Anno 2011 - Provincia Romana Fatebenefratelli

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Anno 2011 - Provincia Romana Fatebenefratelli
POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA
VITAOSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
ANNO LXVI - N° 6
GIUGNO 2011
Se vuoi indicare A.F.Ma.L. (Associazione con i Fatebenefratelli per i Malati Lontani)
come associazione che beneficerà del tuo 5 per mille metti nel primo settore
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EDITORIALE
S O M M A R I O
RUBRICHE
4
La sollecitudine di Gesù per i malati
5
Problemi etici e bioetici
nellʼuso del Placebo
6
A proposito di arte
7
Lʼacqua è un bene di tutti
8
Unʼautentica enciclopedia medica
in un rotolo di 20 metri
XII - Il “papiro di Ebers”
(1550 a.C., medicina dellʼAntico Egitto)
9
Stare insieme con de…coro
Frenulo linguale corto
10
11-14
15
Schegge Giandidiane N. 24a
Lʼarduo inizio dei primi frati a Manila
Perché san Giovanni di Dio
è invocato dai morenti
16 Ricerca italiana: scoperta una molecola
inibente i vasi tumorali
17
Shaken baby syndrome
DA L L E N O S T R E C A S E
18
Testimonianze oggi del carisma
di san Giovanni di Dio
19
Cardiologia
Nuove strategie diagnostiche e terapeutiche
20
Associazione GERMOGLIARE ONLUS
21
Madonna del Buon Consiglio:
Madre spirituale e consigliera
22
Via Crucis vivente in Ospedale
23
Newsletter
VITA OSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
A N N O LXVI
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Finito di stampare: giugno 2011
In copertina: Trionfo di san Giovanni di Dio (olio su
tela di Jean Jouvenet, eseguito per il nostro Ospedale
di Parigi e datato 1691).
CI VUOLE ANCHE PER NOI
UNA MATTONATA?
n tizio che, grazie a una promozione, s’era comprato la macchina nuova, stava guidando lungo un viale solitario, quando
scorse un ragazzetto spuntare tra due auto in sosta. Per prudenza, rallentò un poco, ma quale fu la sua sorpresa nel vederlo lanciargli
contro un mattone, che gli ammaccò lo sportello. Furioso, fermò di
colpo, raggiunse il monello e lo bloccò contro una macchina urlandogli: “Brutto mascalzone, ma ti rendi conto del danno che mi hai fatto?”.
Ma quello, piangendo, gli spiegò: “S’è rovesciata la carrozzella di mio
fratello paralitico e io non ce la faccio a rimettercelo seduto. Ho fatto
cenno alle macchine che passavano, ma nessuno s’è fermato. Ecco perché ho tirato il mattone…”.
Ovviamente, l’ira sbollì di colpo e s’affrettò, senza più fiatare, a
rimettere seduto in carrozzella il ragazzo paralitico. Poi se n’andò via
pensoso e per gran tempo non volle riparare lo sportello, affinché gli
ricordasse d’essere più attento a cogliere al primo accenno le richieste
d’aiuto di chi era in difficoltà.
Forse dovremmo chiederci se occorra anche per noi una mattonata
per farci riflettere sul nostro comportamento abituale nei riguardi del
prossimo.
Se poi siamo cristiani, la fede ci dice che alla fine della nostra vita
saremo giudicati proprio in base a quale fu, momento per momento, la
nostra reazione dinanzi alle altrui necessità.
Dio che è Amore e che ci ha creati a sua somiglianza affinché fossimo capaci di intuire la fiamma dell’Amore divino che avvolge anche
noi, attende, infatti, la risposta del nostro cuore. Una risposta di gratitudine e di volontà di corrispondere non solo col calore del nostro affetto filiale, ma anche con l’impegno a donarGli qualcosa.
C’era però il problema che teoricamente sarebbe stato impossibile
donare qualcosa a Dio, che ha già tutto. La soluzione ce l’ha offerta il
Figlio, che con la sua incarnazione si è reso solidale con l’intera umanità, formando un Corpo Mistico, di cui Gesù è il Capo e noi siamo le
membra. Da allora, ogni volta che noi offriamo aiuto o anche solo un
sorriso o un gesto d’attenzione a chiunque c’è accanto, Cristo lo considera offerto a Lui stesso, grazie allo straordinario legame vigente tra lui
e ogni uomo a motivo del Corpo Mistico.
L’instancabile amore, con cui san Giovanni di Dio seppe prendersi
cura dei malati e di ogni bisognoso, nacque proprio come coerente frutto della sua profonda certezza della mistica presenza di Cristo in ogni
sofferente, sicché aver cura dei fratelli era per lui il modo concreto di
ricambiare l’immenso dono fattoci da Cristo col morire per noi in
Croce e assicurarci la redenzione e il perdono dei nostri peccati. Un
giorno il Santo ebbe una stupenda conferma di tale mistica presenza
poiché, mentre stava lavando i piedi a un malato, questo in un fulgore
di luce si trasformò in Cristo, che gli disse: “Giovanni, ogni volta che
tu lavi i piedi a un malato, è a Me che li lavi!”.
L’amorevole approccio di san Giovanni di Dio agli infermi gli valse,
giusto 125 anni fa, che insieme a san Camillo de’ Lellis fosse proclamato da Leone XIII con Breve Apostolico del 22 giugno 1886 come
Patrono universale dei malati e degli ospedali.
U
C H I E S A E S A LU T E
LA SOLLECITUDINE DI GESÙ
PER I MALATI
Fra Elia Tripaldi o.h.
utta l’azione pastorale della
Chiesa, anche quella che
viene svolta in ambito sanitario e socio-assistenziale affonda le
sue radici nel Vangelo, sulle orme di
Cristo, “buon pastore” che ha cura
delle sue pecore e “medico” delle
anime e dei corpi che ridona la salute e la salvezza a quanti gliela chiedono. Gesù è - secondo una felice
espressione di Benedetto XVI
all’Angelus del 12 febbraio, all’indomani della celebrazione della XVI
Giornata Mondiale del Malato - “la
mano di Dio tesa sull’umanità, perché possa uscirne dalle sabbie mobili della malattia e della morte”.
T
Scorrendo le pagine del Vangelo
vediamo come la compassione di
Gesù verso la sofferenza dell’uomo
si manifesta facendosi avvicinare dai
lebbrosi (cosa proibita ai suoi
tempi!), dai peccatori e da tutti coloro che erano considerati “impuri” dai
capi del popolo, dagli scribi e dai
farisei. I miracoli di guarigione che
egli compie, non sono soltanto la
prova per credere alla sua dottrina,
ma realtà che servono per indicare il
“segreto messianico” - caro a Marco
- di cui lui è il detentore. Il suo rapporto con i malati, oltre a essere
quello di un evangelizzatore, della
Parola stessa di Dio che si comunica
alla persona, è lo stesso rapporto che
il medico ha con il suo paziente:
avvicinarlo, ascoltarlo, toccarlo per
fargli sentire la sua vicinanza e la sua
comprensione per il male che lo
affligge.
Significative sono le pagine del
vangelo di Marco in cui l’evangelista
descrive la “giornata tipo” di Gesù a
Cafarnao il quale, dopo aver insegnato nella Sinagoga, guarisce la
suocera di Pietro nella casa dell’apo-
4
stolo ed essa si mette a servire lui e i
suoi discepoli (1,29-32). Di sera cura
molti malati e indemoniati sulla
porta della stessa casa e si ritira in
preghiera solitaria, prima di andare a
predicare per la Galilea. In questo
racconto troviamo inoltre la descrizione di numerosi miracoli, come: la
guarigione del paralitico calato dal
tetto, la risurrezione della figlia di
Giairo, la guarigione dell’emorroissa, quella dell’uomo con la mano
inaridita, del sordomuto, del cieco di
Betsaida e del lebbroso.
La parola di Gesù contiene un
potere tale che, a differenza dei guaritori ed esorcisti del tempo, bisognosi di incantesimi e di formule
magiche, riesce a sconfiggere il
maligno e a restituire il malato alla
vita di ogni giorno. Così se un’azione pastorale della comunità cristiana
non cura, non si pone a servizio degli
altri, non è vivificata dalla preghiera
e non condivide la sofferenza del
prossimo, non riuscirà a riattualizzare l’azione sanante ed evangelizzante di Gesù.
Matteo ci dà nel suo Vangelo un
insegnamento di Gesù molto più
completo di quello di Marco; egli
scrive per una comunità che viene
dal giudaismo per mostrare nella
persona e nell’opera di guarigioni
miracolose compiute da Gesù (guarigione del servo del centurione, dei
due ciechi, del cieco muto e dei due
ciechi di Gerico) il compimento
delle scritture. In Luca, scrittore più
raffinato e “medico”, Gesù nel suo
lungo viaggio verso Gerusalemme,
parla della risurrezione del figlio
della vedova di Naim, della guarigione dell’idropico, quella della donna
curva, dei dieci lebbrosi e del taglio
e guarigione dell’orecchio del servo
del sommo sacerdote.
Infine, l’evangelista Giovanni,
teste oculare e scrittore di quanto
riportato nel suo vangelo, sa cogliere
nei miracoli il loro significato spirituale. Essi sono denominati da lui
“segni”, cioè realtà visibili che
rimandano a una realtà invisibile
(guarigione spirituale e remissione di
peccati), come la guarigione del
paralitico alla piscina di Betzatà, di
un cieco e la risurrezione di Lazzaro.
La frase con cui Giovanni conclude il suo vangelo: “Vi sono ancora
molte altre cose compiute da Gesù
che, se fossero scritte una per una,
penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si
dovrebbero scrivere” (Gv 21,25), ci
dà il senso dell’attività e dell’interesse che Gesù manifesta nei riguardi
dei tanti malati e sofferenti. In questi
riferimenti riportati dei miracoli operati da Gesù non ho considerato gli
interventi a favore di quelle povere
persone possedute da spiriti immondi a causa dei quali erano emarginate
e disprezzate dalla società di allora
(e non solo!). L’esempio di Gesù è
ancora volta un insegnamento per la
Chiesa perché si impegni sempre più
a liberare l’uomo dal male che lo
affligge e si faccia promotrice della
sua salute e della sua salvezza.
BIOETICA
PROBLEMI ETICI E BIOETICI
NELL’USO DEL PLACEBO
Raffaele Sinno
l termine Placebo si fa risalire al
periodo medioevale quando,
durante le cerimonie funebri, i
cantori recitavano il celebre versetto:
“Placebo Domino in regione vivorum”. Da questa iniziale prassi di
“piacerò”, o di augurale beneficio,
quando oramai non si poteva far più
nulla di curativo, nell’avvicinarsi
dell’imminente trapasso, già nel
1775, il termine placebo assumeva le
sue caratteristiche di farmaco destinato a distrarre, come veniva definito nel Motherby’s New Dictionary of
Oxford. La definizione moderna e
più appropriata, oggi risulta la
seguente e viene indicata a metà
degli anni 1980 ossia: “Ogni provvedimento, non solo farmaco, capace
di influire sui sintomi e/o sulla
malattia di un paziente, seppur
oggettivamente privo di attività specifica nei confronti di quella malattia
e di quei sintomi”.
I
L’analisi di questa definizione conduce a una prima considerazione
etica, e in generale scientifica. Nell’analizzare il concetto di placebo si
rimane prigionieri di una sorta di diffusa convinzione: una sostanza o un
effetto generato solo dalla suggestione, o al massimo indotto da fattori
esterni alla procedura scientificamente accertata e valida. Le recenti
ricerche sul placebo, e l’ampia letteratura al riguardo, non solo smentiscono questa semplice conclusione, e
riaprono un dibattito ancora tutto da
definire. In tal senso, gli studi con
l’uso di placebo indotto, e la contemporanea verifica delle modificazioni
Pet rilevate o FMRI di diverse aree
cerebrali sia corticali sia sottocorticali, dimostrano che il nostro cervello risponde in maniera sicuramente
più complessa a quelle che una volta
erano definite sostanze inerti.
