Le operazioni di ristrutturazione del debito nell`attuale contesto
Transcript
Le operazioni di ristrutturazione del debito nell`attuale contesto
Le operazioni di ristrutturazione del debito nell’attuale contesto normativo e di mercato di Andrea Accornero, Alberto Bianco, Davide D’Affronto, Maria Chiara Puglisi, Carlotta Robbiano, Umberto Zanuso 32 2 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO Quaderni sull’Investimento nel Capitale di Rischio Periodico di AIFI Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital Numero 32 – Anno 2012 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 794 del 23 dicembre 2003 ISSN 1824-4734 ISBN 978-88-238-6145-9 Direttore Responsabile Anna Gervasoni Comitato Scientifico Innocenzo Cipolletta (Presidente) Mario Benassi Giampio Bracchi Fabio Buttignon Lorenzo Caprio Maurizio Dallocchio Gian Maria Gros-Pietro Donato Masciandaro Giangiacomo Nardozzi Stefano Preda Sandro Sandri Giacomo Vaciago Riccardo Varaldo Comitato di Redazione Alessandra Bechi Alessia Muzio Barbara Passoni Redazione AIFI – Via Pietro Mascagni, 7 – 20122 Milano tel. +39 02 7607531 – fax +39 02 76398044 E-mail: [email protected] – Web: www.aifi.it Progetto grafico di copertina e degli interni Studio Tragni, Milano Impaginazione A cura della Redazione Stampa Mediascan, Milano Copyright © Egea S.p.A. Via Salasco, 5 – 20136 Milano Tutti i diritti riservati. La pubblicazione, riproduzione o ristampa della rivista e degli articoli in essa contenuti è vietata, salvo autorizzazione scritta dall’editore previo consenso dell’autore. Finito di stampare nel mese di novembre 2012. Questo numero è stato chiuso in redazione il 31 ottobre 2012. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 3 Gli autori Andrea Accornero da molti anni si occupa di operazioni di private equity per fondi italiani e stranieri. Ha assistito alcuni dei principali fondi in relazione ad acquisizioni, cessioni e rifinanziamenti. È il responsabile della practice Corporate italiana di Simmons & Simmons. Andrea Accornero has extensive experience of private equity transactions for both Italian and international funds. He has advised some of the most respected and recognised players on a continuous basis on their acquisitions, disposals and refinancings. He is the head of the Italian Corporate practice at Simmons & Simmons. Alberto Bianco è uno dei soci fondatori dello Studio legale Bianco Besozzi & Associati e si occupa principalmente di operazioni di M&A, con particolare riferimento al settore del private equity. Oltre alla consulenza societaria e commerciale, è specializzato nell’assistenza legale in operazioni di ristrutturazione del debito e di finanziamento. E’ docente di alcuni Master de Il Sole 24 Ore, nonché autore di numerose pubblicazioni per le principali riviste del settore. Alberto Bianco is one of the founders of Bianco Besozzi & Associati Studio legale and has extensive experience in M&A, with particular focus on private equity. He also gained a broad experience in restructuring and financing transactions. He is a speaker at the master organized by “Il Sole 24 Ore” and writes contributions for leading business journals and newspapers. Davide D’Affronto si occupa principalmente di operazioni di leveraged lending, acquisition finance e ristrutturazioni del debito. Assiste regolarmente le principali banche italiane e straniere. Davide è socio del dipartimento di Financial Markets di Simmons & Simmons. Davide D’Affronto is focused on leveraged lending, acquisition finance and debt restructuring. He regularly advises major Italian and foreign banks. Davide is a partner with the Financial Markets department at Simmons & Simmons law firm. Maria Chiara Puglisi, avvocato dal 2008 e associato dello Studio legale Bianco Besozzi & Associati. Si occupa principalmente di operazioni di fusione e acquisizione, in particolare con fondi di private equity. E’ specializzata, inoltre, nell’assistenza legale a favore di banche e società nell’ambito delle operazioni di ristrutturazione del debito e piani di risanamento. Maria Chiara Puglisi was admitted to the Italian Bar in 2008 and is an associate of Bianco Besozzi & Associati Studio legale. She has experience in merger and acquisition transactions, namely, with reference to private equity funds. She has also experience in legal assistance in favour of banks and companies in restructuring procedures. Carlotta Robbiano collabora con lo studio legale Simmons & Simmons dal 2008 e si occupa principalmente di M&A e private equity, nonché del finanziamento di operazioni di leveraged buyout. Prima di entrare a far parte di Simmons & Simmons, Carlotta ha collaborato con altri studi legali di primario livello in Milano, tra cui Hogan Lovells. Ha pubblicato articoli e tenuto seminari in materia di diritto societario e private equity. 4 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO Carlotta Robbiano’s experience is in the corporate practice area, advising on mergers and acquisitions, as well as on private equity transactions and acquisition finance. Before joining Simmons & Simmons in 2008, Carlotta practiced in other law firms of primary importance in Milan, including Hogan Lovells. She is the author of several legal publications and she has given several speeches on commercial law and private equity. Umberto Zanuso è ora partner e a capo del dipartimento di finanza strutturata presso Fineurop Soditic dove, dal 2000, ha dato avvio all’attività fornendo servizi di consulenza a operatori industriali e finanziari nell’ambito di operazioni di M&A. Nel 1994 ha conseguito un master presso la Société Française des Analystes Financiers (S.F.A.F) di Parigi. Dal 1992 al giugno 1995 ha lavorato come analista finanziario per COFILP (Compagnia Finanziaria Ligure Piemontese), la divisione merchant banking della Banca Popolare di Novara. Nel 1995 si è trasferito in Caboto (Gruppo Intesa Sanpaolo) a Milano come direttore del dipartimento di Finanza Strutturata. Umberto Zanuso is currently partner and Head of the Structured Finance department of Fineurop Soditic, where in 2000 he set up the activity developing advisory services with industrial and private equity houses for M&A transactions. In 1994 he received a master degree from Société Française des Analystes Financiers (S.F.A.F) of Paris. From 1992 to June 1995 he was a financial analyst for COFILP (Compagnia Finanziaria Ligure Piemontese), the merchant banking division of Banca Popolare di Novara. In 1995 he joined Caboto (IntesaSanpaolo Group) in Milan as a Manager of the Structured Finance department. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 5 Indice Abstract .................................................................................................................................................................... 6 1. Introduzione ......................................................................................................................................................... 7 2. Il Piano Finanziario: strategie per società impegnate in un processo di ristrutturazione del debito ........... 8 2.1 La crisi finanziaria in azienda .............................................................................................................................. 8 2.2 Il team di ristrutturazione..................................................................................................................................... 9 2.3 L’aiuto fornito dalla riforma della Legge Fallimentare ....................................................................................... 9 2.4 Piano Industriale e Piano Finanziario: i potenziali conflitti di interesse ............................................................ 10 2.5 L’underperformance è contingente o strutturale? .............................................................................................. 10 2.6 Un caso concreto ............................................................................................................................................... 11 3. La conversione del debito in strumenti finanziari ed il c.d. push up del debito ........................................... 14 3.1 Alto debito, poco interesse a investire nuova equity.......................................................................................... 14 3.2 Il push up in concreto ........................................................................................................................................ 15 3.3 Waterfall ............................................................................................................................................................ 16 3.4 Vantaggi del push up ......................................................................................................................................... 17 3.5 Aspetti legali ...................................................................................................................................................... 17 4. Le trattative con i creditori: linee guida per una gestione efficiente del rapporto con il ceto creditorio nell’ambito delle procedure di ristrutturazione.............................................................................................. 19 4.1 Premessa e breve inquadramento delle novità normative di riferimento ........................................................... 19 4.2 Prassi e comportamenti nell’ambito delle operazioni di ristrutturazione........................................................... 21 4.2.1 Linee Guida .................................................................................................................................................... 21 4.2.2 I principi del Codice di Comportamento ABI................................................................................................. 22 4.3 I fattori di successo ............................................................................................................................................ 23 5. I Piani che non “performano”: casi e soluzioni ............................................................................................... 26 5.1 L’insuccesso del Piano ...................................................................................................................................... 26 5.2 Il contesto normativo ......................................................................................................................................... 27 5.3 La significatività dello scostamento del Piano .................................................................................................. 27 5.4 I rapporti con i creditori ..................................................................................................................................... 27 5.5 Possibili scenari ................................................................................................................................................. 28 5.6 I casi Gabetti Property Solutions e Sangemini .................................................................................................. 29 5.7 Considerazioni finali sulle modifiche degli Accordi di Ristrutturazione e/o delle convenzioni con i creditori relative a Piani di Risanamento ........................................................................................................................... 30 5.8 Considerazioni conclusive ................................................................................................................................. 30 Bibliografia ............................................................................................................................................................. 31 6 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO Abstract Le operazioni di ristrutturazione del debito, anche grazie ai nuovi strumenti offerti dalla Legge Fallimentare e recentemente modificati dal Decreto Sviluppo, offrono opportunità importanti per gli operatori del private equity, sia in termini propositivi che in termini conservativi. Un gruppo di professionisti appartenenti alla Commissione Tax & Legal di AIFI analizza il ciclo di vita di una tipica operazione di ristrutturazione, soffermandosi sui profili legali e finanziari dei Piani di Risanamento, degli Accordi di Ristrutturazione del debito e del Concordato Preventivo. In particolare, viene in primo luogo analizzato il contenuto e la formazione del Piano Economico Finanziario, documento alla base di qualsiasi operazione di ristrutturazione del debito. Si passa quindi ad illustrare una specifica modalità di ottimizzazione della struttura debitoria, attraverso il c.d. push-up del debito. Ci si sofferma poi sulla tematica relativa ai rapporti tra ceto creditorio e società in ristrutturazione, proponendo alcune linee guida per ottimizzare la fase della negoziazione anche contrattuale. Da ultimo, viene analizzata, con casi concreti e possibili soluzioni, l’ipotesi degli accordi di ristrutturazione non performanti. Debt restructuring transactions give important chances to private equity funds – both from a prospective and conservative stand point - also through the procedures provided under the Bankruptcy Law, as recently amended by the Legislative Decree no. 83/2012 (the so called “Decreto Sviluppo”). A group of professional members of AIFI Tax & Legal Committee analyses the steps of a typical restructuring procedure, focusing on the legal and financial issues linked to recovery plans, pursuant to article 67, section 3, lett. d) of the Bankruptcy Law, (the so called “Piani di Risanamento”), restructuring plans, pursuant to article 182 bis of the Bankruptcy Law (the so called “Accordi di Ristrutturazione”) and composition with creditors procedure (the so called “Concordato Preventivo”). In particular, the content and the structure of the economic and financial plan are firstly analyzed, due to the importance of such plan in any restructuring transaction. The debt push up is then analyzed as a specific method to optimize the indebtedness of the borrower. Moreover, the relationship between the creditors and the borrower is examined and some guide lines to optimize the negotiation between the parties are proposed. Finally, the case of not performing restructuring plan is analyzed, with a particular focus on drawing an outline of feasible solutions. