Infortunio in itinere e causa di servizio. Sentenza del
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Infortunio in itinere e causa di servizio. Sentenza del
Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche Centro Studi e Documentazione 00187 ROMA – Via Piave 61 tel. 06/42000358 – 06/42010899 fax. 06/42010628 Prot. n. 0527/FLP2006 NOTIZIARIO N°15 sito internet: www.flp.it Email: [email protected] Segreteria Generale Roma, 06 marzo 2006 Ai Coordinamenti Nazionali FLP Alle OO.SS. federate alla FLP Alle Strutture periferiche FLP Ai Responsabili FLP Ai Componenti delle RSU LORO SEDI Causa di servizio QUANDO IL CD. "INFORTUNIO IN ITINERE" COSTITUISCE CAUSA DI SERVIZIO? Consiglio di Stato Decisione 20/01/2006, n. 144 Con il gravame di primo grado il ricorrente aveva domandato al competente Tribunale amministrativo regionale l’annullamento della decisione con cui la Commissione Medico – Ospedaliera di 2^ istanza presso l’Ispettorato di Sanità della Marina Militare, aveva escluso la dipendenza da causa di servizio del decesso del figlio, II capo ecogoniometrista, avvenuto a seguito di un incidente stradale occorsogli mentre, a bordo della propria autovettura, stava ritornando nella sede di servizio dopo una licenza di quattro giorni. L’istante lamentava che, del tutto inopinatamente, la Commissione Medica di 1^ istanza aveva negato che, nel caso di specie, si vertesse in ipotesi di infortunio in itinere, laddove altrettanto erroneamente la Commissione Medica di 2^ istanza, pur ammettendo che l’incidente si era verificato in itinere, aveva escluso ogni nesso di causalità tra il servizio e l’infortunio, adducendo che quest’ultimo si era verificato per colpa grave del deceduto: circostanza - questa – non provata, non emergendo in alcun modo dal rapporto dei Carabinieri accorsi sul luogo dell’incidente che quest’ultimo fosse riconducibile ad eccesso di velocità, né potendo essere ascritto a colpa grave l’eventuale malore che aveva colpito il militare defunto. Peraltro, nell’opinione del ricorrente, in modo assolutamente contraddittorio, la Commissione Medica di 2^ istanza, pur ammettendo che l’incidente che aveva provocato il decesso, rientrava nell’ipotesi dell’infortunio in itinere, aveva condiviso il parere della Commissione Medica di 1^ istanza quanto alla sua non dipendenza da causa di servizio. Il giudice di prime cure, indi, accoglieva il ricorso ed annullava il provvedimento impugnato, ritenendo fondata la censura relativa alla carenza della prova circa l’effettiva sussistenza, nella condotta del dipendente, degli estremi della colpa grave, in quanto lo stesso rapporto dei Carabinieri non aveva individuato nella sola eccessiva velocità la causa dell’incidente, indicando - in via ipotetica ed alternativa - anche un malore. Di tal ché, in definitiva, il giudizio della Commissione Medica si evinceva non assistito dalla necessaria congruenza tra definizione preliminare della fattispecie (infortunio in itinere), contenuta nello stesso atto, e l’applicazione della relativa nozione alla fattispecie concreta. La decisione del primo giudicante è poi stata impugnata in appello dal Ministero della Difesa, rivendicando l’assoluta legittimità del provvedimento impugnato, adeguatamente motivato e correttamente fondato non solo sul rapporto dei Carabinieri Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche pag. 2 della Stazione, ma anche sulla dichiarazione testimoniale, ai sensi dell’articolo 351 c.p.p., ad esso allegato. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto di accogliere il gravame, riformando per l’effetto la pronuncia resa in prima istanza. Osserva il Collegio, in linea generale, che è possibile riconoscere come dipendente da causa di servizio l’infortunio di cui rimane vittima il dipendente che si rechi alla sua abitazione al “termine del servizio”, essendo esso ascrivibile alla categoria del c.d. “infortunio in itinere”: sul punto ricorda che è stato affermato che gli accadimenti che si verificano al momento dell’allontanamento del militare dalla caserma (e quindi al militare che era da considerare per così dire “accasermato”) per usufruire della libera uscita, concretizzano gli estremi dell’infortunio in itinere che sussiste quando il militare sia incorso in incidente stradale, mentre stava raggiungendo il luogo di destinazione per fruire del permesso concessogli. Tuttavia, precisa la Quarta Sezione, il nesso di causalità tra l’attività lavorativa in senso ampio e l’evento dannoso “si interrompe ogni qualvolta quest’ultimo sia determinato dalla stessa condotta del dipendente che abbia agito con dolo o colpa grave”; in