La letteratura internazionale ha
oramai sedimentato l’effetto dimostrato dal placebo, non solo in psicoterapia, ma anche su affezioni
organiche, quali l’ipertensione arteriosa, la glicemia, il numero dei linfociti, l’aumento dei linfociti killer
in alcune neoplasie. E sorprende per ovvi motivi etici - la presenza di
una chirurgia di tipo placebo nella
laparoscopia addominale, basti pensare al lavoro di lisi chirurgica in
laparoscopia addominale, dove in
59 pazienti con persistenti dolori
addominali venivano sottoposti a
lisi delle aderenze con la tecnica su
descritta, e in altri 59 dove veniva
effettuata la laparoscopia senza
effettuare la lisi, lo studio era ovviamente randomizzato in doppio
cieco. Questo caso è utilissimo per
instaurare una profonda discussione
etica e bioetica, non solo sugli effetti reali o presunti del placebo, ma
del suo uso in medicina e del rapporto nei trial della sperimentazione
farmacologica. Una prima questione che sorge è se l’uso del placebo
sia in generale da consentire. Su
questo punto, nonostante qualche
nostalgico del meccanicismo medico, la conclusione è quanto mai
ovvia e corretta. Il placebo non solo
si deve usare, ma forse è opportuno
una maggiore considerazione e
presa d’atto della sua importanza,
poiché i rapporti tra corpo, psiche, e
ambiente, sono sempre più complessi e articolati. Su tale aspetto
vorrei riportare uno studio di
Giorgio Dorbilla: “L’effetto del placebo si inscrive in quella documentata coreografia medica di supporto
che non è meno curativa. Se dunque
la fiducia nell’atto medico è fondamentale nell’evocare la reazione
globalmente positiva del nostro
organismo, e in primis del nostro
cervello, non deve nemmeno sor-
prendere che un intervento chirurgico possa far promuovere un effetto placebo di particolare importanza, dato che in genere nessuno si fa
operare se non è profondamente
convinto. La chirurgia è di per sé un
powerful symbol of healing (un
potente simbolo di guarigione)”.
La questione reale è l’uso improprio, sproporzionato, futile, e non
etico del placebo. Riferendoci al trail
esposto sulla chirurgia laparoscopica
e placebo, una prima riflessione
riguarda la liceità dell’intervento,
nonostante la presenza di un consenso ampio e ben documentato.Questo
ci consente di discutere sulla liceità
di tante sperimentazioni che si trovano in quella zona grigia etica, o come
oggi si preferisce chiamarla “zona
franca di applicazione”. Bisogna
ricordare che ogni sperimentazione,
come anche l’atto medico o una procedura innovativa, se pur indirizzata
all’interesse comunitario, non può
minimizzare il bene del soggetto che
partecipa alla sperimentazione, se
pur parzialmente protetto da una rete
di difesa biogiuridica. I confini spesso sono labili, e dietro a motivazioni
di scoperte sensazionali, si nascondono enormi interessi di lobby di
potere o di biofinanze, pronte alla
rapida e fruttuosa brevettazione.
Un’ulteriore riflessione riguarda la
percezione collettiva della scienza,
che è ampliata dall’uso non corretto
del placebo. Indurre in falsi miti di
superamento di azzeramento d’ogni
malattia, con prototipi di studi sperimentali, che spesso risultano nel
tempo, non attuabili, né verificabili,
inficia una corretta fiducia nell’operato della scienza, generando un boomerang di pessimismo nei suoi confronti.
La conclusione sulla questione del
placebo dovrebbe essere la seguente:
maggiore considerazione nel suo utilizzo, una sperimentazione che si prefigga sempre la massima sicurezza e
difesa di ogni persona umana”.
5
AT T UA L I T À
A PROPOSITO DI ARTE
Pier Angelo Iacobelli
on una disamina, piuttosto
soltanto alcune idee buttate
là. L’argomento necessiterebbe di una trattazione ben più
vasta, ma quella che segue vuole
essere soltanto una condivisione;
lasciando un’analisi più ampia, eventualmente, ad altro tempo e luogo.
Da tempo immemorabile (da sempre?) si discute intorno all’arte:
cos’è?, in cosa consiste?, quali gli
aspetti che dovrebbe assumere?, e via
dicendo.
Ogni epoca possiede una propria
forma di espressione artistica, e non
potrebbe essere altrimenti, perché
essa è manifestazione del sentire di
quel contesto storico-geografico.
Riproporre in forme non rigenerate
quanto altri tempi (epoche) hanno elaborato, normalmente non consegue
risultati lusinghieri; sostanzialmente
scimmiottature, che ben poco hanno
da dire ai contemporanei, ma soprattutto ai discendenti: saranno proprio
essi che ne valuteranno la reale validità1. È questo il fondamento per cui i
vari neo (neogotico, neoromanico…)
sortiscono effetti poco affascinanti.
N
La nostra è l’epoca della tecnica:
mai come oggi essa ha raggiunto livelli così alti. L’arte, però, (e le scienze
speculative?) ne soffre, e non poco.
Qualche giorno fa, stavo ascoltando
una dotta disquisizione, tenuta da un
docente universitario, supportata da
foto, diagrammi e quant’altro, su alcune correnti di espressione artistiche.
Non sono attratto dal ripresentare
stili, i quali nel passato abbiano
magari avuto un ruolo importante,
ma che nel presente non riflettono
più il modo di sentire attuale (l’ho
appena scritto). Per contro, ritengo
inverosimile che non si possano (e
debbano) elaborare opportune scale
di valutazione in merito alle diverse
forme in cui l’arte si esprime.
È vero che anche un bambino produce arte; anzi, in qualche modo, tutto
ciò che ci circonda possiede una
valenza artistica. Infatti, in un noto
dizionario, alla voce “arte” si legge:
“Qualsiasi forma di attività dell’uomo
come riprova o esaltazione del suo
talento inventivo e della sua capacità
espressiva”2. Ma non si può confrontare una scultura di Michelangelo con
lo scarabocchio di un fanciullo; analogamente, non si possono porre sullo
stesso piano la suddetta opera con la
scultura di un aborigeno: ognuna
riflette la cultura e (perché non tenerne conto?) la tecnica non soltanto di
colui che materialmente l’ha realizzata, ma anche della società e della
comunità in cui egli è inserito.
A fronte di ciò, non è corretto definire opera d’arte, col significato di
capolavoro, quelle che ben poco
hanno da comunicare. E siamo alle
cosiddette dolenti note: si ritiene che
l’importante, in tale ambito, sia la
capacità di comunicare sensazioni.
Fermo restando che non esiste alcunché esente dal produrre sensazioni in
chi vi si rapporta; quest’ultime, però,
debbono necessariamente essere sottoposte a un’opportuna valutazione:
ve ne sono di valide e di non valide o
addirittura dannose, in una scala che
procede dall’ottimo al pessimo.
Una scatola vuota (comunque
meglio che piena di porcherie), una
tela strappata o qualsiasi altro oggetto invia messaggi, produce sensazioni…; ma l’arte vera è in definitiva
altra cosa. Condivido che il manierismo, magari perfetto nelle sue ricche
elaborazioni, può essere stucchevole
e amorfo; ma ancora di più può
esserlo una cosiddetta forma d’arte,
la quale rifiutando ogni vincolo esteriore, corre con facilità il rischio di
spacciarsi per ciò che non è. In tal
caso, nasce la necessità di dotti estimatori che siano in grado di rivelare
al popolo plebeo quanto questi non
può capire, magari, per la semplice
ragione che non esiste: di qui il luogo
comune dell’artista sostanzialmente
fuori del mondo…
In realtà, non sono così rari gli
sfruttatori; in ogni tempo, ma con
maggior facilità laddove non ci sia
bisogno neppure di una tecnica. A tale
proposito, episodi come quello del
ritrovamento delle sculture di Modigliani dovrebbero far riflettere…
1 In realtà, il discorso sarebbe assai più complesso,
ma non vado oltre, unicamente per semplificare.
2 G. DEVOTO - G. C. OLI, Il dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze 1990, 133, col. I
6
AT T UA L I T À
L’ACQUA È UN BENE DI TUTTI
Franco Piredda
li incontri più belli narrati
nella Sacra Scrittura avvengono vicino ai pozzi, uomini
che incontrano donne che danno loro
da bere, come l’incontro di Gesù con
la Samaritana.
Abramo e Isacco erano scavatori di
pozzi e la loro benedizione era che
trovano sempre l’acqua: era il segno
che erano assistiti dal cielo.
Chi fa spuntare l’acqua dal suolo
aggiunge ricchezza al mondo.
L’acqua che sgorga, si incanala, trova
la via, poi diventa nuvola e aggiunge
altra acqua. Appartiene al mondo e
chi vuole diventare padrone dell’acqua deve dimostrare di essere padrone dei ghiacciai, delle nuvole, della
neve, della pioggia. Chi vuole appropriarsene sta derubando la specie
umana, sta facendo danno alla vita.
L’acqua dunque rappresenta la
socialità ed è la risorsa vitale cui è
legata la sopravvivenza del nostro
pianeta. Il rischio, che la nostra
società corre, è la perdita del rappor-
G
to e della coscienza civica, della
responsabilità di ciascun individuo
nella gestione e nella salvaguardia di
“beni comuni” come l’acqua.
L’acqua costituisce un bene comune per l’umanità perché è fonte di
vita e tutta la comunità cattolica lo
sostiene con vigore in ogni circostanza.
A cominciare dal Papa che
nell’Enciclica “Caritas in veritate”
ha dichiarato che l’acqua è un diritto
fondamentale inalienabile, dunque
non può essere proprietà di nessuno
ma piuttosto un bene equamente
condiviso da tutti.
Lo hanno affermato i giovani
dell’Associazione “Pro Evitante
Christiana” che nelle dichiarazioni
nel loro Convegno di Assisi sostengono che: “Le politiche dell’acqua
devono scegliere la via della gestione pubblica delle risorse idriche:
devono sottrarre l’acqua alle leggi
del mercato e del profitto, nazionale
e globale, anteponendo alle pressio-
ni delle multinazionali il grido dei
poveri”.
Dal Cile è il vescovo di Asgera,
Luigi Infanti della Mora, che nella
lettera pastorale “Dacci oggi la
nostra acqua quotidiana” ricorda che
la disponibilità dell’acqua è una
causa di povertà: “La crescente politica di privatizzazione dell’acqua è
moralmente inaccettabile. È una
ingiustizia istituzionalizzata, che
crea ulteriore fame e povertà, facendo sì che la natura sia la più sacrificata e che la specie più minacciata
sia quella umana, i poveri in particolare”.
Oggi più di un miliardo e trecento
milioni di persone non dispongono
dell’acqua potabile e due miliardi e
mezzo sono prive di servizi igienicosanitari; a breve potrebbero diventare tre miliardi a causa della enorme
disuguaglianza che c’è nell’accesso
all’acqua.
Le due caratteristiche dell’acqua,
l’essenzialità e la scarsità, ne fanno
un obiettivo economico e finanziario, la possibilità di un business
garantito, un profitto garantito perennemente.
Per questo nel mondo sono in
corso più di 50 conflitti per la proprietà, la spartizione e l’uso dell’acqua, e dove non ci sono conflitti si
vuole la privatizzazione dell’acqua e
con l’affidamento al libero mercato
della sua gestione, al pari di una qualunque merce.
Impedire che questo avvenga
diventa sempre più un problema di
civiltà, che chiama in causa la politica e la società civile, e che chiede a
ciascuno di assumersi la responsabilità rispetto alle generazioni viventi e
future.
Solo la proprietà pubblica e un
governo pubblico partecipato dalle
comunità locali possono garantire la
tutela di questa preziosa risorsa e
della sua conservazione.
Ognuno di noi può diventare “portatore d’acqua” con il suo impegno,
dimostrando l’indisponibilità dei
diritti universali e la difesa dei beni
comuni.