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 1. 7 Introduzione Le operazioni di ristrutturazione del debito con i nuovi strumenti offerti dal legislatore nella riforma fallimentare possono, da un lato, rappresentare una interessante opportunità di investimento per gli operatori di private equity e dall’altro consentono alle partecipate, che attraversano una fase di tensione finanziaria, di mettere in sicurezza il debito per puntare al rilancio industriale. Sotto il profilo delle nuove opportunità, è innegabile che l’accesso al debito sia oggi più difficoltoso e che i costi elevati della leva finanziaria spingano, talvolta, gli operatori del settore ad individuare target già indebitate, a condizioni tendenzialmente migliori rispetto a quelle che si potrebbero trovare sul mercato, che detengono tuttavia un marchio riconosciuto a livello internazionale, un buon posizionamento sul mercato e soprattutto concrete possibilità di sviluppo industriale. In questi casi, passando attraverso uno degli strumenti messi a disposizione dalla Legge Fallimentare (di seguito anche “L.F.”) (art. 67, art. 182-bis o Concordato Preventivo), l’investimento può essere compiuto per il tramite di un aumento di capitale o di altra forma di apporto, in alternativa al ricorso alla leva finanziaria, consentendo alla società di raggiungere un equilibrio finanziario indispensabile ai fini del conseguimento degli obiettivi industriali prefissati. Sotto il profilo del rilancio, gli strumenti offerti dalla Legge Fallimentare possono rivelarsi idonei a garantire la ripresa industriale delle società partecipate da fondi di private equity che, pur con buone prospettive industriali, stiano eventualmente soffrendo da un punto di vista finanziario. Le ristrutturazioni del debito, sia in chiave di nuove opportunità che in chiave di rilancio, passano anche attraverso un deciso cambio di mentalità di tutti gli operatori, siano essi industriali o finanziari. Il ricorso a strumenti concordatari, infatti, non deve più essere visto alla stregua di un insuccesso personale e professionale, ma piuttosto come una ripartenza verso una decisa ripresa industriale e finanziaria. Anche il legislatore sembra avere aderito a tale necessità, con le recenti novità introdotte dal Decreto Legge n. 83/2012, convertito con modifiche nella Legge 7 agosto 2012, n. 134. In tale sede, infatti, come si avrà modo di approfondire, alle minime, ma pur importanti, novità introdotte nella disciplina dei Piani di Risanamento ex art. 67, comma 3, lett. d) e degli Accordi di Ristrutturazione del debito ex art. 182-bis Legge Fallimentare, fanno da contraltare le considerevoli modifiche apportate alla normativa applicabile ai Concordati Preventivi, sino alla introduzione della nuova disciplina del Concordato in continuità aziendale. Pare quindi evidente l’intenzione del legislatore di spostare l’attenzione degli operatori dallo strumento dei Piani di Risanamento ex art. 67 L.F., privatistici e privi di alcun controllo in sede giudiziale, a quello dei Concordati Preventivi, evidentemente ritenuti più idonei a determinare, grazie a una netta cesura con il passato, l’effettiva ripresa industriale della società. Non resta che verificare, nella pratica, se tale nuovo strumento concordatario, al quale probabilmente, per ragioni di marketing, sarebbe stato opportuno cambiare nome, incontrerà o meno il favore del mercato. Nel frattempo, le operazioni di ristrutturazione del debito proseguono ancora soprattutto nell’ambito dei Piani di Risanamento ex art. 67 L.F. e degli Accordi di Ristrutturazione ex art. 182-bis L.F.. Da qui l’opportunità di descrivere, nel presente Quaderno, le tematiche principali di una ristrutturazione del debito, a partire dalla predisposizione del documento più rilevante per la buona riuscita dell’operazione, vale a dire il Piano Finanziario e Industriale. Si passerà quindi all’analisi di una particolare struttura finanziaria talvolta utilizzata nelle operazioni di ristrutturazione, il c.d. push up del debito mediante l’utilizzo degli strumenti partecipativi introdotti con la riforma del diritto societario. Verranno poi descritte le linee guida da seguire nelle trattative con i creditori, in particolare con il ceto bancario, nell’ambito principalmente dei Piani di Risanamento ex art. 67 L.F.. Da ultimo, saranno analizzati nel dettaglio alcuni casi pratici relativi ad Accordi di Ristrutturazione e Piani di Risanamento non performanti, con l’indicazione di specifiche soluzioni da seguire. 8 2. QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO Il Piano Finanziario: strategie per società impegnate in un processo di ristrutturazione del debito di Umberto Zanuso 2.1 La crisi finanziaria in azienda L’attuale, difficile, contesto economico-finanziario richiede alle aziende una sempre maggiore prontezza di risposta ai cambiamenti del mercato. Se, infatti, un mercato si deteriora rapidamente, lo sbocco della gestione in uno stato conclamato di crisi è un’ipotesi tutt’altro che remota. Questa ipotesi, per la sua natura destabilizzante e improvvisa, va affrontata con decisioni rapide, competenza nella gestione del patrimonio umano e tecnico dell’azienda, sensibilità nel cogliere i diversi interessi di shareholder e stakeholder e nel relazionarsi con essi. E’ soprattutto importante che, nell’affrontare la nuova situazione, non si perdano mai di vista il fattore tempo, vitale perché gli interventi siano efficaci, e la gestione delle informazioni, altro elemento chiave per strutturare al meglio la strategia di risanamento. Per gestire lo stato di crisi con successo bisogna saper riconoscere il prima possibile i sintomi, fare un’accurata analisi delle cause e reagire prontamente per affrontare le conseguenze e i rischi che lo stato di stress comporta. I sintomi possono consistere in tensioni di liquidità, nell’incapacità di rispettare i covenant sul debito imposti dalle banche finanziatrici, nella difficoltà di onorare i termini di pagamento dei fornitori o nella insufficiente patrimonializzazione della società ai fini civilistici. Le cause possono essere di varia natura: un calo congiunturale dei ricavi e/o dei margini in presenza di livelli di leva operativa o finanziaria troppo elevati, oppure errate politiche di investimento con errate scelte di copertura finanziaria. Anche l’eccessiva crescita con conseguente dilatazione del capitale circolante netto e imprevisto assorbimento di cassa può portare a una crisi di liquidità con effetti a cascata sull’intera organizzazione aziendale. Le conseguenze di una crisi non prontamente gestita possono essere devastanti: vi è il rischio che le banche percepiscano tempestivamente il deterioramento della situazione attraverso l’analisi del portafoglio di fatture presentate allo sconto e della qualificazione della società e/o dei rapporti di credito presso la Centrale Rischi di Banca d’Italia e reagiscano bloccando nuovi finanziamenti se non addirittura riducendo o cancellando i fidi in essere; i fornitori potrebbero minacciare o porre in essere azioni esecutive e bloccare le forniture, con conseguente interruzione della produzione; i clienti potrebbero ridurre gli ordini temendo ripercussioni di immagine sul mercato o difficoltà e ritardi nelle forniture abituali. Il “going concern” è dietro l’angolo. Una diagnosi tempestiva e attenta della tipologia di crisi è il presupposto per individuare una soluzione corretta. Innanzitutto è essenziale non perdere tempo cercando di celare la natura del problema con strategie di dilazione che hanno l’unico risultato di far crescere lo stato di crisi fino a renderlo non più gestibile. Nei casi in cui l’azienda si trovi a fronteggiare una situazione di tensione finanziaria determinata da circostanze di carattere straordinario, va valutata l’opportunità di aprire un tavolo negoziale con gli istituti di credito per una possibile ristrutturazione. Questa scelta va anticipata il più possibile, poiché bisogna mettere in conto un lungo periodo di negoziazione per la gestione dei diversi interessi - tendenzialmente confliggenti - di cui sono portatori gli stakeholder dell’azienda. Il tempo e la gestione interinale della cassa diventano le variabili chiave per prepararsi a gestire la crisi in modo strutturato. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 2.2 9 Il team di ristrutturazione Presa coscienza della necessità di iniziare un processo di ristrutturazione, diviene molto importante formare un team di consulenti adeguato per affrontare il dialogo e la negoziazione con gli stakeholder. Il team ideale è composto da un Advisor Finanziario, che aiuterà la società e i suoi azionisti a elaborare un’opinione indipendente e competente sulla situazione, fornendo assistenza nello sviluppo della strategia ottimale di negoziazione e di comunicazione con il sistema bancario e nella elaborazione del piano finanziario che sarà la base della proposta alle banche; un Advisor Legale, che contribuirà alla condivisione della struttura legale, societaria e finanziaria dell’operazione e si occuperà della redazione e negoziazione di tutta la documentazione contrattuale necessaria per il perfezionamento dei contratti con le banche finanziatrici della società (partendo dallo stand still, per passare poi al term sheet e infine all’accordo modificativo del finanziamento originario, con eventuale relativo pacchetto di garanzie); un Advisor di Business, che fornirà il suo contributo e la sua assistenza nella costruzione di un credibile Piano Industriale. 2.3 L’aiuto fornito dalla riforma della Legge Fallimentare Nel prosieguo del Quaderno verranno analizzati alcuni aspetti delle procedure di ristrutturazione attuabili ai sensi degli istituti forniti dalla Legge Fallimentare, con evidenza delle novità recentemente introdotte. In generale, la riforma rappresenta un passo avanti poiché favorisce il positivo completamento della ristrutturazione e incoraggia sia la società in crisi sia i creditori ad agire. Infatti, il principio ispiratore della stessa è che la crisi deve essere intesa come possibile fase della vita dell’impresa, pertanto l’intento è quello di favorire la continuità dell’attività, con il mantenimento dell’avviamento e la conservazione dei posti di lavoro. A tal fine, la riforma si propone di fornire tutti gli strumenti adatti a: i) favorire chi investe nelle aziende in crisi, sia che si tratti di soggetti esterni che degli stessi azionisti; ii) garantire processi efficienti di trasferimento dei rami d’azienda e degli asset non strategici; iii) mitigare i rischi di responsabilità penali per il debitore e i creditori; iv) escludere per i creditori i rischi connessi al possibile esercizio dell’azione revocatoria fallimentare. A titolo di sintesi nella tabella sottostante rappresentiamo i diversi strumenti offerti dalla normativa, la cui analisi comparata è il presupposto essenziale per compiere scelte consapevoli. Figura 1 La nuova Legge Fallimentare: quadro di sintesi 10 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO A prescindere dalla tipologia di ristrutturazione che si sceglie di adottare, il documento che rappresenta il fulcro delle operazioni di ristrutturazione è il Piano di Risanamento della società. Il Piano di Risanamento è il documento in cui vengono descritti i passi funzionali al risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria ed è definito dall’art. 67 della Legge Fallimentare. Tuttavia, anche quando si lavora su una operazione di ristrutturazione finanziaria sotto la copertura normativa di disposizioni diverse dall’art. 67, la documentazione che si deve preparare è comunque assimilabile alla documentazione necessaria per il Piano di Risanamento. Il Piano di Risanamento è a sua volta costituito da un Piano Industriale, documento in cui sono descritte le cause che hanno portato alla crisi, le azioni intraprese dal management per il rilancio della gestione e le strategie industriali di rilancio con ipotesi di business plan (evoluzione prospettica dei ricavi, dei costi, degli investimenti e della dinamica del capitale circolante netto), e da un Piano Finanziario, che traccia invece le linee guida della manovra di ristrutturazione del debito ed evidenzia gli eventuali apporti di ricapitalizzazione necessari. 