Simonetta Cartoni, La radio

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Simonetta Cartoni, La radio
l’angolo della piccola letteratura
i Racconti
dei Lettori
La radio
Avevo forse quattro anni. Tutte le sere, estate e inverno, mia madre mi metteva nuda in piedi
sull’acquaio in cucina, mi insaponava tutto il corpo e mi risciacquava. D’inverno usava l’acqua
calda che prendeva da una vaschetta contenuta nella cucina economica.
Mio padre se ne stava seduto al tavolo a leggere ‘La Domenica del Corriere’.
Ma l’orecchio dei miei genitori era rivolto alla radio accesa che faceva da sottofondo a questo
quadretto familiare. A quell’ora trasmettevano ‘Il motivo in maschera’.
Io avevo paura della radio, la parola maschera mi impressionava, pensavo che lì dentro ci fosse un
uomo con una grossa testa da diavolo, che mi veniva addosso, come avevo visto per Carnevale.
Volevo che la spengessero, invece loro si divertivano, ridevano delle battute tra due voci, una
femminile e una maschile: ‘Gallarate’ e ‘Frosinone’.
Ascoltavano, commentavano, c’era una canzone da indovinare e provavano a dire la loro. C’erano
in palio gettoni d’oro! Ma io pensavo alla maschera ed ero terrorizzata.
Quando, con mio sollievo, la trasmissione finiva c’erano le canzoni, l’idolo di mia madre Claudio
Villa, cantava anche lei mentre mi cospargeva di borotalco e mi aiutava ad infilare il pigiama. Era
estasiata, ed ecco che arrivava ‘Aveva un bavero color zafferano’, cantava il Quartetto Cetra.
Ascoltavo con attenzione per cercare di capire il significato di quelle parole per me astruse ‘bavero’,
‘zafferano’ ‘Lodi’ ‘Gigogin’, ma poi chiedevo:
– Mamma, ma come fanno a stare tutti lì dentro insieme? Quell’uomo mascherato da diavolo con i
cantanti? Sono tutti così piccini?
Mia madre rideva ed io continuavo
– Ma mi vedono dal vetro? Mi hanno visto anche quando mi lavavi?
Rideva anche mio padre.
Era un mistero, pensare alla coabitazione di più persone in quello spazio piccolo. Appoggiavo gli
occhi al vetro nel tentativo di vederli, ma non ci riuscivo.
Andavamo a letto, io nel lettino e loro nel lettone, con la radio ancora accesa. Era ritornato ‘Il
motivo in maschera’. Infilavo la testa sotto le coperte per paura che l’uomo mascherato, di notte,
uscisse fuori e mi prendesse.
Mi arrovellavo dalla curiosità di vedere quegli esseri che dovevano essere tanto piccoli per poter
stare tutti insieme lì dentro.
Un giorno, sola in casa con mia madre, controllai bene che lei fosse occupata in un’altra stanza,
allora presi il martello che mio padre teneva in una borsa di attrezzi, mi avvicinai alla radio e…
colpii forte il vetro.
Volevo vedere cosa faceva Claudio Villa quando non cantava, volevo vedere quei due che si
chiamavano Gallarate e Frosinone e magari anche Mike Bongiorno. Volevo vedere Jula De Palma,
mia madre diceva che era bella e sensuale, chissà poi cosa voleva dire.
Volevo scoprirli, vederli finalmente davvero.
Invece mi trovai davanti solo un vetro in frantumi e una serie di valvole.
Di Claudio Villa, del Quartetto Cetra, dell’uomo con la maschera neanche l’ombra.
Chissà dove erano andati?
Arrivò invece mia madre urlante e mi tirò un bel ceffone.
Simonetta Cartoni