Prima sessione: i temi della cooperazione economica

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Prima sessione: i temi della cooperazione economica
Quinta riunione della Commissione parlamentare
di collaborazione Italia-Brasile
(3-9 luglio 2016)
Prima sessione: i temi della cooperazione economica
Spunti d’intervento per l’on. Fabio Porta,
Presidente del Comitato permanente sugli italiani nel mondo
e la promozione del sistema-Paese della
Commissione Affari esteri della Camera dei deputati
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Il Brasile è da sempre una terra delle opportunità: lo è stato al momento
della sua scoperta, e poi per le grandi masse d’emigrati italiani, e lo è oggi per
le imprese e le strategie internazionali dell’Italia e non solo.
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La recente visita del Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi in
Sudamerica, anche se non in Brasile, sottolinea l’interesse geograficoeconomico dell’Italia verso i paesi latino-americani, in sintonia con
l’interesse degli imprenditori italiani verso la regione.
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La forza dei rapporti italo-brasiliani non passa solamente attraverso
l’economia, ma soprattutto attraverso il trascorso umano. Senza scomodare
Amerigo Vespucci, che scoprì la Bahia de Todos os Santos – baia di
Ognissanti, dove fu costruita Salvador – nel 1501, ci si rende conto di quanto
il Brasile abbia a che fare con l’Italia appena si atterra a San Paolo: più della
metà della popolazione (quasi 12 milioni di persone) è di origine italiana;
interi quartieri sono stati influenzati dalla cultura italiana.
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Il Brasile conta 31 milioni di discendenti di italiani. L’Italia è il settimo
investitore in Brasile e questo è un fattore importante anche da un punto di
vista politico, nonostante gli screzi politico-giuridici degli ultimi anni. A
dispetto del rallentamento economico del Paese sudamericano, che vive una
fase di recessione già da metà dell’anno scorso, le nostre esportazioni
mantengono una quota di mercato importante (2,75%). Questo fa dell’Italia
un rilevante partner commerciale, il secondo fornitore europeo dopo la
Germania.
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Dai dati ISTAT emerge che nel 2015 le esportazioni dell’Italia verso il
Brasile sono ammontate a 3.873,4 milioni di Euro (-23,7% rispetto al 2014),
mentre le importazioni italiane dal Brasile hanno raggiunto il valore di
3.203,2 milioni di Euro (+3,3% rispetto al 2014). Nel predetto periodo il
saldo commerciale a nostro favore è stato di 670,2 milioni di Euro contro i
1.580,7 milioni del 2014. L’interscambio si è attestato a 7.076,6 milioni di
Euro (-14,6% rispetto al 2014).
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Questi dati aiutano a spiegare meglio l’importanza del Brasile come
partner per le nostre imprese, sia in termini d’investimenti che di
interscambio commerciale, che è cresciuto di circa il 200% tra il 2003 e il
2013.
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Negli ultimi due anni si sono registrate delle flessioni in considerazione della
crisi in corso nel Paese latino-americano: le esportazioni italiane sono
diminuite rispettivamente del 6,09% nel 2014 e del 25,9% nel 2015
(attestandosi intorno ai 4,67 miliardi di dollari).
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Si conferma la tradizionale composizione del nostro export verso questo
Paese: oltre il 50% dei prodotti esportati appartengono a un segmento di alto
valore aggiunto, quali componentistica per il settore automobilistico,
macchinari per l’imballaggio, elicotteri, vaccini e prodotti terapeutici,
imbarcazioni a motore.
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Gli investimenti diretti italiani si concentrano per oltre il 30 per cento nei
servizi e nelle telecomunicazioni e per un altro 30 per cento circa nel
settore automobilistico. Ancora molto limitati, invece, gli investimenti in
Italia da parte di imprese brasiliane, del resto ancora poco propense a
internazionalizzarsi al di fuori delle tradizionali aree di interesse (Cono Sud e
Stati Uniti).
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L’Italia è presente in Brasile con quasi 1000 filiali e stabilimenti
produttivi. Tra le regioni d’insediamento e i settori di incidenza del nostro
"business" lo Stato di San Paolo, seguito da Rio de Janeiro e Minas Gerais, si
conferma essere la regione di principale destinazione dei nostri investimenti.