2.4 Piano Industriale e Piano Finanziario: i potenziali conflitti di interesse Il Piano Industriale contiene un’accurata analisi dei risultati economici attesi della società ed è il punto di partenza per definire la struttura finanziaria di lungo periodo, che potrà richiedere degli interventi straordinari per sostenere l’attività operativa e finanziaria. La successione logica nella definizione di una manovra finanziaria è dunque la seguente: analisi delle cause che hanno portato alla crisi, definizione delle azioni che consentono il rilancio della società e definizione del Piano Industriale, che prevede il coinvolgimento del management. Sulla base del Piano Industriale viene elaborato il Piano Finanziario con il supporto dell’Advisor Finanziario, che definisce l’entità del problema in termini di risorse aggiuntive necessarie all’azienda per far fronte agli impegni. Il Piano Finanziario incorpora la proposta che il management fa agli stakeholder per superare la situazione di crisi e riportare in equilibrio la gestione. In estrema sintesi, la negoziazione nelle operazioni di ristrutturazione verte sulla ripartizione tra azionisti e istituti di credito del peso delle risorse aggiuntive necessarie all’azienda e delle rinunce ai propri crediti. L’esperienza insegna che sia gli azionisti che le banche tendono a sottostimare l’entità del problema per diminuire i sacrifici economici da affrontare nel breve. D’altra parte è evidente che l’entità della manovra dipende dalla visione, più o meno ottimistica, con cui è stato predisposto il Piano Industriale. Di conseguenza, non di rado si assiste a una moral suasion da parte degli azionisti nei riguardi del management aziendale per “abbellire” il Piano Industriale. C’è tuttavia un elemento fondamentale che deve vedere allineati gli interessi di tutti gli stakeholder: l’attenzione alla generazione di cassa dei primi 2 anni di Piano. Infatti, se i problemi di redditività nel breve possono essere più o meno dilazionati in base alla capienza patrimoniale della società, i problemi di liquidità non consentono dilazioni. 2.5 L’underperformance è contingente o strutturale? L’approccio corretto prevede di separare la redazione del Piano Industriale da quella del Piano Finanziario per essere sicuri di non avere contaminazioni. Occorre capire qual’ è l’entità del problema e poi cercare le soluzioni e definire l’approccio negoziale con i creditori. A questo proposito il business plan della società, che rappresenta la sintesi del piano industriale e finanziario, deve: • essere redatto sulla base di ipotesi realistiche e in linea con lo scenario economico corrente e soprattutto essere estremamente allineato, per quanto riguarda i primi 12 mesi, ai dati di current trading; • evidenziare le linee strategiche e le azioni intraprese dalla società per migliorare la propria performance; • essere in grado di superare un’eventuale Indipendent Business Review (IBR), sempre più spesso richiesta dalle banche, così come l’eventuale asseverazione in caso di procedure ex art. 67 e 182-bis Legge Fallimentare; • sviluppare varie “sensitivities”, ovvero pluralità di casistiche che consentano di considerare i differenti scenari economici e finanziari di mercato; • essere coerente con il report di tesoreria rolling a 12 mesi, dove si evidenziano le effettive necessità di cassa della società a breve termine. L’analisi del business plan permetterà di capire se la natura dell’underperformance della società sia da ritenersi contingente oppure strutturale e, di conseguenza, allineare la capital structure. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO Figura 2 11 Underperformance All’inizio di questo capitolo abbiamo sottolineato l’importanza di comprendere tempestivamente i sintomi della crisi, in modo da rendere l’intervento quanto più immediato ed evitare il deterioramento della situazione. Sulla base dell’esperienza, è sicuramente preferibile condividere con le banche il problema prima che lo stesso degeneri, anche perché, in caso di default nei pagamenti delle rate del finanziamento, la posizione diventa di competenza dell’ufficio crediti problematici, fortemente focalizzato sugli aspetti burocratici/legali piuttosto che sul mantenimento del rapporto commerciale consolidatosi nel tempo tra banca e società. Qualora invece il nuovo business plan presenti la necessità di una ridefinizione integrale della struttura finanziaria, è preferibile, per gli azionisti e il management, proporre al sistema bancario una manovra con la quale si offra molto in termini di sforzo da parte degli azionisti, e, in cambio, si pretenda altrettanto in termini di deleverage forzato dell’azienda, ovvero di rinuncia ai crediti da parte delle banche. A questo riguardo, l’utilizzo di strumenti finanziari partecipativi, che consentono la conversione di una parte dell’indebitamento in uno strumento di quasi equity, possono essere molto utili per ritrovare un equilibrio in termini di struttura di capitale, adattandola alle aspettative di una contrazione delle attività. Molte delle ristrutturazioni finanziarie effettuate dopo la crisi del 2009 sono state efficaci ma per un periodo di tempo limitato, perché si riteneva che la crisi di mercato fosse contingente. Alla luce degli ultimi sviluppi della crisi, che ha manifestato aspetti strutturali, si deve concludere che quelle ristrutturazioni avrebbero dovuto essere più radicali. 2.6 Un caso concreto A titolo esemplificativo di seguito si analizza il caso di un’azienda, operante nel settore consumer goods, che ha sempre avuto buone performance reddituali; a seguito della grave crisi di mercato del 2009, il management e gli azionisti realizzano come il contesto competitivo abbia fortemente compromesso il posizionamento della società e che i tempi per riacquistare il trend pre-crisi sarebbero stati lunghi. Attuare una strategia di austerity (stop degli investimenti, ristrutturazione del personale, etc.) avrebbe causato il default della società, colta dalla crisi di mercato proprio nel corso di un ambizioso programma di investimenti finalizzato alla sua internazionalizzazione. Lo sviluppo della presenza sui mercati esteri e il conseguente parziale affrancamento dal mercato italiano avrebbero garantito una maggiore stabilità all’azienda, rendendo l’asset molto più solido per tutti gli stakeholder. La negoziazione tra il sistema bancario e gli azionisti di riferimento ha riguardato essenzialmente la condivisione del rischio connesso all’implementazione di questa strategia di crescita nell’ambito di un contesto di ristrutturazione. Di seguito il business plan della società ante manovra finanziaria nelle sue componenti di conto economico, stato patrimoniale e prospetto fonti - impieghi. 12 Figura 3 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO Il conto economico €'000 Ricavi YoY Margine di contribuzione % su ricavi Costi di struttura EBITDA % su ricavi Ammortamenti EBIT % su ricavi Gestione finanziaria Gestione straordinaria EBT Tasse Risultato netto % su ricavi 28.230 37,1% (13.306) 14.924 19,6% (6.784) 8.140 10,7% (3.749) (2.488) 1.904 (4.072) (2.168) (2,8%) 2008 84.710 11,3% 32.540 38,4% (16.096) 16.445 19,4% (7.407) 9.038 10,7% (4.865) (113) 4.060 (3.634) 426 0,5% 2009 75.724 (10,6%) 25.250 33,3% (18.615) 6.635 8,8% (8.003) (1.368) (1,8%) (4.012) (135) (5.515) (865) (6.380) (8,4%) 2010 64.816 (14,4%) 21.158 32,6% (19.426) 1.732 2,7% (7.463) (5.732) (8,8%) (4.029) (9.760) (1.003) (10.764) (16,6%) 2011 74.995 15,7% 23.508 31,3% (19.960) 3.548 4,7% (7.349) (3.802) (5,1%) (4.291) (8.092) (877) (8.969) (12,0%) 2012 87.592 16,8% 28.647 32,7% (20.646) 8.000 9,1% (7.510) 490 0,6% (4.830) (4.340) (726) (5.066) (5,8%) 2013 99.130 13,2% 33.728 34,0% (21.315) 12.413 12,5% (7.656) 4.757 4,8% (5.183) (426) (577) (1.003) (1,0%) 2014 111.316 12,3% 39.285 35,3% (22.033) 17.253 15,5% (7.797) 9.456 8,5% (5.280) 4.175 (412) 3.763 3,4% €'000 Immobilizzazioni Crediti commerciali Magazzino Debiti commerciali Capitale circolante operativo Altre attività/(passività) Capitale circolante netto Fondi Capitale investito Patrimonio netto Debito senior Tranche A 2007 96.370 21.299 15.018 (15.035) 21.282 (8.009) 13.272 (5.234) 104.408 31.582 51.300 2008 86.325 22.689 19.810 (19.592) 22.906 (2.735) 20.171 (4.944) 101.551 32.008 49.275 2009 80.615 19.709 17.530 (16.531) 20.708 (2.160) 18.548 (4.529) 94.634 25.628 40.500 2010 74.774 17.758 13.235 (14.756) 16.236 (2.160) 14.076 (4.347) 84.503 14.864 32.400 2011 69.229 20.547 14.367 (18.073) 16.840 (2.160) 14.680 (4.281) 79.628 5.895 24.300 2012 63.866 22.798 16.782 (20.714) 18.866 (2.160) 16.706 (4.232) 76.340 830 16.200 2013 58.451 25.801 18.995 (23.002) 21.794 (2.160) 19.634 (4.181) 73.904 (173) 8.100 2014 52.992 28.973 21.331 (25.360) 24.944 (2.160) 22.784 (4.137) 71.640 3.590 - Debito senior Tranche B Indebitamento/(cassa) a breve Indebitamento finanziario Fonti di finanziamento 20.250 1.276 72.826 104.408 20.250 19 69.544 101.551 20.250 8.257 69.007 94.634 20.250 16.989 69.639 84.503 20.250 29.183 73.733 79.628 20.250 39.060 75.510 76.340 20.250 45.728 74.078 73.904 68.050 68.050 71.640 4,88 4,23 10,40 40,22 20,78 9,44 5,97 3,94 2007 2008 16.445 (290) 6.898 9.256 (2.925) 12.181 2009 6.635 (415) (1.623) 7.843 1.310 6.533 2010 1.732 (182) (4.472) 6.021 1.060 4.962 2011 3.548 (66) 604 2.878 1.355 1.524 2012 8.000 (49) 2.026 5.925 1.621 4.304 2013 12.413 (51) 2.928 9.434 1.646 7.788 2014 17.253 (44) 3.150 14.059 1.671 12.388 - - - - - - - 3.634 113 405 4.152 8.029 4.747 2.025 865 135 1.190 2.190 4.344 3.806 8.775 1.003 599 1.603 3.359 3.992 8.100 877 488 1.364 159 4.253 8.100 726 564 1.290 3.014 4.791 8.100 577 634 1.211 6.576 5.144 8.100 412 709 1.120 11.268 5.240 8.100 20.250 Figura 4 Lo stato patrimoniale D/Ebitda Figura 5 2007 76.126 Fonti e impieghi €'000 + EBITDA +Altri fondi - utilizzi - Incremento/ (decremento) CCN = Operating Cash Flow -Capex = Cash Flow after growth financing (A) ALTRE FONTI = Totale altre fonti (B) ALTRI IMPIEGHI + Tasse + Oneri straordinari / (proventi) - Altri costi /(ricavi) = Totale Altri impieghi ( C ) Totale fondi per il servizio del debito (A + B - C) Oneri finanziari netti (cash) Debito senior Tranche A Debito senior Tranche B Totale servizio del debito 6.772 12.581 12.092 12.353 12.891 13.244 33.590 = Cash Flow post servizio del debito 1.257 (8.238) (8.733) (12.193) (9.877) (6.667) (22.322) (1.276) (19) (8.257) (16.989) (29.183) (39.060) (45.728) = Cassa finale + cassa iniziale (19) (8.257) (16.989) (29.183) (39.060) (45.728) (68.050) DSCR D/Ebitda 1,19 4,23 0,35 10,40 0,28 40,22 0,01 20,78 0,23 9,44 0,50 5,97 0,34 3,94 LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 13 Il tavolo negoziale con gli istituti di credito è stato aperto alla fine del 2009, con un budget pre-chiusura che evidenziava un risultato in forte deterioramento rispetto al 2008. La complessità negoziale del processo di ristrutturazione verteva sul fatto che il budget 2010 presentava dei risultati peggiori rispetto al 2009. L’analisi dei costi di struttura del 2009 e del 2010 evidenzia come il piano non preveda un intervento di ristrutturazione del personale, ma un’accelerazione degli sforzi commerciali che portano i costi di struttura da 16 milioni di euro nel 2008 a circa 20 milioni di euro nel 2011. Per validare la sostenibilità della strategia manageriale gli istituti di credito hanno richiesto e ottenuto una Indipendent Business Review. Al termine della due diligence, il Piano Industriale non è stato modificato, ma poiché, nel periodo 2010 - 2013 secondo il Piano, gli oneri finanziari cumulati risultavano pari a 18 milioni di euro a fronte di un cash flow cumulato post servizio del debito nello stesso periodo negativo per 37 milioni di euro, è apparso subito evidente che la struttura del capitale dell’azienda andava modificata. Azionisti e banche sarebbero dovuti intervenire prontamente per riequilibrare la situazione. Di seguito, le alternative che il management della società insieme ai suoi azionisti hanno valutato, per poi formulare la proposta di ristrutturazione agli istituti di credito. Figura 6 Opzioni possibili L’operazione è stata conclusa con successo grazie all’intervento congiunto dell’azionista, che ha coperto buona parte degli investimenti previsti nel piano tramite un congruo aumento di capitale e del sistema bancario, che ha confermato gli affidamenti a breve e ha trasformato parte dei propri crediti in strumenti partecipativi recuperabili grazie a uno schema di waterfall (vedi capitolo seguente) al momento della cessione/ingresso di un nuovo investitore nel capitale. Questo ha permesso di ridurre notevolmente il servizio del debito sull’orizzonte di Piano, consentendo alla società di proseguire secondo i propri piani di sviluppo e di investimento. L’intera operazione è stata effettuata nell’ambito di un Piano di Risanamento ex art. 67 L.F. che ha portato all’elaborazione di una strategia finanziaria sostenibile nel tempo che ha supportato il rilancio aziendale, pur attraverso un atteggiamento di massima prudenza per i primi 12/24 mesi di piano. Il congruo intervento dell’azionista e il meccanismo del push up dei debiti, tramite strumenti partecipativi, sono stati un’apertura consapevole che ha contribuito notevolmente al risanamento della società e ha dato agli stakeholder la possibilità di valorizzare quanto investito. 14 3. QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO La conversione del debito in strumenti finanziari ed il c.d. push up del debito di Andrea Accornero e Carlotta Robbiano Nell’ambito delle operazioni di ristrutturazione del debito che vedono coinvolte società partecipate da fondi di private equity, una struttura utilizzabile in caso di esposizione debitoria non più sostenibile è la conversione del debito in strumenti finanziari partecipativi (“SFP”) e il c.d. push up del debito. Prima di addentrarci nell’analisi di tale struttura, è opportuno evidenziare l’importanza che assume il debito in sede di negoziazione con le banche finanziatrici: può apparire paradossale, ma un debito molto elevato rafforza la posizione negoziale del socio. 