Circolare 6 marzo 1995, n°3476 - Impianti di terra e scariche

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Circolare 6 marzo 1995, n°3476 - Impianti di terra e scariche
Circolare 6 marzo 1995, n°3476 - Impianti di terra e scariche atmosferiche
13. SICUREZZA SUL LAVORO
Impianti, materiali e apparecchi elettrici
Circ. 6 marzo 1995, n. 3476
Impianti di terra e protezione da scariche atmosferiche. Chiarimenti.
Emanata dall'ISPESL.
A seguito di alcune richieste di chiarimenti si danno, in relazione ai punti trattati, alcune
indicazioni circa le procedure da seguire.
1. Verifiche impianti di protezione dai fulmini nei cantieri (strutture metalliche).
1.1. Viene segnalato che in molti casi nei cantieri vengono presentate denunce di impianti di
protezione dalle scariche atmosferiche (Mod. A), di strutture metalliche (es. ponteggi, gru), non
corredate da calcoli e schemi di realizzazione.
In occasione della verifica, constatando ancora l'assenza di detta documentazione, il tecnico
dovrà procedere come di seguito indicato.
a) La struttura è autoprotetta
Se dal semplice confronto di tabelle e/o grafici, senza necessità quindi di ulteriori e appositi
calcoli, la struttura risulta autoprotetta, il tecnico verificatore annoterà sul verbale: "Dall'esame
dei grafici e/o delle tabelle… la struttura risulta autoprotetta", e si procederà pertanto alla
archiviazione della denuncia.
Per le tabelle e/o grafici si dovrà fare riferimento, tenendo presente le ipotesi di calcolo, a
quelli indicati nella "Guida alla verifica degli impianti di protezione contro i fulmini nei cantieri
edili", pubblicata nei "Fogli di informazione dell'Ispesl" n. 2/93.
b) La struttura non è "sicuramente" autoprotetta
In tal caso il tecnico procede alla verifica dell'impianto, in quanto, considerato il tipo di
struttura, la tipologia dell'impianto di protezione è ininfluente dal calcolo di Nf.
La realizzazione dell'impianto dovrà essere conforme a quanto indicato dalla norma di buona
tecnica in quanto si considera la struttura non autoprotetta.
Nota: in entrambi i casi a) e b) la visita dovrà essere normalmente fatturata.
2. Quadri elettrici nei cantieri
2.1. Nei cantieri sono ammessi solo quadri del tipo ASC, rispondenti alla norma europea
CENELEC EN 60439-4 (CEI 17-14/4).
Possono comunque essere utilizzati anche quadri preesistenti all'entrata in vigore della norma
CEI 17-13/4 (1° novembre 1992), purché presentino i requisiti fondamentali di sicurezza
indicati nei progetto "Guida alla verifica degli impianti elettrici utilizzatori" (Punto 10.7.1.4.
Componenti preesistenti) (Allegato 1).
3. Parafulmine di tipo impulsivo
3.1. Qualche dipartimento ha avuto richieste di omologazione di impianti di protezione dai
fulmini di tipo impulsivo (Helita).
Tale tipo di protezione, pur essendo solo in via di principio riconosciuto dalla norma francese
UTE NF C17-100, non sembra presentare il livello di sicurezza equivalente alla corrispondente
normativa nazionale.
I direttori dei dipartimenti sono invitati pertanto ad accettare "con riserva" tali domande di
omologazione, interessando questo dipartimento centrale.
Sul parafulmine in questione si allega nota che questo dipartimento ha presentato al "Comitato
Tecnico per la predisposizione di specifiche tecniche per l'omologazione di impianti ed
apparecchiature elettriche" nella riunione dell'11 novembre 1991 e al CT 81 del CEI (Allegato
2).
4. Richieste di verifica di impianti di terra per rilascio di certificati di agibilità e similari
4.1. Si è a conoscenza che, in alcuni casi, da parte di alcune strutture pubbliche (es. Comuni,
Commissioni di vigilanza, ecc.) viene richiesta ai dipartimenti periferici la verifica dell'impianto
di terra al fine del rilascio di concessioni di agibilità o di altri vincoli amministrativi.
A questo riguardo si deve ricordare che tale prassi non può trovare giustificazione, in quanto
gli obblighi del datore di lavoro vengono totalmente soddisfatti con la denuncia dell'impianto di
terra, che, come indicato dall'art. 11 del D.M. 12 settembre 1959, costituisce anche la prima
verifica dell'impianto.
In base a ciò, l'Ispesl ha due anni di tempo, dalla data della denuncia, per effettuare la verifica.
La denuncia dell'impianto di terra costituisce pertanto, fino a prova contraria, presunzione di
conformità alla normativa e alla legislazione vigente in materia, e in base a ciò l'impianto viene
messo in funzione.
Per il datore di lavoro, pertanto, non esistono altri obblighi se non quelli derivanti dalla legge n.
46 del 1990 e dal D.P.R. n. 447 del 1991, per gli aspetti che interessano il committente.