7
IL CAMMINO DELLA MEDICINA
UN’AUTENTICA ENCICLOPEDIA
MEDICA IN UN ROTOLO DI 20
METRI
XII - Il “papiro di Ebers” (1550 a.C., medicina
dell’Antico Egitto)
Fabio Liguori
“Q
uando la civiltà egizia
era al massimo fulgore,
il popolo dell’Ellade
viveva in caverne e si cibava di radici”: così Erodoto (484-425 a.C.,
“padre della Storia” per aver descritto numerosi Paesi in cui viaggiò)
annota l’Antico Egitto come precursore della civiltà greca (che avrà
infatti il suo Pantheon popolato di
divinità quanto l’egizio), e dal punto
di vista medico “popolo di sanissimi” grazie alla stabilità delle stagioni
nella regione. Un altro storico greco,
Diodoro Siculo (90-27 a.C.), riferendosi alla loro organizzazione sanitaria riporta che “…in tempo di guerra
tutti i malati sono curati gratuitamente, perché i medici sono pagati
dallo Stato”.
Come in tutte le antiche civiltà,
anche nella valle del Nilo medici inizialmente erano i sacerdoti. Da una
fase magico-sacerdotale, in cui dominava una simbologia assunta dal
mondo animale, si passerà a una
medicina basata sull’esperienza,
8
come quando s’introduce il concetto
di vasi che portano sangue e vasi che
portano aria (probabilmente perché,
limitandosi l’osservazione a cadaveri
nel corso dell’imbalsamazione, le
arterie risultavano praticamente
vuote, quindi necessariamente dovevano trasportare aria). Il sistema vasale rivestiva così il ruolo di una fitta
rete che distribuiva all’organismo
quanto abbisognasse, consentendo ai
farmaci di raggiungere la parte malata. La malattia era la conseguenza dell’ostruzione di una di queste vie.
La medicina egizia era molto specializzata “… sicché l’Egitto è pieno
di medici per gli occhi, altri per la
testa, altri per i denti, altri per il ventre e altri ancora per le malattie
occulte” (Erodoto, II, 84). La sapienza medica era racchiusa in libri sacri
nascosti al pubblico e custoditi nei
templi, accessibili quindi solo agli
iniziati.
“Maestri” nell’imbalsamazione gli
egizi erano, tuttavia, poco progrediti
nell’anatomia così che, nonostante il
trascorrere di millenni, la medicina
non faceva apprezzabili progressi.
L’imbalsamazione, infatti, non era
praticata dai medici-sacerdoti (ministri della “casa della vita”), ma da
addetti alla “casa della morte”: una
casta chiusa, capace però di far giungere intatte le loro mummie sino a
noi. Le procedure chirurgiche erano
di conseguenza limitate a interventi
esterni (circoncisioni, tumefazioni,
suture).
Oltre alle iscrizioni geroglifiche, le
principali fonti storiche sulla medicina egizia provengono dai papiri
medici, così detti per il loro contenuto esclusivamente di carattere medico. Il più famoso è il papiro di Ebers,
dal nome dell’egittologo tedesco che
lo acquistò da un mercante che asserì
di averlo trovato tra le gambe di una
mummia. È un’autentica enciclopedia medica racchiusa in un rotolo di
20 m. e alto 20 cm. Redatto nell’epoca dell’arrivo degli ebrei in Egitto,
riporta nel retro: “Festa dell’anno
nuovo, 3° mese, 9° giorno, levata di
Sirio del 9° anno di regno di
Amenhotep I ”. Poiché le levate della
stella Sirio sono calcolabili, la sua
datazione è certa: 1550 a.C. Tuttavia,
molte delle cognizioni in esso contenute risalgono all’Antico Impero
Egizio (3300-2360 a.C.), al tempo
delle piramidi di Cheope e Chefren.
In questo papiro ben 877 commi
trattano varie malattie, compresa la
prima descrizione di tumori (“quando incontri un tumore duro come una
pietra, curerai la malattia col coltello e poi brucerai col fuoco perché la
ferita non sanguini troppo”). Le prescrizioni corrispondenti assommano
a oltre 500 medicamenti da somministrare sotto diverse forme, tra cui
l’oppio, il miele, la cicuta, l’aglio, la
cipolla, l’olio di ricino, il lievito, i
semi di lino. Viene pure esposta l’igiene della persona, delle vesti e
della casa, il che spiega il grande uso
di acqua, incenso e salnitro (nitrato
di potassio) che facevano gli egizi;
anche perché l’impurità era considerata generatrice di ogni malattia.
A N I M A Z I O N E G I OVA N I L E
STARE INSIEME CON DE…CORO
Fra Massimo Scribano o.h.
nusuale, ma appropriato appuntamento con alcuni ragazzi
dell’Azione Cattolica di Albano
Laziale, che il 14 maggio scorso sono
venuti in visita all’Istituto San Giovanni di Dio di Genzano. L’incontro,
organizzato con il Responsabile
Diocesano dell’Azione Cattolica, il
dott. Giovanni Ascione che con una
quasi profetica intuizione ha voluto
fare sperimentare ai suoi ragazzi una
esperienza forte e significativa con i
nostri Ospiti della Casa.
Abbiamo scelto come attività educativa da fare insieme il Karaoke che
ha visto impegnati, oltre agli Ospiti,
anche gli Educatori e i Religiosi.
L’esperienza canora ha avuto la preparazione degli Ospiti per una settimana di lavoro con l’ausilio dell’Équipe educativa che ha saputo preparare al meglio i nostri ragazzi.
Sembra una banale attività ma che
secondo il mio parere è stata di grande stimolo a tutti i partecipanti.
Le sensazioni che ha suscitato l’evento nella sala convegni, non si
riescono a descrivere, perché bisogna
partecipare e vedere con gli occhi
della fede che in queste persone non
esiste solo la malattia ma e soprattutto la persona umana, fragile di sicuro,
ma pur sempre un essere vivente con
dei talenti che a volte vengono nascosti o ancora peggio negati.
I
“Qualunque cosa avrete fatto a
uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avrete fatta a me” con queste
parole Gesù ci invita a usare misericordia e carità alle persone deboli e
indifese, come i malati, i bambini e
gli anziani. In un mondo dove tutti i
diritti sembrano essere calpestati da
tutti perché alcuni non riescono a
gridare più forte, noi Religiosi
Fatebenefratelli dobbiamo essere
voce, mente e cuore per tutte le persone che chiedono aiuto e ci interpellano in prima persona. Questo lo
possiamo fare e lo dobbiamo fare,
solo se con gli occhi della fede
vediamo Gesù Cristo durante il
nostro servizio all’uomo sofferente.
Religiosi e Collaboratori insieme
dobbiamo cooperare per servire il
malato e Cristo nello stesso tempo.
Da quasi un anno ho ricevuto l’incarico di occuparmi di pastorale giovanile e vocazionale all’interno della
nostra antica e amata Provincia
Religiosa di san Pietro apostolo, rendendomi conto che esiste un reale
bisogno e ricerca di Dio e della sua
Parola. Il mio e quello di tutti noi che
siamo al servizio delle persone che
chiedono una più accurata attenzione
nel discernimento, abbiamo un dovere verso di essi che spesso risulta difficoltoso e soprattutto senza un
riscontro a volte positivo.
I giovani sono il nostro futuro per
la società e quindi dobbiamo avere
cura e fiducia nelle risorse che all’interno del loro cuore esistono perché
doni di Dio Padre; Lui che ha creato
ognuno di noi a sua immagine e
somiglianza conosce il nostro cuore.
Tu Giovane e meno Giovane che hai
abbandonato la via della vita, torna
sui tuoi passi e ricongiungiti al Padre
che ti ama di un amore immenso. “Ti
ho fatto come un prodigio, sei prezioso ai miei occhi, degno di stima e
io ti amo…” con queste parole Gesù
ci invita a riflettere sul senso di noi
esseri umani, ci ha creati per amore e
quindi non dobbiamo dare alla nostra
vita un senso di vuoto, ma invece
cercare di scoprire il tesoro che sta in
noi, che Dio Padre ci ha donato,
attraverso il Suo amore infinito.
Le attività di pastorale giovanile
che programmiamo in sintonia con
gli ospiti della Casa di Genzano,
sono di ausilio alla riflessione e condivisione della nostra vita e soprattutto a un resoconto “spirituale” che
il nostro cuore ci chiede. Spero che
gli avvenimenti avvenuti quest’anno
siano stati di completamento a livello umano e spirituale.
V’informo che a luglio e ad agosto ci
saranno due esperienze di servizio
organizzate a Genzano di Roma; per
maggiori informazioni visitate il nostro
sito: www.pastoralegiovanilefbf.it.
Per informazioni su discernimento
vocazionale potete contattarmi al
numero 338.2509061 o mandate una
mail all’indirizzo: [email protected].
9
SANITÀ
FRENULO LINGUALE CORTO
Dante Caliento, Melissa Zelli
L
a lingua è un organo muscolare estremamente mobile in
grado di produrre movimenti
in tutte le direzioni e di svolgere
numerose funzioni. Il frenulo linguale è una plica fibro-mucosa che
connette la linea mediana della
superficie inferiore della lingua al
pavimento del cavo orale, lo si può
osservare sollevando la lingua. Nei
neonati appare molto più pronunciato perché arriva quasi fino alla punta
della lingua poi, durante la crescita,
si ridimensiona per l’accrescimento
della lingua. In alcuni bambini questa plica non si sviluppa in maniera
adeguata e può presentare, sin dalla
nascita, alcune malformazioni che
causano problemi di mobilità della
lingua stessa che viene trattenuta
verso l’interno limitandone la protrusione al di là dei denti incisivi inferiori (aspetto a cuore o a omega). Il
frenulo linguale corto costituisce
un’anomalia congenita che solitamente colpisce il 4-5% della popolazione generale con una lieve prevalenza nei maschi (2,5: 1) e può presentarsi con diversi gradi di severità.
Il frenulo corto:
- potrebbe impedire di suonare certi
strumenti a fiato, di leccare o masticare
correttamente
cibi,
di
baciare (con tutti i problemi psicologici e sociali che ne conseguono);
- provoca l’ anchiloglossia, riduzione
del movimento linguale, di grado
lieve, moderato o severo (valutabile
soggettivamente);
- bifidità meccanica della lingua o
presenza di un solco mediano in protrusione;
- potrebbe ostacolare l’allattamento nei neonati in quanto questi
potrebbero non essere in grado di
attaccarsi al seno in maniera appropriata o di produrre una suzione efficace;
- curvatura della parte intermedia
della lingua che impedisce la fuoriuscita della lingua dal cavo orale.
- potrebbe provocare linguoversione
degli incisivi inferiori, diastemi interincisivi, beanze anteriori (impossibilità di
chiudere completamente la bocca),
rotazioni dentali, anomalie dello sviluppo della mandibola, sindrome
degluto-posturale con conseguente
squilibrio del cingolo scapolare.
Le anomalie del frenulo linguale
possono essere classificate entro differenti livelli di gravità, passando da
una forma più rara in cui il rafe linguale è completamente fissato al
pavimento della bocca, a forme più
lievi in cui la mobilità della lingua è
solo parzialmente ridotta.
La diagnosi di anchiloglossia può
essere formulata sulla base dei
seguenti criteri:
- impossibilità di toccare il palato
con la punta della lingua a bocca
aperta;
- spazio sublinguale ridotto;
bassi rischi per il piccolo e restituiscono alla lingua la propria piena
funzionalità:
- FRENULECTOMIA cioè l’asportazione parziale della membrana;
- FRENULOTOMIA cioè l’incisione
della membrana che veniva eseguita già nel 18° secolo quando le ostetriche erano solite farlo alla nascita
per mezzo delle unghie; nei neonati
con difficoltà nella suzione va praticata in anestesia locale entro la prima
settimana di vita mentre nei bambini
con gli altri problemi non esiste una
tempistica precisa ed è il chirurgo a
dover stabilire quando intervenire
nell’interesse del paziente.
L’intervento consiste nella sezione
del frenulo con un taglio orizzontale,
facendo attenzione a non coinvolgere le caruncole linguali; si ottiene
così la mobilizzazione del corpo
della lingua che allungandosi espone
una ferita a rombo che guarirà per
seconda intenzione. Non si esegue
sutura della ferita onde evitare cicatrici che riproporrebbero il problema.