3.1 Alto debito, poco interesse a investire nuova equity Il valore di una società, la sua c.d. enterprise value (“EV”), è di norma determinato come multiplo del cash flow o dell’EBITDA. Il multiplo è individuato da acquirente e venditore sulla base del tipo di business e del momento storico in cui viene effettuata l’operazione. L’equity value è invece il valore del capitale della società e coincide con il corrispettivo che un terzo acquirente è disposto a pagare per acquistare il 100% delle azioni della stessa. L’equity value si ottiene sottraendo la posizione finanziaria netta della società (“PFN”, data dalla differenza tra debiti finanziari, da un lato, e crediti finanziari + disponibilità di cassa, dall’altro) dalla sua enterprise value. Quindi: Equity value = EV - PFN Se, ad esempio, la società ha un’EBITDA di 10 milioni e le parti ritengono idoneo, per tale business e in quel momento storico, utilizzare un multiplo di 6, l’EV della società sarà pari a 10 x 6 e dunque 60 milioni. Per determinare il corrispettivo per l’acquisto del 100% del capitale sociale sarà quindi necessario calcolare la PFN. Ipotizziamo che la PFN sia pari ad 80 milioni. In questo caso, l’equity value sarà pari a -20 milioni, il che significa non solo che il terzo acquirente non ha alcun interesse ad acquistare la società, ma che per fare un’offerta per la stessa ad almeno 1 euro dovrebbe prima ottenere una riduzione della PFN di euro 20 milioni. Analogamente, il socio potrebbe valutare l’apporto di nuovi capitali solo se i creditori rinunciassero previamente a parte dei loro debiti, per un importo almeno pari al valore negativo dell’equity (nel nostro caso, 20 milioni). In caso contrario, qualsiasi apporto del socio sarebbe per legge subordinato ai crediti delle banche, con la conseguenza che il rimborso di tale equity avverrebbe solamente dopo l’estinzione di tutti i debiti della società verso le banche che l’hanno finanziata. Nel delineare la tipologia di ristrutturazione del debito da utilizzarsi va quindi posta particolare attenzione all’esigenza che la nuova equity immessa dal socio abbia un ritorno preferenziale rispetto ai crediti vantati dalla banca. Questa esigenza può essere soddisfatta con l’utilizzo degli SFP di cui all’art. 2346, comma 6 del codice civile e attraverso il c.d. push up del debito. Vediamo come. Ipotizziamo una situazione di partenza con una società Target, partecipata da un unico socio, debitrice per 80 milioni nei confronti delle banche che l’hanno finanziata a medio - lungo termine. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 3.2 15 Il push up in concreto Situazione di partenza Banche Target Azionista 100% Credito medio lungo termine 80 mln Vediamo dunque come si può spostare parte del debito da Target ad un livello superiore. 1. L’azionista di Target crea una nuova società, Newco, in cui conferisce la propria partecipazione in Target. 2. L’azionista apporta quindi 20 milioni a Newco per sottoscrivere SFP di tipo A per l’importo corrispondente. 3. I 20 milioni apportati dall’azionista a Newco vengono utilizzati da Newco per sottoscrivere un aumento di capitale di Target, che in questo modo ottiene un miglioramento patrimoniale e finanziario di 20 milioni. 4. Newco si accolla poi parte del debito di Target verso le banche per 20 milioni e risolleva Target sul piano della posizione debitoria. 5. Le banche liberano quindi Target per il debito accollato da Newco. 6. Newco, per effetto dell’accollo liberatorio, diventa debitrice delle banche per 20 milioni e creditrice per lo stesso importo nei confronti di Target. Prima fase Azionista 1. Conferimento in Newco della partecipazione in Target 2. Versamento di 20 mln per SFP di tipo A 4. Accollo 20 mln Newco Banche 6. Credito di 20 mln 3. Aumento capitale 20 mln 6. Debito di 20 mln 5. Liberazione di Target per 20 mln di debito Target 16 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO A questo punto, volendo trarre le somme di questa prima fase, il debito di Target nei confronti delle banche si è ridotto di 20 milioni (la parte accollata da Newco) e Target ha ottenuto un apporto di 20 milioni (cassa versata dal socio). Dal momento che il debito di una società nei confronti della propria controllata non viene generalmente tenuto in considerazione nel calcolo della posizione finanziaria netta, ipotizzando che Target non abbia altri debiti se non il medio - lungo termine verso le banche, la PFN di Target si è ridotta da 80 milioni a 40 milioni (20 milioni grazie all’apporto finanziario di Newco e 20 milioni per effetto dell’accollo del debito da parte di Newco). Passiamo quindi alla fase successiva. 7. Newco converte il proprio credito di 20 milioni verso Target derivante dall’accollo del debito in capitale. Per effetto di tale conversione e del precedente aumento di capitale il patrimonio netto di Target aumenta complessivamente di 40 milioni. Avevamo visto poco sopra il miglioramento della PFN per lo stesso importo. 8. Le banche convertono quindi il proprio credito verso Newco in SFP di tipo B, mantenendo il credito verso Target di 60 milioni. Per questa parte residua di credito Target potrà far predisporre dal proprio consiglio di amministrazione un business plan che ne evidenzi la sostenibilità sulla base dei flussi di cassa attesi e che costituisca la base per un Piano di Risanamento ex art. 67, comma 3, lettera d), Legge Fallimentare. Seconda fase Azionista 100% Newco 8. Conversione credito di 20 mln in SFP B Banche 7. Conversione del credito di 20 mln in capitale 9. Credito residuo di 60 mln Target 3.3 Waterfall Trascorso un certo tempo dalla ristrutturazione, il socio venderà Target. I proventi derivanti dalla stessa dovranno essere ripartiti tra il socio e gli istituti di credito sulla base dei criteri allocativi determinati per mezzo dei diversi SFP assegnati: questa operazione prende il nome di “waterfall”. L’assegnazione di SFP diversi, che danno quindi diritto ad una diversa ripartizione dei proventi della cessione, mira a soddisfare l’esigenza del socio di investire in Target nonostante il forte indebitamento della stessa. Infatti, quando l’equity value è negativo, il socio è disposto ad immettere nuove risorse nella società solo se il rimborso di queste sia preferito rispetto al rimborso del debito bancario preesistente; il socio vorrà quindi che i 20 milioni di risorse immessi in Newco siano a lui rimborsati prima dei 20 milioni di debito bancario accollato da Newco. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 17 Ai sensi di legge, la liquidazione delle azioni del socio sarebbe postergata al rimborso del debito bancario della società; pertanto, se in cambio delle nuove risorse il socio avesse ricevuto azioni di Newco, il rimborso di tali azioni sarebbe stato subordinato al rimborso del debito bancario accollato, motivo per cui, per realizzare un’operazione di waterfall, si ricorre a SFP di diverse categorie. Gli SFP di tipo B, sottoscritti dalle banche, possono essere subordinati a quelli di tipo A, cosi che il socio possa realizzare l’obiettivo di soddisfarsi prima dell’istituto di credito. Il rimborso degli SFP di tipo B sottoscritti dalle banche avrà luogo solo nel caso in cui Target venga venduta ad un prezzo superiore rispetto al valore degli SFP di tipo A e solo per la parte eccedente. Volendo chiarire con un esempio pratico, possiamo ipotizzare che, dopo 5 anni dalla ristrutturazione, Target venga venduta per un corrispettivo di 32 milioni. Grazie all’utilizzo degli SFP, i primi 20 milioni vanno a rimborsare gli SFP di tipo A sottoscritti dal socio e i successivi 12 milioni vengono attribuiti alle banche, che dunque devono contabilizzare una perdita di 8 milioni. Se invece il corrispettivo per la cessione di Target fosse di 45 milioni, i primi 20 andrebbero a rimborso degli SFP di tipo A, ulteriori 20 a rimborso degli SFP di tipo B, una parte servirebbe per pagare gli interessi eventualmente maturati a favore delle banche (ove previsto) e il residuo al socio di Newco. Nella realtà si prospettano strutture che permettono waterfall anche più complesse, per esempio con l’attribuzione proporzionale, nelle misure stabilite dalle parti, dei proventi della cessione di Newco, euro per euro; per esempio, 2/3 al socio e 1/3 alle banche, e pertanto 66,6 centesimi a favore degli SFP di tipo A e 33,3 a favore degli SFP di tipo B per ogni euro incassato. 3.4 Vantaggi del push up I vantaggi che la struttura del push up del debito presenta sono numerosi. In primo luogo, la PFN di Target è fortemente ridotta e Target è maggiormente patrimonializzata. Questo consente di studiare un piano di ristrutturazione del debito residuo certamente non ipotizzabile altrimenti. Il debito di cui Target è sgravata viene accollato da Newco, la quale non è a rischio insolvenza, essendo il debito strutturato in forma di SFP il cui rimborso è condizionato al fatto che l’unico asset di Newco (cioè le azioni di Target) sia venduto ad un prezzo tale da permetterne il rimborso. In secondo luogo, le banche non sono costrette a contabilizzare alla data della ristrutturazione una perdita pari al debito accollato da Newco e poi convertito in SFP di tipo B, in quanto possono attribuire un certo valore agli stessi. In terzo luogo, il socio, grazie agli SFP di tipo A, si garantisce che l’apporto venga rimborsato (in tutto o almeno in parte) prima del debito bancario ed è quindi incentivato ad investire quanto necessario per salvare Target. 3.5 Aspetti legali Perché tutto ciò funzioni, è necessario strutturare gli SFP in modo appropriato, attribuendo agli stessi caratteristiche tali da evitarne l’assimilazione ad azioni o obbligazioni. Nel primo caso, infatti, verrebbe meno la possibilità di privilegiare il loro rimborso rispetto al credito delle banche. Nel secondo, oltre a ciò, si incorrerebbe nei limiti all’emissione stabiliti dall’art. 2412 del codice civile. Il legislatore ha omesso volutamente di delineare il contenuto degli SFP, ponendo solo alcuni limiti al potere di influenza di questi nella gestione e governo della società. Tali forme di finanziamento dell’impresa hanno un carattere ibrido, in quanto presentano contemporaneamente elementi caratteristici delle azioni e delle obbligazioni, e dunque non è agevole una loro classificazione nell’ambito del solo capitale di rischio o del solo capitale di credito. Tra i principali diritti patrimoniali attribuibili al titolare di SFP spiccano quelli legati all’apporto, ovvero la remunerazione dell’investimento ed il rimborso dell’apporto o di un valore ad esso corrispondente (diritti che caratterizzano anche strumenti finanziari non partecipativi, come le obbligazioni). L’apporto tuttavia non viene imputato a capitale (caratteristica propria solo del conferimento in senso tecnico) e dunque il sottoscrittore non acquisisce la qualifica di azionista. Tra i diritti partecipativi amministrativi, invece, possiamo citare il diritto di nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco, il diritto di recesso e il diritto di prendere parte alle assemblee, pur senza votare. Una caratteristica fondamentale degli SFP che ci consente di distinguerli da tutti gli strumenti finanziari non partecipativi ed in primis dalle obbligazioni (che per quanto connotate da diritti patrimoniali o da diritti amministrativi, non conferiscono mai ai sottoscrittori dei relativi titoli diritti di tipo partecipativo) è il fatto che attribuiscono ai sottoscrittori diritti sociali (patrimoniali o anche amministrativi, con la sola eccezione del diritto di 18 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO voto nell’assemblea generale degli azionisti), consentendo loro di partecipare al contratto sociale senza però ricadere nell’ambito della sottoscrizione delle azioni con l’acquisto della relativa qualità di socio. Partendo dal dato letterale dell’art. 2346, comma 6 del codice civile, è inoltre possibile affermare l’ammissibilità di SFP intrasferibili; l’autonomia statutaria può escluderne infatti la trasferibilità, così come prevedere limitazioni alla circolazione degli stessi imponendo condizioni alla loro alienazione o subordinandola al gradimento di organi sociali o dei soci. Ove la negoziabilità sia esclusa, tali strumenti non potranno qualificarsi come strumenti finanziari ai sensi dell’art. 1, comma 2 del Testo Unico della Finanza, per i quali deve esservi sempre e comunque idoneità alla negoziazione; caratteristica che invece consente ad azioni ed obbligazioni di rientrare in tale categoria. Gli SFP, inoltre, a differenza delle azioni e delle obbligazioni, non devono essere necessariamente incorporati in titoli di credito; laddove manchi la caratteristica della negoziabilità, potrà mancare anche l’incorporazione cartolare del diritto, tanto in forma cartacea quanto dematerializzata. La dematerializzazione è infatti un’alternativa all’incorporazione nel titolo cartaceo escogitata dal legislatore per agevolare i trasferimenti dei titoli di massa negoziati sui mercati nazionali e internazionali, laddove sarebbe troppo complesso procedere di volta in volta alla consegna fisica del documento cartolare. E’ evidente che, in presenza di strumenti non trasferibili, la circolazione scritturale non avrà alcuna utilità, né in forma cartacea, né in forma dematerializzata. Infine si osserva che la mancanza di una trasferibilità naturale degli strumenti in oggetto e la non necessaria incorporazione in titoli di credito porterebbero alla conclusione ulteriore secondo cui non necessariamente deve trattarsi di titoli emessi in massa o in serie, potendosi anche avere strumenti finanziari individuali. Nel delineare gli strumenti, al fine di porre in essere le strutture analizzate nel presente capitolo, sarà quindi opportuno tenere a mente le caratteristiche sopra descritte. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 4. 