la piazza finanziaria e` ancora forte ma ha bisogno di condizioni

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la piazza finanziaria e` ancora forte ma ha bisogno di condizioni
30.11.2004
CORRIERE DEL TICINO
Roberto Giannetti
LA PIAZZA FINANZIARIA E’ ANCORA FORTE MA HA BISOGNO DI
CONDIZIONI QUADRO MIGLIORI PER RIMANERE COMPETITIVA
Ormai da diversi decenni, la piazza finanziaria rappresenta uno dei motori economici del nostro
cantone. Tuttavia ultimamente non sono mancati gli attacchi e le sfide esterne, che hanno provocato
preoccupazioni per il suo futuro e anche per l’aspetto occupazionale. Sulla situazione della piazza
cantonale è stato intervistato Giorgio Ghiringhelli, Presidente dellʹAssociazione Bancaria Ticinese.
La piazza finanziaria ticinese ha dovuto recentemente superare una duplice sfida: da un canto quella
rappresentata dallo scoppio della bolla speculativa formatasi sui mercati finanziari e, dall’altro, quella
rappresentata dai due scudi fiscali italiani. A suo giudizio queste sfide sono state superate in modo brillante e
hanno comportato un rafforzamento della piazza ticinese?
« L’aver affrontato e superato contemporaneamente le due sfide rappresentate dal crollo dei mercati a
livello mondiale e dalle due amnistie decretate dall’Italia è stata indubbiamente una prova di forza
della nostra piazza, grazie alla solidità e professionalità delle sue strutture. Tuttavia da qui a parlare di
« modo brillante » e di « rafforzamento » ne corre. Alcuni istituti hanno ad esempio dovuto rafforzare
le loro antenne in Italia, senza riflessi positivi per la piazza ticinese e la sua occupazione. Altri ancora
si stanno leccando le ferite, tanto più che al crollo delle borse del Duemila è seguito un periodo di
rivolgimenti politici e di congiuntura incerta a livello mondiale, di mercati molto volatili e senza
particolari tendenze, periodo che perdura e non incoraggia una politica attiva di gestione mobiliare » .
Sta di fatto che l’afflusso di nuovi capitali dall’estero sembra essersi sostanzialmente assottigliato. Nel
private banking viviamo di una torta che è destinata a non più allargarsi?
« Il rallentamento dell’afflusso netto di capitali dipende da vari fattori, come l’andamento dei mercati
che le ho descritto, la congiuntura che costringe molti imprenditori a far ricorso alle riserve di capitale
depositate all’estero e soprattutto lo spostamento del risparmio gestito verso l’immobiliare, un
mercato che in questi anni, grazie altresì a tassi d’interesse assai favorevoli, ha riservato parecchie
soddisfazioni agli investitori. Nell’investimento tuttavia l’esperienza mi ha insegnato che è arrischiato
parlare in termini di « non più».I tassi ipotecari risalgono, le bolle speculative immobiliari scoppiano
pure loro, i governi cambiano. Non mi chieda quando questo possa accadere, perché non lo so.
Non dispero comunque di rivedere tempi migliori per la piazza finanziaria, sempre che noi non si sia
così stupidi da tirare il collo alla nostra gallina dalle uova d’oro » .
Lei ha spesso sottolineato che i vantaggi competitivi della Svizzera, quale piazza finanziaria, si stanno erodendo.
Non tanto per nostri errori, ma per il miglioramento delle condizioni quadro dei paesi europei a noi vicini. Ad
esempio non c’è più la lira italiana, che continuava a svalutarsi, ma c’è l’euro. In Italia non c’è più la paura del
comunismo e lo stesso sistema fiscale italiano è divenuto meno ostile nei confronti dei contribuenti e soprattutto
dei risparmiatori. Dato che il mercato italiano per il Ticino resta in ogni caso il mercato principale, come si deve
reagire a questa erosione del nostro vantaggio competitivo?
« La ricetta sta in un mix di grande professionalità nella scelta delle strategie e dei prodotti, di assoluta
discrezione nonché di condizioni competitive grazie ad un rigoroso controllo dei costi. Non abbiamo
comunque più facili rendite di posizione, dato che la concorrenza, anche in Italia, si sta muovendo con
grande perizia e rapidità nelle medesime direzioni. È quindi pure indispensabile che le nostre
condizioni quadro non peggiorino.
La manovra fiscale in atto nel nostro Cantone, che tende a penalizzare soprattutto la piazza finanziaria
e i suoi clienti con un aumento delle tasse sugli utili, sugli immobili e sui documenti bancari, è un
buon esempio di quello che non si dovrebbe fare in questo momento » .
Il nostro vantaggio competitivo resta dunque solo il segreto bancario?