Questa operazione chirurgica deve
essere eseguita da operatori esperti al
fine di evitare le rare complicanze
(sanguinamento per lesione della
vena profonda della lingua, danni
accidentali al dotto di Wharton).
Dopo l’intervento i neonati sono
subito in grado di riprendere ad alimentarsi al seno. - potrebbe rendere difficile l’articolazione delle parole (disartria) e
quindi rallentare lo sviluppo del linguaggio;
Questa chirurgia microtraumatica
permette di eseguire gli esercizi
logopedici per l’allungamento del
frenulo subito dopo l’intervento,
oltre che naturalmente nei giorni
successivi. Di recente è stato anche
introdotto l’utilizzo del laser per
questa pratica.
- potrebbe rendere difficoltosa
la pulizia orale;
Questi interventi vengono solitamente
eseguiti in regime di Day Hospital.
10
Esistono varie tipologie di intervento
piuttosto semplici che comportano
Schegge Giandidiane N. 24a
L’ a r d u o i n i z i o d e i
primi frati a Manila
Tale manoscritto è una sintesi
storica dei primi inizi della nostra
antica Provincia Messicana e fu
redatto a richiesta dello storico
Gil González Dávila, che l’utilizzò nel libro edito nel 1649 a
Madrid col titolo “Teatro
Eclesiástico de la Primitiva Iglesia de
las lslas Occidentales”. Nel manoscritto, che è datato 17 novembre
1643, si spiega che il punto di
partenza per l’espansione dell’Ordine in America Latina fu nel-
Un primo gruppo di 8 frati ebbe
il 14 marzo 1603 il permesso di
partire e tra loro v’era fra Bruno
de Avila, un magrolino di 33
anni, buon cristiano, casto e fidato, cui poi l’arcivescovo fra Diego
de Mendoza concesse di farsi
prete. Morirà il 21 ottobre 1631
nel naufragio della Santa Teresa,
nave capitana d’una flotta che era
salpata dal Messico per la Spagna
il 14 ottobre al comando dell’ammiraglio Manuel Serrano. Torneremo ancora a parlare di fra
Bruno per il suo impegno nel
1622 a favore della fondazione di
Manila quando aveva l’incarico
di Procuratore del nostro Ordine
per i territori d’oltremare, ma
intanto sottolineiamo che fu lui il
12 ottobre 1608 ad ottenere la
Regia Licenza per accompagnare
in Messico altri 7 frati, autorizzati
a Siviglia il 14 maggio 1609 ad
imbarcarsi nel galeone Nuestra
Señora del Juncal, che era la nave
Tracciata da Petrus Kaerius nel 1598, è la prima mappa mostrante le Filippine da sole.
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 24a - L’arduo inizio dei primi frati a Manila
G
l’anno 1600 l’approdo nelle Isole
Canarie di una flotta diretta in
America e nella cui nave capitana era scoppiata una seria epidemia, per domare la quale presero a
bordo fra Cristobál Muñoz, che
era il Priore del nostro locale
Ospedale. Egli restò nella flotta
fino al rientro in Spagna, dove
presentò numerose petizioni che
gli erano state affidate per avere
nostri Ospedali negli insediamenti d’oltremare. In risposta ad esse
e con Regia Licenza del 14 agosto
1602 fu concesso “per la prima
volta” che dagli Ospedali spagnoli potessero partire di loro volontà al massimo 16 frati, per fondare Ospedali nelle città di Cartagena, L’Avana, Veracruz, Panama, Portobello, Città del Messico
ed altrove.
93
iunti a Manila esattamente
quando stava per iniziare
l’estate del 1611, fra Juan
de Gamboa e fra Luca de los
Angeles insistettero per ben tre
lustri nel fermo intento d’avviare
una stabile presenza dell’Ordine
nelle Filippine. Purtroppo, furono
alla fine costretti a tornarsene in
Messico, ma i loro sacrifici non
andarono perduti ed ispirarono
altri frati a ripeterne l’impresa,
questa volta con successo.
In questo mese di giugno, in cui
celebriamo il IV Centenario del
primo arrivo dei Fatebenefratelli
nelle Filippine, merita ripercorrere le vicende di quei due frati a
Manila. Purtroppo su di loro negli
archivi dell’Ordine non esistono
relazioni ufficiali, ma interessanti
dati furono trovati nell’archivio
del Comune di Manila e poi
anche nell’Archivio delle Indie a
Siviglia e nella Biblioteca Nazionale di Madrid, dove fra Luis
Ortega Lázaro scovò l’unico
manoscritto antico dell’Ordine in
cui si faccia accenno, anche se
brevissimo, all’impresa dei due
frati a Manila.
altri frati a tornarvi, non solo
riaprendovi il Convalescenziario,
ma anche avviando altre stabili
Fondazioni nelle Filippine. Una
discreta narrazione delle vicende
del nostro Ordine nell’Arcipelago Filippino fu pubblicata nel
1742 dal Maestro dei Novizi in
Manila, fra Juan Manuel Maldonado de Puga, il quale riuscì a
trovare negli archivi della capitale l’anno d’arrivo dei primi frati.
Il porto messicano di Acapulco, da cui i due frati salparono il 24 marzo 1611 per Manila.
94
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 24a - L’arduo inizio dei primi frati a Manila
capitana della flotta guidata da
Juan Gutierrez Garibay, uno dei
migliori tra i 434 generali ed
ammiragli che dal 1542 al 1740
guidarono i convogli colleganti la
Spagna con l’America ed il quinto per numero di viaggi compiuti,
16 in totale tra il 1592 ed il 1613.
Tra i 7 frati che Bruno de Avila
guidò in America c’era fra Juan
de Gamboa, che il manoscritto
descrive “brusco di carattere, piccolo di statura, ma gran cristiano” ed
aggiunge che “passò in Cina e
fondò in Manila un Convalescenziario e poi lo chiuse e se ne tornò in
Nuova Spagna, ma appena giunto
pare che in castigo se ne morì”. E
più avanti il manoscritto elenca
altri 5 frati partiti per l’America e
di cui l’ultimo è “fra Luca de los
Angeles che passò in Cina con fra
Juan de Gamboa e lì entrò frate di
San Domenico”.
Tutta qui l’informazione che il
manoscritto fornisce sui due
primi frati che raggiunsero le
Filippine. Meglio di nulla, ma
non priva di inesattezze che
vanno corrette. Va anzitutto premesso che per Nuova Spagna gli
spagnoli intendevano il Messico,
dove i frati a partire dal 1604
ebbero modo di fondare un bel
numero di ospedali. Va inoltre
chiarito che gli spagnoli ritenevano Manila un avamposto della
Cina, che per loro era una vaga
entità geografica che includeva
anche l’arcipelago delle Filippine,
tanto che gli scialli di seta, che i
cinesi venivano a vendere a
Manila e di lì erano spediti in
Europa con i galeoni, eran detti
in Spagna “mantones de Manila”,
dove Manila equivaleva a Cina.
Puntualizzato che nell’Impero
Cinese i due frati non misero mai
piede, va aggiunto che oggi il
Necrologio pubblicato nel 1965
dalle Province Spagnole ci offre
le date di morte a Città del
Messico non solo di fra Juan de
Gamboa ma anche di fra Luca de
los Angeles: il primo vi morì il 6
marzo 1627 e ed il secondo il 9
luglio 1629, smentendone così il
presunto passaggio nell’Ordine
dei Domenicani.
Anche se il generoso impegno
dei due frati a Manila non fu
coronato di successo, spinse però
Purtroppo alla fine dell’ultima
Guerra Mondiale la Battaglia di
Manila comportò la totale perdita degli archivi municipali, che
fra Maldonado ebbe invece modo
di felicemente consultare, trovando che, a breve distanza dalla
data d’approdo nella baia di
Manila dei tre galeoni giuntivi
nel 1611, il Consiglio Municipale
aveva preso in esame la petizione
presentata dai due suddetti frati,
come era documentato nei fogli
42-43 del Libro n. 8 delle
Risoluzioni, che abbracciava le
sedute tenutesi dal 13 gennaio
1611 al 16 luglio 1615. Questa la
traduzione della trascrizione che
fra Maldonado poté fare dai verbali delle sedute dell’8 e del 16
agosto 1611:
“Nella Città di Manila il giorno
otto del mese di Agosto dell’anno
milleseicentoundici si riunirono negli
Edifici della Giunta di Manila i
Magistrati ed i Consiglieri: tra i
Membri di diritto, il Sindaco
Ordinario Don Lorenzo de
Figueroa, e l’Ufficiale Giudiziario
Maggiore, Francisco de Quinta y
Naya; tra i Consiglieri Municipali,
Marcos de la Cueva, Juan de
Balmaseda, Luis de la Rosa, Don
Antonio de Arçeo, Antonio
Montero, Geronimo de Ocampo,
Don Juan Alonso de Sosa, Pedro
Gomez Cañete, Diego de Valdés.
Avendo trattato vari argomenti della
Municipalità, quelli in cui si concordarono Risoluzioni furono i seguenti: si lesse quest’oggi una Petizione
Ovviamente fra Maldonado
chiese alla Curia Provinciale del
Messico se in Archivio ci fosse
traccia dell’invio a Manila dei
due frati e ne ebbe questa sinteti-
ca risposta: “Da alcune Licenze che
ho trovato in questo Archivio pare
che i primi Religiosi che vennero a
codeste Isole furono i Padri Fra Juan
de Gamboa e Fra Luca de Angeles,
andativi nel 1621 e che fondarono
un Ospedale per Convalescenti in
una Casa, o Orto, che donò loro un
Signor Arcivescovo, poi lo chiusero
e se ne tornarono in Nuova Spagna,
morendovi dopo poco che vi giunsero, come si ricava da una Seduta di
Consiglio del Padre Medrano.
Questo è quanto ho potuto appurare
riguardo alla Fondazione di codesta
Santa Provincia”.
La Baia di Manila, dove i due frati giunsero il 20 giugno 1611 (incisione del 1633).
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 24a - L’arduo inizio dei primi frati a Manila
“Nella Città di Manila il giorno
sedici del mese di Agosto dell’anno
milleseicentoundici si riunirono negli
Edifici della Giunta di Manila i
Magistrati ed i Consiglieri: tra i
Membri di diritto, il Sindaco
Ordinario Don Lorenzo de Figueroa, il Regio Amministratore Francisco Franco de Avila, il Regio Contabile Thomas Montero, l’Ufficiale
Giudiziario Maggiore, Francisco de
Quinta y Naya ed il Capitano
Marcos de la Cueva; tra i Consiglieri
Municipali, Diego Ruiz de Ayala,
Pedro de Chaves, Antonio de
Montoro, Luis de Barraza, Martin
de Herrera, Gonzalo de Ocampo,
Juan de Balmaseda, Luis de la Rosa,
Don Antonio de Arçeo, Diego de
Valdés, Pedro Gomez Cañete.
Sopraggiunse poi il Consigliere Don
Juan Alonso de Sosa, ed il Consiglio
trattò e concordò quanto segue. Il
Capitano Marcos de la Cueva e Don
Antonio de Arçeo riferirono d’aver
trattato col Signor Governatore la
questione della Fondazione che chiedono i Fratelli del Beato Giovanni di
Dio ed avendolo informato delle opinioni espresse dalla Municipalità e
relativi suggerimenti, rispose: che la
Municipalità l’esamini e dia la risposta che ritenga conveniente. La
Municipalità, presone esame, disse:
che in Città non c’è posto, né
prospettiva, né offerta di cittadini per
nuovi Ospedali, poiché quelli che ci
sono, risultano sufficienti al bisogno.
E così si decida sulla loro Petizione e
documentazione, affinché si dirigano
al Signor Presidente e Capitano
Generale”.
95
del Fratello Geronimo de Gamboa,
dell’Ordine del Beato Giovanni di
Dio, in quanto è venuto a fondare
Ospedali in queste Isole e su ciò presentò
della
documentazione.
