L`origine della conoscenza - "Ferraris"

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L`origine della conoscenza - "Ferraris"
Elisa Pomarico1
L’origine della conoscenza
Si racconta che un uomo, dopo anni di studio, non riuscendo a sentirsi soddisfatto,
decidesse di mettersi in viaggio alla ricerca dell’origine della conoscenza.
Prese con sé alcuni libri, vestiti, acqua, qualche soldo e partì.
Il suo obiettivo era trovare il vecchio saggio di cui tante leggende parlavano.
Nessuno sapeva dove costui abitasse, né come si chiamasse e nemmeno che aspetto avesse;
si diceva soltanto che per trovarlo, bisognasse seguire il cammino del sole e, al momento
opportuno, si sarebbe rivelato.
Il nostro uomo sapeva benissimo che non era il sole a “camminare”, ma la Terra a girargli
intorno e a ruotare intorno al suo asse; capì però di doversi dirigere a ovest.
Passò un giorno, poi due ed ecco che il viaggiatore si trovò davanti a una maestosa
costruzione: una porta monumentale tutta mosaicata; la luce, invece di essere assorbita dai
piccoli pezzi di vetro e percepita attraverso i colori, pareva esser generata da quell’immenso
monumento.
Sorpassata questa, ecco molecole odoranti dissolte in aria: odori.
Doveva essere giorno di mercato: si sentivano odori di spezie, carni, pesci, oggetti in pelle
che aumentavano in intensità ad ogni passo per poi esplodere ai suoi occhi nella somma delle
radiazioni elettromagnetiche che essi assorbivano illuminati dalla luce del sole: i loro colori e
arrivare alle sue orecchie nell’insieme di quei rumori che altro non erano se non il disordinato
1 Studentessa della classe IV C, a.s. 2013/14
vociare dei venditori, i quali tutto potevano essere fuorché onde armoniche.
Ma ecco qualcosa di diverso: un suono complesso, una musica, un sitar.
L’uomo che suonava, faceva vibrare quelle corde e le pizzicava producendo la contrazione
dell’aria, ma sembrava pizzicasse le corde più profonde dell’anima.
Cosi il nostro viaggiatore si fermò e gli chiese l’origine di quell’ incanto.
Il suonatore di sitar, senza smettere di suonare, quasi quell’attività fosse vitale, sorrise e si
limitò a domandargli: “dimmi… cos’è per te la musica?”. “Beh - disse l’uomo con fare
altezzoso - la musica è l’organizzazione dei suoni nel corso del tempo. Il generare suoni
attraverso gli strumenti segue i principi dell’acustica e quindi quelle del suono che si propaga
nell’aria con una velocità minima di 331 m/s”. “Nient’altro?” “Come nient’altro? C’è altro?”
“mio caro, la musica è BEN altro: è linguaggio, è esperienza soggettiva, è l’insieme delle
sensazioni di chi la produce e di chi la ascolta. Per sapere cosa sia veramente dovresti ascoltare
tutte le musiche del mondo e sentire ciò che provi davanti al canto di un usignolo o al concerto
del più grande musicista. Io col mio sitar, parlo alla gente col mio cuore, che possiedi anche tu,
cosi, quelle corde che io faccio vibrare per parlare, vibrano nel tuo spirito”.
L’uomo rimase sconvolto: mai avrebbe creduto di sapere così poco; ringraziò con un breve
cenno del capo e riprese il suo viaggio.
Passarono altri due giorni ed ecco che il viaggiatore attraversò un bellissimo campo di fiori,
poco più in là, ecco una collina con un albero di ciliegio e, sotto di esso, un artista che tentava
di dipingere il paesaggio.
Il quadro era di una bellezza mai vista; cosi, il nostro uomo si avvicinò e chiese come
riuscisse a riprodurre tanta bellezza.
