Villa Nogarola, Segattini, Degani, detta “Il Castello”

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Villa Nogarola, Segattini, Degani, detta “Il Castello”
 
Villa Nogarola, Segattini,
Degani, detta “Il Castello”
Comune: Castel d’Azzano
Frazione: Azzano
Località: Castello
Via Isotta Nogarola,  ⁄ 
Irvv 
Ctr  
Vincolo: .  ⁄ 
Decreto:  ⁄  ⁄ 
Dati catastali: . , .  ⁄  ⁄  ⁄  ⁄

Arrivati al centro di Castel d’Azzano, a sud di Verona, volgendo a destra per Azzano e proseguendo per
la frazione di Forette, si giunge davanti alla villa detta “Il Castello”, divenuta dal  settembre  sede
municipale.
La villa prende il nome dalla nobile famiglia dei conti Nogarola, la cui presenza a Castel d’Azzano è certa a partire dal , anno in cui Pietro e Corrado figli di Antonio Nogarola presero possesso dei beni
mobili e immobili di proprietà di Mastino e Alberto
della Scala ai quali erano strettamente legati sotto
l’aspetto politico, militare e sociale, nonché famigliare visto il matrimonio tra Bailardinino Nogarola, fi-
glio di Zonfredo, e Caterina, figlia di Alberto e sorella di Cangrande della Scala (Frinzi, ).
Nel  si ha testimonianza di una pergamena che
riporta un contratto di locazione in cui sono descritti gli appezzamenti, sono menzionati gli eredi di Dinadano Nogarola e le famiglie confinanti degli Scaligeri e dei Piccolboni. Tra gli eredi, il più diretto è
Antonio il quale assiste a un’ultima congiura della
potente famiglia scaligera e, dopo l’alleanza con la
corte viscontea, si riappropria di molte vicarie in territorio veronese e non, compresa la possessione di
Castel d’Azzano.
Quando successivamente subentra la Repubblica
CASTEL D’AZZANO
Serenissima, la famiglia estende il proprio dominio
sulle terre limitrofe un tempo appartenute ai della
Scala. I Nogarola detennero la possessione diretta
delle terre di Castel d’Azzano fino al , quando
l’ultimo discendente del ramo di Azzano, Antonio,
figlio di Desiderato e Marianna Nogarola, divenuto
unico erede del castello, non potendo avere in vita i
suoi mancati eredi, lasciò al nipote Lodovico Violini
il castello con le sue terre (Frinzi, ).
Non si hanno notizie certe sull’antica origine dell’edificio, è probabile che la dimora fosse costituita da
un vecchio maniero di possibile origine duecentesca
(Barbieri, ); in alcuni documenti antichi è infatti chiamato “castrum”, termine che indica un luogo
elevato e fortificato con fossato tutt’intorno (Du
Cange, ). Con il tempo poi, come tutte le residenze feudali, anche il castello dei Nogarola venne
riconvertito in una solenne dimora amata dalla nobile famiglia, che la scelse come luogo nel quale
ospitare uomini di lettere e uomini illustri. Le varie
trasformazioni sono leggibili dal confronto di vari
disegni pervenuti tra il  e il  secolo, dove appare sempre nella sua caratteristica forma tipologica
a “U”. Occorre attendere il generale Dinadano Nogarola per vedere la villa nelle sue forme attuali; infatti, nella prima metà dell’Ottocento, egli inizia un
intervento di ristrutturazione del castello che versava in condizioni di semiabbandono.
Gian Battista Da Persico nel , durante un suo
viaggio a Castel d’Azzano, racconta: «sappiamo che
amena fu pur essa in què tempi; ed ampli portici, e
folti boschetti, e viali ombrosi, peschiere, fiumicello
e ponte ci ricordan con essa ben altri scrittori. Trà
suoi nuovi pregi, convenevoli all’età nostra, è la foggia di ingrandimento e di magnificienza aggiunta
con due grand’ali al palagio, che vi si stà costruendo
sul disegno ordinato dal nob. Cavaliere sign. Dinadano general Nogarola all’architetto Canton mantovano» (Da Persico, ). In realtà le due ali perpen-
dicolari al corpo centrale della dimora, di cui fa
menzione con magnificenza il Da Persico, erano già
presenti in misura più ridotta; durante la fase di recupero delle stesse vennero consolidate e rese più
consone all’uso domestico negli spazi interni. L’intervento dell’architetto mantovano Giuseppe Cantoni è riconoscibile nella porzione centrale del corpo
principale e nei due grandi portali posti al centro dei
due corpi laterali; l’intero intervento è il risultato di
una impostazione neoclassica del disegno architettonico e dell’ornato, infatti, il Cantoni, che pare provenga dalla scuola del Pozzo, era particolarmente
dedito all’architettura rinascimentale e a quella san-
micheliana. Sotto alcuni aspetti, come il prospetto
