I Parte punto 1

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I Parte punto 1
CAPITOLO 1
La lettura: dubbi e riflessioni
In questi ultimi anni, il tema della lettura e del suo avvenire nel panorama
della società attuale, che subisce continui e repentini cambiamenti, ha
interessato molto i professionisti del libro, dai bibliotecari, ai librai, agli editori,
agli insegnanti, animando discussioni, convegni, dibattiti, corsi di formazione,
che hanno prodotto una notevole mole di testi scritti sull’argomento.
Le nuove tecnologie stanno provocando vistosi cambiamenti nella nostra
società, cambiamenti che riguardano soprattutto le modalità di trasmissione
delle informazioni. In questo nuovo contesto il ruolo del libro viene ad esser
messo in discussione e se ne è, anche, ipotizzata la morte; questa
apocalittica previsione (per fortuna non condivisa da tutti quelli a cui sta a
cuore questo argomento) non mette, però, in discussione un avvenire per la
lettura: “finché durerà l’attività di produrre testi attraverso la scrittura (in una
forma qualsiasi), non potrà non durare l’attività corrispettiva di leggerli,
almeno per qualche porzione (massima o minima che sia) della popolazione
del globo terrestre”1 e oggigiorno è prodotta, per funzioni diversissime, una
tale quantità di scritto quanta non se ne era mai vista.
1
ARMANDO PETRUCCI, Leggere per leggere: un avvenire per la lettura, in Storia della lettura nel
mondo occidentale, a cura di Guglielmo Cavallo e Roger Chartier, Roma-Bari, Laterza, 1995, p.
411-417; la citazione è da p. 411.
5
Ciò che, dunque, interessa, non è se si leggerà, ma l’importanza e il ruolo
che questa pratica avrà o dovrebbe avere nella nuova società che si sta
delineando.
I dibattiti ruotano, dunque, intorno alla necessità di definire progetti lettura
nelle scuole o in biblioteca con l’obiettivo di istituzionalizzare l’importanza che
il ruolo della lettura deve avere nella vita di una persona e promuovere
l’abitudine stessa a leggere sin dall’infanzia.
Il dibattito sulla promozione della lettura va di pari passo con quello sul
piacere di leggere. Ad entrambi i temi Eros Miari2 ha attribuito padri nobili: la
Circolare ministeriale 105 emessa il 27 marzo 1995 dall’allora ministro per
l’istruzione Giancarlo Lombardi, per il primo, e il romanziere francese Daniel
Pennac, per il secondo (anche se la canonizzazione della locuzione va
attribuita a Ermanno Detti, Il piacere di leggere, Roma, La Nuova Italia,
1987). Chiunque decida di occuparsi, o anche solo di interessarsi, a questo
tema e alle sue implicazioni a carattere anche morale, non può prescindere
dall’aver letto Come un romanzo di Daniel Pennac.3 Tutti i dubbi o le certezze
che si hanno su questo argomento, vengono alla luce leggendo le sue
pagine: il nostro essere lettori orgogliosi, il nostro esser niente affatto lettori,
ciò che abbiamo provato quando abbiamo letto il primo libro, i nostri tentativi
2
3
EROS MIARI, A che libro giochiamo?, Milano, Mondadori, 1999.
DANIEL PENNAC, Come un romanzo, Milano, Feltrinelli, 1992.
6
di iniziare alla lettura una persona a noi cara che sembra proprio volerne fare
a meno, o i nostri tentativi di sottrarci a quell’invito autoritario a leggere.
Questa stessa parte della mia trattazione sembra poter trarre origine da
un brano estrapolato da questo saggio ed è, forse, proprio dopo aver letto
queste sue riflessioni, che ho ritenuto fosse importante dedicare una parte
della mia tesi alle perplessità e ai dubbi di coscienza che possono scaturire
dalla dichiarata volontà di diffondere, quasi “per forza”, l’abitudine alla lettura.
“ […] l’assoluta necessità di leggere, che ottiene l’unanimità.
Il dogma.
