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New Ice Age » UN NUOVO MODELLO CLIMATICO ALLA
BASE DELLA PEG: PARTE V
Un saluto a voi, popolo di NIA.
Come già anticipato al termine della precedente Parte IV, nella presente Parte ci occuperemo dello studio di
un altro fenomeno chiave nelle dinamiche degli inverni europei: il ciclo ENSO. Ovviamente una trattazione
completa sul ciclo ENSO e sulle conseguenze che esso ha sul clima terrestre mi porterebbe a dilungarmi in
maniera eccessiva. Pertanto, ricollegandoci al discorso sin qui svolto e tenendo in mente l’obbiettivo primario
di ricercare un nuovo modello climatico incentrato sulla variabile solare a lungo termine, svilupperemo la
trattazione in maniera particolare. Nello specifico cercheremo di individuare i cambiamenti indotti nella
stratosfera polare (e di conseguenza nella più sottostante troposfera) dal ciclo ENSO, in accordo con la con
il ciclo solare e con il regime dei venti stratosferici equatoriali (QBO).
Onde evitare incomprensioni, preciso sin da subito che il senso ultimo del ragionamento emergerà solo
leggendo le prossime Parti e dunque al termine dell’articolo. Raccomando inoltre a chi non l’avesse ancora
fatto di leggere le precedenti Parti per avere una chiara visione dei concetti sin qui esposti e soprattutto per
non perdere il filo del discorso (ricordo che l’articolo è una lunga dimostrazione). Per ora non posso che
augurarvi una buona lettura.
Ciclo ENSO : El Nino Southern Oscillation è un oscillazione periodica riferita alle temperature delle acque
del Pacifico nell’ambito della fascia equatoriale. Una corretta descrizione del fenomeno mi poterebbe a
dilungarmi eccessivamente, dunque mi limiterò a descrivere solo alcuni degli aspetti più importanti che lo
caratterizzano.
Come ben tutti sanno l’oscillazione ENSO è connessa a due fenomeni opposti: El Nino e la Nina. Il primo
riguarda un anomalo riscaldamento delle acque dell’oceano Pacifico, che ricordiamo essere l’oceano di gran
lunga più vasto del mondo. Il secondo invece corrisponde all’opposto raffreddamento delle acque
dell’oceano stesso.
Tuttavia non tutti sanno che l’oscillazione ENSO è associata esclusivamente al regime di venti tropicaliequatoriali connessi alla circolazione di Walker e non al maggiore o minore riscaldamento del Pacifico
indotto da agenti esterni. La circolazione di Walker in particolare, è una particolare circolazione connessa
alla cella convettiva inerente il Pacifico che, a differenza della cella convettiva di Hadley (vedi Parte I), ha
direttrice ovest-est e non nord-sud. All’interno di questa cella, l’aria sale nel ramo occidentale dove sono
presenti acque calde (che comprendente l’Indonesia e le Filippine), si sposta in quota verso est e ridiscende
sul ramo orientale dove le acque sono molto più fredde (zona prossima alle coste del Perù, Ecuador e Cile
settentrionale). Sul ramo ascendente, dove le acque sono molto calde, si sviluppa un’intensa attività
convettiva che favorisce lo sviluppo di intense precipitazioni sull’Indonesia (e zone limitrofe) e nord Australia.
L’aria discendente sul pacifico orientale risulta invece estremamente secca. In questo caso il fenomeno di
subsidenza porta alla formazione di un’alta pressione perenne. Ciò spiega perché le coste pacifiche del
Perù, Ecuador e nord Cile nonché le isole Galàpagos sono soggette ad un clima estremamente siccitoso (in
queste zone sono presenti estesi deserti costieri, come il deserto Sechura in Perù).
La circolazione si richiude grazie ai venti al suolo che spirano da est verso ovest, che nient’altro sono che gli
alisei (trade winds). Proprio gli alisei, spirando sul livello del mare, raschiano la superficie del Pacifico
provocando un accumulo delle acque superficiali sui settori più occidentali del pacifico ed innescando
fenomeni di upwelling. La risalita d’acqua fredda dagli strati profondi verso quelli superficiali raffredda le
acque del Pacifico (a partire dal pacifico orientale), mentre l’acqua “accumulata” sui bordi più occidentali del
Pacifico (Indonesia) tende a riscaldarsi portando alla formazione di una estesa piscina di acqua calda (West
Pacific Warm Pool). Al di sopra di questa piscina calda si genera un intensa attività convettiva, che come
sopra detto favorisce lo sviluppo di un clima eccezionalmente umido nelle zone occidentali del Pacifico
(Indonesia, Filippine, Micronesia, Nord-Australia ecc..). Al contrario, sulle fredde acque del Pacifico oientale
il clima si presenta estremamente secco. In queste ultime zone inoltre, a causa della forte azione di
raschiamento esercitata dagli alisei e dei conseguenti moti di upwelling, lo spessore del Termoclino si
presenta estremamente ridotto (poche decine di metri). Sul versante opposto invece, a causa dell’ingente
accumulo di acque calde, lo spessore del Termoclino raggiunge dimensioni considerevoli.
