Furto nei supermercati: superare le casse integra solamente il
Transcript
Furto nei supermercati: superare le casse integra solamente il
Penale FURTO NEL SUPERMERCATO Furto nei supermercati: superare le casse integra solamente il tentativo giovedì 18 dicembre 2014 di Montagna Alfredo Magistrato di Cassazione Con la sentenza n. 52117 del 2014, le Sezioni Unite sono nuovamente intervenute sulla questione del momento in cui si commette il reato di furto nei supermercati, affermando il principio secondo il quale superare le casse integra solamente il tentativo. Cassazione penale, Sez. SS.UU., Sentenza 16/12/2014 (17/07/2014), n. 52117 Il giudice del merito aveva condannato solo per furto tentato e non per furto consumato gli imputati che si erano impossessati di merce dai banchi di vendita di un supermercato, e che erano stati fermati dal personale di vigilanza all'interno dell'edificio; una qualificazione del delitto quale tentativo sebbene gli imputati fossero stati bloccati dopo il passaggio alle casse, anche se all'interno dell'edificio commerciale. In realtà i giudici di merito avevano condiviso un orientamento presente nella stessa giurisprudenza di cassazione, che in alcune occasioni aveva affermato che il prelevamento della merce dai banchi di vendita di un grande magazzino a sistema "self service" e l'allontanamento senza pagare realizzasse il reato di furto consumato; ma aggiungendo che "allorché l'avente diritto o la persona da questi incaricata sorvegli l'azione furtiva, così da poterla interrompere in qualsiasi momento, il delitto non può dirsi consumato" perché la cosa non è ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto dell'offeso. In caso di "blocco" del ladro da parte del personale di vigilanza veniva così a ritenersi configurabile il solo tentativo di furto, con la conseguente diminuzione di pena. E ciò anche se la sottrazione avviene certamente nel momento in cui il cliente non mostra alla cassa la merce per il pagamento; con la integrazione di un "possesso" illegittimo non appena superate le casse (sino al momento della presentazione della merce alla cassa il possesso è legittimo, in quanto finalizzato al successivo acquisto). A dimostrazione della complessità dell'inquadramento delle varie condotte attraverso le quali si realizza il furto nei grandi magazzini, va precisato che anche prima del passaggio alle casse si può ritenere integrato il reato di furto, allorché il cliente nasconda la merce sulla propria persona o in una borsa, come hanno precisato le stesse Sezioni Unite con la decisione 18 luglio 2013, dep. il 20 settembre 2013 n. 40354, in un caso nel quale il ricorso era stato proposto da un cliente di un grande magazzino, che si era impossessato di alcuni capi di abbigliamento privi della placca antitaccheggio, nascondendoli nella propria borsa. E la giurisprudenza è ormai attestata nel senso che il reato di furto si consuma già nel momento in cui il cliente, dopo avere prelevato un oggetto dai banchi di vendita in un negozio (supermercato o grande magazzino) ove si pratica la vendita con il sistema del self service, lo abbia nascosto sulla propria persona o in un oggetto personale (come la borsa). Le due questioni sulle quali continuava a sussistere divergenza nelle varie pronunzie, anche del giudice di legittimità, erano, da un lato se tale furto dovesse essere o meno qualificato come furto consumato o fosse ancora allo stadio del tentativo, dall'altro se dovesse o meno ritenersi aggravato dal mezzo fraudolento (aggravante prevista dall'art. 625, comma 1, n. 2 c.p.). Infatti un orientamento più rigido aveva ritenuto che l'occultamento della refurtiva, prelevata dallo scaffale, all'interno di una borsa o tra gli abiti dell'autore del furto integrasse la circostanza aggravante dell'uso di un mezzo fraudolento, poiché con tale occultamento si eludono le cautele e gli accorgimenti posti in essere dal proprietario del negozio. Pur tuttavia va considerato che l'occultamento piuttosto che rappresentare un mezzo fraudolento, nel senso previsto dal citato art. 625 c.p., cioè un accorgimento malizioso adottato dal "ladro" per sorprendere il soggetto passivo del furto, appare il mezzo più semplice per realizzare l'impossessamento, e quindi la consumazione del reato. Ed in tale senso si era espressa larga parte della giurisprudenza, che sottolineava come se il cliente non nascondesse subito in qualche modo la merce sottratta il personale addetto, e fra questi da ultimo il cassiere, sarebbe in grado di accorgersi della sottrazione. In definitiva la aggravante del mezzo fraudolento deve rappresentare un elemento in più rispetto alla attività necessaria per operare la sottrazione e l'impossessamento. Pertanto alle Sezioni Unite era stato affidato il compito di risolvere la questione se, con riferimento al reato di furto, l'occultamento della refurtiva prelevata dallo scaffale di un supermercato all'interno di una borsa in possesso dell'imputato, o eventualmente sulla sua persona, configurasse la circostanza aggravante dell'essersi avvalso di un qualsiasi mezzo fraudolento, ai sensi dell'art. 625, comma 1, n. 2, c.p. Nella precedente