Love Story - ilCORTO.eu

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Love Story
I GENERI MODERNI (V)
LOVE STORY
Le due forme di “Love Story” che tratteremo in questa
lezione sono la Commedia Sentimentale e
il Dramma Amoroso. Porre
al centro del racconto l’Amore comporta conseguenze simili
a quelle
esaminate nella precedente lezione riguardo al Sesso.
Anche se una storia amore può essere un
ingrediente aggiuntivo
in qualsiasi genere di film, il Film d’Amore è un
genere a sé, in quanto il
tema tende a fagocitare ogni altro
contenuto narrativo e ad occupare in modo esclusivo il centro del
racconto. Questo non significa affatto che in forza di questa esclusività il
racconto si neghi ad altre
tematiche. Abbiamo già visto
nel caso del Cinema Erotico che quando una tematica diventa esclusiva,
al punto da risolversi in una sorta di interpretazione generale
della vita e del mondo, il racconto
assume il senso di una metafora
complessiva. In altre parole, esprime un punto di vista specifico
dal quale però si guarda all’insieme dell’esperienza
umana e del vissuto individuale e collettivo, fino ad
assurgere
al ruolo di filosofia, cioè di concezione complessiva del
mondo.
a) La Commedia Sentimentale
Abbiamo già implicitamente parlato di questo filone cinematografico
considerando film come Io e
Annie
o come
Il Laureato
. Abbiamo però anche
visto che il tema di questo secondo film (che pure coinvolge turbamenti
sessuali e sentimentali) è in realtà un altro e cioè quello
del passaggio all’età adulta e all’inserimento
in un ruolo sociale, momento delicatissimo in cui un giovane avverte
un senso di profonda estraneità
rispetto al mondo che lo
circonda, ai suoi riti, alle sue convezioni, non stabilite da lui,
ma
antecedenti: mentre da adolescente poteva ancora usufruire di
una sorta di zona franca, ora si trova a
dover scegliere tra inserirsi,
integrandosi e omologandosi, oppure ribellarsi nel tentativo di
mantenere o di ricrearsi uno spazio a propria misura. Difficilmente
dunque questo film può venire
considerato una commedia sentimentale,
perché esso in realtà è un esempio smagliante
di
commedia sociale, dove l’esperienza amorosa non viene
affatto vista come esclusiva, anzi viene inclusa
in un contesto
(insieme emozionale e sociale) che la inghiotte. Viceversa nella
commedia
sentimentale classica i riferimenti sociali sono periferici
rispetto al racconto. Se confrontate
Io e Annie
a un film più recente
come
Harry ti presento Sally
(di Rob Reiner,1989) vedrete facilmente
che la struttura narrativa non cambia. I momenti che scandiscono
i diversi passaggi della storia sono questi:
1. presentazione dei protagonisti;
2. incontro e innamoramento;
3. momenti felici vissuti insieme e insorgere delle prime difficoltà e
incomprensioni;
4. declino e fine della storia d’amore che lascia però in
entrambi i personaggi una grande
nostalgia degli irripetibili “magic
moments” vissuti insieme.
Il senso “filosofico” della narrazione è che
anche se i due dovessero in futuro rimettersi insieme,
nulla potrà restituire
loro la magia del primo incontro e dei momenti di giocosa complicità vissuti
insieme. In altre parole il concetto che si ha dell’amore è tipicamente
da single: si parte soli e si torna soli
(molto di rado in questo
genere di storie sono coinvolti dei figli), l’amore è una
parentesi di
armonia e di comunione destinata a restare parentesi
e per quanto ricercata di nuovo, irripetibile, se non
nella memoria
(“Memories are made of this”).