« Più che di quel che rimane del segreto bancario parlerei di rispetto del dovere di discrezione del
banchiere, che qui da noi è ancora onorato e interpretato in modo restrittivo da parte di tutti gli
addetti ai lavori. Mi risulta che ciò non è sempre il caso in altre realtà. E questo è per il nostro Paese
sicuramente un importante vantaggio competitivo, che va strenuamente difeso proprio perché è molto
apprezzato dalla clientela svizzera ed estera » .
Per salvaguardare il segreto bancario dal prossimo primo luglio sugli averi da interessi dei non residenti verrà
rilevata una euroritenuta. Lei ritiene che questa tassa penalizzerà la piazza finanziaria svizzera?
« In alcune nazioni europee, compresa la Svizzera, la scelta per il cliente domiciliato nell’UE sarà tra
l’euroritenuta e la trasmissione automatica di informazioni al fisco. In gran parte dell’UE il cliente
estero delle banche non avrà neppure questa possibilità di scelta: i suoi redditi verranno direttamente
comunicati al fisco del suo paese. Quindi, se escludiamo alcune piazze finanziarie esotiche – lontane,
costose e non sempre politicamente tranquille – non è che il cliente europeo « offshore » abbia
alternative. Tuttavia la direttiva europea in materia contiene molte scappatoie, che fanno sì che i
clienti abbiano svariate possibilità legali per eludere la ritenuta. In questo ambito pertanto la piazza
finanziaria svizzera non sta affatto peggio della concorrenza. Pur con tutte le riserve imposte dalla
difficoltà e dalla novità della materia, istintivamente la cosa che temo di più sono i possibili eccessi di
zelo della burocrazia federale incaricata di gestire questo delicato dossier » .
Molti ritengono che le scappatoie per evitare il pagamento di questa tassa, sono talmente facili da imboccare che
praticamente quasi nessuno sarà sottomesso all’euroritenuta. Non vi è però in tal caso il rischio che fra alcuni
anni Bruxelles chieda di rivedere le regole di applicazione di questa euroritenuta proprio per evitare che sia
soltanto uno specchietto per le allodole?
« Il campo di applicazione della trattenuta fiscale è stato delimitato da una direttiva dell’UE, alla cui
stesura la Svizzera non ha partecipato e che ha dovuto tenere conto delle peculiarità e dei desideri dei
vari paesi membri. Non si potrà quindi accusare la Svizzera di aver creato un colabrodo per favorire la
sua piazza finanziaria.
Certamente vi saranno spinte per allargare il campo di applicazione e l’efficacia della direttiva, che
tuttavia dovranno tenere conto delle resistenze delle varie piazze finanziarie europee e degli accordi
sottoscritti dall’UE con i paesi terzi, tra cui la Svizzera, accordi che potranno essere denunciati
unilateralmente ed eventualmente rinegoziati solo fra qualche anno. Parliamo qui del 2013/ 14 » .
Lei ritiene che l’accordo raggiunto con l’UE in merito alla tassazione del risparmio e il protocollo annesso al
trattato di Schengen siano garanzie sufficienti per il segreto bancario?
« Come da anni vado ripetendo, non temo tanto un’abolizione del segreto bancario – che
probabilmente per volontà del popolo svizzero non avverrà mai – quanto il suo progressivo
svuotamento, ormai in atto da parecchio tempo. I trattati bilaterali bis con l’Unione Europea, e
particolarmente quello sulla lotta alla frode, che prevede un’ampia assistenza amministrativa alle
autorità estere nel campo delle imposte indirette, sono un ulteriore scivolone su questa china
pericolosa » .
L’Associazione Svizzera dei Banchieri e anche Economiesuisse hanno preannunciato che si impegneranno, in
caso di votazione popolare, per sostenere la ratifica dei trattati di Schengen e di Dublino, ritenuti appunto vitali
per il mantenimento del segreto bancario. Anche l’Associazione Bancaria Ticinese scenderà in campo?
« Sempre in un’ottica di anteporre la sostanza alle declamazioni formali, ritengo il trattato sulla
tassazione del risparmio e quello sulla lotta alla frode molto più rilevanti per il segreto bancario, che
non il trattato di Schengen. Quest’ultimo, che è stato voluto dalla Svizzera e che costituisce un
importante passo nella direzione di un’entrata del nostro Paese all’UE, è spinto da tutte quelle istanze
federali che preconizzano l’adesione. Non meraviglia quindi che, anche in vista di un referendum che
ha grosse chances di riuscita, si ricorra a tutti gli trucchi possibili, compreso quello di legare Schengen
alla difesa del segreto bancario. A mio modo di vedere sarebbe pericoloso cadere in questo tranello,
poiché un eventuale rifiuto popolare del trattato potrebbe essere visto e strumentalizzato come una
rinuncia del popolo al segreto bancario. Non ho ancora consultato il Comitato ABT in materia, ma a
titolo personale preferirei che le associazioni bancarie si tenessero fuori dalla mischia »
Ritorniamo a parlare della piazza ticinese, che vede alcuni attori principali e molti istituti di piccole dimensioni e
poi una miriade di gestori patrimoniali esterni. Alcuni ritengono che a causa dell’aumento dei costi sia
inevitabile che anche nel private banking vi sia un processo di consolidamento. Lei ritiene che questo processo si
avvertirà anche nel nostro Cantone riducendo la variegata presenza di istituti sulla piazza finanziaria ticinese?