Ci sono quelli che non hanno mai letto e se ne vergognano, quelli che
non hanno più tempo per leggere e se ne rammaricano, quelli che non
leggono romanzi, ma libri utili, saggi, testi tecnici, biografie, libri di storia,
quelli che leggono di tutto, quelli che “divorano libri” e gli brillano gli occhi,
quelli che leggono solo classici, signore, “perché non c’è maggior critico del
vaglio del tempo”, quelli che passano l’età matura a “rileggere”, e quelli che
hanno letto l’ultimo tale e l’ultimo talaltro, perché bisogna pure, signore,
tenersi al corrente…
Ma tutti, tutti, in nome della necessità di leggere.
Il dogma.”4
Analizzando la bibliografia che mi è stata consigliata, e quella che mano
mano ho reperito, sul tema della lettura e della sua promozione, mi sono resa
4
Ivi, p. 56.
7
conto che, in effetti, i miei dubbi hanno afflitto molti degli esperti che si
occupano di questi temi e che scrivono sull’argomento. Già nel 1982 Roberto
Denti afferma: “Prima di chiederci che cosa far leggere, e come, dobbiamo
dunque chiederci perché leggere, se leggere è o no utile e necessario.”5
Significative sono le domande che si pone Elisa Zoppei:
“come possiamo motivare noi stessi, i nostri figli e i nostri alunni alla
lettura facendo leva su argomentazioni vive e condivisibili, senza cadere in
pregiudizi intellettualistici o moralismi fuori del tempo? In altre parole, perché è
ancora importante educare a una lettura che non sia solo decodifica
strumentale del segno, mera comprensione del significato, oggettiva
interpretazione del messaggio?”6
Molti sono i convegni e i dibattiti sulla necessità di diffondere la lettura, ma
è, poi, veramente così importante che le nuove generazioni si affezionino a
questa antica pratica? Che imparino ad amare la lettura, che si abituino ad un
rapporto quotidiano con i libri? E’ veramente così importante ideare progetti,
pianificare tempi e aree di intervento, impiegare risorse umane e finanziarie
provenienti dai fondi pubblici, “solo” per fare in modo che nel nostro paese si
legga di più, sia quantitativamente che qualitativamente? E che utilità ha dal
punto di vista della formazione di un ragazzo e di una persona? O, forse,
conviene chiedersi il contrario, come fa Ermanno Detti, “perché mai un
5
ROBERTO DENTI, Come far leggere i bambini, Roma, Editori Riuniti, 1982, p.10.
ELISA ZOPPEI, Laboratori di lettura: metodi e tecniche di animazione del libro, Milano,
Mondadori, 2003, p.12.
6
8
ragazzo dovrebbe faticare se i nuovi mezzi di comunicazione gli permettono di
fruire di qualcosa in maniera più agevole e, per giunta, più competa?”7
Nella letteratura professionale, in molti hanno tentato di dare delle risposte
a questi interrogativi, risposte che spesso non sono definitive, ma lasciano
aperti nuovi quesiti e nuovi spunti di riflessione.
Credo si possano distinguere due diversi modi di pensare al riguardo: da
una parte c’è chi ha posto l’accento sulla sfera emozionale e sul piacere che
deriva dalla lettura; dall’altra c’è chi ha tentato di dare risposte sensate, che
dessero delle motivazioni materiali ad una pratica che sembra appartenere,
prima di tutto, all’intelletto e alla sfera emozionale.
Perché trasmettere l’amore per la lettura?
Per il piacere e le emozioni che solo i lettori sanno si possono provare!
“La lettura è il viaggio di chi non può prendere il treno.”
“Si legge non tanto perché fa bene, ma perché ci fa sentire bene.”
“È una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che
nessun’altra potrebbe sostituire.”
Molte sono le frasi ad effetto che sono state dette al riguardo e le poesie
che il leggere ha ispirato. Ciò che traspare da queste affermazioni sono i
sentimenti di chi ama leggere e si considera un lettore nonostante le
statistiche ripetano a gran voce che l’Italia è un paese di non lettori, dove i
7
ERMANNO DETTI, La lettura e i suoi nemici, Roma, La Nuova Italia, 1998, p. 29.
9
lettori forti arrivano appena al 13% e il futuro stesso dei libri a stampa è in
crisi.