Abbiamo citato due canzoni sentimentali (Magic Moments e Memories
are made of this) non a
caso: la commedia sentimentale occupa un
territorio espressivo molto vicino a quello delle canzoni. Non
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certo di canzoni come
Delilah
(ad esempio) che raccontano crudi
drammi d’amore, cioè il lato più folle e passionale,
violento e
persino omicida di una storia di coppia, ma di quelle,
e molto più diffuse, canzoni che cantano dei primi
palpiti,
di quando una coppia di innamorati si sente il centro del mondo,
anzi unica al mondo e
trova tutto meraviglioso anche e soprattutto
i piccoli dettagli, i singoli momenti. Quando interviene la
separazione,
i veri motivi restano per entrambi inspiegabili e l’uno o
l’altra continuano
ossessivamente a proiettare il proprio
fragile, ma intenso passato nel futuro (
E lontano , lontano
nel tempo l’espressione sul volto di un altro, ti farà ricordare
il mio volto, l’aria
triste che tu amavi tanto… di
un amore ormai troppo lontano
).
Quali momenti rendono indimenticabile questa esperienza sentimentale
di coppia ? Non
necessariamente il sesso, anzi si può dire
che nel rapporto il sesso ha un ruolo infinitamente minore
rispetto
all’incontro tra i caratteri, le inclinazioni, i gusti delle
due persone, cioè le”affinità elettive”,
quel tessuto di interessi e curiosità condivise che fanno
sentire le due metà complementari. La
scena più esemplare,
meglio riuscita e più famosa di Harry ti presento Sally è quella
in cui Sally
mima in una tavola calda un finto orgasmo incurante
di diventare il centro dell’attenzione. Questo la dice
lunga:
il sesso viene irriso (cosa che in un film erotico non accadrebbe
mai), preso in giro,
considerato, al fondo, insincero. Qual è il
fascino di Sally in questa scena? Il suo essere trasparente,
anticonvenzionale
non per intenzione, né per provocazione, ma per condizione.
E’ candida, ma
questo suo candore non è affatto ingenuo,
esprime intelligenza attraverso l’ironia. Similmente i rapporti
sessuali di Woody Allen sono buffi: a letto, con la sua compagna
di turno, gioca, scherza, si prende
in giro, la fa ridere, discute
con lei di tutti gli argomenti possibili, anche serissimi, pure
con l’aria di
non prendere nulla sul serio. Si celebra una
leggerezza che si sforza di non apparire mai superficiale, ma
espressione
giocosa del proprio sentire comunicato e condiviso. In un film
erotico, a letto non si
scherza, si scopa e con religiosa devozione.
Anche quando (come in certi film di Tinto Brass) il sesso
viene
visto come espressione di gioia di vivere, il modo plastico di
rappresentarlo, la cornice
esteticamente curata al millesimo, i
costumi, l’arredo, tutto assume un che di celebrativo e di
cerimoniale (che tra l’altro ha più del rito funerario
che di quello matrimoniale). Nella commedia
sentimentale, non sono
i corpi, ma i caratteri ad occupare il centro della scena. In
Io
e Annie
la scena simbolo è quella della coda al cinema:
la coppia cerca un’intesa di gusto e rivela in questo la
propria unicità e il proprio anticonformismo. Tutte le persone
sono in coda per vedere lo stesso film e
dunque di per sé dovrebbero
rappresentare una comunità sociale fondata su un gusto condiviso,
ma Woody Allen , irritato per i saccenti commenti di qualcuno in
attesa di fronte a lui a proposito delle
teorie mass-mediatiche
di Marshall McLuhan , esce dalla coda, scova magicamente lo stesso
McLuhan nell’atrio e ne ottiene il consenso (rafforzando
così la propria empatia con Annie ). Di nuovo: noi
due non
siamo uguali agli altri. E’ questo che la coppia si dice
e si dimostra. Noi siamo unici e
siamo sinceri. E nessuno di noi
potrebbe esibire così sfrontatamente la propria sincerità,
se non
fossimo insieme, l’uno in presenza dell’altra
ed entrambi distinti dal mondo. E’ questo a renderci, prima
e più che amanti, complici.