E’chiaro dunque che gli episodi di Nina sono associati ad un rafforzamento della circolazione di
Walker. In questo caso infatti un intensa attività degli alisei favorisce un maggior raschiamento della
superficie dell’oceano Pacifico, portando ad diminuzione delle SST su tutto il Pacifico. Al contempo si registra
una riduzione dell’estensione della West Pacific Warm Pool (di qui in avanti WPWP) con conseguente
soppressione semi-totale dell’attività convettiva equatoriale. In questi frangenti, oltre ad incrementare il
dislivello barico-termico tra Pacifico orientale e Pacifico Occidentale (indice SOI), si registra un aumento del
dislivello dell’altezza della superficie marina. Infatti, a causa dell’accumulo delle acque calde nell’area
circoscritta dell’estremo Ovest Pacifico, in questa zona il livello del mare è decisamente più alto rispetto
all’est-Pacifico (anche di 60 cm). Infine si registra un estremizzazione della differenza di Termoclino tra le due
sponde del Pacifico.
Al contrario, il fenomeno opposto del Nino corrisponde ad una soppressione totale della
circolazione di Walker. Anche in questo caso il fenomeno è comportato da un’alterazione della
ventilazione al suolo. Infatti, quando ciclicamente si verifica un indebolimento degli alisei, il volume di acqua
calda in precedenza accumulata sull’ovest Pacifico (WPWP) si riversa su tutto l’oceano. Ciò comporta un
riscaldamento di tutto l’oceano con soppressione totale degli alisei (in quanto viene a mancare il gradiente
barico orizzontale). Al contempo, l’attività convettiva equatoriale tende aumentare
vertiginosamente (in quanto abbraccia quasi tutto il Pacifico) ed i moti ascensionali che causano le
precipitazioni interessano il Pacifico in quasi tutto il suo sviluppo. Al contempo, fenomeni di subsidenza
(discesa di aria) interessano le zone di Indonesia ed Australia da una parte ed Amazzonia dall’altra. In
queste aree, la formazione di anomali anticicloni, comporta condizioni di siccità, mentre le aree notoriamente
aride del Pacifico orientale sono interessate da abbondanti precipitazioni (Equador, Perù, Nord Cile, Isole
Galapacos ecc..). E’ per questo motivo che il fenomeno del Nino è accompagnato da bassissimi valori
dell’indice SOI.
Venendo a ciò che è di nostro interesse, il ciclo ENSO ha una capacità notevole di influenzare le
caratteristiche della stratosfera polare invernale (in accordo con il segnale relativo all’attività solare). In
particolar modo, durante le fasi di ENSO+ (Nino), aumenta notevolmente l’area del Pacifico interessata dalla
convenzione profonda. Dunque, se si verifica un episodio di Nino in concomitanza con la fase negativa della
QBO ed in un contesto di bassa attività solare si verifica un incremento straordinario delle quantità di vapore
che, attraverso la tropopausa equatoriale, penetrano nella soprastante stratosfera. Infatti, in base a
quanto visto la scorsa volta, nelle fasi di bassa attività solare la QBO negativa è associata ad un
anomalo innalzamento della tropopausa equatoriale, producendo un aumento considerevole
dell’attività convettive nelle regioni del Pacifico già di per sé occupate dalla convenzione
profonda (non solo) ed un forte aumento della velocità di trasporto verso l’alto (stratosfera)
dell’aria umida ricca di vapor acqueo. A sua volta El Nino, con la soppressione totale della
circolazione di Walker, incrementa non di poco l’area interessata dalla convenzione profonda. In
tali condizioni si osserverebbe un anomala (fuori dal comune) quantità di vapore attraversare la
troposfera equatoriale e penetrare dunque in stratosfera. L’eccessivo aumento della forza della
BDC che ne andrebbe scaturire avrebbe poi conseguenze “devastanti” sul VPS e dunque
sull’intero VP.