Esaminato dal Consiglio di Manila,
si stabilì che il capitano Marcos de la
Cueva e Don Antonio de Arçeo
verifichino le Istruzioni date al Padre
Geronimo de los Rios quando si recò
a Corte e vedano se ebbe ordine di
trattare la venuta dei suddetti
Fratelli; ed in conformità a quanto
risulterà in esse ed ai pareri espressi
in questo Consiglio, ne riferiscano
punto per punto a sua Signoria e l’opinione della Municipalità, in modo
che sua Signoria vi provveda a ciò
che vada fatto; e finché non trattino
di ciò con sua Signoria non si prenda alcuna decisione sulla Petizione e
documentazione presentata”.
era sita fuori della Città Murata,
nella zona chiamata Bagumbaya;
e precisa che era di modesto valore, sicché pur essendo nel frattempo la zona andatasi popolando assai di più, la rendita fruttava
appena 18 pesos all’anno.
Dettaglio del quadro commemorativo dell’arrivo dei primi due frati a Manila.
96
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 24a - L’arduo inizio dei primi frati a Manila
Questi dati avuti dal Messico
lasciarono un po’ perplesso fra
Maldonado per le divergenze
riguardo all’anno, indicato come
1621 invece che 1611, e riguardo
al nome di fra Gamboa, che era
Juan invece che Geronimo, come
riportavano i verbali municipali.
Riguardo al nome, di certo fu
frutto della poca accuratezza di
chi redasse tali verbali, come
dimostra il fatto che quando vi si
menziona colui che fin dal 1605
era il Procuratore, vale a dire
colui che rappresentava a Corte il
Consiglio di Manila, lo si cita
come Padre Geronimo de los
Rios, mentre invece si chiamava
Hernando de los Rios; ed anche
alcuni cognomi dei presenti sono
trascritti in maniera errata.
Le mie ricerche nell’Archivio
delle Indie hanno confermato
non solo che fra Gamboa si chiamava davvero Juan, ma anche
che era presente a Manila almeno già dal 1615, sicché l’indicazione del 1621 o fu un lapsus per
1611 o si riferiva non all’arrivo a
Manila, ma ad iniziative presevi
nel 1621. Per inciso, fra José de
Medrano, che era Provinciale
quando nel 1643 fu inviata a Gil
González Dávila l’accennata sintesi storica della Provincia, non
ebbe modo di veder partire i due
frati per Manila in quanto egli
entrò nell’Ordine in Messico solo
nel 1613, quando aveva appena
quindici anni; fu invece proprio
lui ad organizzare un secondo
invio di frati nelle Filippine, che
riuscirono questa volta a restarvi
stabilmente, e nella Patente del
27 febbraio 1641 con cui li autorizzò a partire, rievocò così il
primo tentativo: “In anni passati i
Religiosi del nostro Ordine e Istituto
furono chiamati nella Città di
Manila per farvi fondazioni; e furono in virtù di ciò inviati Fra Juan de
Gamboa e Fra Luca de los Angeles,
che fondarono nella suddetta Città
di Manila un Ospedale, intitolato
dei Convalescenti, in un Orto e
Case, che dicono donò loro un
Signor Arcivescovo della suddetta
Città di Manila”.
In effetti, quando a distanza
d’un secolo fra Maldonado scrive
il suo libro, attesta che tale donazione dell’arcivescovo di Manila,
mons. Diego Vazquez de Mercado, era ancora in loro possesso ed
In una successiva puntata ci soffermeremo sulle benemerenze che
i due frati si guadagnarono
gestendo il Convalescenziario
donato loro dall’arcivescovo e
che sono attestate da deposizioni
giurate, da me scovate a Siviglia
nell’Archivio delle Indie ed oggi
in parte disponibili anche in rete.
Per ora basti solo accennare che il
rifiuto del Consiglio Comunale
ad appoggiare la petizione dei due
frati fu dovuto ad una certa rigidezza nel seguire le norme per
l’insediamento di Comunità
Religiose nei territori d'oltremare, che andavano previamente
autorizzate dal Re, sicché la prassi
era che fossero le Autorità locali
a presentargli richiesta. Se accolta, era il sovrano che precisava al
rispettivo Istituto quanti frati
poteva inviare e per essi andava
presentata la richiesta nominativa d’imbarco e specificata la
destinazione: seguiva il rilascio di
una Regia Licenza, che andava
mostrata alle Autorità locali.
Nel caso dei nostri frati, nel
1606 e 1607 il Fiscale di Manila e
le Autorità Diocesane avevano
supplicato d’affidare ai nostri frati
gli Ospedali di Manila ed il Re
aveva invitato la nostra Comunità di Madrid ad inviarvene quattro, ma non fu richiesta la Licenza
per carenza al momento di frati
disponibili. Solo nel 1611 se ne
resero disponibili due in Messico,
ma l’ingenuità fu di farli partire
senza prima chiedere la Licenza:
come si vedrà, furono vani i tentativi di chiederla da Manila.
(Continua nel prossimo numero)
“ I L M E LO G R A N O ”
PERCHÉ S. GIOVANNI DI DIO
È INVOCATO DAI MORENTI
Fra Giuseppe Magliozzi o.h.
i compiono il 22 di giugno 25
lustri dacché Leone XIII con
Breve Apostolico del 22 giugno 1886 incluse nelle Litanie degli
agonizzanti l’invocazione a San
Giovanni di Dio e San Camillo de’
Lellis, che col medesimo Breve
erano inoltre proclamati Patroni dei
malati e degli ospedali.
Era stato già Sant’Alfonso Maria
de’ Liguori nell’assai noto manuale
di devozione “Le Glorie di Maria” a
divulgare un dettaglio della morte di
San Giovanni di Dio che lo proponeva come paradigma a chi confidava
nell’aiuto della Madonna per affrontar serenamente la morte. Così,
parafrasando la biografia del Govea, egli
descrive l’episodio:
“San Giovanni di Dio
stando in morte aspettava la visita di Maria, di
cui era molto divoto; ma
non vedendola comparire ne stava afflitto, e
forse anche se ne lagnava. Ecco, quando fu
tempo, le apparve la
divina Madre, e quasi
riprendendolo della sua
poca confidenza gli
disse queste tenere
parole, che servono ad
animare tutti i servi di
Maria: Ioannes, non est
meum, in hac hora meos
devotos derelinquere.
Come
gli
dicesse:
Giovanni mio, e che
pensavi? Ch’io ti avessi
abbandonato? E non lo
sai ch’io non so abbandonare nell’ora della
morte i divoti miei? Non
son venuta prima, perché non era ancora
venuto il tempo: ora che
S
è giunto, eccomi son venuta a prenderti, andiamocene al paradiso. E
poco dopo il santo spirò, volando al
cielo a ringraziare per sempre la sua
amantissima Regina”.
Invocare San Giovanni di Dio in
punto di morte significa perciò aver
fiducia che la Vergine certamente
verrà in aiuto, come fece con quel
santo, ed aiuterà anche noi a volare
al cielo.
Da poco in Francia han ultimato il
restauro del magnifico dipinto, riprodotto anche nella copertina di questo
La tela dipinta da Jean Jouvenet nel 1691.
mese e raffigurante appunto il glorioso arrivo in cielo di San Giovanni di
Dio. Ne è autore uno dei più popolari pittori francesi d’arte sacra, Jean
Jouvenet, nato nel 1644 a Rouen e
morto nel 1717 a Parigi, dove fu
membro e poi rettore dell’Accademia di Pittura.
La tela, che è larga m. 2,45 ed è
alta m. 3,20, è firmata e porta la data
del 1691. Commissionata in occasione della Canonizzazione di San
Giovanni di Dio per l’Ospedale della
Carità che i Fatebenefratelli avevano
a Parigi, fu poi confiscata durante la
Rivoluzione Francese e data alla
città di Aix-en-Provence nel 1821;
dal 1974 era nella Chiesa dell’Ordine di Malta, ma appariva deteriorata, per cui fu velinata ed infine inviata a Marsiglia, dove dal 2003 al 2009
è stata sottoposta ad
un lungo ma impeccabile restauro, che le
ha restituito lo splendore dei colori originari e la finezza della
composizione.
La tela raffigura in
alto Cristo e Dio
Padre, splendenti della luce dello Spirito
Santo e che accolgono San Giovanni di
Dio, trionfalmente
scortato dagli angeli
che reggono nelle
mani i tradizionali
simboli del santo: il
crocifisso sintetizzante la sua viva devozione alla Passione, lo
scudo recante il motto
Charitas, il giglio della purezza, la melagrana con cui il
Bambinello lo indirizzò a Granada, la corona di spine con cui la
Madonna gli predisse
le prove da sostenere
ed infine la corona di
fiori che ora ne premia la santità.
15
SANITÀ
RICERCA ITALIANA:
SCOPERTA UNA MOLECOLA
INIBENTE I VASI TUMORALI
Raffaele Villanacci
l termine “tumore” o “cancro”
risuona con sempre maggiore
frequenza e la sua sconfitta rappresenta una delle grandi sfide della
medicina. Per combattere un nemico
così infido, però, bisogna conoscerlo
al fine di attivare quei sistemi di
attacco atti a fronteggiarlo con la
speranza di distruggerlo. Fino a
pochi decenni orsono le speranze di
sopravvivere a un tumore erano scarse e riposte quasi tutte nella capacità
terapeutica chirurgica.
Le altre branche della medicina
(oncologia, diagnostica per immagini, radioterapia, ecc.) potevano supportare la preziosa opera del chirurgo
ma difficilmente riuscivano, con il
loro modesto contributo, a modificare il corso della malattia.
Oggi le cose sono cambiate e si
affronta la malattia tumorale avendo
a disposizione molte armi in più.
L’arrivo di metodiche diagnostiche
come la TC, la RMN, la TAC/PET,
l’ecografia, la diagnostica di laboratorio e l’istopatologia hanno permesso di tracciare, paziente per paziente,
un tragitto personalizzato lungo il
quale, in modo strategico, si stabiliscono le tappe necessarie a porre diagnosi, terapia e i controlli necessari e
utili per salvaguardare la vita di tutti i
pazienti. A ciò si affiancano tecniche
chirurgiche all’avanguardia, trattamenti radioterapici sempre più mirati
e protocolli oncologici innovativi.
Tutto ciò anche grazie alla ricerca
tesa a scoprire presidi diagnostici e
terapeutici sempre più efficaci.
È pertanto, con estrema soddisfazione poter leggere, sugli organi di
informazione scientifica, la notizia
che i ricercatori del San Raffaele di
Milano hanno pubblicato nel mese di
aprile 2011, sulla prestigiosa rivista
I
16
internazionale “Cancer Cell”, il
risultato di una scoperta frutto di una
ricerca tutta Made in Italy. Il lavoro è
stato coordinato dal dott. Michele De
Palma, ricercatore del San Raffaele,
e dal professor Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San RaffaeleTelethon per la Terapia Genica e
docente presso l’Università VitaSalute San Raffaele.
L’oggetto dello studio è stato quello di dimostrare che si può ridurre la
formazione di vasi sanguigni tumorali, ritardando la crescita della
massa neoplastica. Infatti il gruppo
di ricerca ha dimostrato come una
molecola prodotta dai tumori, l’angiopoietina-2 (ANG2), sia uno stimolo alla formazione di vasi sanguigni tumorali.
Gli studiosi, quindi, hanno evidenziato come la funzione “pro-angiogenica” (a favore della formazione e
crescita dei vasi sanguigni tumorali)
sia possibile inibirla attraverso una
molecola farmacologica specifica.
Tutti noi sappiamo, infatti, che una
delle caratteristiche dei tumori è
quello di avere una crescita molto
accentuata e che per ottenere tale
risultato i tumori hanno bisogno di
incrementare la quantità di sangue a
disposizione. I tumori, tale risultato,
lo ottengono inducendo la creazione
dei vasi sanguigni. Ove fosse possibile bloccare tale processo la malattia tumorale si potrebbe arrestare e/o
farla regredire.
