Visitare Brebbia - Il Lago cromatico

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Visitare Brebbia - Il Lago cromatico
CASA DEL FAGIOLO (“FASOEU”) DI BREBBIA
Il fagiolo dell’occhio è l’unico fagiolo autoctono del Vecchio Mondo, essendo
originario dei paesi del bacino del Mediterraneo.
Consumato fin dall'antichità deve il nome ad una macchiolina rotonda e scura
presente al centro della sua concavità.
L’ampia pianura di Brebbia è stata storicamente una terra
molto indicata per la coltivazione di questo legume. A tal
punto che, seguendo una tradizione che voleva per gli
abitanti di ogni paese un particolare appellativo, fu facile
chiamare i brebbiesi “Fagioli” o per meglio dire “Fasòeu”.
Con la venuta del fagiolo importato dalle americhe, infine, il
fagiolino dell’occhio fu messo in disparte.
Solo da qualche anno, grazie anche
al patrocinio dell’Amministrazione
comunale, la comunità brebbiese ha intrapreso il
doveroso processo di re-introduzione di questa antica
coltivazione, secondo un modello
molto vicino
all’agricoltura di sussistenza. La condotta di Slow Food di
Varese ha ritenuto di costituire attorno al “Fagiolo di
Brebbia” una propria Comunità di cibo, definendo precise regole in un apposito
disciplinare di coltivazione.
La Comunità brebbiese, con l’intento di preservare questo prodotto locale, sta
provvedendo ad allestire un locale, presso Villa Terzoli, dedicato al prezioso
legume. Oltre alla documentazione fotografica delle varie fasi di coltivazioni,
saranno esposti gli strumenti artigianali (assolutamente unici) utilizzati per la
semina, per la “sbaccellatura” e, infine, per l’eliminazione delle impurità dai fagioli,
prima della loro conservazione.
BREBBIA
Luoghi da visitare
IL “LAGHETASCH” di Motto Pivione
Il “Laghetasch” è un’area a ristagno idrico che assume l’aspetto di un vero e
proprio laghetto sulle cui sponde in passato sono state
rinvenute tracce di un insediamento palafitticolo. E’
situata sulla collina del Motto Pivione. All’interno del
piccolo bacino sono presenti gruppi policormici di
Cipresso Calvo delle Paludi (Taxodium distichum),
piante idrofile che svettano per la loro imponenza.
Di aspetto simile al Tasso, questa conifera, a
fogliame deciduo, può raggiungere i 40 mt. di altezza
ed i 1000 anni di età. Non sono piante autoctone
(l’origine è infatti nord-americana) e non è neppure noto quando e come sono
giunti proprio in questo luogo. Recentemente i Cipressi Calvi del Laghetasch sono
stati censiti come “monumenti naturali” dalla Provincia di Varese.
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A cura del Comune di Brebbia
LA CHIESA DI S.PIETRO (Monumento Nazionale)
La chiesa romanica di S. Pietro a Brebbia è una delle più belle
e meglio conservate della Lombardia. Nel VII secolo d.C. ve
n’era una più piccola e situata tra il campanile e l’edificio attuale
ma, sul finire dell’XI secolo si decise di costruirne una più
grande adatta ad una popolazione ormai molto numerosa.
Dobbiamo ricordare che Brebbia ebbe un passato glorioso, fu
infatti centro di intensa prosperità nell’età romana, quindi capo
di Pieve ed anche sede di un castello degli arcivescovi milanesi. Il primo
documento in cui si parla esplicitamente della pieve di Brebbia risale al 999 ma la
tradizione (peraltro attendibile!) narra che la prima chiesa fu fondata intorno al IV
secolo d.C. da San Giulio, evangelizzatore con il fratello Giuliano, di tutta l’area
prealpina intorno al lago Maggiore. Una leggenda racconta
che S. Giulio distrusse il tempio di Minerva per sostituirlo con
la chiesa; in effetti sul lato settentrionale si trova ancora una
pietra murata recante l’iscrizione, ormai molto consumata,
con il nome della dea.