Allo stesso tempo i due individui che formano la coppia sono (devono
essere) assolutamente
comuni, tali da poter suscitare l’immediata
identificazione di tutte le coppie che hanno vissuto la stessa
esperienza emotiva. L’interprete di una canzone sentimentale,
pur facendo mostra di essere
autobiografico, non racconta affatto
la propria storia, ma la storia di tutti gli innamorati, l’esperienza
più comune e prestabilita possibile. Nel modo in cui la
racconta si sforza di non scadere nella banalità,
ma quello
che racconta è una consuetudine, non un’eccezione.
Quando scrivete un film
sentimentale non dovete raccontare una
strana storia di coppia, ma la solita storia di coppia. Non la
storia di una coppia eccezionale, ma la storia di una coppia come
tante. Il punto è che dovete però
rappresentarla
come unica e irripetibile perché è proprio così che
ogni singola coppia la
concepisce. Hanno dunque grande importanza,
molto più del disegno generale e di struttura, che non può
che
restare prevedibile, i singoli momenti esemplari. E’ importante
che facciate ricorso alla vostra
esperienza biografica e a quella
delle persone, degli innamorati, che avete riconosciuto. Cosa ricordate?
Quali sono i momenti in cui vi siete sentiti più uniti con
il vostro partner? Ricostruite quelle
situazioni. Potenziatele
(cosa che del resto fa già di per sé la memoria)
in modo che sprigionino
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la massima carica espressiva. E fate della
vostra biografia la biografia di tutti. Per ottenere questo fine
dovete essere leggeri e divertenti, perché una coppia unita
deve essere felice e la sua felicità risultare
contagiosa
nei confronti del pubblico. Lo stesso vale, quando raccontate la
separazione, per
l’esperienza del dolore, che deve mantenersi
su un registro di rimpianto e di melanconia, senza lacrime
eccessive,
sfoghi inconsulti, minacce. Ci si lascia da amici come da amici
ci si è incontrati. E se è
finita è perché doveva
inevitabilmente finire, come la primavera, non per colpa di uno
dei due. La
coppia non ha trovato ostacoli sul suo cammino: i due
si sono conosciuti per caso o perché degli amici
comuni
li hanno fatti incontrare a bella posta. Dunque gli ostacoli che
hanno incontrato non erano
esterni, sono nati all’interno
del loro rapporto, e neppure erano tali da essere invalicabili: è semplicemente
nella pura dinamica dei rapporti che i “magic moments” si
volatilizzino in fretta, proprio come in
fretta passa una canzone.
Come nella commedia classica, il coro, l’insieme sociale,
ha un ruolo, ma in questo caso si tratta
di un puro ruolo di commento
e di contorno. La Commedia sentimentale non si conclude con una
rivelazione/smascheramento di fronte a tutti, tale da favorire
un mutamento degli usi e costumi sociali. Né
comporta furbizie
e travestimenti, perché anzi si fonda sulla trasparenza
più assoluta e sulla
sincerità reciproca dei protagonisti.
E infine, la storia è commedia di tutti in quanto resta
vicenda
privata e non determina nessun cambiamento collettivo perché rappresenta
una dinamica sentimentale
“evergreen” ed immutabile,
che si replica identica in ogni contesto e per ogni generazione.
Le
interpreti femminili di questi film, da Doris Day a Meg Ryan,
sono state ritualmente elette “fidanzate
d’America” e
sono ragazze della porta accanto, non bombe sessuali, sono briose,
indipendenti e
determinate, spesso anche portatrici di abitudini
e comportamenti non conformisti, ma mai tali da
minacciare e neppure
incrinare minimamente l’ordine sociale, possono avere opinioni
politiche,
ma non le agiteranno mai come bandiera, possono essere
colte, ma non per questo disposte a modellare
la propria vita su
un ideale o uno scopo irrinunciabile, al punto da sacrificargli
se stesse.