Per quanto riguarda i settori d’insediamento industriale, quello dei macchinari
e della componentistica industriale, quello dell’automotive e quello
dell’energia rappresentano i principali ambiti d’investimento.
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Accanto all’attività dei grandi gruppi, che hanno recentemente pianificato
investimenti di rilievo (FIAT, Telecom Italia, Ternium Techint, Azimut
Benetti), si assiste al continuo incremento della presenza di PMI italiane (ad
es.Trevi, Luxottica, Intesa San Paolo) che grazie all’alto tasso d’innovazione
tecnologica dei loro prodotti e alla componente della formazione
professionale delle risorse umane sono riuscite ad ottenere un rapido e forte
posizionamento sul mercato brasiliano.
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Nel campo degli investimenti, la presenza dell’imprenditoria italiana ha
acquisito una maggiore visibilità con l’arrivo sul mercato brasiliano di società
come Telecom, che si è affiancata ai gruppi già tradizionalmente presenti
quali Fiat (leader di mercato e una delle prime 15 imprese del Paese), Pirelli
(che controlla circa il 35% del mercato brasiliano di pneumatici e il 30% di
quello dei cavi), Eni (che ha importanti contatti con Petrobras anche nel
settore dello sviluppo di biocombustibili in Paesi terzi), Salini-Impregilo
(storicamente presente nel settore dell’ingegneria civile e che ha espresso
interesse a partecipare alle prossime gare), Finmeccanica, Tecnimont
(riammessa nelle gare per la costruzione di due impianti petrolchimici che
saranno realizzati da Petrobras nella località di Tres Lagõas, nel sud del
Paese), Alitalia (che ha recentemente comprato dal colosso brasiliano
Embraer velivoli per il trasporto regionale) ed Enel.
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La brusca contrazione del Pil – 3,8% nel 2015 – è la scossa che ha fatto
tremare il sogno – più o meno mitico – del “milagro” brasiliano. La
recessione è dovuta, in primis, a fattori esterni. Anzi a un fondamentale
fattore che è stato il motore del boom: il calo del prezzo internazionale delle
materie prime.
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Dal carbone al ferro, dal petrolio alla soia, il valore complessivo si è contratto
in media del 15%. Il contraccolpo sui paesi esportatori è stato vigoroso. La
Commissione delle Nazioni Unite per l’America latina (Cepal), regione
fornitrice per antonomasia di commodities, ha calcolato una perdita generale
dello 0,4% lo scorso anno.
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Per il Brasile, dunque, il crollo dei prezzi delle materie prime ha finito per
colpire tutti i gruppi sociali: dalla la nuova classe media, ex poveri strappati
alla miseria dai programmi sociali del governo alle élites che vedono i loro
profitti ridursi e temono di dover continuare a pagare il conto dei sussidi fino
alle fasce giovanili cresciute negli anni d’oro del “lulismo” e poco avvezze a
fare i conti con la crisi.
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Nel settembre scorso il Planalto ha annunciato di volere avviare un piano di
194,4 miliardi di reais d’investimenti (oltre 45 miliardi di euro) in logistica
(Programma di investimenti in logistica – PIL) per i prossimi anni, di cui
quasi 70 miliardi di reais tra il 2015 e il 2018. Si tratta di un importante piano
per la modernizzazione del Paese che coinvolgerà autostrade, ferrovie, porti e
aeroporti e potrà rapprentare un’ottima opportunità per le imprese italiane.
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Il Brasile infatti, al pari di tutti i Paesi del Cono Sur, soffre di una mancanza
di infrastrutture. Ciò si verifica in particolar modo nelle regioni interne,
dove il costo del trasporto della merce è ancora molto alto proprio a causa
della scarsa qualità o dell’inesistenza di vie di comunicazione.
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Lo sviluppo dell’intera regione per lo sfruttamento delle enormi risorse
geografiche è al centro del progetto di integrazione fisica della America
latina, l’Iniziativa per l’integrazione delle infrastrutture regionali
sudamericane (IIRSA). Un percorso che l’America del Sud ha intrapreso nel
2000, e che richiede analisi e tecnologia per poter sviluppare la zona in
questione.
