AMERAI IL TUO PROSSIMO

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AMERAI IL TUO PROSSIMO
AMERAI IL TUO PROSSIMO
Non ti vendicherai né coverai rancore contr o i figli del tuo popolo. Amerai, invece , il
tuo prossimo come te stesso. ( Levitico 19, 18 )
«Si parla sempre del fuoco dell’inf er no . L’inferno è freddo… L’inferno è non ama re
più». Ho intre cciat o due frasi tratte da ro manzi diversi dello scrittore cattolico fran cese
Georges Bernanos (1888-1948) per int rodur re uno degli appelli biblici più citati. Nella
nostra ormai vasta raccolta di frammenti delle Sacre Scritture non poteva, infatti, manca re
questo passo che nel suo apice – in eb raico we ’ahavtà lere‘akà kamôk, «amerai il prossimo
tuo come te stesso» – era caro anche a G esù che lo cita due volte (Matteo 5, 48; 22, 39),
ricordando ch e è i l «secondo comandame nt o, simile al primo», quello dell’amore per Dio ,
entrambi fondamento di «tutta la Legge e i Pr ofeti». Su questa scia continuerà san Pao lo
quando amm onirà che t utti i comandam en ti d ella Legge «si riassumono in queste paro le:
Amerai il prossimo tuo come te stesso » (Roma ni 13, 9), dopo aver ribadito ai Galati che
«tutta la Legg e trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il prossimo tuo come te
stesso» (5, 14).
P otrem mo continuare a lungo nell’elen car e quanti hanno trovato in questo precetto
l’anima autentica dell a morale biblica e la sor ge nte della vera spiritualità. Per stare ancora
alla Bibbia, ricorderò soltanto la dic hiara zione lapidaria di san Giacomo: «Se ademp ite
il più important e dei comandamenti secondo la Scrittura: Amerai il prossimo tuo co me
te stesso, fate bene» (2,8). Vorrei, invece, fare solo due note sul versetto del Levitico
(ossia dei sacerdoti, i figli di Levi, il ter zo libro della Bibbia). In esso, innanzitutto, si pa rla
esplicitament e dei «f igl i del tuo popo lo», cioè di Israele. L’impegno dell’amore è, quin di,
circoscritto a un ori zzonte preciso, qu ello della comunità ebraica.
Sap piamo, però, che già i pr of eti allargheranno questo spazio, invitando a
condividere l’ amore di D io per tutte le sue cr ea ture: «Benedetto sia l’Egiziano mio pop olo,
l’Assiro opera dell e mie mani e Israe le mia eredità» (Isaia 19, 25). E i sapienti biblici
ricorderanno che il S ignore «ha comp assione di tutti… e ama tutte le cose esisten ti e
nulla dispr ezza di quanto ha creato perch é, se avesse odiato qualcosa, non l’avreb b e
neppure creat a» ( Sapienza 11, 23-24). Le f rontiere saranno abbattute ulteriormen te
nel cr istianesi mo al lorché Gesù, comme nt ando proprio il passo del Levitico, presenterà
un’applicazione quasi provocatoria, int ro du cen do anche l’amore per il nemico e giunge n do
così alla radice ult ima del precetto anticot est amentario: «Amate i vostri nemici e prega te
per i vostri persecutori » ( Matteo 5, 44 ). I l “pr ossimo” ora è divenuto veramente l’altro ,
chiunque e comunque egli sia, un altro ch e t u t rasformi in un “io” che è come te stesso .
Una seconda nota sull’appe llo “ levitico”. In apertura esso evoca due realtà
antitetiche all’amore: l a vendetta e il r ancore . A incarnare nella sua forma estrema que sto
antipodo della cari tà è Lamek, il disce nd en te di Caino che minaccia così: «Uccido un uo mo
per una mia scalfittura e un ragazzo per u n m io livido. Sette volte sarà vendicato Cain o ,
ma Lamek sett antaset te» ( Genesi 5, 2 3- 24) . È il canto selvaggio della vendetta a spi rale ,
della zampata bestiale che gode del sa ng ue ve rsato, della logica distruttrice della gu erra
che ignora og ni prossimo in un empito insazia bile di odio per il nemico. Risuona, allo ra,
per contrasto l’ideale nuova applicazione del comandamento del Levitico nelle parole che
Cristo r ivolge a P ietro che chiedeva : «Qua nt e volte devo perdonare al mio fratello , se
pecca contr o di me? Fino a sette volte?». Ed ecco la replica di Gesù: «Non ti dico fin o a
sette, ma fino a settanta volte sette!» (Matt eo 18, 21-22).
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