La Chiesa di S. Pietro è molto ben affrescata; i dipinti più
antichi si trovano nel braccio settentrionale del transetto e possono essere fatti
risalire al XIII secolo. Gli affreschi meglio conservati si trovano invece sulla parte
meridionale, dove si allineano una serie di riquadri fatti eseguire a più riprese da
committenti privati, per lo più appartenenti alla famiglia Besozzi.
IL MUSEO DELLA PIPA
calcio allo stato naturale che si trova nelle cave dell’Asia minore, in particolare in
Turchia).
Non mancano tante stramberie come le pipe a sigaro studiate per i motociclisti; le
“radiator” ovvero le pipe con un fornello "aerato"; pipe con bocchini telescopici per
fumare più fresco; pipe con due fornelli e valvole per poter
gustare in tempo reale diverse
miscele, mini pipe ad acqua;
brevetti di ogni genere per rendere
più semplice (o forse per
complicare ancor di più) la difficile
arte di fumare la pipa.
Per gli appassionati delle pipa e i semplici curiosi, il
museo è sempre visitabile (previo appuntamento con la
famiglia Buzzi)! (www.brebbiapipe.it).
Recentemente Brebbia ha acquisito una nuova
collezione di pipe che ha trovato la sua giusta e degna collocazione presso il
Museo della pipa: la prestigiosa collezione di Franz Schuchardt.
LA CENTRALE IDRO-ELETTRICA
Pochi conoscono l’esistenza della centrale elettrica del Bosco Grosso, eppure fin
dagli ultimi anni dell’ottocento proprio da questa centrale proveniva l’energia
elettrica che illuminava, prima in tutta la provincia, le strade dei paesi di Brebbia,
Olginasio, Malgesso e Gavirate.
Alle tradizionali pipe in porcellana Austro-Ungariche si aggiungono le prime
realizzazioni francesi e britanniche di pipe in radica sino al primo, timido e poi
sempre più travolgente successo delle pipe in radica per merito della produzione
italiana. E’ possibile, inoltre, ammirare le pipe in metallo lavorato della Thailandia,
le pipe in legno normale della Cina, le pipe in preziosa schiuma di mare (solfato di
E questo grazie all’ingegno di
Achille Buzzi (scomparso nel
1906) che più di un secolo fa
precorse i tempi in tema di
sfruttamento delle acque per la
produzione dell’energia elettrica.
In quegli anni l’industria e la vita comunitaria erano
legati all’impiego del vapore come forza motrice e del gas come elemento di
pubblica illuminazione. Nel 1890 Achille Buzzi, conscio degli immancabili sviluppi,
costruì sul fiume Bardello un canale lungo 700 metri che portava l’acqua ad una
turbina Girard ad asse verticale, della forza di 100 cavalli, appositamente costruita
dalla ditta Pomini di Castellanza. Un asse orizzontale in rapporto con quello della
turbina doveva far generare, ad una turbina tipo superiore, l’energia elettrica di
735.000 watts ad un potenziale di 1.500 volts. Oggi la vecchia Centrale continua
nel suo pluridecennale (secolare) lavoro. Nel 1923 le vecchie turbine vennero
sostituite ed il canale è stato sviluppato fino a 1.500 metri con una portata di 2.000
litri al secondo.
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Il museo della pipa di Brebbia è nato nel 1979 per volere del Ragionier Enea
Buzzi, fondatore della Pipe Brebbia Srl e noto collezionista di pipe, ed è situato a
Brebbia (VA) in Via Piave 21.
Contiene oltre circa 6.000 proenienti da tutto il
mondo e opportunamente catalogate.
E’ possibile trovare le pipe calumet degli indiani
d'America che furono i precursori dei fumatori di pipa
e tabacco per poi passare ad un ampia raccolta di
pipe di schiuma di mare (principalmente di
produzione austriaca), di gesso e terracotta per la
maggior parte italiane, francesi e olandesi.