19 Le trattative con i creditori: linee guida per una gestione efficiente del rapporto con il ceto creditorio nell’ambito delle procedure di ristrutturazione di Alberto Bianco e Maria Chiara Puglisi 4.1 Premessa e breve inquadramento delle novità normative di riferimento Nell’ambito delle operazioni di ristrutturazione oggetto della presente pubblicazione, un ruolo sicuramente di primo piano rivestono le trattative con i creditori, siano essi banche o fornitori. Al di là, infatti, di tematiche puramente industriali o finanziarie, sono proprio tali creditori i soggetti a cui, nella maggior parte dei casi, viene richiesta una qualche forma di sacrificio, sia esso una semplice dilazione nell’incasso del credito, sia esso, nei casi più estremi, un vero e proprio stralcio in termini di capitale e/o di interessi. Il rapporto, dunque, tra la società “ristrutturata” ed i propri creditori è estremamente delicato, posto che viene richiesto a tali creditori da un lato un sacrificio necessario per la ripresa e, dall’altro, la conferma della fiducia attraverso nuove forniture e/o nuove linee commerciali a breve termine. A ciò si aggiunga il fatto che, soprattutto nelle operazioni relative a società di medie dimensioni, il ceto creditorio, formato dall’insieme delle banche e delle società di leasing, è spesso assai frammentato, comprendendo istituti di grandi dimensioni e banche locali medio piccole, con, evidentemente, diverse strutture, diverse mentalità e diversi approcci. Appare dunque evidente che le modalità con le quali il ceto creditorio va approcciato cambiano notevolmente a seconda: a) del numero e delle dimensioni delle banche coinvolte; b) della eterogeneità delle forme di debito contratte dalla società in ristrutturazione (mutui chirografari, mutui garantiti, linee commerciali, linee per firma, derivati, leasing, etc.); c) delle proposte che saranno formulate, con l’aiuto dell’Advisor finanziario e industriale, al ceto bancario stesso. Si consideri, infine, che, come sopra indicato, il concetto di “creditori” va riferito tanto alle banche quanto ai fornitori. E tuttavia, il ruolo di questi ultimi, cambia in modo considerevole a seconda della tipologia di procedura prescelta. Nell’ambito, infatti, di un Piano di Risanamento ex art. 67 L.F., il ruolo dei fornitori è normalmente marginale, nel senso che gli stessi non partecipano direttamente alle negoziazioni e la società ristrutturata si riserva di concordare, singolarmente con ciascun fornitore, eventuali stralci o dilazioni di pagamento. Nell’ambito, invece, di un Accordo di Ristrutturazione ex art. 182-bis L.F. e/o di un Concordato Preventivo, i fornitori partecipano direttamente alle negoziazioni essendo poi titolari del diritto di voto in occasione della relativa adunanza che dovrà portare all’ omologa o meno della procedura prescelta. Nell’ambito della presente pubblicazione, anche per ragioni di spazio, si concentrerà l’attenzione sulle negoziazioni con il ceto bancario nell’ambito dei Piani di Risanamento ex art. 67 L.F., per quanto non mancheranno rinvii anche alle altre procedure di ristrutturazione. A conclusione di questa indispensabile premessa, si noti come il quadro normativo di riferimento appaia alquanto scarno e non particolarmente utile nella definizione di linee guida per condurre le trattative con il ceto bancario. Ciò non toglie che le recenti novità normative, frutto della prassi consolidatasi in questi anni, possano in qualche modo favorire la posizione della società ristrutturata ed agevolare la condivisione di un punto di incontro tra le diverse esigenze. 20 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO Ci riferiamo in particolare al D.L. n. 83/2012 convertito con modificazioni dalla Legge 7 agosto 2012 n. 134 (di seguito anche “Decreto Sviluppo”), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 agosto 2012, recante misure urgenti per lo sviluppo economico, il quale ha introdotto alcune importanti novità nella legge fallimentare, volte a facilitare la gestione delle crisi aziendali. Le novità riguardano tanto i Piani di Risanamento ex art. 67 L.F., quanto gli Accordi di Ristrutturazione ex art. 182-bis L.F., quanto, soprattutto, il Concordato Preventivo. In relazione ai Piani di Risanamento previsti ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d) della Legge Fallimentare, il Decreto Sviluppo ha introdotto il concetto di indipendenza del professionista attestatore del Piano e la disciplina della sua responsabilità penale. La nuova normativa ha, in primo luogo, definitivamente posto fine al tema legato alla competenza in merito alla nomina dell’esperto – tema fino ad oggi discusso in dottrina e giurisprudenza qualora la società interessata avesse rivestito la forma giuridica della società per azioni – affermando che il professionista indipendente viene in ogni caso designato dal debitore. Vengono quindi armonizzate le modalità di nomina dell’esperto il quale, prima della riforma, in taluni casi (pochi peraltro) veniva nominato dal Tribunale competente e in altri dalla società ristrutturata direttamente, previa comunque presentazione di una istanza al Tribunale, quasi sempre rigettata. Sul tema dell’indipendenza, viene poi chiarito che il professionista: • non deve essere legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento (in tal modo rimarcando la necessaria autonomia del professionista anche dai creditori) da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; • deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’art. 2399 del codice civile (relativo alle cause di ineleggibilità del sindaco); • non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo. Il professionista così designato dovrà non più attestare solo la ragionevolezza del Piano, ma anche la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del Piano, con conseguente maggiore responsabilità a suo carico. A tal riguardo, viene inserita una norma penale volta a sanzionare (con la reclusione da 2 a 5 anni e la multa da 50 mila a 100 mila euro) il professionista designato dal debitore, che espone informazioni false, ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, con previsione di un aumento di pena per i casi in cui il professionista adotti tali condotte omissive e commissive per conseguire un ingiusto profitto, per sé o per altri, o se questi comportamenti provochino un danno ai creditori. Preme rilevare che le sopra menzionate novità introdotte nell’ambito dei Piani di Risanamento, si applicano, in ogni caso, mutatis mutandis, agli Accordi di Ristrutturazione e al Concordato Preventivo. Con riferimento invece al solo Concordato Preventivo, il legislatore ha introdotto alcune modifiche volte a consentire all’impresa in crisi di accedere con la massima urgenza alle tutele e garanzie previste dall’istituto, favorendo il ricorso a tale strumento nella gestione delle crisi aziendali. Con l’entrata in vigore della legge di conversione in esame (11 settembre 2012), infatti, l’impresa in crisi può limitarsi a depositare il ricorso contenente la sola domanda di ammissione alla procedura concorsuale e i bilanci degli ultimi tre esercizi, senza la necessità di produrre contestualmente la proposta di Piano e l’ulteriore documentazione richiesta. L’ulteriore documentazione richiesta dovrà essere depositata entro un termine fissato dal giudice compreso tra 60 e 120 giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre 60 giorni. Nel periodo tra la data di deposito del ricorso e la data di emissione del decreto di ammissione, viene inserita la possibilità di compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione (previa autorizzazione del Tribunale) con prededucibilità di eventuali crediti sorti a favore di terzi. Tenuto conto di tale anticipo nel deposito della domanda, viene inserita la non assoggettabilità all’azione revocatoria fallimentare degli atti, pagamenti e garanzie legalmente poste in essere dal debitore dopo il deposito del ricorso per Concordato Preventivo e anche prima dell’ammissione alla procedura (c.d. Pre-Concordato). La legge di conversione ha poi introdotto, modificando il decreto legge, la previsione di obblighi informativi periodici cui dovrà sottostare l’imprenditore che ha presentato domanda anticipata di Concordato anche in rapporto alla gestione finanziaria dell’impresa. Altra importante novità del Decreto Sviluppo, è l’introduzione della disciplina volta a regolare i Piani di Concordato con continuità aziendale, che prevedono la prosecuzione dell’attività d’impresa, ovvero la cessione a terzi o conferimento, anche in una Newco, dell’azienda, con possibilità di liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa. I principali benefici del Concordato con continuità aziendale derivano dalla previsione di una possibile moratoria, sino ad un anno dall’omologa, per il pagamento dei creditori privilegiati, dalla disapplicazione delle norme in LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 21 tema di riduzione del capitale sociale per perdite, dalla continuazione dei contratti pubblici pendenti e dalla possibilità di partecipare a procedure di assegnazione di contratti pubblici. Per quanto riguarda gli Accordi di Ristrutturazione, oltre a quanto già indicato per i Piani di Risanamento, viene modificato l’art. 182-bis della Legge Fallimentare, prevedendo, in particolare, l’obbligo all’integrale, anziché regolare, pagamento dei creditori estranei, i quali dovranno essere pagati entro un termine di 120 giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data, ovvero 120 giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione. Con riferimento ai finanziamenti a favore delle imprese in crisi, il Decreto Sviluppo ha introdotto, inoltre, un nuovo articolo (182-quinquies della Legge Fallimentare), che prevede la possibilità per il debitore che presenta una domanda di ammissione al Concordato Preventivo o una domanda di omologazione di un Accordo di Ristrutturazione dei debiti, di chiedere al Tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili qualora un professionista designato dal debitore, verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, attesti che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori. Viene, infine, estesa la pre-deducibilità dei crediti derivanti da finanziamento per l’esecuzione di Concordati Preventivi o in funzione della presentazione della domanda di Concordato Preventivo o per l’omologazione di Accordi di Ristrutturazione, eliminando il riferimento contenuto nella norma ai soli finanziamenti effettuati da banche o da intermediari finanziari, estendendo anche a finanziamenti provenienti da terzi creditori. 4.2 Prassi e comportamenti nell’ambito delle operazioni di ristrutturazione Il legislatore con le modifiche introdotte dal Decreto Sviluppo, analizzate nel paragrafo che precede, ha tentato di favorire le soluzioni all’insolvenza, adottando nuovi strumenti operativi (ad esempio, il Concordato con continuità), semplificando le procedure, al fine di rendere più efficiente l’utilizzo di tali strumenti e chiarendo alcuni punti dibattuti (quali ad esempio, la designazione da parte del debitore del professionista attestatore). Tuttavia, l’art. 67, comma 3, lett. d) della Legge Fallimentare, anche a seguito delle novità introdotte, non disciplina in maniera organica la materia, limitandosi a delineare le finalità del Piano di Risanamento e nulla disciplinando sui contenuti dello stesso e sulle modalità di predisposizione. Nel dettato normativo, il Piano di Risanamento si risolve in un’iniziativa meramente unilaterale del debitore posto che la legge non impone ai creditori di partecipare all’elaborazione del Piano. Nella prassi, tuttavia, il Piano di Risanamento viene di regola attuato anche per il tramite di accordi stragiudiziali tra il debitore ed i creditori (quasi esclusivamente gli istituti di credito), al di fuori di una qualsiasi procedura concorsuale e di qualsiasi controllo giudiziale avente ad oggetto un determinato sacrificio in termini quantitativi, qualitativi o temporali (consolidamento del debito, dilazione o rinuncia temporanea all’azione esecutiva di recupero del credito, ricorso a nuova finanza, etc…). Nella prassi, i creditori coinvolti nell’ambito delle negoziazioni di un Piano di Risanamento sono generalmente le banche e le società finanziarie, il cui contributo è determinante per la soluzione della crisi di impresa. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, la disciplina normativa in materia è piuttosto scarna, soprattutto in relazione alle regole di comportamento da tenere nell’ambito delle negoziazioni tra banche e società in ristrutturazione. Per cercare di garantire un comportamento quanto più uniforme possibile, nella pratica ci si avvale delle Linee Guida sul finanziamento alle imprese in crisi del 2010 (di seguito anche “Linee Guida”), elaborate dall’Università di Firenze, dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Revisori Contabili e da Assonime, nonché del Codice di Comportamento tra banche per affrontare i processi di ristrutturazione, elaborato dall’Associazione Bancaria Italiana (di seguito anche “Codice di Comportamento”). Tali disposizioni cercano di ridurre le incertezze che gli operatori incontrano nelle operazioni di ristrutturazione ed hanno lo scopo di suggerire prassi e comportamenti che, pur non essendo imposti dalla legge, possono aumentare il grado di uniformità nell’ambito delle operazioni di ristrutturazione, a garanzia sia dell’imprenditore che dei creditori. 4.2.1 Linee Guida Le Linee Guida sono state elaborate con il principale scopo di ridurre le incertezze che gli operatori incontrano nel finanziare società che presentano operazioni di ristrutturazione in corso, proponendo modelli di comportamento che, pur non imposti dalla legge, possono facilitare il perfezionamento dell’operazione. Le ristrutturazioni sono infatti spesso accompagnate dal ricorso a nuova finanza, necessaria al fine di fronteggiare sia il periodo di emergenza della crisi, sia il successivo processo di rilancio dell’impresa. 