Questa parte della trattazione è iniziata partendo dal diffuso pregiudizio
intellettualistico
che,
comunque,
la
lettura
sia
il
miglior
mezzo
di
acculturazione. In realtà, questo non è l’unico luogo comune che ruota intorno
alla lettura e c’è anche una larga parte della comunità che ritiene esattamente
il contrario. Lo stesso Luca Ferrieri8, ammette che nella cultura occidentale si
è portati a credere che la sfera della realtà sia separata da quella dei libri,
condannando quest’ultima a riflesso di ciò che accade sempre e comunque
altrove; il lettore viene, perciò, classificato come distratto, sognatore, asociale,
pavido, che ha paura del mondo e ha del mondo solo una conoscenza di
seconda mano. Già Virginia Woolf nel suo saggio “Ore in biblioteca” del 1916
aveva reso la differenza tra l’identikit che comunemente si fa del lettore,
ironicamente definito topo di biblioteca, e quello che lei considerava il vero
lettore:
“Proviamo ad immaginare una figura pallida e delicata in vestaglia, presa
in rimuginazioni, incapace di alzare un bollitore dal fuoco o di rivolgersi a una
signora senza arrossire; uno che non sa le notizie del giorno, per quanto sia
informatissimo sui cataloghi delle librerie dell’usato nei cui oscuri paraggi
trascorre le ore in cui il sole è alto: è indubbiamente un tipo gradevole nella
8
LUCA FERRIERI, Fare/Leggere: i paradossi della promozione della lettura, in La lettura come
progetto, a cura di Massimo Belotti, Milano, Ed. Bibliografica, 1997, p. 51-67.
10
sua burbera semplicità, ma per nulla somigliante all’altro al quale vogliamo
rivolgere la nostra attenzione.
Perché il vero lettore è giovane nella sua essenza. È una persona
d’intensa curiosità, piena d’idee, aperta e comunicativa, per la quale leggere
ha più il carattere di un vigoroso esercizio all’aria aperta che non quello di
studiare al chiuso.”9
Coloro che si dedicano a promuovere la lettura, sanno perciò, poiché lo
hanno provato sulla loro pelle, visto che ci si aspetta siano essi stessi buoni
lettori, che non si legge solo perché fa divenire più intelligenti, o per fare bella
figura, ma per le sensazioni che si provano, per appagare il proprio bisogno di
storie.
Ermanno Detti10 sostiene l’esistenza di una “LETTURA SENSUALE” in cui
tutti i sensi sono assorbiti dalle vicende di un libro, quasi tagliando fuori il
mondo quotidiano. È un momento magico che quasi riesce a far distaccare il
lettore dal mondo e gli fa dimenticare tutte le preoccupazioni contingenti per
immergerlo in un mondo a parte. Ma, l’autore, tiene a mettere in evidenza
quanto questa non sia un’esperienza astratta, ma concreta, che lascia tracce
profonde; il lettore torna alla realtà arricchito e la arricchisce con quella
benefica esperienza. La stessa opinione è espressa da Luca Ferrieri:
9
VIRGINIA WOOLF, Come si legge un libro, Milano, Baldini & Castaldi, 1999, p.17.
ERMANNO DETTI, Il piacer di leggere, Roma, La Nuova Italia, 1987.
10
11
“La lettura difende il suo statuto di realtà seconda, di possibilità reale, di
reale più del reale proprio perché altro del reale. Fornisce strumenti,
motivazioni, emozioni per l’azione e l’intervento sulla realtà. […]
Nessuna convinzione è più miope di quella che assegna alla lettura un
ruolo irrilevante nelle vicende storiche; essa è da sempre impegnata nel
disegnare mondi, nell’arredarli, nel distruggerli.”11
Tra i dieci diritti del lettore di Daniel Pennac al sesto posto c’è il “diritto al
bovarismo” che significa partecipazione emotiva, attitudine ad una lettura
sensistica e sensuale, il diritto a credersi diversi da ciò che si è, almeno per il
tempo in cui dura il nostro libro, e forse nessun’altra attività permette di fare
altrettanto!
Ma non sempre i lettori sentono il desiderio di spiegare il loro piacere; c’è
una categoria di lettori che compra sempre i libri che ama, soffre nel doverli
prestare e prova fastidio a dover raccontare le proprie letture, il come e il
quando. Leggere è un atto individuale, intimo, che sfugge ad ogni definizione
e generalizzazione. “Grazie al cielo, il piacere di leggere non si riesce ad
insegnare. […] Grazie al cielo il piacere di leggere (come tutti i piaceri
d’altronde) è una faccenda privata.”12
11
LUCA FERRIERI, Fare/leggere: i paradossi della promozione della lettura, in La lettura come
progetto, a cura di Massimo Belotti, Milano, Ed. Bilnliografica, 1997, p. 51-67; la citazione è da p.