Sono numerosissimi gli studi sul legame
tra ciclo ENSO e Vortice Polare
Stratosferico. Tra questi ricordiamo quelli
condotti da Labitzke – Van Loon, Baldwin
– O’Sullivan, Hamilton e Sassi. In tutti i
casi è emerso come il VPS tenda ad
essere più disturbato e pertanto più caldo
e debole durante gli inverni interessati da
condizioni di ENSO + (El Nino). Infatti
durante le fasi di ENSO+ le onde
planetarie sono in numero maggiore e
risultano soprattutto più ampie e quindi in
grado di sfondare in molte più occasioni
nella stratosfera polare, variando la sua
temperatura e la sua composizione
chimica. Nello specifico è stato osservato
come in presenza del Nino sia favorita una
maggiore ampiezza delle onde planetarie
più lunghe (wave 1), aumentando così
l’efficacia dei forcing tropo-stratosferici
(aumento stratwarming). A tal proposito i
Prof. Masakazu Taguchi e Dennis
Hartman del “Department of Atmospheric
Sciences, University of Washington” nella
loro ricerca “) “Increased Occurrence of
Stratospheric Sudden Warmings during
El Niño as Simulated by WACCM”, hanno
stabilito che fenomeni di stratwarming
nella stratosfera polare invernale hanno
il doppio delle possibilità di verificarsi
durante gli episodi di El Nino.
Come segnalato dagli autori stessi, in
tutte le suddette ricerche, il problema è
stato quello di scindere l’effetto prodotto
dal Nino sulla stratosfera invernale dagli
effetti associati ad altri fenomeni in grado
di disturbare egualmente il VPS invernale
(QBO, attività solare, eruzioni vulcaniche
ecc..). Alcuni, come Charles D. Camp e
Ka-Kit Tung del “Department of Applied
Mathematics, University of Washington”,
hanno tentato di quantificare l’effetto che
el Nino ha sulla stratosfera polare. Questi infatti, analizzando i dati di temperatura stratosferica NCEP 19592005, hanno scoperto che l’anomalia termica indotta dal Nino è quantificata attorno ai 4 gradi Kelvin.
Quello di assegnare un peso alla capacità di ciascun fenomeno (QBO, ENSO, attività solare) di alterare il
Vortice Polare resta comunque un intento molto arduo nonché, a mio avviso, di poco senso. Infatti in
assenza di bassa attività, sia la QBO negativa che el Nino perdono notevolmente efficacia nel
riuscire disturbare il Vortice Polare invernale. Inoltre come verrà meglio chiarito in seguito, i tre
fenomeni sono da considerare strettamente legati ed interagenti tra loro nell’intento di decifrare
periodi storici eccezionali dal punto di vista climatico (quale fù la PEG). In qualche modo sono da
ritenere “tre facce della stessa medaglia” (questo discorso verrà chiarito nei prossimi appuntamenti).
Volendo comunque stabilire una sorta di ordine gerarchico tra detti fenomeni, integrando l’inferenza
statistica (adottata nell’ambito di queste ricerche) con la fisica del problema, si può certamente concludere
che, nell’ambito dei periodi caratterizzati da bassa attività solare e per ciò che concerne le
dinamiche prettamente invernali, la QBO negativa abbia una maggiore importanza rispetto al
segno del ciclo ENSO. Infatti, salvo episodi eclatanti di Nina (in grado di limitare fortemente le
aree del Pacifico favorevoli allo sviluppo dell’ attività convettiva), la QBO negativa negli anni di
modesta attività solare è in grado da sola di “attivare” quei meccanismi che portano il Vortice
Polare ad essere maggiormente disturbato/rallentato (innalzamento e raffreddamento troposfera
equatoriale, aumento aria umida attraversante la troposfera equatoriale, rafforzamento BDC). In
altre parole, se in condizioni ordinarie di ENSO -(neutrale/negativo), la QBO- insieme alla bassa attività
solare è comunque in grado di apportare ingenti stravolgimenti alla circolazione invernale alle medie
latitudini, non è vero il viceversa. Infatti, sempre in un contesto di bassa attività solare, in condizioni normali
di ENSO+ (neutrale/positivo), la QBO+ può comunque implicare un eccessivo indebolimento della BDC con
conseguente rafforzamento del VPS. Ribadisco tuttavia che si tratta di un discorso sensato solo nell’ottica di
caratterizzare (prevedere) una singola stagione invernale poiché, nel contesto di lunghissimi periodi
(secoli) di bassa attività solare, i due fenomeni (ENSO+ e QBO-) risultano strettamente correlati
tra loro, sia nelle cause che nelle conseguenze. Personalmente mi piace definirli come “figli dello
stesso meccanismo”.