22 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO A tal riguardo la Raccomandazione n. 1 delle Linee Guida suggerisce, in primo luogo, in presenza di un’impresa in crisi per la quale sussista un rischio rilevante di insolvenza, di erogare nuovi finanziamenti, concedere garanzie e in generale compiere atti potenzialmente revocabili nell’ambito di un piano attestato o di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Nell’analizzare poi gli attori di un processo di risanamento, nel silenzio della legge, le Linee Guida ritengono opportuna una distinzione tra il professionista attestatore e il consulente, tenuto conto della natura stessa delle attività che sono chiamati a svolgere: l’attestatore ha un ruolo di verifica mentre il consulente assiste l’imprenditore nella redazione del piano, pertanto, la verifica non può che essere compiuta da persona diversa rispetto al suo estensore. Secondo le Linee Guida è opportuno e consigliabile che il professionista sia terzo e indipendente rispetto al consulente. E’ inoltre opportuno che l’impresa nomini l’attestatore in una fase anticipata rispetto alla redazione del piano per ridurre costi e tempi del processo di attestazione e consentire all’attestatore di lavorare in parallelo con il consulente riducendo l’onere connesso all’acquisizione delle informazioni. Le Linee Guida forniscono poi alcune raccomandazioni in merito alla redazione e al contenuto del Piano di Risanamento (comprensivo sia del Piano Finanziario, che di quello Industriale). In particolare, al fine di ridurre il grado di incertezza e comprendere meglio la relazione tra azioni proposte e risultati attesi, la Raccomandazione n. 4 prevede che il Piano contenga l’esplicitazione delle ipotesi poste a base dell’analisi, delle fonti informative utilizzate, nonché tutti i riferimenti metodologici che consentono all’attestatore e ai terzi di verificare la correttezza e la congruità dei calcoli posti in essere per l’elaborazione quantitativa del Piano. Anche l’orizzonte temporale del Piano costituisce un elemento centrale nel condizionare le possibilità di raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario. Le Linee Guida stabiliscono a tal riguardo un arco temporale di 3/5 anni entro il quale l’impresa deve raggiungere una condizione di equilibrio economico finanziario. Il Piano rappresenta però solo il punto di partenza del processo di risanamento dell’impresa e richiede, un costante monitoraggio. Le Linee Guida (Raccomandazione n. 13) raccomandano un monitoraggio costante del Piano da parte dell’imprenditore, al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi intermedi e finali dello stesso, prevedendo, a certe condizioni, anche una sorta di monitoraggio ad hoc sull’esecuzione del Piano, al fine di dare ai creditori e ai terzi interessati al successo del piano un flusso informativo costante, tempestivo e imparziale. 4.2.2 I principi del Codice di Comportamento ABI Il Codice di Comportamento elaborato dall’ABI ha tentato di uniformare i comportamenti dei creditori, in particolare delle banche e delle società finanziarie che, come già evidenziato, sono i principali interlocutori di un’ impresa in crisi, traendo fondamento dalle prassi seguite in materia. Tale Codice, nonostante sia stato redatto nel vigore della normativa anteriore alla riforma del diritto fallimentare, che non disciplinava gli strumenti c.d. privati di ristrutturazione del debito, ma solo “accordi stragiudiziali”, stabilisce dei principi ancora attuali e necessari ai fini di una corretta gestione della negoziazione di un Piano di Risanamento. In particolare, il Codice di Comportamento ha come obiettivo quello di consentire la trasparenza e la correttezza nei rapporti reciproci tra le banche e nei confronti delle imprese, prevedendo alcuni obblighi che le banche si devono impegnare a rispettare nel corso delle trattative, al fine di addivenire ad una positiva conclusione degli accordi. In primo luogo, è auspicabile una partecipazione al tavolo delle trattative da parte degli istituti bancari ad un adeguato livello, al fine di consentire all’imprenditore di conoscere l’orientamento della banca fin dalle prime riunioni, fermo restando ovviamente che la decisione finale spetta agli organi deliberanti della banca. La partecipazione di soggetti delegati in grado di decidere consente, infatti, di ridurre gli elementi di incertezza sulla strategia e gestione dell’azienda e limitare il periodo temporale in cui la società è strutturalmente un soggetto debole nei confronti di tutte le proprie controparti (clienti, fornitori…). Le banche hanno inoltre l’obbligo di fornire adeguata informazione scritta sia delle notizie in proprio possesso, sia del dettaglio delle proprie esposizioni, delle garanzie e delle fonti di rimborso. Tale adeguata informativa, se fornita tempestivamente, consente un confronto con i dati in possesso della società e una rapida riconciliazione degli stessi al fine di evitare inutili lungaggini. Le banche, inoltre, hanno l’obbligo di impegnarsi a porre in essere comportamenti informati a principi di cooperazione e di equità sostanziale nei rapporti con le altre banche, nel rispetto della par condicio. Tali principi dovranno essere osservati soprattutto nell’ipotesi in cui il piano preveda immissione di nuova finanza: in tal caso, infatti, tali impegni dovranno essere ripartiti secondo criteri di trasparenza e obiettività. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 23 Sempre con l’obiettivo di garantire la massima correttezza nei rapporti tra banche e imprenditore, il Codice di Comportamento sancisce un impegno a non utilizzare la notizia dell’insolvenza al fine di modificare la propria situazione, in fatto o in diritto, verso l’impresa coinvolta dal momento in cui è pervenuta la notizia stessa e fino alla comunicazione delle proprie decisioni. Tale impegno è fondamentale per consentire alla società in crisi di poter continuare la propria attività, nelle more delle trattative degli accordi di risanamento che possono prolungarsi anche per alcuni mesi. 4.3 I fattori di successo Il rispetto da parte dei creditori (in particolare delle banche) dei principi e delle linee guida dettate dalla normativa e dalla prassi applicabile, descritti nei paragrafi che precedono, rappresenta uno dei fattori necessari al fine di addivenire ad una conclusione positiva di un Accordo di Ristrutturazione. Tenendo conto di tali principi, fattore fondamentale per il buon esito di una procedura di risanamento è, in primo luogo, il tempo. L’imprenditore, infatti, può evitare di incorrere in stati di vera e propria insolvenza, se ed in quanto la crisi venga affrontata in modo tempestivo, in buona fede e con mezzi oggettivamente idonei a rimuoverla, come peraltro già sottolineato nei precedenti interventi contenuti nel presente Quaderno. A prescindere dunque dallo strumento che l’imprenditore intenda utilizzare, sia esso un Piano di Risanamento, un Accordo di Ristrutturazione ovvero un Concordato Preventivo, la situazione di crisi deve essere tempestivamente accertata dall’imprenditore stesso e fronteggiata, con l’ausilio dei consulenti, in modo quanto più possibile preventivo. Il fattore tempo, peraltro, incide anche sulla stessa vita della società oggetto di ristrutturazione sotto due punti di vista: evitare le azioni esecutive da parte dei creditori e disporre delle risorse finanziarie necessarie per la prosecuzione della attività di impresa. Sotto il primo punto di vista, come anticipato nel paragrafo 4.1 che precede, il Decreto Sviluppo ha introdotto anche la possibilità del c.d. Preconcordato. Tale novità comporta dei vantaggi piuttosto significativi per l’impresa e di conseguenza anche per i creditori: (i) i creditori per titolo o causa anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e/o cautelari sul patrimonio dell’impresa, dal momento della presentazione della mera domanda e fino alla fine dell’intera procedura di omologazione del Concordato, agevolando in tal modo le negoziazioni con il ceto creditorio; (ii) l’impresa può chiedere l’autorizzazione a contrarre finanziamenti per la migliore soddisfazione dei creditori; (iii) la società ha la possibilità di decidere quale procedura utilizzare anche dopo aver presentato la domanda, optando eventualmente per una procedura ex art. 182-bis. Sotto il profilo, invece, della disponibilità di risorse finanziarie, è chiaro, in primo luogo, che alcune banche dovranno di fatto “sacrificarsi” e continuare a far lavorare la società mediante il mantenimento delle linee commerciali. Ciò può avvenire per il tramite di un accordo di stand-still esplicito ovvero, nella maggior parte dei casi, mediante un accordo implicito nell’ambito del quale, di norma, le banche più esposte, le quali hanno un interesse maggiore alla conclusione positiva dell’operazione, mantengono aperte le linee commerciali per consentire alla società di disporre delle risorse finanziarie per pagare gli stipendi, pagare i fornitori strategici, etc. La tempestività, anche in virtù di quanto sopra, deve essere perseguita anche dal lato delle banche e dei creditori, grazie alla partecipazione alle riunioni di soggetti delegati in grado di decidere ed al rispetto di una time table concordata con la società, anche tenendo conto dei tempi di delibera degli organi deliberanti. La predisposizione di una time table consente non solo alle banche, ma anche all’imprenditore e agli Advisor, di conoscere per tempo gli adempimenti da compiere per arrivare al closing (approvazione degli organi deliberanti, conferimento dei poteri di firma, documentazione da predisporre come condizione sospensiva, etc.) e darsi dei termini ragionevoli da rispettare per evitare lungaggini. Lo scopo di velocizzare il processo di ristrutturazione e di addivenire ad una positiva conclusione delle trattative può essere perseguito anche attraverso una chiarezza nello scambio di informazioni, non solo da parte delle banche nel fornire i dati necessari ai fini di riconciliare le rispettive esposizioni debitorie, ma anche da parte della società nell’esplicitare con chiarezza e fin dall’inizio della procedura le proposte e le ipotesi poste a base del proprio Piano di Risanamento. Manifestare, infatti, lo stato di crisi al ceto bancario senza contemporaneamente rassicurarlo attraverso l’esposizione di misure e richieste chiare che dovrebbero consentire alla società di superare il momento di tensione finanziaria potrebbe rivelarsi alquanto controproducente, soprattutto considerando i numerosi soggetti in gioco. Capita abbastanza spesso che, successivamente al primo incontro con le banche, la reazione di alcuni istituti di credito, specialmente di piccole dimensioni, sia quella di congelare gli affidamenti, nella migliore delle 24 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO ipotesi, e/o chiedere il rientro di tutte le esposizioni in essere, nella peggiore. La cosa è abbastanza usuale e, pertanto, non deve preoccupare. Sicuramente, presentare sin da subito un progetto credibile e soluzioni ragionevoli non può che ridurre le tensioni ed evitare comportamenti drastici da parte del ceto bancario. Per quanto riguarda l’oggetto delle richieste da avanzare alle banche, queste naturalmente si differenziano molto a seconda della tipologia di ristrutturazione. Volendo provare ad immaginare alcuni macro principi (sicuramente non esaustivi) che, nella esperienza pratica, sono piuttosto ricorrenti (ma non obbligatori), è possibile riassumerli come segue: • mutui e/o finanziamenti a medio lungo termine: viene di norma richiesta una dilazione delle scadenze di pagamento in linea con i risultati del piano mantenendo inalterati gli interessi passivi applicati con facoltà di stralciare gli interessi di mora; • linee commerciali: viene richiesta la conferma delle linee, almeno nell’ammontare oggetto di utilizzo alla data di apertura della procedura. Al fine, tuttavia, di consentire la realizzazione del Piano, le linee commerciali sono, di norma, irrevocabili, almeno per un periodo iniziale. Sulla parte utilizzata alla data di apertura della procedura, si assiste, solitamente, ad un consolido del debito con un piano di rientro scadenziato (e conseguente facoltà di decanalizzare le fatture relative); • derivati: si assiste, di norma, ad un consolido del relativo debito con piano di rientro conseguente; • stralci delle quote capitale/interessi: nell’esperienza pratica sono da richiedere solo nei casi più gravi, in quanto, per ovvi motivi, le banche sono molto riluttanti nel concederli. In simili ipotesi, appare in ogni caso opportuno proporre importi a saldo e stralcio dell’intero credito vantato da tutto il ceto bancario e comprensivo sia delle linee commerciali sia dei finanziamenti a medio lungo termine, posto che, in simili casi, gli istituti bancari preferiscono chiudere la pratica definitivamente senza ulteriori strascichi. In alcuni casi, nei quali si vuole evitare di pregiudicare i rapporti con i clienti e fornitori che possano danneggiare l’impresa, la procedura prevista ex art. 67, comma 3, lett. d), rispetto ad altri strumenti previsti dalla Legge Fallimentare, quali l’Accordo di Ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis, presenta il vantaggio legato ad una minore pubblicità, tenuto conto che in talune situazioni, la diffusione sul mercato della notizia dello stato di crisi potrebbe ostacolare il processo di risanamento impostato dall’imprenditore. La procedura ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d) non prevede, infatti, il coinvolgimento del Tribunale e l’obbligo di pubblicità del Piano di Risanamento. Il Decreto Sviluppo ha introdotto, invece, la facoltà di pubblicare il Piano di Risanamento nel registro delle imprese, su richiesta del debitore. A tal riguardo, la gestione del periodo tra l’inizio delle trattative e la firma dell’accordo con le banche rappresenta un importante fattore di successo: da un lato, come già evidenziato nel paragrafo che precede, le banche hanno l’obbligo di non utilizzare