L’artista gli indicò un petalo di ciliegio che in quel momento stava cadendo a terra e disse:
“dimmi cosa vedi” “Ecco - disse timidamente l’interrogato - quel petalo di ciliegio cade perché
la Terra lo attrae con una forza pari al prodotto della sua massa moltiplicata per l’accelerazione
gravitazionale, deviato dalla forza del vento. Quando sarà giunto al suolo diventerà humus
perché…” “ non ti ho chiesto dimmi ciò che sai, ma dimmi ciò che vedi… io vedo una danza:
guarda come quel petalo volteggia col vento prima di posarsi esausto al suolo che come madre
lo accoglie. Vedo un campo fatto di fiori dai colori tutti in armonia tra di loro, accarezzati da
questa brezza che sfiora ogni petalo, ogni ciuffo d’erba, me e te, senza differenze.
Chiudi gli occhi, non ragionare con la testa, sentiti parte, cosa provi?”. L’uomo chiuse gli
occhi; sentì qualcosa di diverso in lui; riuscì solo a dire: “mi sento libero” “Bravo! Cominci a
capire. Potresti diventare un ottimo artista. Io rappresento questa mia emozione col pennello,
ma sai, c’è anche chi sa parlare con il cuore dell’inchiostro: i poeti”.
L’uomo sorrise, si inchinò e ripartì.
Dopo aver compiuto altra strada, giunse al suo orecchio il rumore inconfondibile di una
cascata.
Il denaro che aveva portato con sé gli aveva permesso di acquistare del cibo, ma la sua
sacca d’acqua si era ormai esaurita. Decise allora di farne scorta prima di ripartire. L’incontro
con i personaggi precedenti lo aveva spinto a guardarsi intorno con meraviglia, ma i pensieri
che egli aveva mentre faceva ciò, erano ancora troppo rigidi e schematici perché potessero
esprimere il suo nuovo stato d’animo.
Più si avvicinava alla cascata, più gli pareva di scorgere qualcosa: un punto, un oggetto,
una sagoma, una persona, un attore.
Era lì che sembrava volesse parlare alla natura, ma eccolo prima ridente, poi piangente,
prima sereno poi altero. La sua andatura e i suoi gesti accompagnavano alla perfezione ogni
suo stato d’animo.
Eccolo tranquillo camminare piano, morbido, sinuosamente come il fiumiciattolo che
nasceva dalla cascata.
Così il nostro uomo errante, gli si accostò e gli chiese come potesse imitare così bene la
natura e sposarla alle sue parole.
L’attore gli indicò il piccolo fiume “Dimmi, cos’è per te l’acqua?” “è un composto chimico
di formula molecolare H2O, in cui i due atomi di idrogeno sono legati all'atomo di ossigeno
con legame covalente e si presenta a temperatura ambiente sotto forma liquida. Questa
composizione ha una forma…” “Sì sì, molto interessante, ma non è la risposta esatta” “come?
Ma io…” “zitto e fermo! Chiudi gli occhi. Non pensare. Immagina un piccolo corso d’acqua.
Come si muove? Osservalo scorrere e fatti goccia che vi cade… come ti senti?”. Il viaggiatore
chiuse le palpebre e, a mente sgombra, vide il ruscello. Si sentì diventare goccia e cadere, e il
suo corpo lo seguì; vide il suo scorrere lento e incessante, e il suo corpo fece altrettanto, poi
disse “ Sono tranquillo e sereno” “Bene. Ora sii fuoco che si accende e brucia”. Egli allora si
fece col corpo scintilla, poi fiammella impetuosa, irregolare, piccola e indomabile “Sono
aggressivo, impulsivo” “Ottimo. Ora sii vento” ed egli si mosse sulle punte quasi stesse
volando leggero. Le braccia seguivano le giravolte che il vento faceva di fronte a un ostacolo.
Ecco che la natura, forse, non era solamente una somma di formule, calcoli e definizioni. Allora
la sua mente fu veramente libera e solo in quel momento poté dire “ Io sono libero e felice”.
L’attore disse “Questo è il teatro: non è finzione: è conoscenza di sé e conoscenza di ciò
che ci circonda. È la libertà di essere ciò che si sente di essere. È la possibilità di essere ogni
giorno qualcosa di diverso e comprendere cosi il diverso. È vita” “Sì, ma dimmi di più”.
Quando aprì gli occhi, l’attore era già sparito.
