LA CARTA D`INTENTITÀ DI DIO

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LA CARTA D`INTENTITÀ DI DIO
LA CARTA D'INTENTITÀ DI DIO
Il Signore, il S ignore, Dio misericordi oso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e d i
fedeltà. (Eso do 34,6)
Quelle che noi abbiamo citato sono solo le prime parole di un passo biblico che
è stato definit o da un esegeta francese, André Gelin, «la carta d’identità di Dio». P rima
di scorrere qu este righe, ricostruiamo la scena che funge da fondale. È l’alba. Mosè si è
arrampicato lungo le pendici erte e pie tr ose de l monte Sinai, reggendo tra le mani le due
tavole m arm oree che dovranno accoglie re il nuovo Decalogo, dopo che le precedenti erano
state spezzat e di fronte all’idolo del vit ello d’or o eretto dal popolo ( Esodo 32, 19-20). La
vetta della mont agna sacra è immersa nelle n ubi.
Mosè le varca e si trova nell’oscu rit à che all’improvviso è squarciata da un a
voce possente. È Di o stesso che si au topr ese nt a con le parole che abbiamo evocato. È un
autoritr atto sorprendentemente dolce che si m odella sulla promessa che il Signore ste sso
aveva fatto a Mosè quando costui gli ave va ch iesto di poter vedere il suo volto. «No , tu
non potrai vedere il mi o volto, perché n essu n uomo può vedermi e restare vivo». Tutta via,
uno svelamento ci sarà: «Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il mio
nome, Signore, davanti a te… Ti porrò po i nella cavità di una rupe e ti coprirò con la mano ,
finché non sarò passato. Poi toglierò la m ano e vedrai solo le mie spalle, ma il mio vo lto
non lo si può vedere!» (Esodo 33,18-23) .
Ora Mosè sa che il Dio invisibile è la, davanti a lui, perché sta proprio proclamand o
il suo nome “ Signore”, in ebraico il n om e sa cro e impronunciabile Jhwh . Ma subito d opo
Dio aggiunge quatt ro attributi che complet ano la sua “carta d’identità”. Il primo è in eb raico
rahûm , che l a versione “misericordioso” r en de solo in modo pallido perché il termine
originale allude al le viscere materne, a un a so rta di affetto “viscerale” appunto, tota le e
assoluto come è quell o di una madre o di un pa dre. Il secondo aggettivo è hanûn e an ch e
qui la traduzione “piet oso” è esangue e d eb ole, perché l’originale rimanda alla “grazia”, a l
dono, alla gra tui tà di un rapporto d’amore .
La terza quali tà divina è la sua paziente attesa che l’umanità si converta,
prima che egli debba intervenire con la sua “ira”, che in ebraico è curiosamente (e
antropomorficamente) raffigurata con le “n ar ici” sbuffanti ( ’appîm ). L’ultimo tratto è
affidato a un binomi o di parole che sono q ue lle tipiche per definire l’alleanza tra il Sig nore
e Israele. In e braico sono hesed e ’emet, “a mor e” e “fedeltà”, coppia di termini destinati a
esprimere quella ricca trama di relazioni, d i se ntimenti, di affetti che intercorrono tra d u e
persone che sono legat e tra loro da u n vin colo d’amore e da un patto di fedeltà.
A que sto punto il nostro fram ment o si allarga in un canto dell’amore, hesed, di
Dio. Esso è modulato su due simboli num er ici, il 1000 e il 3+4 (allusione al 7). La giustizia
divina è, cert o, perfet ta perché adott a il 7 , ch e in Oriente è segno di pienezza; l’amore ,
però, usa il 1000, che è invece indizio di inf inito. Ascoltiamo, allora, le ultime parole ch e
in quell’alba nebbi osa sulla cima del Sinai Dio proclamò a Mosè: «Il Signore conserva il
suo am ore pe r mille generazioni, perdona la colpa, la trasgressione e il peccato; ma n on
lascia senza punizione, castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla te rza
e alla quarta generazi one» (34,7).
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