particolare, sottolinea il Collegio, è stato escluso che sussistano i presupposti del c.d. infortunio in itinere“ quando dagli accertamenti dei Carabinieri risulti che la causa dell’incidente occorso ad un pubblico dipendente, mentre si recava al posto di lavoro, è da attribuire all’eccessiva velocità dell’auto da lui guidata, nonostante che il fondo stradale fosse reso viscido dalla pioggia” (Cons. Stato, Sez. IV, 8 novembre 1996, n. 1546). Tanto considerato, la Sezione ha stabilito che, diversamente da quanto sostenuto dal T.A.R. in primo grado, il provvedimento ivi impugnato non è da ritenersi affetto dal rilevato vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione; invero, dalla dinamica dell’incidente stradale, in cui è deceduto il militare, com’è ragionevolmente ricostruibile dall’informativa al P.M. redatta, ai sensi dell’articolo 347 c.p.p., dai Carabinieri della Stazione e dal verbale di informazioni testimoniali, rese ai sensi dell’articolo 351 c.p.p. agli stessi militari, emerge per il Giudice d’appello che la responsabilità dell’evento è da ascriversi allo stesso militare deceduto, almeno a titolo di colpa. Nella ricordata informativa al P.M., i militari dell’Arma dei Carabinieri, accorsi sul luogo dell’incidente, hanno ricostruito i fatti affermando che “… l’autovettura condotta da …. percorreva la suddetta strada…, quando nel superare una curva destrorsa, probabilmente a causa della eccessiva velocità o per malore, perdeva il controllo dell’automezzo, invadendo la corsia opposta di marcia ed andando ad urtare violentemente contro la parte frontale del trattore agricolo condotta da …, che in quel momento percorreva la suddetta strada in direzione di marcia opposta….”. Sottolinea il Collegio che la circostanza dell’eccessiva velocità (o quanto meno della velocità non moderata e non adeguata alla specifica configurazione del tratto stradale in cui si è verificato l’incidente, caratterizzato da una curva a destra) trova puntuale riscontro nelle dichiarazioni testimoniali predette, rese ai sensi dell’articolo 351 c.p.p., agli stessi Carabinieri a poche ore di distanza dall’incidente. In particolare, il teste ha dichiarato che, mentre si trovava a bordo della propria auto percorrendo la strada provinciale in questione, con direzione di marcia opposta a quella dell’auto condotta dal militare, notava che quest’ultima “…aduna velocità molto eccessiva, nel superare la curva posta all’altezza dell’incrocio per …., sbandava perdendo il controllo dell’automezzo” e andava ad urtare violentemente contro la parte posteriore di un trattore agricolo che proveniva nella direzione opposta, finendo nella scarpata sul lato sinistro rispetto alla sua direzione di marcia. D’altra parte, desume il Collegio, diversamente da quanto sostenuto dai primi giudici, non può avere alcuna 2 Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche pag. 3 influenza, ai fini della prova della illegittimità del parere della Commissione Medica di 2^ istanza (oltre che di quello già espresso dalla Commissione Medico – Ospedaliera di prima istanza) la circostanza che gli stessi Carabinieri nel loro rapporto abbiano indicato come probabile causa dell’incidente anche un possibile malore del militare (e non solo l’eccesso di velocità). Considera il Consiglio di Stato che, anche a voler prescindere dalla considerazione che le risultanze del rapporto dei Carabinieri possono ritenersi vincolanti solo in ordine a quanto dagli stessi direttamente accertato e non già in ordine alle loro valutazioni (tanto più quanto queste ultime, come nel caso di specie, esulano dalla loro specifica attività professionale), non può non rilevarsi che non vi è (né vi poteva essere) alcun elemento di fatto che conforti la fondatezza della predetta affermazione circa la probabile riconducibilità dell’incidente ad un malore del militare, tanto più che nel ricordato rapporto significativamente l’eventuale malore, quanto alla sua efficacia causale dell’incidente, è posto sullo stesso piano dell’eccesso di velocità, che – invece – come rilevato trova conforto nella richiamata dichiarazione testimoniale. In altre parole, ove è data la prova in giudizio del fatto dannoso o colposo del dipendente, esso ha ex se attitudine ad interrompere il nesso di riconducibilità dell’evento dannoso a vicenda dipendente da causa di servizio. L’appello pertanto è stato accolto e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, è stato respinto il ricorso proposto in primo grado dal padre del militare deceduto. In allegato, la decisione del Consiglio di Stato del 20 gennaio 2006, n. 144 L’UFFICIO STAMPA 3