Allora il vagabondo riempì la sua sacca dell’acqua, ma non proseguì. Restò li fermo. Sentì
che i suoi studi erano ben poca cosa di fronte al vero sapere.
Pensò alla sua presunzione e al suo studio arido, senza vero amore per ciò che studiava;
senza comprendere che dietro una formula c’era ben più che numeri e lettere: c’erano le vite
degli uomini che le avevano scoperte, le loro lotte, c’era dietro un’intera realtà e la grandezza
di una natura che è un continuo esplicarsi in forme diverse che aspettano solo di essere vissute
e scoperte.
Si mise a piangere amaramente, ma ecco che si sentì toccare la spalla.
Alzò lo sguardo e vide un uomo anziano, un pastore all’apparenza, che lo chiamava “Ehi tu
giovane! Perché piangi?” “Ho fatto un viaggio inutile, volevo sapere l’origine della conoscenza
e mi trovo a scoprire di non conoscere nulla” “Ma dimmi, questo viaggio cosa ti ha insegnato?”
“ Che la conoscenza non ha fine e va continuamente ricercata e riscoperta; che l’uomo saggio
non è colui che sa più cose, ma il più aperto: colui che riesce sempre a meravigliarsi e per
questo a cercare di scoprire tutti i perché. Ma è una ricerca infinita destinata a non essere
saziata. “E dimmi a ogni nuova scoperta eri felice?” “Sì. Ogni novità mi ha fatto sempre più
amare la mia realtà e vedendola sempre con occhi nuovi; così non me ne stancherò mai”.
Mentre parlavano, i due si erano diretti verso una spiaggia dove il sole stava tramontando.
“Che magnifico paesaggio” disse per la prima volta l’uomo “Già-disse il pastore sorridendo
appena- tra poco sarà buio. Dobbiamo coricarci: ognuno di noi domani dovrà riprendere il suo
viaggio.”
L’indomani, al suo risveglio, il viaggiatore, non trovò più il pastore.
Al suo posto, poche parole scritte sulla sabbia: L’origine della conoscenza è il non sapere.
La marea poi con le sue onde traversali, portò via con sé quel misterioso messaggio quasi
volesse esser visto da lui prima di svanire nell’immensità del mare.
Lì per lì non capì. Era giunto ormai troppo lontano da casa e decise di tornare indietro.
Passò davanti alla cascata dove aveva conosciuto l’attore e venne colpito da un’incisione
sulla roccia: l’origine della conoscenza è la conoscenza di sé.
Passò poi sulla collina dove aveva incontrato l’artista e trovò una tela con una frase scritta
con i petali di ciliegio: la conoscenza è vedere la bellezza di ciò che ci sta intorno.
In seguito, attraversò la porta della città del musicista: i mosaici ora componevano
un’espressione: la conoscenza è passione.
Arrivò alla sua dimora quando… si fermò a riflettere sul suo viaggio e sulle parole del
pastore… chissà se il vecchio saggio esisteva veramente, ma non aveva importanza: una cosa
l’aveva capita: la conoscenza è nel viaggio che si fa per cercarla: magnifico, infinito. Esso
dipende dagli occhi di chi la cerca: più sono i punti di vista, più ci si può avvicinare alla sua
globalità e questo ai suoi occhi valeva più di ogni altra scoperta.
Ora, ogni volta che apriva un libro, lo leggeva più e più volte e si stupiva di quante cose
non avesse mai visto perché ritenute secondarie: la prosa, le parole, lo stesso odore della
carta… riscoprì la passione per i suoi studi e ricominciò a vedere la realtà in modo sempre
colmo di stupore, apprezzando così il valore che ogni esperienza negativa o positiva che fosse
portano con sé, senza dimenticarsi ogni pomeriggio di contemplare il tramonto. Un giorno,
però si addormentò e gli sembrò quasi di vedere il musicista, l’artista, l’attore, riunirsi nella
figura del pastore e dirgli “il sapere è continua inquietudine”. Poi si svegliò. Che avesse
veramente incontrato il vecchio saggio? Impossibile! I sogni sono solo sogni… o no?