Qui - Laggiù al Nord
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primo piano Professione musicista: quando la cultura non paga I fondi per lo spettacolo saranno tagliati di 550 milioni di euro in tre anni e gli artisti vivono di contratti precari e ingaggi stagionali. Una soluzione? Le fondazioni private, come La Verdi di Milano «Q uando si incontra una persona per la prima volta la domanda classica è: “Tu cosa fai nella vita?”. Io rispondo: “Il violinista”. E a quel punto mi sento dire: “No, intendevo che lavoro fai”». Perché quella del musicista da pochi è considerata una professione. Un lavoro «vero». In Italia gli artisti vivono di contratti precari, ingaggi stagionali e collaborazioni occasionali. A disciplinare il settore, la legge 163 del 30 aprile 1985. Il provvedimento ha introdotto il Fus (Fondo unico per lo spettacolo): com- 2 prende i soldi che, con la Finanziaria, vengono destinati alle attività artistiche. Nel 2009 è di 378 milioni di euro. In realtà ne erano previsti 567, ma il governo ha annunciato un taglio di 550 milioni per i prossimi tre anni. Sul totale degli stanziamenti, solo il 20 per cento è destinato alle fondazioni lirico-sinfoniche. Per riordinare il settore il 29 aprile 2008 è stata presentata alla Camera la proposta di legge Carlucci-Barbareschi. Con le integrazioni dello scorso marzo, al momento la bozza è in commissione Cultura. Ma gli artisti non ci stanno. Il 12 giugno tutti i lavoratori delle 14 fondazioni lirico-sinfoniche italiane hanno protestato. A Milano i lavoratori della Scala si sono riuniti in assemblea e poi hanno manifestato in piazza. Per l’ente milanese, i tagli al Fus significano oltre 9 milioni di euro in meno nel budget annuale. I dipendenti del teatro sono stati fermati dalle forze dell’ordine, che hanno transennato l’ingresso a Palazzo Marino. «La cultura fa paura», hanno urlato i dipendenti scaligeri. Tecnici e amministrativi. Ma soprattutto professori d’orchestra e ballerine in tutù e jeans. «Quando ho iniziato era tutto più facile. Adesso non più. Magari non saremo la “generazione 1000 euro”, ma ci siamo vicini». Francesco Lattuada, 35 anni, suona la viola da quando ne aveva cinque. Pantaloni arancioni e cappello rosso Foto di Alessandra Corica I professori d’orchestra de La Verdi durante le prove di un concerto, sul palco dell’Auditorium in corso San Gottardo a Milano in testa, per protestare ha portato con sè lo strumento. «Nessuno ci ascolta, meglio suonare». E si esibisce di fronte ai turisti giapponesi e tedeschi con il Va pensiero del Nabucco, insieme a Omar Lonati al contrabasso, il tenore Giuseppe Bellanca e le danzatrici che ballano davanti al Comune. Appoggiandosi alle transenne e non alla sbarra. «Ogni anno La Scala fa più di 300 “aperture di sipario”. Per mantenere alto il livello – continua Lattuada – l’esercizio è continuo. Su 135 professori d’orchestra, 80 sono fissi mentre gli altri sono collaboratori. E quando ci sono dei posti vacanti, come nel caso dei timpani, non si assume nessuno, ma si fanno dei contratti precari. E noi saremmo il Belpaese?». I lavoratori della Scala chiedono un nuovo contratto nazionale, un tavolo tecnico con il ministero dei Beni Culturali e mi- glioramenti nel trattamento pensionistico. Ma soprattutto vogliono il ripristino dei fondi del Fus. E che si investa nella cultura, con meno tasse sui finanziamenti privati. Visto che quelli pubblici, in Italia, non raggiungono lo 0,2 per cento del Pil. «Sono pochi i giovani che vivono con la musica: in questo Paese la cultura non è considerata come un bene di consumo. Non è qualcosa su cui investire». Luca Santaniello è