la notizia dell’insolvenza al fine di modificare la propria situazione, dall’altro lato, l’imprenditore dovrà tenere un comportamento di equità nei rapporti con le banche. Inoltre, pur non essendo previsto alcun obbligo informativo a carico dell’imprenditore nei confronti dei terzi, creditori e non, appare comunque evidente che, al fine del buon esito del risanamento, sarà opportuno comunicare la sua adozione ai più importanti creditori passati e futuri che non abbiano partecipato al Piano, esplicitando i vantaggi connessi (l’esenzione da revocatoria) ad un loro coinvolgimento diretto nell’esecuzione del Piano medesimo. Ciò può essere utile, in particolare, per spuntare con alcuni fornitori un piano di rientro del debito accumulato dalla società nei loro confronti, mediante negoziazioni “one-to-one” che naturalmente non coinvolgano le banche né la procedura. Altro elemento fondamentale, ai fini di una conclusione positiva di un Piano di Risanamento, è il coinvolgimento diretto da parte dell’imprenditore/socio dell’impresa in crisi. Le banche auspicano, infatti, un forte ruolo dell’imprenditore nella ristrutturazione con un reale impegno sia industriale, mediante la gestione diretta dell’azienda o tramite manager competenti, sia finanziario, attraverso l’immissione, se necessario, di adeguata quota di nuovo capitale di rischio. Tale impegno, così come la partecipazione alle riunioni chiave, consente alle banche di credere nel reale commitment dell’imprenditore nel risanamento dell’impresa. Una volta firmata la convenzione interbancaria con le banche, aspetto fondamentale è rappresentato dal monitoraggio nell’esecuzione del Piano Industriale e Finanziario successivo alla firma degli accordi. Tale monitoraggio deve essere non solo formale ma anche sostanziale e, se complesso, necessita del supporto di advisor e revisori specializzati, come raccomandato dalle Linee Guida analizzate brevemente nel paragrafo 4.2.1 che precede, che dettano a tal proposito alcuni principi da seguire per un corretto controllo del Piano. Altro ruolo fondamentale per un’efficiente gestione del rapporto con il ceto creditorio nell’ambito di un Piano di Risanamento è quello dell’Advisor. Anche se l’assistenza del consulente non è richiesta dalla legge, in quanto il Piano, in ipotesi, potrebbe essere predisposto anche da una struttura interna, l’impresa, in genere, si avvale di un consulente, di solito un advisor, o di una società di consulenza per la redazione del Piano, fermo restando che l’adozione dello stesso viene poi deliberata dall’organo amministrativo, che si assume sempre la responsabilità del relativo contenuto. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 25 Tale soggetto, di prassi, e come raccomandato dalle Linee Guida e confermato dal Decreto Sviluppo, è un soggetto diverso dal professionista incaricato dell’attestazione. Non appare, infatti, ammissibile che al professionista sia rimessa anche la redazione del Piano dato che il professionista attestatore non deve essere legato all’impresa da rapporti di natura professionale, come sancito dal nuovo art. 67, comma 3 lett. d), così come modificato dal Decreto Sviluppo. La distinzione dei ruoli, inoltre, rende possibile una dialettica costruttiva tra il consulente e il professionista attestatore. Nella prassi, l’imprenditore si avvale di Advisor industriali per la predisposizione del Piano di Risanamento Industriale e di Advisor finanziari per l’analisi delle posizioni con i creditori, la scelta del tipo di soluzione legale e la predisposizione del Piano di Risanamento Finanziario. Il ruolo degli Advisor in tali contesti è, altresì, anche quello di fornire assistenza all’imprenditore nella negoziazione e nei rapporti con i creditori, in particolare con le banche, e nei rapporti con il perito attestatore. In particolare, il ruolo dell’Advisor non deve essere quello di mediare ma quello di rapportarsi proficuamente con tutti gli interlocutori coinvolti che, nella prassi di questo tipo di operazioni, sono piuttosto numerosi. Preme, in ogni caso, sottolineare che l’eventuale presenza di uno o più consulenti non esonera da responsabilità il professionista chiamato ad attestare il Piano. Naturalmente, il ruolo dei consulenti, specialmente legali, è molto importante anche dal lato bancario. L’individuazione, infatti, in una fase quanto più possibile iniziale, di un consulente legale che operi a nome di tutto il ceto bancario, consente alla società di avere un interlocutore professionale unico che avrà l’onere di negoziare a nome di tutte le banche coinvolte. 26 5. QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO I Piani che non “performano”: casi e soluzioni di Davide D’Affronto L’insuccesso di un Piano Industriale e Finanziario, ancorché predisposto con la massima diligenza da parte di un’impresa, non è fenomeno, di per sé, raro e non è necessariamente connesso ad una situazione di crisi. Nella realtà economica quotidiana si assiste sovente ad imprese che, per i motivi più svariati, annunciano di dover modificare le loro previsioni e, conseguentemente, rinegoziano con le loro controparti gli accordi precedentemente stipulati. Tale fenomeno acquisisce tuttavia una particolare rilevanza laddove un’impresa non rispetti o non possa rispettare un Piano Industriale e Finanziario posto alla base di un Piano di Risanamento ex art. 67 L.F. o di un Accordo di Ristrutturazione ex art. 182-bis L.F.. Sebbene ciascuno dei citati strumenti di composizione della crisi di impresa abbia specifiche caratteristiche, entrambi si fondano, anche da una prospettiva fattuale, sull’adozione da parte della società di un dettagliato Piano Industriale e Finanziario che preveda specifiche azioni anche, ma non soltanto, nei confronti dei creditori, tese al superamento della situazione di crisi. Nel presente intervento mi riferirò al Piano nell’accezione di cui al precedente paragrafo e proporrò delle considerazioni sugli impatti che un insuccesso del Piano può avere su un Accordo di Ristrutturazione omologato o su un Piano di Risanamento asseverato. 5.1 L’insuccesso del Piano L’insuccesso del Piano consiste essenzialmente nel mancato raggiungimento degli obiettivi previsionali dello stesso. Ciò può dipendere da fattori endogeni e/o esogeni all’impresa in crisi. Tra i primi, è possibile includere: • l’inadeguatezza degli interventi programmati rispetto alla portata dell’indebitamento complessivo da risanare e/o rispetto alla disponibilità di risorse finanziarie; • il ritardo nell’attuazione del Piano (eventualmente dovuto anche all’eccesso di azioni poste a carico del management); • l’inefficacia del modello di business rispetto agli obiettivi del Piano. Tra i fattori esogeni vanno certamente considerati i cambiamenti imprevisti: • del contesto economico (business cycle), competitivo (ad es. per processi di aggregazione o per ingresso di nuovi competitor) o legislativo/regolamentare (ad es. per variazioni della normativa di riferimento, anche fiscale, peggiorativi per l’impresa); • del mercato di riferimento (ad es. i destinatari dei prodotti dell’impresa mutano le proprie preferenze, eventualmente anche in considerazione di innovazioni tecnologiche). L’insuccesso del Piano, nell’accezione considerata ai fini del presente intervento, determina come conseguenza diretta l’incapacità dell’impresa di porre in essere una o più azioni previste nel Piano di Risanamento e/o nell’Accordo di Ristrutturazione. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 5.2 27 Il contesto normativo La Legge Fallimentare non contiene norme (i) che disciplinino la fase esecutiva di un Accordo di Ristrutturazione o di un Piano di Risanamento ovvero (ii) che dettino specifiche previsioni sulla (mancata) attuazione da parte dell’impresa delle azioni contemplate in tali strumenti. 1 L’assenza di una disciplina normativa non può tuttavia indurre a considerare irrilevante per l’ordinamento ciò che accade successivamente all’omologa di un Accordo di Ristrutturazione o all’asseverazione di un Piano di Risanamento. Sarebbe profondamente incoerente accordare il beneficio dell’esenzione da azioni revocatorie fallimentari e l’esimente da reati di bancarotta a degli strumenti “privatistici” di composizione della crisi di impresa che restino in tutto o in parte inattuati. Si ritiene pertanto che gli effetti protettivi discendenti dal Piano di Risanamento e/o dall’Accordo di Ristrutturazione siano subordinati, oltre che al rispetto delle previsioni normative dettate per la loro adozione, anche alla loro “perdurante idoneità” ad assolvere le finalità per le quali sono stati previsti, e pertanto: • il “risanamento dell’esposizione debitoria” ed il “riequilibrio della situazione finanziaria”, per il Piano di Risanamento; e • l’attuabilità dell’accordo con riferimento ai creditori aderenti oltre all’integrale pagamento dei creditori estranei, per l’Accordo di Ristrutturazione. La problematica dell’insuccesso del Piano va quindi considerata in termini di “scostamento” tra quanto inizialmente prospettato e l’effettiva implementazione delle azioni previste dall’Accordo di Ristrutturazione o dal Piano di Risanamento. 5.3 La significatività dello scostamento del Piano Naturalmente non tutti gli scostamenti dalle previsioni di un Piano sono rilevanti: si pensi ad esempio all’ipotesi in cui un Piano preveda la cessazione di una business unit entro un dato termine e la stessa venga effettuata con un mese di ritardo; pur con i limiti di un ragionamento astratto, è possibile supporre che tale ritardo non sia in grado di compromettere la tenuta complessiva del Piano e le altre azioni in esso previste. E’ comunemente ritenuto dagli operatori del settore che soltanto uno scostamento “significativo” sia in grado di compromettere gli effetti di un Accordo di Ristrutturazione o di un Piano di Risanamento. In proposito, la Raccomandazione n 14 delle “Linee-Guida per il finanziamento alle imprese in crisi” 2 prevede che “in caso di significativo scostamento tra la realtà e le previsioni (…) gli effetti protettivi dell’attestazione vengono meno, ma solo con riguardo agli atti di esecuzione successivi al verificarsi dello scostamento”. Laddove, pertanto, vi sia uno scostamento significativo del Piano (peggiorativo, naturalmente) sarà interesse, in primo luogo dell’impresa stessa, modificare il Piano così da salvaguardare gli effetti benefici del Piano di Risanamento e/o dell’Accordo di Ristrutturazione. 5.4 I rapporti con i creditori Per quanto lo scostamento significativo rispetto alle previsioni sia il “cuore” della problematica dell’insuccesso del Piano (per le motivazioni sopra esposte in termini di perdita dei benefici), certamente non la esaurisce: la gestione di tale fenomeno va anche inquadrata nell’ambito dei rapporti contrattuali con i creditori, così come definiti nell’ambito del Piano di Risanamento e/o dell’Accordo di Ristrutturazione. Le convenzioni contrattuali stipulate dall’impresa con i propri creditori 3, infatti, nella quasi totalità dei casi: • prevedono limitazioni molto stringenti alla possibilità per l’impresa di modificare/assestare autonomamente il Piano; e • conferiscono ai creditori il diritto di sciogliere i vincoli contrattuali a seguito di inadempimenti dell’impresa non necessariamente significativi. Una società in crisi si troverà pertanto nella necessità di discutere e negoziare con i propri creditori modifiche contrattuali anche laddove gli inadempimenti e/o gli scostamenti di Piano non siano significativi. Riassumendo quanto esposto finora: 1 Con riferimento al Concordato Preventivo (che non è oggetto del presente intervento) l’art. 186 L.F. riconosce ai creditori il diritto di chiedere al Tribunale la risoluzione di un Concordato Preventivo omologato in presenza di un inadempimento che non abbia scarsa importanza. 2 Trattasi delle Linee Guida già definite al paragrafo 4.2.1 del presente Quaderno. 3 L’Accordo di Ristrutturazione costituisce esso stesso l’accordo contrattuale con i creditori aderenti mentre al Piano di Risanamento generalmente si accompagna una convenzione con i creditori principali. 