È chiaro che, come già sopra detto, se si verifica un episodio di Nino in concomitanza con la fase negativa
della QBO ed in un contesto di bassa attività solare, la fortissima (anomala) attività convettiva in sede
Pacifica porterebbe ad un vigoroso incremento della velocità e della potenza della BDC ed il VPS sarebbe
soggetto a continui e feroci riscaldamenti. La particolare e duratura debolezza del VPS coinvolgerebbe
agevolmente l’intera struttura del VP e ciò porterebbe a registrare per l’intero inverno valori estremamente
negativi dell’indice AO.
Al contrario, negli di bassa attività solare in cui si verificano condizioni di QBO+ ed ENSO–l’attività convettiva
viene fortemente inibita, per due motivi:
1) In un contesto di bassa attività solare, la QBO + comporta un abbassamento nonché un riscaldamento
della tropopausa equatoriale inibendo l’intensità e la velocità di trasporto del vapore acqueo dalla troposfera
alla stratosfera equatoriale;
2) In presenza di intensa Nina diminuisce l’area Pacifica interessata dalla convenzione profonda (relegata in
questo caso a zone circoscritte del Pacifico occidentale).
In una simile circostanza si verifica una drastica frenata della BDC con conseguente raffreddamento ed
isolamento del VPS (vedi l’anno in corso). Negli inverni dominati da tale quadro tele-connettivo il VPS si
presenta quindi eccezionalmente freddo, forte ed interessato da veloci venti zonali. Come visto in
precedenza, salvo eventi eccezionali (affetti da bassissima probabilità), anche la troposfera alle medie
latitudini risulterebbe completamente bloccata (tipico pattern da AO++). Non mi dilungo a spiegare le nocive
conseguenze che tale configurazione ha sul clima autunno-invernale europeo (anche perché le abbiamo
vissute da poco e le stiamo sperimentando tutt’ora).
Questa particolare situazione è stata anche oggetto di studio in una ricerca condotta dai professori Charles
D. Camp e Ka-Kit Tung del “Department of Applied Mathematics, University of Washington”. Questi infatti, tra
le altre cose, attraverso ricerche statistiche hanno concluso che negli anni di minimo solare, QBO positiva ed
ENSO- il Vorice Polare Stratosferico riceve il “minor disturbo possibile” e le probabilità che si verifichino
fenomeni di Stratwarming tendono a zero.
In questi frangenti inoltre, a causa del blocco quasi totale della BDC e dell’assenza di Stratwarming, si
verificano bassissimi afflussi di ozono nella stratosfera polare. Inoltre, per via delle bassissime temperature
che si registrano in essa, aumenta notevolmente la capacità delle sostanze inquinanti antropogeniche di
distruggere il poco ozono presente. Ciò porta al verificarsi di fenomeni improvvisi di “buco dell’ozono” anche
sul polo nord, portando i fedelissimi dell’AGW a gridare alla catastrofe (questo concetto verrà meglio
approfondito nella prossima Parte VI).
Poichè negli ultimi due inverni si sono verificate le situazioni opposte sin qui descritte, ho la possibilità di farvi
comprendere a livello visivo la teoria che vi ho sin quì esposta. Infatti sono riuscito a reperire una videosequenza che mostra il quantitativo di ozono stratosferico presente sul polo nord durante gli inverni 2010 e
2011 (esclusi i mesi di dicembre). A tal proposito ricordo che l’inverno 2010 è stato contraddistinto da QBOed ENSO+, mentre nell’ultimo inverno (2011) si sono avuti QBO+ ed ENSO-. In entrambi i casi l’attività solare
si è mantenuta su valori molto bassi.