sulla corte, i modelli stilistici cinquecenteschi possono ricondursi allo stile architettonico di Giulio Romano.
La dimora dalle forme castellane è posta in posizione centrale rispetto alla sua corte e risulta rimanere
molto arretrata rispetto all’asse stradale. È incorporata in un complesso edilizio a forma di “U”, la cui
ala sinistra raccoglie le abitazioni per il gastaldo e i
contadini, le scuderie e i fienili, mentre l’ala destra,
formata da un imponente edificio ben costruito, è
utilizzata come ricovero per gli animali, «ai terragni
è riservato il piano terra, ai volatili il primo piano»
(Viviani, ).
Particolarmente maestosa è la facciata principale,
orientata a est, forata nel piano inferiore da tre grandi archi a tutto sesto attraverso i quali si può godere
la vista del giardino retrostante; al piano superiore si
trova un loggiato che riprende il motivo degli archi
sottostanti, separati da semicolonne a capitelli ionici. Un frontone a timpano triangolare ornato da bassorilievi che riprendono tematiche militari e figure
mitologiche domina il tutto.
Il prospetto della villa si eleva su tre piani, con aperture di forma rettangolare di uguali dimensioni e
simmetriche sia al piano terra che al piano nobile,
con architrave e contorni in tufo. All’ultimo piano
infine, in asse con quelle sottostanti, sono presenti
delle finestre anch’esse di forma rettangolare, dotate
di cornici di tufo, le quali però presentano dimensioni decisamente ridotte. Allo stesso modo, anche i
prospetti delle due ali laterali della villa sono suddivisi in tre piani, con le aperture delle stesse dimensioni e in corrispondenza di quelle della facciata
principale, nonostante si differenzino da questa per
la presenza, nella parte centrale di ognuna, di un’apertura ad arco a tutto sesto fiancheggiata da due
colonne doriche che sorreggono un architrave deco-
Il partito centrale della facciata ovest della villa (Archivio IRVV)
Particolare del frontone neoclassico con timpano e
decorazioni scultoree (Archivio IRVV)
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Disegno del XVII secolo dove viene elegantemente
riportato “Il Castello” dei Nogarola (Archivio IRVV)
CASTEL D’AZZANO
rato. Le ali sono inoltre sovrastate dai caratteristici
merli alla ghibellina che ricordano l’idea di luogo
fortificato.
Dopo la morte di Lodovico Violini, la proprietà fu
lasciata alle due nipoti Isotta Cazzago e Mariettina
Parodi, con gran raccomandazione dello zio di non
vendere mai il palazzo in città e la villa con parco,
brolo e pesa a Castel d’Azzano. Per la villa e il parco
accadde la peggio, infatti, nel , durante una campagna fotografica effettuata dallo storico Antonio
Callegari, venne documentato lo stato di completo
abbandono e di completa rovina del parco e degli
ambienti interni della villa. Durante la prima guerra
mondiale e nel dopoguerra venne occupata e usata
come campo di prigionia; a tal proposito il Callegari
scrive: «Non ricordo d’aver visto, che due o tre volte, nella mia vita, un si bello e sontuoso soggiorno, in
uno stato di decadimento così crudele e ingiusto [...]
il parco è stato raso al suolo, il laghetto prosciugato
e motoso; soffitti e pavimenti sfondati, muri cincischiati, statue decapitate, scale sdentate, scalini slabbrati [...]. Il soffitto della sala centrale della villa è in
condizioni meno peggiori degli altri. Ammiriamo, in
pittoresco disordine, una sessantina di costellazioni;
il cielo è di un bel celeste pallido; le figure sono a vivi colori e le stelle dorate. Nel piede della costellazione dell’Altare si legge il nome dell’autore (Domenico Macanzoni) e la data ()» (Callegari, ).
Purtroppo del magnifico soffitto voluto da Antonio
non rimane traccia se non il ricordo di una fotografia e la descrizione del Callegari.
Tra le figure della famiglia Nogarola, degna di essere ricordata è Isotta, vissuta tra il  e il , celebrata e cantata nei circoli letterari umanistici del
Quattrocento, per la vastità della cultura e l’eleganza con cui componeva i suoi scritti in latino.
Particolare dell’architrave nord del portale con bucrani, metope, triglifi e gutte (Archivio IRVV)
Uno dei portali posti al centro delle due ali laterali
(Archivio IRVV)
Il soffitto detto “delle costellazioni” del salone centrale della villa. Della meravigliosa opera oggi rimane l’immagine fotografica scattata da Sirio Corso durante la visita del Callegari nel  (Archivio
IRVV)
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