Ferrara e l`aborto, è importante distinguere tra autenticità e furbizia

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Ferrara e l`aborto, è importante distinguere tra autenticità e furbizia
Ferrara e l’aborto, è importante distinguere tra autenticità e furbizia
Ferrara e l’aborto, è importante distinguere tra autenticità e furbizia
di Adina Agugiaro
Domenica sera al dibattito di Giuliano Ferrara a Padova io c’ero.
Non nelle piazze a contestare, ma dentro, in Sala Anziani. Perché è mia abitudine guardare
l’avversario negli occhi, ascoltarlo con le mie orecchie, esporgli il dissenso con la mia bocca ed
il convincimento del mio pensiero.
Così pensavo sarebbe accaduto anche in quell’occasione. Di fatto ho potuto guardare ed
ascoltare Ferrara: in una riunione dai toni e con la presenza fanatica di sostenitori, quali io
immaginavo potessero ai giorni nostri esistere solo in una madrassa islamica.
In nome dell’amore per gli embrioni, questo imam del disprezzo verso le donne ha inneggiato
ai propri fanatismi, considerando nemici da distruggere tutti coloro che la pensano
diversamente.
Secondo lui,"fuori" a manifestare c’erano "gli infelici, i tristi, gli irresponsabili, i rancorosi";
mentre "dentro" si respiravano "gioia ed allegria, saggezza e libertà, buonumore e senso di
responsabilità."
L’ateo dichiarato, il novello S. Paolo folgorato sulla via di Damasco, che oggi confessa ai media
d’essere stato corresponsabile degli aborti di tre compagne, ha parlato citando Cristo ed il
Papa, S. Agostino ed i Vescovi; mettendo me, cattolica praticante, nella condizione di
chiedermi quale rapporto possa esistere tra la chiesa cattolica e questo crociato,
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auto-proclamatosi tale.
Ferrara ha trattato di dogmi; di una "Verità Oggettiva" (beato lui che la possiede), in nome della
quale ingaggiare una grande battaglia; ha parlato di desiderio femminile, di sessualità
femminile, di maternità (beato lui, che come uomo conosce la donna meglio di quanto noi
donne conosciamo noi stesse); ha parlato di aborto come "pratica ormai abituale, equiparata al
parto"; di eugenetica, di scienza buona e cattiva, di provette, di stermini, del miliardo di
bambini mai nati, dell’infanticidio di stato delle bambine in Cina.
Ha definito la pillola abortiva (come sapete da utilizzare esclusivamente in ospedale) come il
"nuovo prezzemolo da assumere nel vuoto della propria stanza". Intrecciando, con una
dialettica poderosa e seduttiva, drammi planetari ed inquietanti mistificazioni.
Ma conoscendo da molti anni le sue battaglie da Pifferaio di Hammelin, che trascina dietro di
sé tutti i bambini del mondo (non sono forse bambini, gli adulti che si lasciano sedurre da un
abilissimo manipolatore di coscienze senza contrapporvi il proprio pensiero critico?) non mi
sono stupita più di tanto.
Ciò che più mi ha impressionato, lo ripeto, sono stati i presenti: pellegrini in cerca del
taumaturgo ; menti e cuori vuoti, in attesa d’essere riempiti dai messaggi del profeta; persone
incapaci di distinguere l’autenticità dalla furbizia; la ricerca narcisistica del consenso dal
convincimento sincero. Individui disarmati dall’ammirazione cieca per un oratore, a sua volta
accecato dall’ammirazione di sé.
In quelle espressioni forbite, in quel grido di battaglia: "Stupire l’Italia, l’Europa, la Chiesa
Cattolica, la società intera", ho scorto il vuoto in agguato dietro la facciata e ne ho rabbrividito.
Questo avrei voluto dire al tribuno Ferrara, quando alle ore 22 egli ha portato a termine la sua
concione. Ma non è stato possibile. In estasi per le parole ascoltate, ubriaco di retorica,
debordante di certezze metafisiche, il pubblico ha baciato il suo santo e poi ha iniziato ad
uscire. A voce alta ho chiesto di aprire un dibattito, ho rivendicato il diritto democratico di porre
una domanda. Sono stata, prima ignorata e poi ripresa. Solo una donna ha ammesso: "Forse
lei ha ragione".
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Alla credibilità, cari Democratici, non servono ragioni, ma coerenza.
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