56.
12
PIERO INNOCENTI, La pratica del leggere: con ottanta interviste a lettori per vocazione, per
mestiere, per sensualità, per inedia, Milano, Ed. Bibliografica, 1989, p.137.
12
“Riuscire a insegnare l’innamoramento della lettura ad un bambino vuol
dire salvargli la vita. Non perché diventerà una persona colta, non è così
necessario, ma perché diventerà una persona; questo è necessario.
Insegnare la lettura vuole dire insegnare a stare soli. Quella parte positiva
della solitudine che non è abbandono, ma creatività, ascolto di sé. Un artista è
solo quando si ispira e quando crea. Naturalmente c’è una altra parte della
solitudine molto brutta, che i nostri giovani temono e che hanno tutte le ragioni
di temere. Non perché loro siano soli, ma perché si sentono soli in un mondo
affollatissimo. È per questo che molti di loro non riescono a leggere.”13
La capacità di immergersi nella solitudine della lettura, mettendo in gioco
la componente affettiva, emotiva e relazionale insita nella esperienza della
lettura, richiede una nostra salda sicurezza emotiva. Se una persona non è
abbastanza serena per poter stare sola, non leggerà, non potrà leggere. Per
insegnare a leggere occorre, anche, insegnare a volersi bene.
Mettere l’accento su questo aspetto significa essere convinti che saper
leggere non coincide con il gusto di leggere. Non si legge un romanzo per
trovare delle risposte, ma per vivere una storia, e ci piacerà solo se ci avrà
fatto provare delle emozioni. “Vi chiederete che cosa centra la felicità con la
lettura. C’entra tutto, la lettura centra con le emozioni e le emozioni c’entrano
13
PAOLO CREPET, Perché leggere? Aspetti psicologici e sociologici della lettura, in Pianeta
lettura, a cura di Massimo Belotti, Milano, Ed.Bibliografica, 1999, p. 9-14; la citazione è da p. 13.
13
con la nostra inquietitudine che c’entra con l’impossibilità di essere felici o con
l’impossibilità di trattenere la felicità.”14
Come si è già detto, il perché sia giusto diffondere l’abitudine ai libri non ha
solamente motivazioni legate alla sfera emozionale; c’è anche chi ha tentato
di dare risposte diverse, più materiali e concrete.
Opinione condivisa e autorevole è quella di Tullio De Mauro, secondo il
quale l’abitudine alla lettura e il sicuro possesso della comprensione dei testi
scritti sono, subito dopo la qualità dell’insegnante, il fattore più direttamente
correlato al profitto scolastico, non solo nell’uso della lingua materna, ma
anche nell’apprendimento delle altre materie; “ciò che più conta perché una
bambina o un bambino vada bene a scuola non è il reddito, non è la
collocazione regionale, non l’uso familiare dell’italiano più che di un dialetto,
ma è il numero di libri posseduti a casa (e accessibili a scuola).”15
Anche durante il convegno “Lettura e gioco” tenuto a Roma l’11 e il 12
marzo di questo anno, si è arrivati a conclusioni simili: leggere e cantare aiuta
il bambino ad interagire con le parole e associare significati, è perciò
importante leggere un libro ad un bambino, anche se ancora non conosce il
significato di tutti i vocaboli, perché desta la curiosità e l’intelligenza. Introdurre
i bambini alla lettura li aiuterà a divenire adulti responsabili; si è parlato di
14
Ivi, p. 10.
14
impegno civico, concordando perciò pienamente con De Mauro che, a quanto
già detto, aggiungeva: “Riuscire ad incidere positivamente sulle condizioni
della lettura fin dalla prima età è, dunque, un obiettivo strategico.”16
La promozione della lettura fin dalla più tenera età, mira a creare il lettore
di domani, una persona capace di decifrare e interpretare ogni tipo di
messaggio, una persona curiosa e legata alla cultura.