Lo studio effettuato dai ricercatori
italiani ha dimostrato tutto questo e
in più ha evidenziato anche un altro
elemento di importanza fondamentale: la mancata assuefazione o resistenza della molecola inibitrice nelle
terapie prolungate.
Spiega il dott. De Palma, infatti:
“L’importanza della scoperta sta
nell’aver dimostrato che l’inibizione
dell’ANG2 non induce resistenza al
trattamento, anche a seguito di trattamenti prolungati nel tempo”.
Quindi la scoperta è valida anche, e
soprattutto, per quei tumori che presentano resistenza. La partita non è
ancora conclusa, però, in quanto
dalla fase della ricerca si deve passare a quella della sperimentazione e
applicazione terapeutica clinica attraverso i protocolli e i canali indicati dall’attuale normativa, al fine di
poter valutare e analizzare gli effetti
derivanti dall’inibizione neoangiogenetica della molecola sull’uomo.
Un primo passo importante è stato
fatto e si ci accinge, attualmente, a
proseguire lungo il percorso difficile
e arduo della battaglia contro i
tumori avendo a disposizione un’arma in più.
SANITÀ
SHAKEN BABY SYNDROME
Mariangela Roccu
l termine “Shaken baby syndrome” fu coniato nel 1972 da John
Caffey, un radiologo pediatrico,
mentre Zimmerman e Bruce già nel
1946 segnalavano per la prima volta
il quadro clinico tipico di questa sindrome; questo termine è ora usato
per indicare l’insieme di segni clinici e radiologici di bambini sottoposti
ad abusi. La sindrome da scossone
nel bambino costituisce circa il 24%
dei traumi cranici in bambini in età
inferiore ai 2 anni. Questo trauma è
frequente nei neonati e nei bambini
sotto ai 2 anni, raramente però si
superano i 6 anni e rappresenta il
risultato di scuotimenti forzati e in
parte associati ad altre lesioni più
lievi, in un’età in cui la costituzione
corporea è più fragile.
I
L’abuso fisico o trauma non accidentale è la causa principale di un
grave trauma cranico nei lattanti e
rimane una causa significativa di
morbilità e mortalità dei bambini.
Gli autori di queste violenze sono
prevalentemente: i padri, i conviventi uomini, le baby sitter femmine e le
madri. Anche i bambini facenti parte
di una minoranza etnica e in particolare i bambini di colore sono più frequentemente vittime di violenze
rispetto ad altre etnie. Questi dati
possono essere soggetti a dei “biases” in quanto oltre alla mancata
denuncia, questa sindrome è difficile
da definire e da individuare, poiché
molte delle lesioni non sono dimostrabili.
Alcune ricerche mettano in luce
che le normali attività di cura del
bambino o del lattante (a esempio il
dondolio), o le cadute a terra da
basse altezze non sono sufficienti a
causare la sindrome. È tuttavia sottile la linea di confine che permette di
arrivare a quello che è definito un
“abuso”, ed è frequente l’episodio di
genitori che, di fronte al pianto insistente del bambino, sconfortati,
giungano all’impeto di“scuotere” il
proprio figlio.
La Sindrome del Bambino Scosso
(SBS) si caratterizza per danni neurologici che variano dal coma fino
alla morte e indica una varietà di
segni e di sintomi secondari allo
scuotimento violento o a traumi della
testa. Possono essere presenti febbre,
letargia, irritabilità, ridotta suzione e
vocalizzazione, difficoltà respiratorie e apnea, convulsioni, vomito,
fratture della teca cranica ridotto
stato di coscienza o incoscienza nei
casi più gravi.
I danni a carico di bambini abusati
possono interessare anche altri organi: l’addome, dove sono colpiti generalmente il fegato, il duodeno, il pancreas, il mesentere e la milza.
Sarà importante, quindi, valutare
l’intensità e localizzazione del dolore fisico, nel cui trattamento sono
indicate terapie cognitive-comportamentali, queste demandate allo psicologo, l’utilizzo di esercizi di rilassamento o ipnosi, mentre per distrarre il piccolo paziente dal dolore l’infermiere può utilizzare le tecniche
d’immaginazione. Con il bambino in
fase preadolescenziale sono suggerite le strategie di coping, tecniche di
visualizzazione, di distrazione.
L’assistenza clinica infermieristica
di questi piccoli pazienti non sarà
diversa da un normale trauma cranico o politrauma; differente sarà invece l’approccio, di tipo multidisciplinare, che vedrà coinvolti non solo
l’infermiere, che potrebbe assumere
un ruolo di case manager, gli specialisti medici, ma anche lo psicologo,
l’assistente sociale. Sin dal primo
ricovero sarà bene denunciare alle
autorità competenti il sospetto caso
di abuso e nello stesso tempo sostenere la famiglia e il bambino in questo percorso.
Sebbene un caso d’abuso nel bambino non sia un accesso frequente nei
Dipartimenti d’Emergenza, l’attenzione scrupolosa, la formazione e la
sensibilizzazione del personale
medico e infermieristico possono
migliorare la risposta ai bisogni di
natura clinico-assistenziale, sociale
ed educativa di questi piccoli pazienti. Diviene quindi necessario, attivare numerose risorse e professionisti
in grado di migliorare le capacità
educative dei genitori e quei comportamenti sociali che hanno portato
al maltrattamento, senza mai dimenticare il rispetto e la tutela dei diritti
del bambino.
Anche la North American Nursing
Diagnosis Association (NANDA)
identifica tra le diagnosi infermieristiche il “Coping inefficace della
famiglia correlato a fattori ambientali o personali”, che si può manifestare con l’abuso dei bambini e dove
l’infermiere pediatrico può intervenire in maniera autonoma, identificando i fattori di rischio, promuovendo un ambiente terapeutico sul
problema di abuso, educando i genitori e la comunità.
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O S P E DA L E S A N P I E T R O - R O M A
TESTIMONIANZA OGGI
DEL CARISMA
DI SAN GIOVANNI DI DIO
Frosinone, 21 Maggio 2011
Preg.mo
DIRETTORE GENERALE
OSPEDALE SAN PIETRO
VIA CASSIA, 600 - 00189 ROMA (RM)
E p.c. Preg.ma
RENATA POLVERINI
PRESIDENTE REGIONE LAZIO
VIA CRISTOFORO COLOMBO, 112 - 00147 ROMA
Gentile Direttore
Le scrive una cittadina italiana nata in Colombia, che vide la sua vita sconvolta quando un anno fa le fu diagnosticato un tumore al
seno. Una malattia che mi ha buttata nel più profondo dei bui.
Oggi ho finito soddisfattoriamente gran parte del mio percorso oncologico. E inizio a fare un bilancio di quest’ultima e importante
parte della mia vita. Mi rendo conto che sin dall’inizio sono stata una persona molto fortunata, non solo perché ho trovato il tumore in tempo
ma, soprattutto, perché mi sono rivolta a una struttura come la vostra dove il paziente non è solo quello ma un essere umano che ha bisogno di essere accompagnato in quel momento così particolare.
All’Ospedale San Pietro ho avuto la fortuna di incontrare due persone che sono state determinanti nel mio processo di guarigione:
i professori Simone Vita e Damiano Bertucci, che sono intervenuti con celerità e hanno messo tutta la loro conoscenza ed esperienza a mia
disposizione. Un anno dopo solo posso che esprimere il mio più sincero ringraziamento per tutto quello che avete fatto per me. Ai professori Vita e Bertucci per l’immensa disponibilità con cui mi hanno accolta, al personale infermieristico per tutte le cure ricevute e al personale in generale dell’Ospedale per aver fatto sì che i miei giorni di degenza fossero meno grigi.
Senza il vostro valido contributo sono certa che il mio percorso oncologico sarebbe stato molto diverso. Di nuovo, grazie mille.
Ximena Rosa Nino
Roma 23 maggio 2011
Gent.ma
Sig.ra Ximena Rosa Nino
Gentile Signora Rosa
La ringrazio per le belle parole che ha voluto tributare al nostro Ospedale e al nostro 0rdine ospedaliero.
Per fortuna riceviamo molto attestati di stima e di plauso per 1’attività sanitaria che giornalmente svolgiamo. Purtroppo i mass media
sembrano più interessati a divulgare i fatti negativi, meglio ancora se scandalistici, piuttosto che divulgare lettere come la sua dove si ricorda la cura e la passione che giornalmente prestiamo alle decine di migliaia di pazienti che visitano le nostre strutture.
Per questo motivo siamo molto felici quando qualcuno riconosce i nostri meriti, ma soprattutto riconosce nel nostro operato una
“diversità” che trae origine non solo nella terapia ma nella umanizzazione della assistenza.
La ringrazio per le sue bellissime parole. Mi sono rimaste scolpite nella mente e nel cuore la sua frase
“sono stata una persona fortunata..... (...) perché mi sono rivolta a una struttura come la vostra dove il paziente non è solo quello ma un essere umano che ha bisogno di essere accompagnato in quel momento”.
Molti confratelli e molti collaboratori non potranno fare a meno di leggere nelle sue parole i dettami del nostro Fondatore san
Giovanni di Dio e perché non penseranno agli insegnamenti di molti nostri confratelli che in periodi di “relativismo sanitario” sono divenuti paladini della “umanizzazione della cura”.
Leggere che Lei ha recepito nella nostra struttura il carattere “umanizzante” della assistenza ci riempie di orgoglio e ci sprona a
continuare per questa strada, anche e soprattutto tra le mille difficoltà, con i budget sempre più penalizzanti e con risorse economiche sempre più limitate.
In conclusione nel ringraziarla anche a nome dei miei confratelli e di tutti i nostri collaboratori, ovviamente in primis tutti gli operatori sanitari, il dott. Vita e il dott. Bertucci che l’hanno curata, la saluto ricordando che quello che abbiamo fatto a lei e a molti altri pazienti non è altro che il nostro dovere e che per noi “ Il malato è il centro della nostra vita.... è la nostra scuola, la nostra università “
Fraternamente
Il Direttore generale
Fra Gerardo D’Auria o.h.
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O S P E DA L E S AC R O C U O R E D I G E S Ù - B E N E V E N T O
CARDIOLOGIA
Nuove strategie diagnostiche e terapeutiche
Alfredo Salzano
’Ospedale Sacro Cuore di
Gesù Fatebenefratelli di
Benevento - Dipartimento di
Medicina e Cardiologia, ha organizzato venerdì 6 maggio, presso il
Teatro di Palazzo De Simone, il congresso annuale “CARDIOLOGIA
2011: nuove strategie diagnostiche e
terapeutiche.
L
L’evento di quest’anno è stato interamente focalizzato su 4 argomenti:
n
n
n
il post-infarto;
la rivascolarizzazione “guidata” dalla presenza di ischemia, la valvuloplastica aortica;
la presentazioni di nuovi farmaci.
Il primo argomento, ha dichiarato
il dott. Bruno Villari - direttore dell’unita complessa di cardiologia e
del Dipartimento Medicina, è stato
dedicato alla gestione dei pazienti
con infarto miocardico acuto dopo la
loro dimissione, e in particolare,
all’individuazione dei pazienti ad
“alto rischio”, mi riferisco a quei
soggetti che con maggiore probabilità avranno eventi nel follow-up:
identificare i marcatori di rischio
rappresenta un elemento importante
per ottimizzare la terapia farmacologica e stabilire controlli molto più
stretti nel tempo. Tuttavia uno dei
maggiori problemi della gestione dei
pazienti nel post-infarto è rappresentato dalle complicanze farmacologiche e la scarsa adesione dei pazienti,
per una serie di fattori sociali, culturali che sono stati analizzati dettagliamente in diverse relazioni.
Il secondo argomento affrontato ha proseguito Bruno Villari - è stato
la rivascolarizzazione “guidata” dal
riflesso oculo-stenotico o guidata
dall’ischemia. Recentemente, in un
articolo pubblicato sul New England
Journal of Medicine, è stato dimostrato che circa 1/3 degli esami coronarografici sono rappresentati da
coronarie normali. Inoltre, un aumento così importante degli esami diagnostici invasivi non ha portato nessun vantaggio in termini di mortalità.