Avrete sicuramente notato la differenza lampante tra i due anni. In particolare, nell’ultimo inverno, lo
sfavorevolissimo quadro tele connettivo, ha portato ad eccezionale isolamento del VPS che per diversi mesi
è risultato inscalfito da qualsiasi tentativo di forcing troposferico (espansione delle Onde di Rossby). Ciò ha
portato alla formazione di un anomalo buco dell’Ozono di cui si parla ancora in questi giorni. Sempre in
riferimento all’ultimo inverno, avrete notato come il quantitativo di ozono sul polo era maggiore ad inizio
gennaio che a febbraio-marzo. Questo è un fatto straordinario se si pensa che, causa i frequenti
stratwarming che di norma con l’arrivo della radiazione solare interessano l’ultima parte dell’inverno, i
quantitativi maggiori di ozono si hanno sempre alla fine della stagione fredda. Questa cosa può essere
spiegata semplicemente considerando che la QBO va letta con qualche mese di ritardo (circa 4 mesi).
Pertanto, poichè nel 2010 la QBO a 50 hpa è passata in campo positivo solo a metà settembre, per tutto
dicembre 2010 e metà gennaio 2011 si è beneficiato del Pattern QBO- /bassa attività solare, che come visto
è in grado di rendere efficace la BDC con tutte le conseguenze del caso (VPS/VP deboli e buono contenuto
di ozono nella stratosfera polare). Non è un caso che per tutto dicembre 2010, fino a metà gennaio 2011gli
indici AO e NAO si sono tenuti su livelli bassissimi. Nella fase successiva dell’inverno invece, la QBO+,
favorita dall’azione della Nina, ha iniziato a dare i suoi effetti negativi portando l’intera struttura del VP ad
essere estremamente compatta (AO ++).
Nell’inverno 2009-2010 invece, la concomitanza tra QBO- ed ENSO+ ha dato vita ad una situazione a dir
poco eccezionale nell’ambito del Vortice Polare. La stratosfera polare ha ricevuto per tutti i mesi invernali
grossi apporti di ozono e l’intera struttura del VP è stata continuamente sfaldata (in questo inverno si sono
registrati i valori negativi record dell’indice AO).
La foto dal satellite immortala lo scenario “apocalittico”che vede il Regno Unito completamente sommersodal
ghiaccio e dalla neve durante l’inverno 2009-2010.
Restando in tema, voglio infine presentarvi la ricerca forse più significativa in questo campo. Intitolata “Effect
of QBO and ENSO on the Solar Cycle Modulation of Winter North Atlantic Oscillation” e pubblicata nel 2007
dal Prof. Yuhji Kuroda del “Meteorological Research Institute di Tsukuba”, detta ricerca analizza in
comportamento dell’indice NAO in relazione alla bassa attività solare. Nello specifico Kuroda sostiene che,
con QBO Occidentale e La Nina, la NAO Index, divenendo un pattern locale, ha meno influenza sulle
dinamiche Emisferiche a larga scala e non ha ripercussioni forti sulla Stratosfera.
Al contrario, in anni caratterizzati da QBO Orientale e El Nino, il NAO Index ha ripercussioni in modo marcato
sull’intero Emisfero Nord nonché sull’intera stratosfera polare.
Se si pensa che l’indice NAO quando assume valori negativi in inverno è segno dell’anomalo
stazionamento di un anticiclone caldo nei pressi del Vortice Polare (Islanda), alla luce di quanto
sin qui detto si comprendono le ragioni del Prof. Kuroda. Infatti in presenza di minimo solare,
QBO- ed ENSO+ il VPS si presenta estremamente rallentato ed in queste condizioni l’onda
anticiclonica associata al Pattern NAO- ha molte più probabilità di approfondirsi e penetrare nella
stratosfera polare (onda stazionaria) gettando le basi per la formazione di eventi importanti
aventi ripercussioni marcate su tutto l’emisfero nord. Al contrario, negli anni con minimo
solare,QBO+ ed ENSO- , l’onda difficilmente potrà approfondirsi ed i fenomeni ad essa associati
risulteranno limitati sia spazialmente che temporalmente.
Come detto la ricerca è stata pubblicata nel 2007 e pertanto il Professor Kuroda ha dovuto attendere
appena un paio d’anni per verificare a pieno la bontà dei suoi studi.
Finisce qui la Parte V. Dalla prossima Parte cercheremo di capire quali configurazioni tele-connettive
dominavano nella PEG. In altre parole, alla luce di quanto imparato sino ad ora e servendoci di numerose
ricerche scientifiche nonchè di svariati documenti storici, cercheremo di inquadrare il meccanismo
responsabile del raffreddamento delle medie latitudini boreali (Europa in particolare) che, iniziato alla fine
dell’epoca medioevale, arrivò al culmine nella prima metà del 1800.
Riccardo