Infortunio in itinere e causa di servizio. Sentenza del

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Infortunio in itinere e causa di servizio. Sentenza del
Federazione Lavoratori Pubblici
e Funzioni Pubbliche
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Prot. n. 0527/FLP2006
NOTIZIARIO N°15
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Segreteria Generale
Roma, 06 marzo 2006
Ai Coordinamenti Nazionali FLP
Alle OO.SS. federate alla FLP
Alle Strutture periferiche FLP
Ai Responsabili FLP
Ai Componenti delle RSU
LORO SEDI
Causa di servizio
QUANDO IL CD. "INFORTUNIO IN ITINERE" COSTITUISCE CAUSA DI SERVIZIO?
Consiglio di Stato Decisione 20/01/2006, n. 144
Con il gravame di primo grado il ricorrente aveva domandato al competente Tribunale
amministrativo regionale l’annullamento della decisione con cui la Commissione Medico –
Ospedaliera di 2^ istanza presso l’Ispettorato di Sanità della Marina Militare, aveva
escluso la dipendenza da causa di servizio del decesso del figlio, II capo
ecogoniometrista, avvenuto a seguito di un incidente stradale occorsogli mentre, a bordo
della propria autovettura, stava ritornando nella sede di servizio dopo una licenza di
quattro giorni. L’istante lamentava che, del tutto inopinatamente, la Commissione Medica
di 1^ istanza aveva negato che, nel caso di specie, si vertesse in ipotesi di
infortunio in itinere, laddove altrettanto erroneamente la Commissione Medica di 2^
istanza, pur ammettendo che l’incidente si era verificato in itinere, aveva escluso
ogni nesso di causalità tra il servizio e l’infortunio, adducendo che quest’ultimo si
era verificato per colpa grave del deceduto: circostanza - questa – non provata, non
emergendo in alcun modo dal rapporto dei Carabinieri accorsi sul luogo dell’incidente che
quest’ultimo fosse riconducibile ad eccesso di velocità, né potendo essere ascritto a colpa
grave l’eventuale malore che aveva colpito il militare defunto. Peraltro, nell’opinione del
ricorrente, in modo assolutamente contraddittorio, la Commissione Medica di 2^ istanza,
pur ammettendo che l’incidente che aveva provocato il decesso, rientrava nell’ipotesi
dell’infortunio in itinere, aveva condiviso il parere della Commissione Medica di 1^ istanza
quanto alla sua non dipendenza da causa di servizio. Il giudice di prime cure, indi,
accoglieva il ricorso ed annullava il provvedimento impugnato, ritenendo fondata la
censura relativa alla carenza della prova circa l’effettiva sussistenza, nella condotta del
dipendente, degli estremi della colpa grave, in quanto lo stesso rapporto dei Carabinieri
non aveva individuato nella sola eccessiva velocità la causa dell’incidente, indicando - in
via ipotetica ed alternativa - anche un malore. Di tal ché, in definitiva, il giudizio della
Commissione Medica si evinceva non assistito dalla necessaria congruenza tra definizione
preliminare della fattispecie (infortunio in itinere), contenuta nello stesso atto, e
l’applicazione della relativa nozione alla fattispecie concreta.
La decisione del primo giudicante è poi stata impugnata in appello dal Ministero
della Difesa, rivendicando l’assoluta legittimità del provvedimento impugnato,
adeguatamente motivato e correttamente fondato non solo sul rapporto dei Carabinieri
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della Stazione, ma anche sulla dichiarazione testimoniale, ai sensi dell’articolo 351 c.p.p.,
ad esso allegato.
La Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto di accogliere il gravame,
riformando per l’effetto la pronuncia resa in prima istanza.
Osserva il Collegio, in linea generale, che è possibile riconoscere come dipendente da
causa di servizio l’infortunio di cui rimane vittima il dipendente che si rechi alla sua
abitazione al “termine del servizio”, essendo esso ascrivibile alla categoria del c.d.
“infortunio in itinere”: sul punto ricorda che è stato affermato che gli accadimenti che si
verificano al momento dell’allontanamento del militare dalla caserma (e quindi al militare
che era da considerare per così dire “accasermato”) per usufruire della libera uscita,
concretizzano gli estremi dell’infortunio in itinere che sussiste quando il militare sia
incorso in incidente stradale, mentre stava raggiungendo il luogo di destinazione per fruire
del permesso concessogli. Tuttavia, precisa la Quarta Sezione, il nesso di causalità tra
l’attività lavorativa in senso ampio e l’evento dannoso “si interrompe ogni qualvolta
quest’ultimo sia determinato dalla stessa condotta del dipendente che abbia agito
con dolo o colpa grave”; in particolare, sottolinea il Collegio, è stato escluso che
sussistano i presupposti del c.d. infortunio in itinere“ quando dagli accertamenti dei
Carabinieri risulti che la causa dell’incidente occorso ad un pubblico dipendente, mentre si
recava al posto di lavoro, è da attribuire all’eccessiva velocità dell’auto da lui guidata,
nonostante che il fondo stradale fosse reso viscido dalla pioggia” (Cons. Stato, Sez. IV, 8
novembre 1996, n. 1546).