Il terzo tema, è stato poi dedicato
al trattamento della stenosi valvolare
aortica per via percutanea. La stenosi valvolare aortica degenerativa è la
patologia valvolare più frequente
nella popolazione adulta e la sostituzione valvolare chirurgica rimane il
trattamento di scelta per questi
pazienti. Tuttavia, ha proseguito
nella sua intervista il dott. Villari quando l’intervento chirurgico è
considerato troppo a rischio o è controindicato per una severa comorbidità tale da renderli “inoperabili” per
l’intervento chirurgico tradizionale,
è disponibile una nuova tecnica non
chirurgica di sostituzione valvolare
percutanea, che viene effettuata,
quindi, interamente in sala di emodinamica.
Infine, nell’ultima sessione - ha
proseguito il direttore organizzativo
del Congresso Bruno Villari, abbiamo presentato 4 nuovi farmaci, utilizzati per combattere le malattie
vascolari che rappresentano la prima
causa di morte, di recente entrati in
commercio o che stanno per essere
introdotti nella nostra Nazione come:
il Dronedarone, il Dabigratan,
l’Aliskiren e la Ranolazina. Si tratta
di farmaci innovativi, assolutamente
unici, che necessitano di essere portati assolutamente a conoscenza dei
Dott. Bruno Villari.
medici perché rappresentano una
soluzione concreta per le patologie
cardiologiche molto critiche.
“In chiusura posso affermare - ha
dichiarato il dott. Bruno Villari - di
essere più che soddisfatto della
riuscita del Congresso del 6 maggio,
per la qualità delle relazioni di alto
profilo medico sostenute nel corso
della giornata dagli illustri professori provenienti da ogni parte d’Italia.
È stato ribadito, infine, anche in
sede di dibattito, che l’obiettivo è
quello di riuscire a coordinare correttamente e con attenzione la terapia
da somministrare in Ospedale a un
paziente infartuato, con quello che
accade in fase di follow up; sappiamo, infatti, che gran parte dei benefici che si acquisiscono in una prima
fase, quasi sempre si perdono successivamente nel “continuum” assistenziale.
Pertanto, ci proponiamo, come
Ospedale Fatebenefratelli di Benevento, di avere un ruolo guida per i
degenti anche in una fase di riabilitazione nel post-infarto, in maniera
scrupolosa e attenta, tenendo fede ai
risultati brillanti ottenuti dalla nostra
Divisione di Cardiologia dal 1999 a
oggi. L’appuntamento con un nuovo
Congresso dedicato alla Cardiologia
è già fissato per il 2012 con ulteriori
novità.
19
O S P E DA L E B U O N C O N S I G L I O - N A P O L I
ASSOCIAZIONE GERMOGLIARE
ONLUS
Antonello Grasso
abato 7 maggio 2011,
all’Ospedale Buon Consiglio
è stata presentata al pubblico
l’Associazione GERMOGLIARE
onlus. La cerimonia inaugurale è
stata presieduta dal padre superiore,
fra Alberto Angeletti. S
Nel suo discorso di apertura, fra
Alberto ha sottolineato il grosso
valore di quest’iniziativa e dell’ambizioso progetto che si propone,
ossia di creare la prima banca
del latte materno umano donato.
“Se per un germoglio di grano - ha
proseguito il Superiore - l’uomo è
capace di fare del suo meglio per
garantire una crescita sana e vigorosa, tanto meglio può e deve fare,
affinché a un suo simile sia garantita la migliore assistenza nella primissima delicata fase della sua vita”.
Germogliare onlus è un’Associazione senza scopo di lucro, nata su
iniziativa di genitori di neonati che
hanno avuto necessità di cure intensive nell’Ospedale Buon Consiglio e
lavora per aiutare gli operatori sanitari a offrire ai neonati, alle loro
mamme e alle loro famiglie servizi,
tecnologie e competenze che possano rispondere ai loro bisogni, nei
momenti di maggiore fragilità.
Il principale progetto che l’Associazione si propone di realizzare è
quello dell’organizzazione della
prima banca del latte umano donato
della Regione Campania. Da sempre
il latte materno ha rappresentato l’alimento ideale per i neonati a termine come per quelli nati pretermine. Il
latte materno per i neonati prematuri,
oltre a essere un alimento biologico
formidabile per la crescita e lo sviluppo psicomotorio, rappresenta la
migliore difesa contro le infezioni.
Quasi sempre però, proprio le
mamme dei bambini prematuri non
riescono a produrre il latte per nutrire il proprio bambino, perché la
necessità di assistenza del neonato in
incubatrice fa mancare la stimolazione del seno materno, necessaria per il
mantenimento della secrezione di
latte.
Alcune mamme di bimbi nati dopo
gestazione completa, però, hanno la
fortuna di produrre molto più latte di
quanto serva al proprio bambino e
possono donarne una piccola quantità, da conservare in una banca del
latte ospitata presso un reparto di
Neonatologia, che potrà poi destinarlo a neonati che ne hanno bisogno.
Le banche del latte umano donato
sono disponibili in molti Ospedali
del Centro Nord Italia, quasi nessuna
al Sud. Germogliare onlus conta
sulla solidarietà delle mamme e dei
papà che hanno vissuto da vicino i
successi e le frustrazioni, l’impegno
e le speranze che animano il lavoro
di infermieri e medici in una Terapia
Intensiva Neonatale e di quanti vorranno contribuire con un po’ del loro
tempo a trovare risorse da impiegare
per poter offrire cure sempre migliori ai piccoli neonati in difficoltà.
Contatti:
Presidente: dott. Gennaro Salvia
Codice fiscale: 95134150630
Tel.: 0815981758
Fax: 0812144358
E-mail: [email protected]
Sito internet: www.germogliare.it
Per sostenere l’associazione:
È possibile effettuare donazioni
per sostenere le iniziative di
Germogliare onlus, mediante versamento sul c/c n° 100000016503 di
BANCA PROSSIMA S.P.A., filiale
di MILANO (tutte le donazioni a
favore di una onlus sono deducibili
dalle tasse). È possibile destinare il
5 x mille della dichiarazione dei
redditi a Germogliare onlus,
inserendo il codice fiscale
95134150630 e apponendo la firma
nell’apposito riquadro presente sul
modello di dichiarazione fiscale.
20
O S P E DA L E B U O N C O N S I G L I O - N A P O L I
MADONNA DEL BUON CONSIGLIO:
MADRE SPIRITUALE
E CONSIGLIERA
Roberta De Luca
a solennità della Madonna del
Buon Consiglio ricorre il 26
aprile fin dal 1787 quando
Pio VI la fece inserire come memoria
nel calendario proprio dell’Ordine di
Fatebenefratelli.
Mentre quest’anno la ricorrenza
della Madonna del Buon Consiglio è
stata rinviata al 2 maggio in quanto
le feste dei Santi, compresa la
Madonna, perché coincidente quest’anno con l’ottava di Pasqua.
La popolarità della devozione alla
Madonna del Buon Consiglio è
dovuta in modo particolare a fra
Orsenigo che ottenne da Leone XIII
nel 1903 di inserirLa nelle Litanie
Lauretane che usiamo recitare al termine del Rosario: Madre del Buon
Consiglio, prega per noi. Le Litanie
Lauretane, assieme a quelle per l’incoronazione d’una immagine della
Madonna, sono le uniche figuranti
oggi nei libri liturgici del Rito
Romano.
I testi liturgici della Messa in onore
della Madonna del Buon Consiglio,
specie l’orazione, delineano il senso
del titolo mariano in modo solenne.
La Madonna del Buon Consiglio è
riconosciuta dai fedeli come madre
spirituale e consigliera. Tutti si rivolgono a Maria per trovare in Lei consiglio e aiuto nelle necessità temporali e più ancora in quelle spirituali.
La festa della Madonna del Buon
Consiglio ha soprattutto, come obiettivo, di fomentare la devozione
dell’Ordine ospedaliero di san
Giovanni di Dio e dei fedeli verso la
Beata Vergine Maria e di invocare
con rinnovata insistenza il suo aiuto
materno.
Nella mattinata è stata concelebrata la solenne messa presieduta dal
cappellano Padre Giacinto Caronia
L
con fra Narciso e altri sacerdoti delle
chiese locali.
Nella cappella erano presenti i collaboratori ospedalieri, i pazienti e i
loro parenti. Molti partecipanti si
sono soffermati a leggere una lapide
che riporta che nel febbraio 1958 in
occasione del centenario della
Madonna di Lourdes, il Papa Pio
XII, la volle esposta sul suo altare
privato per celebrare il S. Sacrificio
della messa. Nello stesso anno è
stato organizzato una solenne peregrinatio con il quadro della Madonna
del Buon Consiglio in tutta le Case
della Provincia Romana conclusasi
nel mese di novembre.
Dopo la solenne concelebrazione,
nello spazio antistante al bar, il superiore fra Alberto Angeletti, in occasione della ricorrenza della Patrona
dell’Ospedale di Napoli da cui prende il suo nome “Buon Consiglio”, ha
voluto ricordare che dall’8 marzo
2011 all’8 marzo 2012 viene celebrato un anno giubilare di tutta la
Famiglia di san Giovanni di Dio e
cioè dai religiosi dell’Ordine, da tutti
i collaboratori, dai volontari, dai
benefattori e dagli stessi pazienti,
presenti nei Centri dell’Ordine nei
cinque continenti.
Gli incontri e gli eventi organizzati, in quest’anno, serviranno a rinvigorire la diffusione del carisma dell’ospitalità secondo lo spirito di san
Giovanni di Dio affinché i malati e le
persone bisognose potranno continuare a beneficiare di questa stretta
collaborazione e condivisione di
valori tra l’Ordine e i laici. Da sempre l’Ordine ha fatto affidamento sui
collaboratori nell’esercizio dell’ospitalità che si traduce in un servizio
accogliente che permette ai pazienti
di recuperare la propria autonomia.
I festeggiamenti si sono conclusi
con un rinfresco.
21
O S P E DA L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O
VIA CRUCIS VIVENTE
IN OSPEDALE
Cettina Sorrenti
uccesso di pubblico e di consensi per la prima edizione
della Via Crucis vivente, che
si è svolta all’interno dell’Ospedale
la sera della Domenica delle Palme.
Tutti gli angoli della struttura sono
stati trasformati per fare da splendido
scenario alla Sacra rappresentazione
che ha fatto rivivere la Passione di
Cristo.
Organizzata dal nostro servizio di
cappellania, con la regia di suor
Valentina, l’iniziativa ha coniugato
l’aspetto mistico della Passione di
Cristo, con le belle coreografie che si
sono snodate all’interno dell’Ospedale. Le scene hanno avuto inizio
davanti il Convento dei Frati, con la
rappresentazione dell’ultima cena.
La celebrazione della Via Crucis è
stato guidata da fra Luigi Gagliardotto - superiore dell’Ospedale accompagnato dal narratore. “La
croce di Cristo è la nostra gloria, ha affermato il Sacerdote durante la
preghiera di apertura - in essa l’uomo ha trovato la speranza per rico-
S
22
minciare ogni giorno a vivere nella
gioia; ad affrontare la vita non con
sentimenti negativi ma positivi.
Dietro la croce c’è la Risurrezione,
la vita e l’uomo ogni giorno sono
chiamati a risorgere. La settimana
santa deve essere vissuta in profondità, attingendo dai vari riti dell’intera settimana quel necessario aiuto
spirituale per celebrare degnamente
la Pasqua del Signore con cuore rinnovato e con la gioia nel cuore, contro ogni cultura di stanchezza, noia,
angoscia e morte alimentata erroneamente da chi non ha fede in Dio e
non ha speranza nel domani”.