Suscitano simpatia, non soggezione. Non ambiscono a
rappresentare un Esempio, né a entrare nella
Storia, sono
un esempio e vivono una storia con le lettere minuscole.
Il che non significa affatto che questo genere di cinema si consideri
irrilevante, anzi la sua filosofia
è che le esperienze davvero
importanti della nostra vita sono i sentimenti vissuti nei gioiosi
quanto fuggevoli momenti di consonanza di coppia, considerati ben
più significativi e memorabili sia
rispetto ai Grandi Valori
(come il lavoro, la famiglia, le istituzioni, le battaglie civili,
i conflitti sociali
e ideologici, la ricerca scientifica e artistica,
la devozione religiosa, la libertà sessuale, il gusto
dell’avventura
e chi più ne ha più ne metta), sia rispetto ai Grandi
Disvalori (come il crimine, il
delitto, la guerra, il potere assoluto,
l’asocialità, la follia). Deve essere reso evidente,
grazie
all’uso dell’ironia, che stiamo parlando del
Piccolo, altrimenti ci si consegna alla banalità e alla
pura scempiaggine, ma deve anche risultare chiaro che per noi Piccolo è Bello.
Per scrivere un film
sentimentale, ma non per questo superficiale,
dovete recuperare (se non l’avete già) una buona dose
di leggerezza, tornando a sfogliare le pagine rosa del vostro vissuto.
b) Il Dramma Amoroso
Il regista Lars Von Trier ha giustamente osservato che c’è un
radicato pregiudizio intellettuale nei
confronti del genere Melodrammatico
spesso definito “drammone strappalacrime” e che di
questo
pregiudizio non se ne comprende davvero il motivo. Certo
l’accumulo di disgrazie che segna le
sceneggiature di questi
film può spesso far apparire troppo prestabilite e calate
dall’alto le svolte
narrative, fitte di eventi che piombano
come macigni sulle teste dei protagonisti, eppure le origini di
questo genere stanno nel più classico dei generi classici,
la Tragedia, che se non altro per il tono elevato
dovrebbe compiacere
il pubblico più colto. Inoltre, nella storia del cinema,
questo genere è stato
spesso esplorato da grandi e indiscussi
maestri e ha beneficiato di un indiscutibile consenso di pubblico,
facendo anche messe di premi ufficiali ben più di quanto
non sia avvenuto per il genere commedia
(inclusa la commedia sentimentale).
Una breve rassegna di alcuni plot ci aiuterà a comprenderne
le caratteristiche. Ovviamente vi invito a vederli, questi film,
uno per uno, perché al di là del plot, la loro
struttura
narrativa è ben più ricca e varia di quella della
Commedia Sentimentale e non si presta
ad essere cristallizzata
in uno schema fisso. In realtà questo genere di film lascia
molta più libertà
allo sceneggiatore di quanto non
avvenga normalmente per il cinema di genere.
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1. La Regina Cristina (1933) di Rouben Mamoulian, con Greta
Garbo
La Regina Cristina di Svezia non vuole piegarsi a un matrimonio
politico. Travestita da uomo,
durante una missione segreta, incontra
l’ambasciatore spagnolo e se ne innamora, subito ricambiata
quando l’ambasciatore ne scopre la vera identità sessuale.
Solo in un secondo momento però e con
grande sbigottimento,
ne scopre l’identità sociale e cioè che la
sua amata è la Regina di Svezia.
L’amore tra una donna
che rappresenta il Regno di Svezia e un ambasciatore straniero,
non può
che far scandalo. Cristina abdica per amore, ma
il suo amato resta ucciso in un duello. Cristina, rimasta
sola,
prende la via dell’esilio.
2. Camille (Margherita Gautier) (1937) di George Cukor
Una cortigiana cinica e sfrontata si lascia travolgere dall’amore
diventa fragile e devota, al
punto da sacrificarsi per lui.