« In effetti il processo di consolidamento è in atto da parecchi anni. Anche su piano internazionale
sono spariti numerosi grandi e magari gloriosi nomi a seguito di un’ondata di acquisizioni,
raggruppamenti e fusioni. Ricordo che pure in Svizzera in pochi anni le grandi banche sono passate
da cinque a due, che sono scomparse alcune banche cantonali e decine di banche locali e che
nemmeno i celebrati banchieri privati, a Ginevra e altrove, sono rimasti immuni dal fenomeno. È
ovvio che la piazza ticinese, da sempre caratterizzata da centri decisionali siti fuori Cantone, non
potesse non essere coinvolta nel processo » .
Non saranno soprattutto le presenze più piccole, per esempio di banche italiane o confederate, a gettare la
spugna?
« I costi crescendi di compliance e sorveglianza gravano le strutture più piccole in modo sproporziona
to alla loro dimensione. Le decisioni di uscire di scena comunque sono quasi sempre prese altrove, in
base a considerazioni di politica aziendale non sempre trasparenti e comprensibili per chi non siede
nella stanza dei bottoni » .
Grande scalpore ha suscitato in Ticino lo scandalo Sogevalor, che ripropone il problema dei gestori esterni. Come
Vede il futuro di queste società?
« Non posso esprimermi su casi di malversazioni – vere o presunte – su cui stanno indagando le
autorità di sorveglianza e la magistratura. Certo è che negli ultimi tempi i casi denunciati in Ticino si
sono moltiplicati in modo preoccupante. Sarebbe forse opportuno che le nostre autorità, oltre a
chinarsi sui sospetti di riciclaggio e di crimine organizzato, si preoccupassero un poco di più della
difesa del risparmiatore, che è poi il primo compito demandato loro dalla legge » .
Non ritiene che anche nel campo dei gestori patrimoniali vi sarà un processo di consolidamento?
« Anche qui il mondo è in pieno subbuglio, con continue nuove creazioni, fusioni o vendite, magari
agli stessi istituti bancari da cui i gestori provenivano. Penalizzati loro pure dall’andamento dei
mercati e dai costi crescenti di compliance, i gestori sono costretti a cercare di continuo nuovi sbocchi.
Qualcuno propone a volte schemi di finanza creativa, che spesso li conducono in tribunale, altri invece
soluzioni interessanti, come ad esempio le varie formule di « Family Offices » per una clientela ricca,
sofisticata e che non si accontenta più dei servizi bancari tradizionali » .
Spesso si parla di professionalità quale carta decisiva per gli operatori finanziari in Ticino.
Si parla meno invece del costo dei servizi bancari e delle operazioni finanziarie fornite in Svizzera. Questi costi a
carico del cliente non sono troppo elevati e non dovranno essere ridotti per rimanere competitivi?
« Un servizio professionale di qualità è costoso e deve essere rimunerato. In questo ambito bisogna
guardarsi da chi offre prezzi stracciati solo per acquisire clientela. Prima o poi dovrà ricuperare i suoi
costi e troverà il sistema, a volte in modo poco trasparente o persino truffaldino, per farli pagare al
cliente. Ciò premesso è indubbio che la Svizzera sia un paese caro, come dimostra anche solo il livello
degli stipendi. È quindi indispensabile un continuo controllo dei costi, per non arrischiare di finire
fuori mercato. Fatta questa premessa è comunque evidente che la concorrenza debba piuttosto
giocarsi sulla qualità del servizio, sull’innovazione nei prodotti e sulla performance, e non tanto sul
piano dei costi, dove purtroppo partiamo perdenti » .
Un’ultima domanda. Alla luce di tutte queste considerazioni, come vede il futuro della piazza finanziaria?
« Tutto dipende da cosa vuole effettivamente il Paese. Se vuole una piazza finanziaria viva, dinamica,
competitiva, deve garantirle condizioni quadro favorevoli ed essere pronto a lottare contro tutte le
pressioni esterne e le manovre dei paesi concorrenti, come hanno fatto negli scorsi anni l’onorevole
Villiger e i suoi negoziatori. Se invece il nostro Paese considera la piazza finanziaria solo una vacca da
mungere, della quale per di più ci si debba a ogni piè sospinto vergognare e scusare – alla stregua di
chi in Ticino per risanare le finanze pubbliche propone di andare a prendere i soldi dove ci sono, ossia
dalle banche – , raccoglierà per finire quello che si merita, ovvero le perdite di posti di lavoro e di
substrato fiscale dovute al declino della piazza finanziaria » .