Un cast d’eccezione per la serata,
con la partecipazione straordinaria
dei collaboratori dell’Ospedale: dai
medici agli infermieri, dagli ausiliari agli amministrativi, e ancora dagli
addetti alla manutenzione ai giovani
che frequentano la Chiesa, al
Direttore sanitario. Ben 85 sono stati
i figuranti che nei giorni precedenti
la rappresentazione hanno trasformato alcune parti dell’Ospedale in
un palcoscenico per le prove della
rappresentazione. Costumi, scenografie (curati da suor Serena con la
collaborazione di persone volenterose), impianti elettrici e testi: ogni
particolare è stato curato dagli organizzatori con intensa passione, realizzando artigianalmente tutti gli
apparati scenici e i costumi utilizzati per l’evento.
La rappresentazione ha ripercosso
i momenti salienti della Vita di
Cristo tra musiche e narrazioni che
hanno creato atmosfere affascinanti.
Numerosi i personaggi chiamati a
recitare: Gesù, gli Apostoli, Maria, la
Veronica, Pilato, Barabba, i soldati
romani, le pie donne e i ladroni.
Il programma dopo l’Ultima Cena
ha previsto la cattura di Gesù nell’orto degli ulivi dopo il tradimento di
Giuda, a cui è seguito il giudizio
dinanzi ai sommi sacerdoti dell’antico
tribunale sacerdotale ebraico, il
Sinedrio. Il quadro scenico si è spostato poi innanzi al procuratore romano Ponzio Pilato, il quale, su incitamento della folla, ha condannato il
Cristo alla morte. A questo punto ha
avuto inizio il maestoso e commovente corteo che, attraverso i viali
dell’Ospedale, ha condotto Gesù,
caricato della pesante croce, guidato
dai soldati romani e seguito dalla
Madre, dalla Veronica, dalle pie
donne e dai discepoli, verso il luogo
del Golgota, inscenato dietro la
Chiesa. Qui sono state erette tre enormi croci lignee, sulle quali si è consumata la crocifissione del Cristo e dei
due ladroni, uno alla sua destra, l’altro
alla sua sinistra. Il rito sacro si è concluso con la deposizione di Gesù dalla
croce e con la sua risurrezione.
MISSIONI FILIPPINE
NEWSLETTER
S A N R I C C A R D O PA M P U R I
Poiché coincideva con l’ottava di
Pasqua, quest’anno la festa di San
Riccardo Pampuri è stata posposta al
due maggio e le nostre Comunità,
come di consueto, si sono riunite ad
Amadeo per celebrarvela assieme,
ma è dovuta restare al primo maggio
l’annuale Rinnovazione di Voti di fra
Riccardo S. Nelson, fra Rocco T.
Jusay e fra Aroldo I. Alquicer nelle
mani del Delegato Provinciale fra
Ildefonso de Castro, fungendo da
testimoni il Priore di Manila e fra
Vittorio Paglietti.
La Rinnovazione dei Voti dei tre
Confratelli Scolastici è avvenuta
durante la Messa Vespertina che ha
celebrato nella nostra Cappella di
Manila don Giorgio Kallumkal, alla
presenza anche delle due Comunità
di Manila delle Suore Ospedaliere
del Sacro Cuore di Gesù. Proprio alla
stessa ora ha avuto luogo in Roma la
Beatificazione del Papa Giovanni
Paolo II e la coincidenza è stata sentita come un invito a vivere la nostra
Consacrazione al Signore con la
stessa sorridente fiducia del coraggioso pontefice polacco.
All’indomani ad Amadeo la Messa
Solenne è stata presieduta da mons.
Teodoro J. Buhain, ausiliario emerito
di Manila, e con lui ha concelebrato
il Parroco locale, don Oliver L.
Genuino.
Pur essendo giorno feriale, è stata
numerosa la partecipazione dei
nostri vicini del Barrio Salaban e
del piccolo mondo che ruota attorno
al nostro Centro di Riabilitazione
per ragazzi disabili.
Ai disabili ha fatto riferimento
mons. Buhain nell’omelia, invitando
ad imitare San Riccardo Pampuri nel
difendere la dignità d’ogni essere
umano, specie se sofferente o menomato, assistendolo con amore in ogni
suo bisogno.
Nel presbiterio, che quest’anno è
stato decorato con grande solennità,
troneggiava una reliquia di San
Riccardo Pampuri, che al termine del
Rito Eucaristico è stata offerta al
bacio dei fedeli.
nati momenti di riflessione guidata e
di preghiera, nonché opportune pause
di svago, fino alla Messa di chiusura,
che ha celebrato il nostro amico
vescovo e affiliato all’Ordine, mons.
Teodoro J. Buhain.
C A M P O VO C A Z I O N A L E
Sotto l’auspicio della Madonna di
Fatima ed in collaborazione con le
Suore Ospedaliere del Sacro Cuore
di Gesù è stato organizzato il venerdì 13 ed il sabato 14 maggio nella
nostra Casa di Amadeo un Incontro
Vocazionale Giovanile cui ha partecipato un gruppo misto di 65 persone, in gran parte di Manila, ma con
una discreta rappresentanza del comprensorio di Amadeo: quasi tutti
sono attivamente impegnati in
Parrocchia e la loro età è compresa
tra i 16 ed i 30 anni.
L’incontro è iniziato con una presentazione della personalità e spiritualità di San Giovanni di Dio e l’invito a raffigurare con gruppi plastici
viventi i cinque episodi centrali dell’epopea del Santo. Si sono poi alter-
Fra Pio con la toga da diplomato.
F E S TA D I D I P LO M A
Quest’anno sono stati quattro i
Confratelli che hanno concluso i loro
studi professionali: l’ultimo è stato
fra Pio A. Troyo, che ha conseguito a
Manila il diploma biennale di
Infermiere Generico presso la Scuola
Infermieri di Sant’Agostino. La
solenne cerimonia di consegna dei
diplomi c'è stata il 25 maggio.
L’IMPRESA DI MENNI
La Rinnovazione dei Voti di fra Rocco.
A Manila nello Juniorato delle
Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di
Gesù è stata organizzata anche quest’anno una giornata di studio sulla
figura del loro Fondatore San
Benedetto Menni. C’è stata il 28
maggio e l’ha animata il Priore di
Manila, focalizzando la fiduciosa
docilità del Santo ai piani del
Signore, nonché gli obiettivi e le difficoltà che incontrò nel far rifiorire
l’Ordine Ospedaliero nel mondo
ispano-lusitano, dove dette vita ad
una Provincia ispirata ai principi di
riforma, personalmente indicatigli
dal Beato Pio IX.
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I FATEBENEFRATELLI
ITALIANI NEL MONDO
I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere.
I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri:
CURIA GENERALIZIA
www.ohsjd.org
• ROMA
Centro Internazionale Fatebenefratelli
Curia Generale
Via della Nocetta 263 - Cap 00164
Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102
E-mail: [email protected]
Ospedale San Giovanni Calibita
Isola Tiberina 39 - Cap 00186
Tel 06.68371 - Fax 06.6834001
E-mail: [email protected]
Sede della Scuola Infermieri
Professionali “Fatebenefratelli”
Fondazione Internazionale Fatebenefratelli
Via della Luce 15 - Cap 00153
Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308
E-mail: [email protected]
Ufficio Stampa Fatebenefratelli
Lungotevere deʼ Cenci 4 - Cap 00186
Tel 06.68219695 - Fax 06.68309492
E-mail: [email protected]
• CITTÀ DEL VATICANO
Farmacia Vaticana
Cap 00120
Tel 06.69883422
Fax 06.69885361
• PALERMO
Ospedale Buccheri-La Ferla
Via M. Marine 197 - Cap 90123
Tel 091.479111 - Fax 091.477625
www.ospedalebuccherilaferla.it
• MONGUZZO (CO)
Centro Studi Fatebenefratelli
Cap 22046
Tel 031.650118 - Fax 031.617948
E-mail: [email protected]
• ALGHERO (SS)
Soggiorno San Raffaele
Via Asfodelo 55/b - Cap 07041
• ROMANO DʼEZZELINO (VI)
Casa di Riposo San Pio X
Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060
Tel 042.433705 - Fax 042.4512153
E-mail: [email protected]
MISSIONI
• FILIPPINE
San Juan de Dios Charity Polyclinic
1126 R. Hidalgo Street - Quiapo 1001 Manila
Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato e Postulantato
della Delegazione Provinciale Filippina
San Ricardo Pampuri Center
26 Bo. Salaban
Amadeo 4119 Cavite
Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.4131737
E-mail: [email protected]
Sede del Noviziato della Delegazione
Provinciale Filippina
PROVINCIA ROMANA
PROVINCIA LOMBARDO-VENETA
www.provinciaromanafbf.it
www.fatebenefratelli.it
• ROMA
Curia Provinciale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794
E-mail: [email protected]
Centro Studi e Scuola Infermieri
Professionali “San Giovanni di Dio”
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato della Provincia
Centro Direzionale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520
Ospedale San Pietro
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33581 - Fax 06.33251424
www.ospedalesanpietro.it
• GENZANO DI ROMA
Istituto San Giovanni di Dio
Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045
Tel 06.937381 - Fax 06.9390052
www.istitutosangiovannididio.it
E-mail: [email protected]
Sede del Noviziato Interprovinciale
• PERUGIA
Centro San Niccolò
Porta Eburnea
Piazza San Giovanni di Dio 4 - Cap 06121
Tel e Fax 075.5729618
• NAPOLI
Ospedale Madonna del Buon Consiglio
Via A. Manzoni 220 - Cap 80123
Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643
www.ospedalebuonconsiglio.it
• BENEVENTO
Ospedale Sacro Cuore di Gesù
Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100
Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935
www.ospedalesacrocuore.it
• BRESCIA
Centro San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.35011 - Fax 030.348255
[email protected]
Sede del Centro Pastorale Provinciale
Istituto di Ricovero e Cura a Carattere
Scientifico San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513
E-mail: [email protected]
Asilo Notturno San Riccardo Pampuri
Fatebenefratelli onlus
Via Corsica 341 - Cap 25123
Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386
E-mail: [email protected]
• CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI)
Curia Provinciale
Via Cavour 2 - Cap 20063
Tel 02.92761 - Fax 02.9241285
Sede del Centro Studi e Formazione
Sede Legale
Milano: Via San Vittore 12 - Cap 20123
e-mail: [email protected]
Centro SantʼAmbrogio
Via Cavour 22 - Cap 20063
Tel 02.924161 - Fax 02.92416332
E-mail:a [email protected]
• SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI)
Centro Sacro Cuore di Gesù
Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078
Tel 037.12071 - Fax 037.1897384
E-mail: [email protected]
• SAN MAURIZIO CANAVESE (TO)
Beata Vergine della Consolata
Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077
Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175
E-mail: [email protected]
Comunità di accoglienza vocazionale
• SOLBIATE (CO)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Carlo Borromeo
Via Como 2 - Cap 22070
Tel 031.802211 - Fax 031.800434
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato
• TRIVOLZIO (PV)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Riccardo Pampuri
Via Sesia 23 - Cap 27020
Tel 038.293671 - Fax 038.2920088
E-mail: [email protected]
• VARAZZE (SV)
Casa Religiosa di Ospitalità
Beata Vergine della Guardia
Largo Fatebenefratelli - Cap 17019
Tel 019.93511 - Fax 019.98735
E-mail: [email protected]
• VENEZIA
Ospedale San Raffaele Arcangelo
Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121
Tel 041.783111 - Fax 041.718063
E-mail: [email protected]
Sede del Postulantato e dello Scolasticato
della Provincia
• CROAZIA
Bolnica Sv. Rafael
Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga
Sumetlica 87 - 35404 Cernik
E-mail: [email protected]
MISSIONI
• ERBA (CO)
Ospedale Sacra Famiglia
Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036
Tel 031.638111 - Fax 031.640316
E-mail: [email protected]
• ISRAELE - Holy Family Hospital
P.O. Box 8 - 16100 Nazareth
Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101
• GORIZIA
Casa di Riposo Villa San Giusto
Corso Italia 244 - Cap 34170
Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988
E-mail: [email protected]
• TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu
Afagnan - B.P. 1170 - Lomé
Altri religiosi Fatebenefratelli sono presenti in:
• BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu
Tanguiéta - B.P. 7