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Il progetto si divide in “assi d’integrazione e sviluppo” che corrispondono
ad una pluralità di ree geografiche multinazionali (tra i quali, l’Asse
dell’Amazzonia, che coinvolge Brasile, Perù, Ecuador e Colombia, l’Asse
Cile-Mercosur; l’Asse Perù-Brasile-Bolivia per sviluppare le regioni interne
del Brasile e le zone orientali di Perù e Bolivia; l’Asse dello scudo della
Guyana, che include il Suriname e la Guyana, la zona settentrionale del
Brasile e quella orientale del Venezuela e e l’Asse dell’idrovia ParaguayParanà per rilanciare e migliorare la navigabilità dei fiumi che sfociano nel
Rio de la Plata, coinvolgendo Argentina, Brasile, Bolivia, Paraguay e
Uruguay).
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L’altra faccia dell’IIRSA è composta dai Processi settoriali di integrazione
che si impone l’obiettivo di armonizzazione dei sistemi normativi di ciascun
Paese – perlomeno nei settori del trasporto transnazionale nella regione, nel
settore energetico, nel settore della tecnologia dell’informazione e della
comunicazione.
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Questo ambizioso progetto non solo permetterebbe al Sudamerica di
abbattere i costi di trasporto e lanciare finalmente il commercio interno,
creando occupazione e consentendo lo sviluppo delle piccole e medie
imprese, migliorando i servizi, ma anche di imporsi come mercato mondiale.
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L’Italia può svolgere un ruolo importante, soprattutto in Brasile, dove
già opera con le sue imprese e le sue tecnologie nel settore dell’energia, con
gli studi e la realizzazione di opere infrastrutturali e nelle telecomunicazioni.
Importante sottolineare come fra le prime venti imprese in Brasile ci
siano due imprese italiane, Tim e Fiat (rispettivamente 17° e 18° per
vendite).
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Per non parlare del progetto dell’alta velocità San Paolo – Rio de Janeiro,
elaborato da Italplan – che non manca di critiche, ma di cui parleremo nel
nostro prossimo appuntamento. Nell’ultimo incontro fra Italia e Brasile lo
scorso luglio, è stata proprio la Presidente Rousseff ad invitare le imprese
italiane ad investire in Brasile, annunciando grandi opportunità di affari
soprattutto nel settore della logistica, in cui si prevedono gli investimenti
sopra citati. In quell’occasione, Dilma Rousseff ha richiamato
all’attenzione gli imprenditori italiani per partecipare al PIL, ma ha
anche auspicato un avanzamento nelle relazioni commerciali fra Italia e
Brasile.
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In quest’ottica si colloca la missione in Brasile, nel novembre scorso, del
Ministro degli affari esteri, Paolo Gentiloni, unitamente con un gruppo di
investitori. Esito del viaggio è stata la firma di un Memorandum d’intesa
(MoU) con il ministro brasiliano della Pianificazione economica, Nelson
Barbosa, per la cooperazione bilaterale e la promozione degli investimenti
nei settori delle infrastrutture e dell’energia.
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Brasile e Italia sono anche fortemente impegnati sul fronte militare per
aumentare la collaborazione strategica. L’ultimo accordo risale al 2010 e
riguarda la Partnership strategica Italia-Brasile, firmata a Washington
nel 2012 tra l’ex Presidente della Repubblica Lula e l’ex presidente del
Consiglio Berlusconi.
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La partnership costituisce un ulteriore canale di dialogo politico fra i due
Paesi e di concertazione interregionale, con l’obiettivo di stringere ancora le
già buone relazioni fra Mercosur e Unione europea, per concludersi con il
vero fulcro del testo, ovvero la cooperazione in ambito militare, economico e
spaziale. Proprio in questa sezione si ricorda l’intesa fra lo Stato Maggiore
dell’esercito brasiliano ed un’impresa italiana per la produzione di 2044
veicoli blindati per il trasporto del personale militare. Questo accordo mira
a sviluppare un rapporto privilegiato fra Italia e Brasile in campo
militare.
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Anche i fondi per la cooperazione da parte del nostro Paese a favore del
Brasile stanno tornando a crescere: per questo è stato lanciato il progetto
Brasil Pròximo, un programma di cooperazione internazionale
inaugurato dai Governi brasiliano e italiano con l’obiettivo di migliorare
le condizioni di vita delle fasce più deboli di alcune aree brasiliane, che ha
avuto il suo apice mediatico a EXPO 2015 lo scorso settembre.
