella che abbiamo misurato in natura, in primavera, prima dell’inizio dei
trattamenti intensivi. Possiamo continuare, quindi, a utilizzarli? Secondo uno degli autori
dello studio, Valeria Lencioni (MUSE) il rame andrebbe sostituito, come suggeriscono le
normative europee. Per quanto riguarda l’azadiractina”, invece, meglio non abusarne,
infatti non è innocuo.
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Il rame è utilizzato principalmente come fungicida per controllare la peronospera nei
vigneti causata dall’oomicete Plasmopara viticola (Berk e Curt) Berl. et de Toni, il più
devastante patogeno dell’uva in Nord America e in Europa. L’inquinamento da rame dei
terreni agricoli e delle acque superficiali, dove arriva per drenaggio dei terreni trattati col
pesticida o ancora da scarichi industriali, sta destando preoccupazione soprattutto nei
paesi in via di sviluppo dove ne viene fatto un uso eccessivo, non regolamentato. E se da
un lato è un metallo indispensabile per alcuni meccanismi biologici delle piante- gioca
infatti un ruolo chiave nella fotosintesi e nella sintesi delle proteine - dall’altro però non ne
va sottovaluta la tossicità. Si deposita infatti nei primi strati del terreno, influenzando
negativamente la vita microbica e lo sviluppo di batteri, alghe, funghi e lombrichi. dal
terreno, può raggiungere e inquinare le falde acquifere, determinando gravissimi rischi
ambientali ed ecotossicologici su un ampio spettro di organismi e microrganismi.
Il rame si trova in natura in tutte le acque del mondo e, se alti livelli di concentrazione
possono essere dannosi per gli esseri umani e l’ambiente, il rame è un micronutriente
essenziale per la vita e una certa quantità è fondamentale per il benessere degli animali,
incluso gli esseri umani. Il rame può divenire altamente tossico in elevate concentrazioni,
per esempio influenzando negativamente il consumo di ossigeno e interferendo
negativamente con il trasporto e/o il metabolismo del ferro. La sua sostituzione come
fungicida è una priorità dichiarata nella legislazione biologica della Comunità Europea (UE,
Reg. 473/2002), ma non sono ancora state trovate alternative (CE,2014).
L’azadiractina (C35H44O16) è un bio-insetticida, ottenuto dai semi e dalle foglie
dell'albero neem indiano Azadirachta indica Juss(Meliaceae). Ha un ampio spettro di
azione – viene utilizzato per tenere sotto controllo l’invasione in frutteti di afidi, insetti e
nematodi. L’azadiractina è molto efficace contro l’afide grigio del melo, l’afide del pero e il
tripide americano. L’azadiractina agisce con diversi meccanismi, da un lato funge da
repellente e dall’altro arresta lo sviluppo del parassita che si trova a perire nel suo stato
larvale senza poter concludere il suo ciclo biologico (quindi, senza potersi riprodurre).
Diversamente dai pesticidi a base di rame, l’azadiractina soddisfa molti dei criteri di un
insetticida “sostenibile, ecologico”: ha una tossicità molto bassa per i mammiferi, è
biodegradabile (si degrada entro 100 h quando esposto alla luce e acqua) anche se è
stato recentemente stimato che il tempo necessario per dissipare il 90% del residuo di
azadiractina in un mesocosmo d’acqua sia di 66 giorni.
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I riferimenti dello studio
Bernabò P., Gaglio M., Bellamoli F., Viero G., Lencioni V., 2017 - DNA damage and
translational response rule the detoxification from copper exposure in a wild population of
Chironomus riparius. Chemosphere, 173: 235–244.
Lencioni V., Grazioli, V., Rossaro B., Bernabò P., 2016 - Gene expression profiling of
responses induced by pesticides employed in organic agriculture in a wild population of
the midge Chironomus riparius. Science of the Total Environment, 557–558: 183–191.
Per ulteriori informazioni
Valeria Lencioni
[email protected]