28 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO • • 5.5 uno scostamento significativo del Piano è in grado di pregiudicare gli effetti del Piano di Risanamento e/o dell’Accordo di Ristrutturazione con riferimento agli atti posti in essere successivamente allo scostamento; uno scostamento, anche non significativo, e/o più in generale un inadempimento da parte dell’impresa rispetto a quanto previsto nei rapporti contrattuali con i creditori aderenti all’Accordo di Ristrutturazione ovvero parte della convenzione connessa al Piano di Risanamento, richiederà una specifica intesa tra le medesime parti. Possibili scenari Anche in considerazione di quanto sopra esposto, accade frequentemente che nel corso della durata di un Piano, le parti di un Accordo di Ristrutturazione o di una convezione relativa ad un Piano di Risanamento, a seguito di uno scostamento dal Piano, intervengano, a vario titolo, nei rapporti contrattuali esistenti. Pur con una certa dose di semplificazione, possiamo considerare i seguenti macro-scenari: 1. la trattativa con i creditori, a seguito dello scostamento del Piano rispetto alle previsioni, non va a buon fine e la società, sussistendone le condizioni, fallisce; 2. la trattativa determina l’adozione di un diverso strumento di composizione negoziale della crisi (ad es. viene chiesta l’omologa di un Accordo di Ristrutturazione dopo l’insuccesso di un Piano di Risanamento); 3. le parti si accordano per una modifica 4 dei propri rapporti contrattuali, ritenendo non necessario il ricorso ad un diverso strumento di composizione della crisi (al più prevedendo il “rinnovamento” di quello già perfezionato relativamente al Piano oggetto di inadempimento). Nel primo scenario, compatibile soprattutto con scostamenti del Piano gravi e/o significativi, va considerato che il fallimento, di per sé, non travolge gli effetti protettivi del Piano di Risanamento e/o dell’Accordo di Ristrutturazione sulle azioni poste in essere in loro esecuzione, ovviamente assumendo che gli stessi siano stati adottati, con una valutazione ex ante, in piena conformità alla legge 5 e, richiamando quanto indicato sopra, circa l’esclusione dagli effetti protettivi degli atti posti in essere successivamente allo scostamento significativo del Piano 6. Il secondo scenario, riconducibile di norma, come il precedente, ad ipotesi di scostamenti del Piano gravi e/o significativi, comporta la decisione da parte dell’impresa e dei principali creditori di addivenire ad un diverso, e più “aggravato”, strumento di composizione negoziale della crisi: dal Piano di Risanamento all’Accordo di Ristrutturazione ovvero da quest’ultimo al Concordato Preventivo. L’ipotesi non presenta particolari problematiche applicative: saranno adottate le formalità previste dalla Legge Fallimentare per il nuovo strumento prescelto dalle parti e sarà predisposto un nuovo Piano in sostituzione di quello che non ha “performato”. Il terzo scenario, che è quello più frequente e nello stesso tempo il più problematico, include: • sia le situazioni in cui lo scostamento dal Piano non ha un impatto rilevante sull’assetto dei rapporti tra impresa e principali creditori; • sia quelle in cui lo scostamento è tale da imporre alle parti una modifica sostanziale dei rapporti posti alla base del Piano di Risanamento e/o dell’Accordo di Ristrutturazione (anche se non sintomo di una crisi irreversibile). I creditori principali e l’impresa si troveranno quindi a dover intervenire nei propri rapporti contrattuali con: • la concessione di una deroga da parte dei creditori principali (c.d. waiver) rispetto agli obblighi non assolti nell’ambito del Piano di Risanamento e/o dell’Accordo di Ristrutturazione; o • la stipula di accordi modificativi dell’Accordo di Ristrutturazione e/o della convezione relativa al Piano di Risanamento. Evidentemente il problema principale di tale scenario riguarda la necessità o meno di sottoporre a nuova omologa l’Accordo di Ristrutturazione integrato e/o modificato ovvero di chiedere una nuova asseverazione per il Piano di Risanamento che tenga conto delle integrazioni e/o modifiche alla convenzione con i principali creditori. 4 Da intendersi nel senso più ampio del termine, dalla deroga accordata rispetto ad una prestazione non adempiuta ad un accordo integralmente novativo del precedente. 5 L’esame dei possibili vizi nell’adozione dei Piani di Risanamento e/o degli Accordi di Ristrutturazione non è oggetto del presente intervento. 6 Per mantenere la richiesta brevità dell’intervento, si propone soltanto un cenno ai connessi dibattiti dottrinali in corso aventi ad oggetto (i) la consapevolezza dello stato di insolvenza e dell’inattuabilità dell’Accordo di Ristrutturazione o del Piano di Risanamento nonché (ii) la rilevanza della durata del periodo di trattative successive allo scostamento del Piano e prima del fallimento dell’impresa. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 5.6 29 I casi Gabetti Property Solutions e Sangemini L’esame dei casi Gabetti Property Solutions 7 e Sangemini può risultare particolarmente utile per la tematica in oggetto. Si tratta, in entrambe le situazioni, di Accordi di Ristrutturazione omologati che hanno richiesto, a distanza di un “breve” lasso di tempo, un nuovo intervento contrattuale tra l’impresa 8 ed i creditori bancari aderenti agli Accordi stessi. Gabetti Property Solutions: • il 17 giugno 2009 viene omologato dal Tribunale di Milano l’Accordo di Ristrutturazione presentato da Gabetti Property Solutions (e 13 società controllate). L’Accordo prevede, in estrema sintesi; − il versamento di un aumento di capitale di euro 25 milioni da parte dei soci; − la conversione in capitale di euro 25 milioni di debito chirografario da parte delle banche; − un decalage del debito da circa euro 230 milioni ad euro 50 milioni in cinque anni anche attraverso dismissioni; e − a livello industriale: (i) la conversione della rete diretta di agenzie in franchising, (ii) riduzione dei costi anche attraverso la razionalizzazione societaria, (iii) un importante piano di dismissioni; • il mercato immobiliare tuttavia non decolla e si rende necessario: − un maggior lasso di tempo per rimborsare i creditori; − nuova finanza; e − un alleggerimento della posizione finanziaria del Gruppo; • il 30 novembre 2010, il Tribunale di Milano omologa un nuovo Accordo di Ristrutturazione relativo a Gabetti Property Solutions e le altre società controllate già oggetto della prima omologa, che prevede: − un nuovo aumento di capitale di euro 25 milioni tra nuove risorse immesse dai soci e conversione di crediti da parte delle banche; − una diversa tempistica per il decalage del debito. Sangemini: • in data 22 dicembre 2010, il Tribunale di Terni omologa l’Accordo di Ristrutturazione proposto da Sangemini 9; • in data 18 maggio 2011, Sangemini raggiunge un accordo di modifica con le banche sospensivamente condizionato all’emanazione da parte del Tribunale di Terni di un provvedimento nel quale il Tribunale “avesse omologato il nuovo accordo, ovvero avesse rigettato o dichiarato inammissibile la richiesta”. Sangemini presenta quindi al Tribunale di Terni: − gli accordi modificativi intercorsi con le banche; − l’attestazione dell’asseveratore avente ad oggetto i nuovi accordi ritenuti non pregiudizievoli né dell’attuazione dell’accordo omologato né del regolare pagamento dei creditori estranei; − la richiesta di pronunciare “il provvedimento che riterrà più opportuno, ovvero un provvedimento di omologa delle modifiche apportate agli accordi già omologati”; • il 4 luglio 2011 il Tribunale di Terni respinge il ricorso di Sangemini: − dichiarando inammissibile l’istanza; − rilevando l’assenza di (i) novazione dell’Accordo esistente per decisione delle stesse parti che lo hanno modificato, nonché (ii) di opposizioni da parte di creditori con lo scopo di accertare l’inadempimento di Sangemini rispetto all’Accordo di Ristrutturazione omologato; − prendendo atto del contenuto dell’attestazione dell’asseveratore; − ritenendo privo di tutela legale l’interesse del creditore a vedersi dichiarare provvedimenti confermativi dell’Accordo di Ristrutturazione omologato. Dunque due situazioni apparentemente simili (Accordi di Ristrutturazione che, dopo un breve lasso di tempo, non “performano” come preventivato e vengono modificati dalle parti) con esiti opposti: • nel caso Gabetti Property Solutions, il Tribunale di Milano procede con l’omologa dei nuovi accordi tra impresa e creditori aderenti, mentre 7 L’esame è limitato all’omologa di un primo Accordo di Ristrutturazione relativo all’indebitamento di Gabetti Property Solutions (e delle società da questa controllate) nel 2009, cui è seguito nel 2010 l’omologa di un successivo Accordo di Ristrutturazione. La risistemazione dell’indebitamento finanziario e dell’assetto societario del Gruppo Gabetti non è oggetto del presente intervento. 8 Nel caso Gabetti Property Solutions si tratta di un Gruppo di società. 9 L’omologa ha riguardato due accordi collegati presentati da Sangemini, uno per i creditori finanziari e l’altro per i creditori commerciali. 30 QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO • nel caso Sangemini, il Tribunale di Terni rigetta il ricorso, ritenendo sufficiente l’omologa precedente. A ben vedere, tuttavia, i due casi non possono essere assimilati e le pronunce dei Tribunali non sono da ritenersi in contrasto. Infatti, nel caso Sangemini, il Piano non viene mutato nella sostanza e, anche a fronte di nuovi accordi con le banche, l’asseveratore attesta che le modifiche non incidono sulle modalità ed i tempi di esecuzione del Piano stesso. Inoltre le parti dell’Accordo di Ristrutturazione dichiarano esse stesse di non voler novare l’Accordo omologato. Nel caso Gabetti Property Solutions muta invece il Piano con riferimento sia ai tempi che ai modi di esecuzione. 5.7 Considerazioni finali sulle modifiche degli Accordi di Ristrutturazione e/o delle convenzioni con i creditori relative a Piani di Risanamento Torniamo quindi all’esame dello scenario in cui le parti di un Accordo di Ristrutturazione o della convenzione con i creditori relativa al Piano di Risanamento, intervengono e/o modificano gli accordi contrattuali e si pongono il problema di dover nuovamente omologare l’Accordo di Ristrutturazione o sottoporre a nuova asseverazione il Piano di Risanamento. Pur con la doverosa precisazione che ciascuna situazione va esaminata in concreto e va considerata a sé stante, si può, in via generale, sostenere che laddove lo scostamento dal Piano originario: • sia tale da pregiudicarne tempi e modi di realizzazione del Piano stesso (ad esempio comportando la necessità di “allungare” gli anni di realizzazione del Piano); o • determini un pregiudizio per i creditori che non hanno aderito all’Accordo di Ristrutturazione 10 (ad esempio non consentendo il loro integrale pagamento); o • comporti una grave e/o rilevante modifica dei termini e dei modi di adempimento dell’impresa nei confronti dei creditori che hanno aderito all’Accordo di Ristrutturazione ovvero alla convenzione relativa al Piano di Risanamento (ad esempio riducendo il quantum del rimborso dell’indebitamento); sarà opportuno procedere ad una nuova omologa da parte del Tribunale competente o all’asseverazione dell’attestatore. Al contrario, laddove lo scostamento di Piano abbia effetti soltanto sui sopra richiamati creditori aderenti (ad esempio determinando la necessità di una posticipazione non sostanziale dei termini di pagamento nei loro confronti ovvero di una modifica dei c.d. covenant finanziari), è ipotizzabile invece che gli accordi contrattuali “integrativi” non debbano essere necessariamente oggetto di nuova omologa o asseverazione. 5.8 Considerazioni conclusive Le esperienze della prassi quotidiana suggeriscono che il confronto tra impresa in crisi e creditori, in particolare istituti di credito, è, spesso, time consuming (in un momento in cui, nell’interesse di tutti gli stakeholder, l’imprenditore deve concentrarsi sul business), e, talvolta, “complicato” (sia per motivazioni “culturali” degli imprenditori che per la doverosa intensità di regolamentazione contrattuale che accompagna gli Accordi di Ristrutturazione e/o i Piani di Risanamento). Il fenomeno degli scostamenti di Piano, anche in virtù dell’imprevedibilità della crisi economica, non può definirsi raro e, per quanto sopra detto, non necessariamente è in grado di compromettere la “tenuta” degli Accordi di Ristrutturazione e/o dei Piani di Risanamento. Si sottolineano quindi gli effetti positivi che avrebbe la diffusione di strumenti contrattuali in grado di consentire un ragionevole grado di flessibilità nella realizzazione dei Piani (ad esempio prevedendo attività di ristrutturazione fungibili con altre attività, in caso di difficoltà nell’implementazione ovvero aggiustamenti che scattano automaticamente al verificarsi di determinate circostanze, eventualmente attestate da terzi). La maggiore flessibilità nella realizzazione del Piano dovrebbe essere “bilanciata” da un intenso monitoraggio 11 da parte dei creditori, tale da assicurare un’ efficiente cooperazione - non necessariamente in termine di waiver o integrazioni contrattuali - nella fase attuativa dei Piani con beneficio per tutti gli stakeholder ed il sistema. In tema di Piani che non “performano” merita infine un cenno l’importanza di individuare ed esaminare criticamente le motivazioni sottostanti agli scostamenti del Piano, così da porre le basi per l’adozione di Piani in grado di essere rispettati in tutti i loro aspetti sostanziali. 10 Si richiama il testo dell’art. 182-bis, comma 1, L.F. che prevede come requisito specifico dell’Accordo di Ristrutturazione l’idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei. 11 Si consideri la Raccomandazione n. 13 (Monitoraggio dell’esecuzione del piano) delle “Linee-Giuda per il finanziamento alle imprese in crisi” sopra citata. LE OPERAZIONI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NELL’ATTUALE CONTESTO NORMATIVO E DI MERCATO 31 Bibliografia Accornero A., Robbiano C., “Strategie societarie per la ristrutturazione del debito bancario” in Le Società 8/2011. Arato M., “Modifiche all’accordo di ristrutturazione dei debiti e nuovo controllo giudiziario” in Il fallimento 2/2012. Associazione Bancaria Italiana – “Codice di comportamento tra banche per affrontare i processi di ristrutturazione atti a superare le crisi di impresa”. Assonime (prima edizione - 2010) – “Linee-Guida per il finanziamento alle imprese in crisi”. Bonelli F. (a cura di) “Crisi di Imprese: Casi e Materiali”, Giuffrè, Milano, 2011. Busani A., Sagliocca M., “Gli strumenti finanziari partecipativi nelle operazioni di restructuring” in Le Società 8/2011. Chiaruttini S., Atti Convegno “Paradigma”, “Modifica e novazione del piano: nuova attestazione e nuovo attestatore?”, 12 Marzo 2012. Donato F., Atti Convegno “Paradigma”, “Ammissibilità e limiti delle modificazioni del piano”. Festa Ferrante G., “Gli strumenti finanziari partecipativi” in Rivista del Notariato, 2008. Lamanna, “Il c.d. decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale”, in ilfallimentarista.it. Marchetti P., Bianchi L. A., Ghezzi F., Notari M. (diretto da), “Commentario alla riforma delle società - Azioni” a cura di M. Notari, Egea, Milano. Relazione illustrativa al decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, rubricato “Misure urgenti per la crescita del Paese”.