Tanto considerato, la Sezione ha stabilito che, diversamente da quanto sostenuto dal
T.A.R. in primo grado, il provvedimento ivi impugnato non è da ritenersi affetto dal rilevato
vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione; invero, dalla dinamica dell’incidente
stradale, in cui è deceduto il militare, com’è ragionevolmente ricostruibile dall’informativa al
P.M. redatta, ai sensi dell’articolo 347 c.p.p., dai Carabinieri della Stazione e dal verbale di
informazioni testimoniali, rese ai sensi dell’articolo 351 c.p.p. agli stessi militari, emerge
per il Giudice d’appello che la responsabilità dell’evento è da ascriversi allo stesso militare
deceduto, almeno a titolo di colpa.
Nella ricordata informativa al P.M., i militari dell’Arma dei Carabinieri, accorsi sul luogo
dell’incidente, hanno ricostruito i fatti affermando che “… l’autovettura condotta da ….
percorreva la suddetta strada…, quando nel superare una curva destrorsa, probabilmente
a causa della eccessiva velocità o per malore, perdeva il controllo dell’automezzo,
invadendo la corsia opposta di marcia ed andando ad urtare violentemente contro la parte
frontale del trattore agricolo condotta da …, che in quel momento percorreva la suddetta
strada in direzione di marcia opposta….”. Sottolinea il Collegio che la circostanza
dell’eccessiva velocità (o quanto meno della velocità non moderata e non adeguata alla
specifica configurazione del tratto stradale in cui si è verificato l’incidente, caratterizzato da
una curva a destra) trova puntuale riscontro nelle dichiarazioni testimoniali predette, rese
ai sensi dell’articolo 351 c.p.p., agli stessi Carabinieri a poche ore di distanza
dall’incidente. In particolare, il teste ha dichiarato che, mentre si trovava a bordo della
propria auto percorrendo la strada provinciale in questione, con direzione di marcia
opposta a quella dell’auto condotta dal militare, notava che quest’ultima “…aduna velocità
molto eccessiva, nel superare la curva posta all’altezza dell’incrocio per …., sbandava
perdendo il controllo dell’automezzo” e andava ad urtare violentemente contro la parte
posteriore di un trattore agricolo che proveniva nella direzione opposta, finendo nella
scarpata sul lato sinistro rispetto alla sua direzione di marcia. D’altra parte, desume il
Collegio, diversamente da quanto sostenuto dai primi giudici, non può avere alcuna
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influenza, ai fini della prova della illegittimità del parere della Commissione Medica di 2^
istanza (oltre che di quello già espresso dalla Commissione Medico – Ospedaliera di prima
istanza) la circostanza che gli stessi Carabinieri nel loro rapporto abbiano indicato come
probabile causa dell’incidente anche un possibile malore del militare (e non solo l’eccesso
di velocità).
Considera il Consiglio di Stato che, anche a voler prescindere dalla considerazione che le
risultanze del rapporto dei Carabinieri possono ritenersi vincolanti solo in ordine a quanto
dagli stessi direttamente accertato e non già in ordine alle loro valutazioni (tanto più
quanto queste ultime, come nel caso di specie, esulano dalla loro specifica attività
professionale), non può non rilevarsi che non vi è (né vi poteva essere) alcun elemento di
fatto che conforti la fondatezza della predetta affermazione circa la probabile
riconducibilità dell’incidente ad un malore del militare, tanto più che nel ricordato rapporto
significativamente l’eventuale malore, quanto alla sua efficacia causale dell’incidente, è
posto sullo stesso piano dell’eccesso di velocità, che – invece – come rilevato trova
conforto nella richiamata dichiarazione testimoniale.
In altre parole, ove è data la prova in giudizio del fatto dannoso o colposo del
dipendente, esso ha ex se attitudine ad interrompere il nesso di riconducibilità
dell’evento dannoso a vicenda dipendente da causa di servizio.
L’appello pertanto è stato accolto e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, è
stato respinto il ricorso proposto in primo grado dal padre del militare deceduto.
In allegato, la decisione del Consiglio di Stato del 20 gennaio 2006, n. 144
L’UFFICIO STAMPA
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