, con Greta Garbo
per un giovane di buona famiglia e
3. Via col Vento (1939) di Victor Fleming
Scarlett, una donna seducente e manipolatrice, si innamora di un
avventuriero, alla vigilia della
Guerra Civile. Fiera e combattiva,
cerca di resistere all’amore e a non farsene dominare, ma
ne
affronta con coraggio tutte le difficoltà, accentuate
dalla drammaticità del momento storico. La vicenda è
punteggiata
da una lunga serie di lutti famigliari, causati dalla guerra, dalla
malattia e da incidenti
occasionali. Rivalità amorosa, matrimonio,
divorzio, aborto autoprocurato, perdita dolorosissima e crudele
di una bambina in un incidente di equitazione, nulla le viene risparmiato.
Ma ogni scacco, persino
l’abbandono finale da parte dell’uomo
amato, è per Scarlett occasione di orgoglioso riscatto.
4. Senso (1954) di Luchino Visconti.
La contessa Livia, ardente patriota, ma sposata con un collaborazionista,
per salvare un cugino
incontra Franz, un tenente austriaco. Non
riesce a risparmiare l’esilio a suo cugino, ma si innamora
perdutamente dell’ufficiale e diventa la sua amante, incurante
dello scandalo e pronta persino a tradire
la sua causa politica:
infatti consegna al tenente, che vuole farsi esonerare dal servizio
corrompendo un medico, i fondi destinati a sovvenzionare l’insurrezione.
Lui ne approfitta e scompare.
Ritrovatolo in compagnia di un’altra
donna, Livia lo denuncia alle autorità. Franz viene fucilato
e
Livia perde la ragione.
5. Love Story (1970) di Arthur Hiller.
Oliver è ricco, Jennifer è povera. Quando decidono
di sposarsi, il padre di lui minaccia di
diseredarlo. Gli anni
passano, la giovane coppia cerca di avere un bambino, ma lei scopre
di non
poterne avere. Non solo: gli esami medici rivelano che è malata
di leucemia e che non le resta molto da
vivere.
6. Anonimo Veneziano (1970) di Enrico Maria Salerno
A Venezia, un musicista del Teatro La Fenice è affetto da
un tumore maligno. Incontra per caso la
sua ex moglie che nel frattempo
si è messa con un altro. Lei scopre di amarlo ancora, pur
consapevole che il procedere della malattia non lascia alcun avvenire
alla loro storia.
7. Le onde del destino (1996) di Lars von Trier.
Una ex suora si sposa, cedendo a una passione travolgente. Lui
resta paralitico dopo un incidente
sul lavoro. Come suprema prova
d’amore, lei accetta suo malgrado di avere rapporti sessuali
con
altri uomini, consentendo così al marito di provare
emozioni e rinnovata voglia di vivere. La coppia suscita
scandalo
nel piccolo paesino scozzese dove abita. E tanto sacrificio, per
la ex suora, non trova
altra ricompensa che il sacrificio stesso.
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I protagonisti di questo genere di film sono, nel bene e nel male,
individui eccezionali ed
eccessivi, fuori da ogni norma e consuetudine
sociale. La cornice di questi film, spesso in costume, in
scenari
sontuosi o in paesaggi evocativi, con una fotografia curatissima,
ne accentua lo stile
“elevato”, come nella Tragedia
classica. Ostacoli di ogni genere segnano la vicenda amorosa: barriere
di classe, convenzioni sociali, conflitti politici, malattie, lutti.
Sovente non è soltanto uno di questi
ostacoli a segnare
la vicenda, ma tutti quanti. Non è un singolo e fuggevole
momento che si
racconta, ma una vita intera. L’amore è vissuto
come un’esperienza travolgente, passionale, totalizzante
e disperata, perché mai conduce a un finale lieto e rasserenante.
