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IL PREZZO DELL’AMORE «Vi garantisco, gentili signore e signori, che il prossimo oggetto vi toglierà il fiato.» Il banditore dell’asta – un signore grasso con ciuffi ribelli di capelli neri che parevano essere stati attaccati con la colla al lato delle sue piccole orecchie – sembrava aver raggiunto uno stato d’estasi non appena ebbe concluso l’annuncio; e, in effetti, tanto grande era la sua eccitazione che prese, dal taschino della giacca, un fazzoletto a quadri per asciugarsi la fronte lucida e sudaticcia. La platea, che fino a quel momento aveva mantenuto un costante brusio – più o meno percettibile – durante le precedenti fasi dell’evento, s’acquietò, tal come un orso che, dopo aver rantolato a lungo tutto l’anno, si abbandona alla quiete del letargo. Così tacquero i presenti in sala, aspettando, con una certa ansia e smarrimento, l’arrivo di una tempesta annunciata. Soddisfatto di aver causato un impatto significativo, il signore grasso riprese: «Bene; ora, senza ulteriori indugi, che entri il prossimo articolo.» Sulla destra del palco, le tendine rosse si agitarono per l’ennesima volta; ciò che s’intravide, per prima cosa, fu una superficie color cachi, sostenuta da forti e nere ruote, che facevano intuire che appartenessero alla struttura di un carrello e, difatti, era così. Tuttavia, si rivelò, subito dopo, che l’oggetto in questione, collocato sul carrello, era davvero da togliere il fiato. All’interno di una sorta di campana di vetro, alta almeno due metri, si trovava una giovane: latte e sangue, dai capelli corti e tinti d’un colore che sembrava essere stato estratto dal più profondo degli oceani; gli occhi, invece, erano azzurri, grandi e belli, due finestre che si aprivano sul cielo più terso, anche se, uno sguardo attento avrebbe notato che erano carichi di grigie e gelide nuvole; il corpo, che sembrava volesse gridare un inno alla vita, soffocava nelle spire della paura; nella parte interna dell’avambraccio destro, che sembrava un sentiero innevato, era impresso un tatuaggio – uno scontro armonioso di una macchia azzurra ed una viola, sul quale giaceva la luna che attraversava le varie fasi. Contro la previsione, il calmo e già tedioso letargo dell’orso s’interruppe, con un boato; nel frattempo, il viso della guardia giurata, che sino ad allora aveva presidiato tutte le operazioni impassibile e con una serietà eccessivamente professionale, fu squarciato da un affilato sorriso, reso ancora più ambiguo a causa del suo berretto: difatti, la visiera, che proiettava un’ombra sulla parte superiore del volto, impediva di decifrare il suo sguardo, conferendogli un che di sinistro e ambiguo. Dalla parte opposta, la maggior parte degli individui, che formavano parte della platea, cominciò a sollevare, in maniera meccanica, quasi fosse attratta da una forza magnetica sconosciuta, i propri telefoni cellulari e tablet nel tentativo di catturare e conservare l’anima di quella creatura deliziosa, il cui corpo si trovava già costretto da quelle fredde pareti trasparenti. Una fotografia, del resto, non avrebbe mai potuto riprodurre l’armoniosa bellezza della giovane e, ancora meno, il suo stato d’animo così tormentato. «Come potete vedere, care signore e signori», riprese intanto il banditore d’asta, «vi stiamo presentando un articolo unico nel suo genere: ebbene, ciò che ancora non sapete è che oggi, a voi fortunate e fortunati qui presenti, stiamo offrendo un’artista in carne e ossa. È ben noto che si tratta una razza di essere umano che, già da molto tempo, è stata considerata estinta dalla faccia della terra. In realtà, sino a qualche tempo fa, si diceva che esistesse ancora un altro esemplare – maschio – di artista, per la precisione uno scrittore. Tuttavia, abbiamo avuto recentemente notizia del fatto che si sia suicidato in delle circostanze che rimangono oscure: alcune voci dicevano che non sopportasse più il male di vivere, mentre altri sostenevano che non volesse servire niente e nessuno al di fuori di se