Pedrengo, lo sfogo del sindaco «Residenze, norme da rivedere»

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Pedrengo, lo sfogo del sindaco «Residenze, norme da rivedere»
Hinterland 23
L’ECO DI BERGAMO
MARTEDÌ 30 AGOSTO 2016
il verbale»
Pedrengo, lo sfogo del sindaco «Manca
Nuova polemica
«Residenze, norme da rivedere» sul centro sportivo
Il caso. Famiglia cancellata dall’anagrafe, il Comune rifiuta il reinserimento
«Aiutati a nostre spese, ma non dimorano qui». Interviene il Difensore civico
sindaci si facciano sentire».
Per ora lo sfogo ha raccolto
via social il supporto di altri amministratori di area centrodestra. «Purtroppo casi simili in
tutti i Comuni, uniamo le forze
per chiedere la revisione della
norma», scrive la coordinatrice
dei sindaci leghisti, Simona Pergreffi. «Credo convintamente
che lo Stato debba aiutare gli ultimi e non i furbi», rincara da
Lenna Jonathan Lobati (Forza
Italia).
PEDRENGO
FAUSTA MORANDI
«Chiediamo regole
chiare, che garantiscano le persone più deboli, ma con criteri
certi e in una cornice definita. Se
sei sparito per anni dal territorio, perdi il diritto di chiedere
determinate cose». Lo sfogo del
sindaco di Pedrengo, Gabriele
Gabbiadini solleva la questione
delicata di residenza e servizi in
alcune particolari situazioni. La
scintilla (raccontata dal primo
cittadino in un post su Facebook) parte da un caso reale,
quello di una famiglia di origine
straniera, genitori e quattro minori, che anni fa risiedeva a Pedrengo.
«Disposto alle dimissioni»
«Spariti», secondo il racconto
del sindaco, in seguito a uno
sfratto e cancellati dall’anagrafe
nel 2014 per irreperibilità, nell’autunno scorso «con grande
sorpresa, si sono presentati nell’ufficio dell’assistente sociale»,
scrive il sindaco. Il cui Comune è
tenuto a intervenire, e qui il ragionamento si fa generale: «Per
una legge che ritengo assurda,
gli stranieri che spariscono dal
territorio nel quale erano residenti e che si ripresentano dopo
anni, hanno il diritto di essere
mantenuti dall’ultimo Comune
nel quale hanno avuto la residenza, almeno per i minori e per
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Cochis: così li si abbandona
Il sindaco Gabriele Gabbiadini FOTO ZANCHI
la figura della mamma. Stiamo
parlando di tanti soldi!». L’intervento, comunque, viene garantito: mamma e figli vengono
collocati in una struttura protetta, e si cerca di reinserire il capofamiglia nel mondo del lavoro.
Ma netto è il «no» a concedere la
residenza, visto che «la famiglia
non dimora qui». Sul tema però,
interpellato dagli interessati, si
fa vivo il Difensore civico della
Regione, chiedendo spiegazioni
al Comune e «invitandolo a
iscrivere la famiglia all’anagrafe,
così da garantire tutti i servizi
del caso», racconta il sindaco.
Che all’ipotesi torna a ribadire
netto rifiuto: «Non dimorano
qui. Su questo, annuncio che sono disposto anche a dimettermi.
Non c’è stata alcuna discriminazione, abbiamo avuto un approccio umano. Ma le risorse
non sono infinite, siamo in difficoltà a giustificare con i cittadini
un esborso per una famiglia non
residente, per una lacuna normativa. È fondamentale che il
legislatore intervenga, chiarendo questi casi. E dobbiamo uscire da un’ottica di assistenzialismo, per costruire percorsi di
autonomia. Penso che la Regione possa fare qualcosa: risponderò al Difensore civico mettendo in copia anche il governatore
Maroni. Auspico che anche altri
Tema destinato certamente a far
discutere. Per Fabio Cochis, segretario provinciale dell’Unione
Inquilini, «la residenza è il primo
passo per trovare soluzioni: non
concederla significa trasformare
queste persone in “apolidi”, abbandonati da tutti». Il sindacato
sta seguendo questo caso («una
via crucis per la famiglia»), ma
più in generale Cochis evidenzia
che «se perdi la casa, e non ne trovi un’altra, nel giro di un anno
perdi la residenza. Che però è un
requisito indispensabile per
qualunque aiuto. Capisco che i
Comuni siano in difficoltà, ma
non è abbandonando le famiglie
o scatenando polemiche sui disperati che si risolvono le cose.
Altrimenti avremo i poveri che
migrano da un luogo all’altro,
senza meta. Questo dà sicurezza
e decoro ai nostri paesi?».
Seriate
Non si trova il documento
di consegna, 16 anni fa,
dell’impianto al gestore.
Il Comune: non cambia nulla
Non finisce di far parlare di sé il centro sportivo comunale di Seriate, ammalorato
al punto da essere ristrutturato
radicalmente per una spesa di
2.850.000 euro. I lavori sono in
corso, nel frattempo si sta predisponendo il bando per la gestione (attualmente affidata alla Cooperativa Sport e Cultura).
Il Movimento 5 Stelle ha presentato in Consiglio comunale
un’interpellanza a oggetto «Valutazione dello stato del centro
sportivo comunale». Perché da
una prima richiesta di accesso
agli atti, il capogruppo Alvaro
D’Occhio viene informato dal
dirigente dell’ufficio Lavori
Pubblici che il verbale di consegna, 16 anni fa, dell’impianto
sportivo «non è stato reperito.
Ci sono però il contratto di concessione, il capitolato speciale, il
verbale degli arredi». Ma D’Occhio vuole avere le idee chiare su
un documento che consente «di
controllare che l’impianto si
trovi nelle medesime condizioni di cui al verbale di consegna, al
fine di valutare se ci sono o meno
i presupposti per estinguere la
fidejussione fornita dal gestore
all’insediamento».
«Il verbale di consegna non si
trova - ha detto chiaro l’assessore ai Lavori pubblici Achille Milesi- e il dirigente competente 16
Lavori al centro sportivo
anni fa non è più in servizio a Seriate». Milesi ha però assicurato
che «il centro sportivo era nuovo, ed era stato consegnato efficiente in ogni sua componente:
anche il gestore concorda su
questo. La mancanza del verbale
dunque è ininfluente ai fini dei
controlli sullo stato in cui si trova». Ma D’Occhio incalza: «Può
avere effetti sull’estinzione della
fidejussione o su una anche parziale escussione?». Replica il
sindaco Cristian Vezzoli: «La
mancanza del verbale non pregiudica nessun accertamento di
eventuali inadempienze».
D’Occhio ha però dichiarato
la sua contrarietà alle risposte
ricevute perché «quel documento doveva esserci, essendo
prescritto dal contratto. Solamente così il Comune può verificare se il gestore abbia eseguito
tutto quello che doveva. Come
faccio a paragonare se non c’è
l’elemento di paragone?».
Emanuele Casali
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