occasione le Sezioni Unite hanno affermato che nascondere nelle tasche, o in una borsa, o sulla stessa persona dell'autore del furto, la merce prelevata dai banchi di vendita costituisce un semplice accorgimento, peraltro banale ed ordinario, in tale genere di reati, che appare privo dei connotati di una studiata efficienza aggressiva che caratterizza l'aggravante del mezzo fraudolento. Conseguentemente la questione è stata risolta nel senso che l'aggravante dell'uso di un mezzo fraudolento, di cui all'art. 625, comma 1, n. 2, c.p. delinea una condotta, posta in essere nel corso dell'iter criminoso, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, volta a sorprendere la contraria volontà del detentore ed a vanificare le difese che questi ha apprestato a difesa della cosa. Tale insidiosa e rimarcata efficienza offensiva non si configura nel mero occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita a self service, trattandosi di banale, ordinario accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a difesa del bene. In questa nuova occasione la sezione assegnataria del ricorso, proposto dal procuratore di Brescia, ha evidenziato che nella giurisprudenza di cassazione esisteva un diverso orientamento, che ha ritenuto integrato il reato di furto consumato e non tentato nel caso in cui il cliente si era impossessato, superando la barriera delle casse, di merce prelevata dai banchi, sottraendola al pagamento, non dando rilievo al fatto che ciò fosse avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato incaricato della sorveglianza. Va infine evidenziato, a conforto della prima opzione, che le sezioni unite (19 aprile 2012, n. 34952, Reina), anche se chiamate a risolvere la diversa questione del tentativo di rapina impropria, hanno ritenuto che finché la cosa non sia uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore, e questi è ancora in grado di recuperarla, la condotta andrebbe collocata nell'ambito del tentativo. In considerazione di quanto sopra la quinta sezione della corte aveva ritenuto di sottoporre alla valutazione del Primo Presidente della Corte la opportunità di assegnare alle Sezioni Unite la trattazione del caso, una opportunità condivisa dal Primo Presidente, che aveva conseguentemente fissato, con decreto del 30 maggio 2014, l'udienza del 17 luglio 2014, per vedere risolta la questione se la condotta di sottrazione di merce all'interno di un supermercato, avvenuta sotto il costante controllo del personale di vigilanza, sia qualificabile come furto consumato o tentato allorché l'autore sia fermato dopo il superamento della barriera delle casse con la merce sottratta. Le Sezioni Unite hanno privilegiato la soluzione più soft, affermando che si tratta soltanto di furto tentato, in continuità con la richiamata pronuncia delle sezioni unite in tema di rapina impropria. La decisione ha evidenziato che la definizione della azione di impossessamento della cosa altrui di cui all'art. 624 c.p. (si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene) è caratterizzata dal sintagma impossessamento-sottrazione, ed è a questo che occorre riferirsi pur in presenza di una condotta dell'agente che, oltrepassando la cassa senza avere provveduto al pagamento, dimostra un incontestabile intento furtivo. Infatti, sostiene la Corte, in difetto del perfezionamento del possesso della refurtiva a favore dell'agente deve escludersi che il reato possa considerarsi consumato. Sul punto non vi è dubbio che l'impossessamento richieda il raggiungimento della piena signoria sul bene sottratto, intesa come piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell'autore del furto. Condizione che viene esclusa dalla concomitante vigilanza della persona offesa dimostrata dall'intervento esercitato a difesa del bene, certamente appreso dal ladro, ma non ancora uscito completamente dalla sfera di controllo del soggetto passivo del reato. A sostegno della propria scelta le Sezioni Unite hanno altresì richiamato il principio di offensività che ulteriormente giustifica il collegamento della consumazione del reato alla completa rescissione della "signoria che sul bene esercitava il detentore". In considerazione di quanto sopra le Sezioni Unite hanno affermato il principio di diritto per il quale "il monitoraggio nella attualità della azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa (o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o della forze dell'ordine presenti in loco), sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento difensivo in continenti a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l'agente non ha conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo". La decisione in sintesi Esito del ricorso: rigetto del ricorso. Precedenti giurisprudenziali: Cass. Pen., Sez. Unite, Sent., 19 aprile 2012, n. 34952; Cass. Pen., Sez. V, Sent., 15 giugno 2012, n. 25555; Cass. Pen., Sez. V, Sent., 7 febbraio 2013, n. 20838; Cass. Pen., Sez. V, Sent., 20 dicembre 2010, n. 7042; Cass. Pen., Sez. IV, Sent., 22 settembre 2010, n. 38534. Riferimenti normativi: Artt. 56, 624, 625 c.p.. Copyright Wolters Kluwer Italia Riproduzione riservata