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Al progetto partecipano cinque regioni italiane (Emilia Romagna, Liguria,
Marche, Umbria e Toscana) attraverso l’esperienza della diversificazione
produttiva, i servizi alle PMI, la valorizzazione del territorio e della cultura.
La Toscana, ad esempio, è intervenuta con un progetto nello stato del Piaui
nel nord est del Paese con l’obiettivo di proteggere l’area naturale della Serra
da Mantiqueira e della Serra das Confusões e di coinvolgere la popolazione
locale nello sviluppo turistico del territorio.
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L’intero progetto s’inquadra nella volontà delle Regioni italiane di seguire
con più intenzione i processi di internazionalizzazione, partendo dalla
cooperazione per rilanciare lo sviluppo di zone arretrate del Brasile come il
Nord-Est attraverso il turismo e l’impresa.
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La perdita di competitività dell’industria brasiliana nei settori più
esposti alla concorrenza estera di Paesi come la Cina o più sensibili alla
rivalutazione del real, rappresenta per l’Italia un potenziale d’assoluto
rilievo, in considerazione della crescente consapevolezza da parte delle
Autorità brasiliane della necessità di affiancare al tradizionale approccio
dirigista, tendente ad aumentare il peso dei grandi gruppi pubblici (Petrobras,
Vale, Banco do Brasil, ecc.), misure di stimolo della piccola e media
imprenditoria, fondamentali per il conseguimento degli obiettivi di maggiore
sostenibilità ambientale e sociale e di redistribuzione della ricchezza, così
come per il superamento dei tradizionali “gargalos” (colli di bottiglia) del
sistema produttivo brasiliano che affliggono anche l’economia italiana:
infrastrutture carenti, forza lavoro poco qualificata, scarsa efficienza
produttiva, tassazione superiore a quella di molti paesi europei, interventi
discrezionali del governo, corruzione endemica e burocrazia kafkiana.
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In questa prospettiva, il Mercosur gioca un ruolo essenziale: è necessario che
il Brasile flessibilizzi le regole all’interno del consesso sub-regionale affinché
possa così stipulare accordi commerciali con altri paesi, o gruppi regionali,
ponendo fine a un isolamento che danneggia fortemente il suo apparato
produttivo e che porta all’isolamento di numerose aziende brasiliane
coinvolte nel circuito del grande commercio internazionale. A
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Il Brasile può senz’altro trovare nell’Italia un ottimo alleato per le relazioni
con l’intera Unione Europea, visti i progetti di accordo UE-Mercosur per
libero scambio e il legame umano che unisce i due Paesi. Per fare questo,
però, il Brasile deve reinserirsi nel contesto internazionale e porsi come vero
interlocutore per il Sud America e per il commercio globale.
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A meno che il mondo non conosca un nuovo boom delle commodities, il
Brasile sarà chiamato a confrontarsi con congiuntura estremamente
negativa. Il rischio non è solo una contrazione economica, ma la perdita dei
progressi sociali conquistati dalle classi più povere negli ultimi anni. Se il
Brasile non farà le riforme necessarie per rendere la sua economia più
competitiva, aprendosi ai mercati esteri e reinserendosi nelle catene
internazionali di produzione, questi anni saranno ricordati come l’ennesimo
“vôo da galinha”.
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Un breve periodo di crescita sostenuta del Pil, al quale però non segue un
decollo stabile e duraturo dell’economia, ma un crollo repentino. Una storia
che il paese ha conosciuto diverse volte durante il Ventesimo secolo, e che
negli anni Ottanta ha portato ad una stagnazione talmente prolungata che è
passata alla storia come “ il decennio perduto”.
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Ripartire dalle buone relazioni fra Italia e Brasile, fra l’Italia e
Sudamerica, fra Unione Europea e America latina, perché queste possano
creare opportunità di commercio e investimento da una parte e un
avanzamento sociale dall’altro, costituendo un polo di eccezionale potenziale
culturale ed economico. Il Brasile è per l’Italia un Paese troppo importante e
lo sarà sempre; nonostante i momenti di forte crisi economica, migliaia di
imprese e famiglie portano avanti progetti e sogni, costruendo un legame
indissolubile fra il Nuovo ed il Vecchio mondo.