Nello stesso convegno è stata, anche, ascoltata un’opinione diversa dai
così detti esperti in promozione della lettura, o, comunque, professionalmente
distante dal mondo del libro, dell’editoria e delle sue strategie. Mi riferisco a
Luisa Morolla, medico pediatra. Le sue affermazioni hanno trasferito i quesiti
che ci si era posti su di una sfera apparentemente lontana, facendo divenire la
cultura e la lettura un problema medico. Non è noto a tutti che la mortalità
infantile diminuisce, a parità di condizioni sociali, a seconda del grado di
istruzione della madre; e anche la percentuale di mamme bambine diminuisce
a seconda del livello culturale. È perciò importante leggere ad alta voce al
bambino fin dalla più tenera età:
•
avvicina al genitore, perché ne richiede la disponibilità
•
non fa stare il bimbo da solo, come accade spesso davanti la
televisione
•
stimola la fantasia
15
Da tre libri in su…la biblioteca è mia! Guida alla scelta dei libri per bambini, a cura di Francesco
De Renzo - Stefania Fabbri - Giovanni Solimine, Milano, Feltrinelli, 2002, p. 5.
16
Ivi, p. 6.
15
•
permette anche al genitore di tornare bambino
•
arricchisce il vocabolario
•
la favola si costruisce un po’ per volta e crea complicità col genitore
•
crea importanti momenti di riflessione, in quanto è difficile
interrompere una trasmissione televisiva per parlare, è, invece,
facile fermarsi e discutere leggendo un libro
Per tutti questi buoni motivi, il Ministero della Sanità ha deciso di occuparsi
di lettura, oltre che partecipando al progetto dell’AIB Nati per leggere di cui si
parlerà più avanti, anche inserendola tra le prescrizioni da fare ai genitori:
“fatelo dormire a pancia in su; leggetegli una favola!”
La lettura del messaggio scritto è cosa diversa dalla lettura di immagini:
mentre nel secondo caso si offrono interpretazioni esplicite ed unilaterali dei
contenuti, la lettura consente una gestione autonoma, “un libro si può
rileggere, sottolineare, decidere di saltarne i passaggi, si può riflettere sul
senso di una parola o di una frase, dare un ritmo personale alla lettura,”17 in
questo modo è più facile che i ragazzi imparino ad articolare i propri punti di
vista acquisendo una maggiore sicurezza a relazionarsi con gli altri.
17
Ma che cos’è questa crisi, a cura del gruppo “Leggere per…”, «Il Pepeverde», (2003), n.15, p.
36-37.
16
Come la fruizione della lettura e la sua utilizzazione nei vari ambiti sia
importante, non solo per il percorso culturale del ragazzo, ma anche per il suo
divenire adulto responsabile e intelligente, è un tema sul quale ha insistito
molto anche Lucia Lumbelli.18 Lei sottolinea la necessità che l’insegnante
risolva i problemi che i bambini possono avere nella comprensione verbale,
così da rimuovere ogni ostacolo pratico che possa allontanarli dalla lettura.
I ragazzi che hanno frequenti vuoti nel processo di ricostruzione dei
significati del discorso (scritto o orale) altrui, rischiano di restare tagliati fuori
da ogni forma di comunicazione culturale e scientifica. Incoraggiare a leggere
significa incoraggiare a capire, ecco che ancora una volta si parla di impegno
civico: diffondere l’abitudine alla lettura non ha solo finalità culturali, ma anche
la finalità costituzionale di eguagliare il più possibile le occasioni di formazione
scolastica di tutti i futuri cittadini.
Con la Circolare Ministeriale 105, già menzionata, questi principi sono stati
riconosciuti anche al livello più alto dell’amministrazione. L’oggetto di questa
circolare è il Piano per la promozione della lettura nelle scuole di ogni ordine e
grado e con essa il Ministero ha ammesso di considerare l’educazione alla
lettura come uno dei principali obiettivi formativi della scuola. Lo scopo è
fissare linee e criteri generali di riferimento che consentano, anche sul piano
operativo, di incentivare e sostenere le iniziative locali e coinvolgere i vari
livelli di scolarità in un Piano Nazionale di educazione alla lettura. Il Piano
predisposto “si prefigge di definire un quadro organico finalizzato non solo a
18
Incoraggiare a leggere, a cura di Lucia Lumbelli, Roma, La Nuova Italia, 1998.