il primo violino, la spalla, de La Verdi di Milano. Ha 37 anni e da quando ne aveva 19 suona nella formazione nata nel 1993. «Sono qui dall’inizio. Ormai proviamo tre volte a settimana, ma i primi tempi è stata dura. Ogni concerto lo preparavamo in un mese, studiando tutti i giorni anche per dieci ore: l’orchestra doveva trovare il suo timbro, diventare unica». Capelli Sul web «Un lusso fare musica» Per vivere ci vuole un secondo lavoro «S i può tenere il piede in due staffe? No, alla fine sei costretto a decidere. È come se avessi di fronte due cavalli, uno addomesticato e uno imbizzarrito. Io sto scegliendo quello imbizzarrito». A parlare così è Borut Viola, da Gorizia, in arte Scuola Furano. Fa il dj nelle discoteche, ha pubblicato diversi dischi: nell’ambiente musicale il suo è un nome che «conta». Di quali cavalli parla? Uno è la musica, l’altro è il «posto fisso», l’edicola del padre. Quella che ogni mattina Borut va ad aprire, dopo essere uscito dal locale dove ha suonato. La sua storia si può trovare sulla web-tv Pronti al peggio (www.prontialpeggio.vitaminic.it), creata dal giornalista Andrea Girolami e da I Ragazzi della Prateria, duo che ha curato la regia del Safari Tour di Jovanotti. Si parla di musica: quella innovativa, interessante, anche se non da classifica. Una delle rubriche è Fossifigo. Protagonisti, i giovani musicisti: la web-tv li segue per un giorno. Ma l’obiettivo non inquadra prove in studio o jam-session. I ragazzi sono ripresi durante una giornata tipo, mentre vanno al lavoro. Quello che fa arrivare a fine mese e permette di fare musica. Non c’è solo Scuola Furano a raccontare, ma anche Jukka Reverberi, che canta e suona nei Giardini di Mirò. Cinque dischi tra il 2003 e il 2005, concerti in giro per tutto il Paese e video su Mtv. «Ma in Italia fare musica è un lusso», dice senza guardare la telecamera. Quindi bisogna trovare un altro modo per guadagnare. Jukka fa l’assistente sociale, lavora nei campi nomadi con contratti a tempo determinato con il Comune di Reggio Emilia. Cosa c’entra questo con la musica? «Niente. Però c’entra col fatto che voglio continuare a suonare e per farlo ho bisogno di guadagnare. E poi c’è dell’altro: a me piace. Io ai bambini dei campi ci tengo davvero». E poi c’è Simone Mosso, chitarrista degli Ex-Otago. Suonano indie-pop nei weekend genovesi. E di settimana lavorano. Simone fa il conducente di autobus: la sua corriera collega i paesini arroccati tra i monti liguri. Ex grafico senza mai un contratto stabile, alla fine ha deciso di fare l’attività del padre. «Nella stessa azienda: per un anno abbiamo anche lavorato insieme, prima che lui andasse in pensione». Mentre parla, la telecamera devia e fa vedere le montagne che l’autobus di Simone attraversa. «Il paesaggio è uno spettacolo. Se passi da queste strade per 8-9 volte al giorno qualcosa ti resta dentro». E viene fuori nella musica che scrivi. A.C. 3 primo piano Foto di Alessandra Corica lunghi legati dietro la nuca, pantaloni militari, giubbotto di pelle chiara. E un casco da motociclista accanto alla custodia del violino. «Qui in teatro le prove sono dalle 10.30 alle 16.30. Ma a casa riprendo lo strumento e continuo a suonare: il mio non è un lavoro in cui si timbra il cartellino. È come per un atleta che pensa soltanto a cosa fare per migliorare». La Verdi è stata fondata da Vladimir Delman ed è stata diretta da direttori famosi come Riccardo Chailly, Riccardo Muti, Rudolf Barshai e Wayne Marshall. L’età media dei suoi componenti è di 34 anni: un record. Da quando è nata ci sono stati alti e bassi economici e rischi di fallimento. Nel 2002 la creazione della