L’Amore si oppone a tutto, ma è
insieme metafora del
Tutto, perché si lascia attraversare dalle stesse contraddizioni
dell’ordine
sociale cui si oppone: l’Amore è un
duro cammino attraverso le incomprensioni, è una guerra, è
appagamento
di sé che si rovescia in sacrificio per l’altro o
dell’altro, è ingiusto, inspiegabile , è
tanto
più grande, quanto più impossibile. L’Amore è la
materializzazione del Fato, che travolge le
scelte razionali ed
emotive dei singoli. Non si può fare altro che cedergli.
L’Amore è esaltante,
riempie il nostro essere e accresce
la nostra vitalità, ma accettarlo fino in fondo significa
accettare la morte, e questa è l’impresa più difficile
che debba affrontare un essere umano.
Il personaggio femminile, in questi film, ha la stessa centralità che
nel cinema erotico, però mentre
nel cinema erotico la donna è vincente,
qui risulta invece vittima, persino di se stessa. Sotto sotto,
il cinema ci dice (falso o vero che sia questo radicato luogo comune)
che se una donna si limita al letto,
trova il suo vero potere,
se invece si consegna all’Utopia di un Amore Assoluto, tanto
carnale
quanto ideale, incontra un’inevitabile sconfitta.
Dagli esempi sopra proposti si vede però facilmente che
se il facile happy end è sempre escluso da un Dramma Amoroso,
le soluzioni narrative possono
essere tuttavia molto diverse: se
Camille accetta di farsi da parte e morire per il bene del suo
amato, Livia distrugge sia l’altro che se stessa, mentre
Scarlett comprende che il suo orgoglio e il suo
ruolo di proprietaria
terriera sono più importanti del suo amore sconfitto, e
si rivela in ciò la prima
eroina davvero moderna.
Al contrario che nella commedia sentimentale, i due protagonisti,
lui e lei, non sono affatto
complementari. Non sono le due metà della
stessa mela, ma sono metà di frutti diversi e non compatibili.
In quanto opposti inconciliabili essi rappresentano la vita, intesa
come appassionante
incontro/scontro di opposti, irriducibili l’uno
all’altro,cioè come un cammino segnato da profonde
ed insanabili contraddizioni: il contrasto tra il maschile e il
femminile, tra l’individuo e la comunità sociale,
tra ricchi e poveri, tra razze e popoli diversi, tra ragione e
passione, tra salute e malattia, e infine tra
la Vita stessa e
la Morte. In questo genere di film noi non raccontiamo l’armonia,
ma il conflitto.
Non è un caso se sovente la cornice di
queste storie è la guerra. Questi film sono la messa in
scena del motto popolare che recita: “In guerra e in amore
tutto è lecito.” Una liceità amorale, cioè ben
al di là delle consuetudini sociali e del comune senso del
pudore, perché qui l’impudicizia non è
limitata
all’atto sessuale, ma supera qualsiasi pudore, inclusi i
pudori intellettuali (sarà forse per
questo che certi intellettuali
non sopportano questi film) ed è pagata sempre a caro prezzo,
perché il prezzo della vita è la morte.
Quando scrivete questo genere di film, dovete uscire dalla vostra
biografia. Se proprio sentite il
bisogno di un aggancio con la
vostra esperienza, dovete immaginarvi cosa sarebbe accaduto se
quella volta aveste ceduto alla divorante passione per quell’altra
persona così totalmente diversa da voi. A
quali sublimi
esperienze emotive e a quali inevitabili disastri sareste andato
incontro? Non sono
le vostre vere esperienze che dovete mettere
in campo, ma i fantasmi, i desideri e le paure che vi hanno
suscitato
le esperienze ipotetiche. Dovete immaginarvi cosa sarebbe successo
se a quei
fantasmi, a quei desideri e a quelle paure aveste ceduto,
lasciandovi rapire dal flusso delle onde. I vostri
personaggi non
saranno persone comuni, ma proiezioni delle aspirazioni più nascoste
e
incontrollabili, dunque necessariamente grandiose nel loro manifestarsi.