stesso… insomma, ora non ci interessa tutto ciò. Quel che importa, adesso, è che, voi, gentile pubblico, avete l’opportunità irripetibile di portarvi, tra le mura delle vostre dimore, questo magnifico complemento d’arredo che non solo potrà creare opere d’arte sontuose per arricchire ulteriormente gli spazi che vi circondano, ma farà tutto ciò che vorrete e desidererete, senza dimenticare un dettaglio fondamentale: ora, in un primo momento, lei vi potrà sembrare alquanto scontrosa e ribelle ma, con il tempo, vi amerà. Dico questo – che pare un’ovvietà ma non lo è – perché, come sapete, l’amore si è estinto con gli artisti; essi, attraverso le loro creazioni, avevano sviluppato questo concetto e, per dirla tutta, erano loro gli unici capaci di amare con quell’intensità e vigore che travolge i cuori dell’umanità, così come il forte vento piega il capo alle inermi spighe di grano. Persino io, come vedete», e qui si interruppe a causa di una risatina che pareva lo squittio di un grosso topo, «parlando di questo articolo così poetico mi sono trasformato, a mia volta, in un poeta...» L’orso rispose, alla fine e sottile battuta dell’oratore, con un grugnito che fece, per un breve istante, tremare gli schermi elettronici, che sembravano quasi giunti a toccare il soffitto della sala. «…quindi, mesdames et messieurs, direi che, ritenendo d’avervi già saziato abbastanza con lauti antipasti precedentemente, possiamo servirvi adesso il piatto forte della serata.» L’uomo grasso sogghignò e disse: «La base d’asta è di…» Dall’interno della campana di vetro, che era isolata acusticamente, la giovane non riuscì a sentire nulla di tutto ciò che era stato detto dal signore grasso da quando aveva fatto la sua comparsa sul palcoscenico, pur sapendo d’essersi guadagnata tutta l’attenzione del pubblico. Non appena lei vide che lui ebbe terminato il suo discorso, scoppiò il temporale nei suoi occhi cerulei. La tempesta annunciata giunse, come da previsioni. Di fronte a lei era il delirio. L’orso si contorceva e ringhiava forte: svegliatosi prematuramente dal letargo, aveva fame e non vedeva l’ora di mettere sotto gli affilati denti quel gustoso boccone di carne. Non importava che fosse sottovuoto, la bestia si sarebbe accontentata. Palette numerate, con la stessa meccanicità che aveva attivato il meccanismo precedente, sostituirono gli apparecchi elettronici. Nonostante ciò, esse si rivelarono completamente inutili: ciò che importava, ormai, era solo la furia e la foga dell’orso, che, tacque di nuovo, solo dopo aver emesso un suono orribile, più forte di tutti i precedenti. Fu raggiunta, in questa bolgia bestiale, una cifra astronomica, con la quale un noto esponente di un noto partito politico si era aggiudicato l’ambito articolo. Il signore grasso aveva, nuovamente raggiunto uno stato d’estasi che, però, fu subito interrotto: la guardia giurata aveva estratto la pistola e, sparando un colpo alla campana di vetro, liberò la ragazza che aveva il volto inzaccherato dal temporale sceso dal cielo dei suoi grandi occhi. L’orso, in preda al panico, fuggi dalla sala. Il banditore, rifugiandosi dietro il massiccio leggio di legno dal quale aveva presidiato l’asta e che non era in grado di nascondere interamente il suo corpo, sbraitò: «È impazzito per caso? Metta subito giù quella pistola, è un ordine!» La guardia giurata non rispose, ma si limitò, con un gesto teatrale, a togliersi il berretto, scoprendo finalmente il suo viso. «Non è possibile…», aggiunse con voce roca il signore grasso, «lei è…» «Questo», disse la guardia, «è per aver stabilito il prezzo dell’amore.» E, senza aggiungere altro, offri la mano alla ragazza, che, a sua volta, la strinse; quindi, cominciarono a correre, attraversando le tendine rosse che li condussero in un corridoio buio, al fondo del quale c’era una luce. «Ma… chi sei tu?», domandò la giovane respirando affannosamente e singhiozzando ancora. «Non è forse ovvio», rispose lui come se veramente si trattasse di qualcosa che tutti avrebbero dovuto sapere. «Sono l’ultimo scrittore.»