Fondazione Verdi, per promuovere le attività dell’orchestra e del coro. E maestro, quando a 8 anni iniziai a suopoi l’acquisto, lo scorso gennaio, dell’aunare. Mi disse: sei pronta a studiare per ditorium al numero 39 di corso San Gottutta la vita?». tardo. Costo: 17,5 milioni di euro, ottePerché per un musicista ci sono le tournuti con una convenzione con nèe, i viaggi all’estero e gli applausi. Ma Intesa-San Paolo e la Fondazione Caric’è soprattutto la fatica. E la consapevoplo, a cui ora il teatro è intitolato. La lezza di non arrivare mai alla meta. Verdi è la sola orchestra italiana a pos«Perchè non riuscirai mai a fare una sedere lo stabile dove si esibisce. E solnota come l’hai pensata. È questa la tanto il 7 per cento dei suoi introiti sono parte più dura del di provenienza publavoro: il confronto blica. È un caso «Le prove? In con sé stessi». Lo unico. «Ma i contriteatro dalle 10.30 dice Mario Shiraj buti che abbiamo alle 16.30. Ma a Grigolato, milanese sono pochi in rapcasa continuo: il di padre veneto e porto a quello che mio non è un madre pugliese. produciamo. Se le Suona il violoncello, fondazioni sinfonilavoro in cui si è a La Verdi da dieci che sono da considetimbra il cartellino» anni. Ha 37 anni, rare aziende, allora una moglie pittrice, si devono premiare un figlio di quattro anni e una bimba di quelle più virtuose. E la nostra lo è», due. «Una famiglia di artisti è irraziodice Fausto Ghiazza. Suona il clarinetto, nale e poco ordinata. I bambini, quando ha 37 anni ed è con La Verdi dal 1996. pensano che non li veda, si arrampicano Sua moglie, Raffaella Ciapponi (36 sullo strumento». Suona anche per 15 anni), ha lo stesso ruolo nell’orchestra ore al giorno, tra prove e studio indivinella quale è arrivata nel 1993. Sono duale. «È una vita di sacrifici. Perché i sposati dal 1994 e hanno una figlia di sei tuoi genitori spendono tanto per farti anni. Suona già uno strumento? «Per il studiare e tu passi tutto il tempo a mimomento no, vogliamo che resti spensiegliorare. È un investimento da 100 che rata per un po’ – sorride Raffaella –. Rifrutta 5: il paragone con lo sport è percordo ancora le parole del mio primo ( ) 4 Da sinistra, i violoncellisti de La Verdi durante le prove, lo striscione di protesta esposto dai lavoratori della Scala di fronte al teatro e il concerto improvvisato in piazza durante la manifestazione dello scorso 12 giugno. Alla viola Francesco Lattuada e al contrabasso Omar Lonati fetto. Come l’atleta è pagato per le gare a cui partecipa, così il musicista per quelle in cui si esibisce. Lo stipendio non è male, ma se fai una divisione tra il guadagno e le ore di prove ed esercizio, prendi 5 euro l’ora». A Milano la tariffa oraria di una babysitter è di 12 euro, quella di un cameriere 7 euro. Eppure La Verdi è un’isola felice. Perché i suoi fondi provengono, per la maggior parte, da privati. E perchè i suoi musicisti sono assunti con contratto regolare. Daniele Sacchi ha 29 anni, lavora come archivista musicale e come organista. Ha iniziato a nove anni e si è diplomato nel 2002 al Conservatorio di Milano. Nei weekend suona nella chiesa di San’Angelo, nel cuore di Moscova. «Con due esibizioni settimanali arrivo a 1500 euro. L’anno. Un contratto? In questo settore è rarissimo. Di solito i pagamenti sono sulla base di accordi verbali». È dura? «Abbastanza. Perché si lavora con strumenti particolari: ognuno è diverso per costruzione, tastiera, peso. E poi in Italia l’organistica è poco apprezzata. Io studio quattro-cinque ore al giorno, dalle 21 in poi. Non prima, perché sono in ufficio. Devo guadagnare». Alessandra Corica [email protected]