E se proiettate tutto ciò su uno
scenario altrettanto grandioso,
storico o geografico, tutto verrà ancor più dilatato
e finirà per
rapire lo spettatore così come vengono
rapiti i protagonisti della vostra storia. Non siamo insomma nel
territorio del “piccolo è bello”, ma del kolossal.
Qui, ogni eccesso è non solo consentito, ma
obbligatorio.
AVVISO SUGLI ESERCIZI
Colloco questo avviso in coda alla lezione in modo che possiate
leggerlo più agevolmente. Alcuni
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di voi hanno avuto l’impressione
che l’interattività tra il sottoscritto che scrive
e voi che leggete le
lezioni e seguite gli esercizi di volta in
volta proposti, sia molto diminuita come risulta dai mancati
aggiornamenti
delle sezioni relative ai vostri contributi. Ma al contrario di
quanto appare,
l’interattività è parecchio
aumentata. Alcuni di voi hanno cominciato a seguire il corso in
ritardo.
Mi mandano i loro esercizi (relativi alle prime lezioni)
e io rispondo puntualmente a ciascuno di loro, ma
non ho aggiornato
le sezioni apposite perché questo non vi sarebbe di grande
utilità: infatti gli
esercizi già pubblicati sono
più che sufficienti a fornirvi un esempio e un’indicazione.
Gli altri, che
hanno seguito il corso fin dal principio, stanno
ormai lavorando ad alcune sceneggiature che seguo passo
passo nelle
varie fasi di elaborazione. Anche qui, rispondo sempre ai singoli,
ma ho ritenuto
rischioso pubblicare i vostri soggetti e le vostre
prove di sceneggiatura. Non posso tutelare i vostri diritti in
quanto autori e non voglio farvi incorrere in plagi da parte di
altri. Il rischio è sottile, ma c’è, se si
considera che alcuni di voi mi hanno informato che molti docenti
di corsi a pagamento utilizzano le
mie lezioni (senza aver richiesto
alcuna autorizzazione da parte mia). Ora: io ero consapevole che
questo sarebbe potuto accadere e scegliendo di offrire gratuitamente
questo corso, non mi proponevo
altro scopo che fornire uno strumento
a chiunque volesse utilizzarlo, inclusi coloro che tengono lezioni
di sceneggiatura. Certo sarebbe onesto, da parte di questi ultimi,
citare la fonte ai propri allievi, ma se
non lo fanno, la cosa
non mi turba più che tanto, diciamo che era in preventivo.
Reagirei solo nel
caso che qualcuno avesse la sfrontatezza di pubblicare
a suo nome queste lezioni, ovviamente coperte
da copyright. Ma
non posso e non voglio esporre voi ad analogo rischio, cioè che
qualche
sceneggiatore sfrutti le vostre idee. Dunque ho ritenuto
di doverle proteggere mantenendo in proposito
un’assoluta
riservatezza. Infine, il ciclo attuale di lezioni sui generi cinematografici
ha
un’impostazione eminentemente teorica e non si presta
ad esercizi pratici (a parte il vostro studio
personale dei film
suggeriti che è, lo ripeto ancora, fondamentale). L’utilità di
queste lezioni sta
nel fornirvi delle indicazioni di base e di
riferimento per “tarare” le sceneggiature cui state
lavorando. Ad esempio le lezioni che trattano della differenza
tra cinema comico e commedia credo
possano esservi di valido aiuto
per sviluppare correttamente le vostre idee. Capita spesso che
voi cogliate spunti da film comici per scrivere delle commedie
e il risultato è che ne nascono delle
sceneggiature troppo
strutturate per essere adatte a un comico e troppo poco per una
commedia.
Approfondire certe differenze è fondamentale per
condurre bene il vostro lavoro. Quando si comincia a
sceneggiare,
non avete bisogno di cercare a tutti i costi l’originalità e
la freschezza perché questa
ce l’avete già,
in grazia del fatto che state per la prima volta mettendo mano
a un vostro progetto.