17
stimolare le capacità propositive nel mondo della scuola, ma soprattutto ad
impostare una politica di promozione della lettura che superi gli ambiti specifici
dell’educazione linguistica per connotarsi come obiettivo più ampio di
formazione della persona e che abbia come obiettivo formativo quello di
consentire
a
tutti
i
cittadini
di
saper
gestire
autonomamente
e
consapevolmente il proprio rapporto con la sfera dell’informazione e con le
proprie aspirazioni culturali.”19 Buoni propositi sembrano, quindi, aver animato
la stesura di questa circolare, ma ad essa Tullio De Mauro, nell’introduzione
alla guida sentimentale di libri per ragazzi nata dalla cooperazione di Roberto
Denti, Bianca Pitzorno e Donatella Ziliotto,
attribuisce almeno due difetti:
“arriva con decenni di ritardo; non mette a disposizione delle scuole i mezzi
finanziari per far funzionare le biblioteche scolastiche, che in Italia non sono
mai state istituzionalizzate.”20
Qualunque sia il motivo, la ragione profonda per cui è considerato
eticamente legittimo diffondere l’amore per la lettura, appare, comunque,
chiaro che questo obiettivo è ormai apparentemente condiviso da tutti e anima
qualsiasi progetto lettura.
Il piacere di leggere continua ad essere il tema principale di saggi,
convegni e anche tesi di laurea. Eros Miari, in una intervista ad Antonio
19
20
www.alice.it/publish/law.pub/com105.htm (13/09/2003)
R. DENTI, 100 libri: per navigare nel mare della letteratura per ragazzi, Milano, Salani, 1999.
18
Leoni, parla di questa abitudine ad insistere in via teorica sul piacere della
lettura e dell’uso frequente di questa locuzione:
“Penso che l’affermazione sacrosanta del piacere di leggere sia stata
banalizzata in questi anni da molti che non avevano nessuna intenzione di
impegnarsi a costruire un vero progetto per la lettura.”21
Molto, dunque, si è scritto e si continua a scrivere, tanto che viene da
chiedersi cos’altro c’è da dire?
Impegnandomi nella realizzazione di questa tesi più volte sono stata
sopraffatta da mille dubbi. Pur nella consapevolezza di non esser messa di
fronte l’obiettivo di dare finalmente una versione definitiva al dibattito intorno
al quale da molto ruotano i pensieri e le riflessioni di professionisti ricchi di
esperienza, continuavo a domandarmi cosa c’è di originale da aggiungere a
quanto fin’ora detto?
Il miglior modo per risolvere i dubbi e chiarirsi le idee, credo, sia quello del
confronto, parlare e discutere con persone più competenti di noi nella materia
che ci provoca perplessità, oltre a leggere quanto su quegli argomenti è stato
scritto. Questo è stato quello che ho tentato di fare avendo avuto l’opportunità
e la fortuna di esser messa in contatto ed inserita in una realtà, come quella
della biblioteca comunale di Soriano nel Cimino, dove questi temi sono presi
in considerazione con molta serietà e partecipazione.
21
ANTONIIO LEONI, La fatica di leggere: intervista a Eros Miari, «Il Pepeverde», (2003), n.15, p.
30-32.
19
A contatto con questa realtà, dove si mette in pratica quanto è già stato
approfonditamente messo in teoria (dove anzi la teoria e la pratica
interagiscono tra di loro, come accade, quando concretizzando le attività, ci si
rende conto di ciò che funziona e di ciò che ha bisogno di un cambiamento di
rotta), sono stata messa nella condizione di rendermi conto di quanto, in
realtà, le parole siano ancora necessarie per poter passare ai fatti. Dopo aver
molto parlato e dopo aver concluso che è da considerare buono il proposito
di diffondere l’abitudine alla lettura nelle nuove generazioni, bisogna, ho
pensato io, passare all’atto pratico, è necessario che lo Stato stanzi fondi e
approvi progetti e che si cominci a fare qualcosa con diffusione capillare a
livello nazionale e non solo affidandosi a volontari sensibili e anche capaci,
ma che non possono essere in grado di risolvere problemi che vanno oltre la
loro delimitata realtà. Questa mia conclusione, che ad un primo momento, mi
era sembrata indiscutibile e sicuramente ovvia, è stata, invece, smontata con
molta naturalezza da chi con questi problemi ci convive ormai da molto
tempo. È fin troppo scontato che bisogna iniziare a fare qualcosa, che
bisogna iniziare a dare risultati, ma partendo da dove? Fin ora si è detto
molto e anche fatto molto, in fondo, ma fatto nel senso di sperimentato,
ognuno a modo suo e ognuno nel suo piccolo. Ora bisogna tirare le fila,
veder cosa è stato fatto bene e cosa non è andato e cominciare tutti insieme
da un punto comune.
