Peter Schneider, Cli amori di mia madre

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Peter Schneider, Cli amori di mia madre
Atlante digitale del '900 letterario
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Mark Twain
Un americano
alla corte di Re Artù
Milano, Baldini&Castoldi, 2016
Il romanzo racconta di un viaggio nel
tempo e, utilizzando uno stratagemma
simile a quello adottato da Manzoni ne I
Promessi Sposi, Twain presenta al lettore
ciò che definisce come l’adattamento di
un diario donatogli da un certo signor
Morgan Hank, eccentrico vecchietto
incontrato nei pressi del castello di
Warwick (Inghilterra). La storia, infatti, è
la trascrizione della straordinaria
esperienza accaduta “realmente” a costui.
Similmente al film Non ci resta che
piangere, in cui, proprio come nel libro di
Mark Twain, i protagonisti si trovano
proiettati in un lontano passato senza
sapere bene perché, così, in seguito ad
un colpo in testa rimediato durante un
diverbio, il protagonista Hank, americano
del Connecticut, si ritrova
inspiegabilmente catapultato nelle mitica
Camelot, sotto il regno del leggendario re
britannico Artù, nel 528 d.C .
Ma mentre le idee sul
funzionamento di treni e lampadine per
Benigni e Troisi nel film ricordato sono
quanto mai confuse, qui il balzo nel
passato coinvolge Hank Morgan, un
ingegnere abilissimo. Questi, catturato da
un cavaliere e reso schiavo, riesce a
riscattarsi e dopo essersi cavato
d’impaccio impressionando i medievali
con un trucco scientifico che lo qualifica
agli occhi di tutti come un mago molto
più potente del celeberrimo Merlino,
riesce in breve a guadagnarsi un ruolo
nelle alte sfere del potere, tanto che
viene soprannominato “il Capo”, primo
ministro del regno di Camelot. Guadagna
così la nomina di più grande mago in
circolazione, servendosi semplicemente
delle sue conoscenze tecnico-scientifiche,
in un’epoca in cui magia è tutto quello
che non si riesce a spiegare – incluso un
colpo di pistola. Merlino, secondo la
prospettiva di Hank, narratore
autodiegetico, sarebbe quindi un
ciarlatano e i cavalieri della Tavola
Rotonda dei buffoni, dalle cui invenzioni
nasce l’alone eroico che li accompagna.
Facendo leva sulla sua posizione di potere
e attraverso le conoscenze di metà
Ottocento, Hank intende anticipare la
storia e trasformare profondamente la
vita sociale e politica dell’Inghilterra del
VI secolo. Ma Hank non si limita a portare
la tecnica moderna (a vantaggio dei suoi
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nuovi compatrioti e per sua stessa
comodità), ma si ripropone anche di
cambiare la mentalità del volgo, oppressa
dalla magia e dalla religione “nemici del
progresso scientifico”. I suoi ambiziosi
obiettivi sono l’abolizione degli ordini
c ava l l e re s c h i e l ’ i s t i t u z i o n e d e l l a
repubblica.
Così, tra peripezie e avventure di
ogni tipo, abilmente il protagonista riesce
a farsi largo nell'arcaica società di
Camelot e, sfruttando un vantaggio di
tredici secoli, prevede eclissi, costruisce
linee telegrafiche, fonda un giornale, e
applicando la tecnologia del
diciannovesimo secolo al sesto secolo,
stupisce un intero popolo.
Ma dietro l'apparenza di un
romanzo fanta-storico si cela una delle
più pungenti satire sociali della letteratura
americana. Esso infatti è un'accusa contro
le disuguaglianze sociali, le ingiustizie
politiche, la superstizione e l'ignoranza
dell'uomo sulle quali prosperano le grandi
istituzioni della Chiesa e dello Stato: e
questi temi di fondo si intrecciano e
vengono espressi ora con toni seri, ora
con toni umoristici. La nobiltà viene
definita «insulso, improduttivo rifiuto
umano con titoli regali o nobiliari esperto
nelle arti dello spreco e della distruzione
o che in un mondo concepito
razionalmente non ha alcuna utilità o
valore». Toni più ravvicinati e drammatici
sono invece adottati per narrare frequenti
episodi di ingiustificata crudeltà, come
quello che vede una giovanissima madre
condannata alla gogna per aver rubato,
costretta dalla fame e dell’indigenza. Tra
le immagini che ritraggono il popolo
“calpestato” questa è sicuramente una
delle più toccanti: la povera fanciulla si
spegne stringendo al petto l’infante, nella
morsa del dolore.
Il protagonista non perde
occasione per deridere costantemente
l'arretratezza degli antichi britannici e
denuncia i soprusi nei confronti dei
poveri, le violenze e i saccheggi. Twain
sfodera l’arma della satira non solo al fine
di deridere e ridicolizzare l’epoca
medioevale, le cui atrocità sono messe
continuamente in evidenza, ma
soprattutto la società a lui
contemporanea, che, assumendo lo
stesso atteggiamento del protagonista
Hank, con la sua tecnologia tenta e crede
di sottomettere tutto alle proprie leggi,
provocando spesso dei danni. Spinto dal
proprio senso pratico e da un superficiale
ottimismo, Hank s’imbarca nell’impresa di
trasformare una nazione e un popolo in
fondo a lui sconosciuti, convinto che gli
“oggetti moderni” quali il telefono,
l’elettricità, il vapore, spogliati della storia
che li ha prodotti, possano condurre
Camelot verso “l’idea di Progresso” nata
nell’età dei Lumi e successivamente
declinata nei diversi contesti storici e
sociali del mondo del XIX secolo; egli si
rivela certo una persona forte d’ingegno
ma priva di una reale conoscenza del
passato, e di conseguenza mancante
degli strumenti intellettuali per poter
analizzare in profondità le contraddizioni
del proprio tempo.
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Hank sarà infine riportato nella sua
epoca, al termine di una prodigiosa
battaglia, da un incantesimo di Merlino.
La storia non può essere riscritta,
e di ciò il protagonista si renderà presto
conto, nell’affermare che «le idee
ereditarie sono una cosa bizzarra che può
essere interessante esaminare. Io avevo
le mie, il re e i suoi avevano le proprie. In
entrambi i casi esse scorrevano in solchi
resi profondi da tempo e abitudine, e
chiunque si fosse provato a deviarne il
corso usando la parola e il ragionamento
avrebbe avuto un bel daffare.»
Contributo:
Emma Giada Colacino (classe VA, L. C.
A.Moro, Praia a Mare)
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