Quello di cui avete bisogno è di capire
che non siete i primi e neppure i soli a fare questo lavoro e che
non si vede per quale motivo dobbiate sforzarvi di inventare il
cinema, quando il cinema è già stato
inventato. In
un lavoro creativo le regole sono sempre suscettibili di variazione,
di sviluppo e di
sovversione, ma è importante essere consapevoli
che esistono, che hanno una tradizione, che si sono nel
tempo codificate
e che questi codici sono stati elaborati attraverso molti esperimenti
non dovuti
soltanto a singoli autori, ma all’insieme degli
autori, e aldilà di essi fondate su esigenze di tipo industriale
e commerciale. Inoltre questo complesso di codici e di indirizzi,
si sono, magari
inconsapevolmente, fissati nella mente del pubblico
e nel modo di percepire un film. Vanno dunque
studiati e tenuti
sempre come parametri di riferimento, perché possono salvarvi
da errori,
ingenuità, confusioni stilistiche e di percorso
narrativo. Questo ciclo sui generi continuerà ancora per
qualche mese. Non limitatevi a seguire il vostro genere preferito,
perché a uno sceneggiatore capita
spesso di doversi cimentare
con generi diversi, e in ogni caso ciascun genere viene meglio
inteso
e approfondito nel confronto con gli altri, anche quando
la vostra intenzione dovesse essere quella di
mescolarli e contaminarli.
Preoccupatevi invece se notate che il progetto che avete in testa
non
può essere ricondotto a nessun genere definito. Nella
maggior parte dei casi ciò non rivela affatto che
siete
degli Autori Geniali, per definizione svincolati da qualunque stretta
osservanza, ma più
semplicemente che non sapete cosa state
scrivendo e dove andare a parare. Chiunque può toccare un
pianoforte e produrre dei suoni, ma per impadronirsi dello strumento
e farne una leva espressiva,
bisogna studiare molti anni e persino
se si diventa degli acclamati concertisti, è indispensabile
continuare a studiare e ad esercitarsi. Lo stesso vale per la scrittura.
Se di fronte alle prime difficoltà vi
arrendete, allora
non siete fatti per il mestiere di sceneggiatore. E con questo
voglio anche dire
che non dovete aspettarvi che il primo film che
scrivete verrà realizzato. Anzi, questo non accade quasi
mai. L’ottanta per cento dei film vengono affidati a uno
sceneggiatore su commissione, cioè lo
spunto iniziale (l’idea)
e la motivazione a produrre (il film concreto), normalmente non
nascono
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dallo sceneggiatore. Questo non significa che non dobbiate
scrivere la vostra sceneggiatura, libera e
svincolata da suggerimenti,
esigenze e commissioni esterne, anzi soprattutto all’inizio è essenziale
che sappiate maturare un’autonoma capacità di racconto.
Per farlo è importante che vi sentiate coinvolti
e che dunque
cominciate da argomenti che sentite vicini alla vostra esperienza
e sensibilità.
Nemmeno bisogna aver paura di sbagliare,
perché come si suol dire (ed è vero) si impara dagli
errori. Quello che deve appassionarvi è l’esperienza
stessa della scrittura e la ricerca espressiva che
comporta. Se è così,
allora potrà anche diventare una professione. Uno sceneggiatore è una
persona che ama scrivere e che a questo continua a dedicare il
suo tempo, anche se non ama affatto
molti dei film che ha contribuito
a realizzare. ( Il che spiega anche perché ho messo questo
intervento in coda alla lezione sui film d’amore, che uniscono
sempre costruzione e passione,
testardaggine nel perseguire un
risultato e una buona dose di disincantata accettazione del destino).
21° Lezione di Gianfranco Manfredi by www.gianfrancomanfredi.com 7/7