Tito Vezio Viola, in un articolo sul Pepeverde, parlando del piacere di
leggere conferma queste considerazioni e credo, constatata la sua chiarezza,
20
possa essere utile riportare quasi interamente il pezzo in cui esprime queste
idee, per meglio chiarire quanto io stessa ho tentato di affermare:
“Il nostro progetto lettura deve raggiungere il piacere di leggere. Un
obiettivo forte e comprensibile, apparentemente condiviso da tutti e quindi
comprimibile e adattabile ad ogni strategia pedagogica, senza mettersi in
discussione, senza attraversare crisi professionali, spesso continuando a fare
esattamente quello che si faceva prima, solo riverniciandolo un po’.
Il meccanismo è più o meno lo stesso di quando si parla di pace: tutti
siamo d’accordo, tutti siamo per la pace. Ma se poi scrostiamo il primo strato
superficiale di parole astratte, ci accorgiamo di quante diversità di significati,
a volte incompatibili fra loro: chi vuole la pace con i carri armati, chi col tritolo,
chi con le carte bollate, chi con la finanza, chi con le bandiere.”
E ancora:
“[…] logo senza identità definito non dal suo contenuto ma dal suo gergo
e, proprio per questo, nascondiglio di scelte mai confrontate e mai messe in
discussione. C’è chi continua a fare i progetti lettura con le schede di
comprensione (rinvigorite da un’editoria scolastica e parascolastica che negli
ultimi anni sembra tornata ad abbassare alcuni livelli di qualità), chi utilizza
l’animazione teatrale e basta, chi persevera sul libro unico di lettura (Cuore è
ancora tra i primi posti sulle cattedre e i banchi), chi adopera la
metacognizione riducendola a fantastici schemetti e freccette cerebrali, chi si
chiude nelle sue gelosissime bibliotechine di classe. Litigheremmo finalmente
21
come dannati se esplicitassimo fino in fondo le nostre strategie diverse e le
scelte professionali che le supportano, e questo ci accrescerebbe molto.
Invece no, sotto il sacrale ombrello del piacere di leggere ogni cosa è buona
e ogni progetto va bene.”22
C’è ancora, quindi, qualcosa da dire, dopotutto! Vanno analizzate le varie
esperienze e (tenendo ben presente che nessun progetto può esser portato
avanti senza l’appoggio teorico e finanziario dell’amministrazione pubblica)
confrontate per poter vedere se, partendo da un punto comune, è possibile
fare concretamente qualcosa per diffondere l’amore per la lettura in un paese
come l’Italia dove nel 2000 (ultimo dato Istat fornito)23 solo il 38,3% della
popolazione con più di sei anni ha dichiarato di aver letto durante l’anno
almeno un libro non scolastico.
Vista secondo quest’ottica, anche la mia tesi di laurea può offrire un
contributo a questa ammirevole crociata.
Dopo una prima parte dove si tenterà di fare il quadro generale delle
problematiche legate alle difficoltà materiali e logistiche nella realizzazione di
strategie per la promozione della lettura (il rapporto tra la lettura e i nuovi
linguaggi, chi deve occuparsi della diffusione della lettura, a chi deve
rivolgersi e come, quali sono le strategie considerate più efficaci), verrà
22
TITO VEZIO VIOLA, Sotto l’ombrello del piacere di leggere, «Il Pepeverde», (2002), n.13, p. 2022.
23
GIOVANNI PERESSON, Indietro tutta: praticamente fermi, «Giornale della Libreria», gennaio
(2002), p. 26-27.
22
descritto e analizzato il caso particolare di una biblioteca di base della
provincia di Viterbo, la biblioteca di Soriano nel Cimino, dove molta
importanza è stata data alla sperimentazione di queste strategie e
all’obiettivo di diffondere l’abitudine alla lettura nella comunità che è chiamata
a servire.
23