5. Applicazione delle tariffe
5.1. Con riferimento ad alcune segnalazioni pervenute, si ritiene che, a proposito della
tariffazione a tempo (ultimo comma Tab. F), lì dove indicato: "nelle aziende non oltre 1000
kW…" si debba invece intendere "nelle aziende con oltre 1000 kW".
5.2. Nell'applicazione delle tariffe relative agli impianti di terra, deve essere presa come
riferimento per la determinazione delle competenze, la potenza installata dell'impianto.
Questa, in via convenzionale, viene determinata:
a) negli impianti alimentati con cabina di trasformazione, dalla somma delle potenze di targa
dei trasformatori in modo permanente.
b) negli impianti in bassa tensione, dalla potenza installata dichiarata dal datore di lavoro, non
inferiore comunque alla potenza contrattuale.
5.3. Per le attività di cui all'art. 36, anche se denunciate autoprotette, esiste l'obbligo di
accertare l'idoneità del sistema di autoprotezione, verificando sul posto se corrispondono i dati
di progetto.
La verifica deve essere normalmente fatturata.
5.4. Nel caso di unica ragione sociale, alimentata con più utenze (contatori), per la
determinazione della tariffa si dovrà fare riferimento a quella che si ricava facendo la somma
delle potenze delle singole utenze.
6. Identificazione dell'impianto
6.1. Dopo aver effettuato l'omologazione dell'impianto, il dipartimento dell'Ispesl dovrà
trasmettere alla Unità sanitaria locale competente per territorio, una copia del modello (A o B)
insieme al verbale di verifica.
Per l'identificazione dell'impianto omologato, a seconda dei casi, si dovrà procedere come di
seguito indicato:
a) nel caso di consegna da parte del datore di lavoro, in occasione della denuncia, di
documentazioni tecniche o schemi in duplice copia, il dipartimento li trasmetterà alla Usl come
allegati al verbale e alla copia del modello;
b) nei casi in cui invece la documentazione è solo disponibile sul posto, il funzionario
dell'Ispesl dovrà annotare alla fine del verbale, i riferimenti delle tavole che identificano
l'impianto e degli elaborati di progetto che sono stati esaminati per la parte di pertinenza alla
verifica, contrassegnando gli stessi mediante un timbro "Dipartimento di … Identificazione
dell'impianto di cui alla matricola …"
Esempi di tavole che identificano l'impianto:
- planimetria dei locali con destinazione d'uso
- schema generale dell'impianto di terra
- schema generale di distribuzione
- schemi elettrici del quadro generale
- schemi elettrici dei quadri principali (per l'impianto contro i fulmini)
- calcolo della categoria dell'impianto
- disegni dell'impianto base e integrativo
7. Attività escluse dal campo di applicazione del D.P.R. n. 547 del 1955 (art. 2)
Con riferimento all'obbligo di denuncia degli impianti di terra e scariche atmosferiche per
quanto riguarda le attività indicate nell'art. 2 del D.P.R. n. 547 del 1955, si riporta in allegato un
parere del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, relativo alla individuazione delle
strutture che sono da ritenersi escluse dai campo di applicazione del D.P.R. n. 547 del 1955
(Allegato 3).
Allegato 1
Quadri per cantieri
10.7.1.4. Componenti preesistenti
Gli impianti elettrici di cantiere sono, per loro natura, temporanei e quindi se ne può
prevedere,dopo la prima installazione, lo smontaggio per successive riutilizzazioni dei
componenti.
Si pone quindi il problema di verificare non solo la conformità dei componenti alle norme, ma
anche la loro idoneità e lo stato di manutenzione.
Particolare cura deve essere posta nel controllo dei cavi flessibili soggetti, per loro natura, a
deterioramento.
Il problema è particolarmente sentito per i quadri di distribuzione.
La prima norma specifica per il settore delle costruzioni è la norma CEI 64-8 V5 entrata in
vigore il 1° aprile 1992. Tale norma citava come riferimento normativo specifico per i quadri la
norma CEI 17-13/1 (1990) e la Norma Europea CENELEC EN 60439-4, che tradotta in
italiano, è divenuta, nella classificazione CEI, la 17-13/4 (1992).
In relazione a quanto sopra si ritiene opportuno dare indicazioni per definire alcune condizioni
da rispettare per rendere possibile il riutilizzo di quadri elettrici preesistenti alle norme CEI, 1713/4 e/o modificati e richiamare le necessarie prescrizioni per il corretto collegamento degli
apparecchi utilizzatori ai vari tipi di quadri.
I quadri preesistenti all'entrata in vigore della 17-13/4 (1° novembre 1992) si possono ritenere
adeguati, ai fini della sicurezza, e riutilizzabili, con riferimento alla norma CEI 17/31/1:
"Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione: quadri BT. Parte
1: prescrizioni per apparecchiatura di serie (AS) e non di serie (ANS)" (edizione 1990), quando
presentano almeno i requisiti di seguito dati. Per tali quadri non si ritiene necessaria la
documentazione relativa alle prove. L'installatore, su richiesta, dovrà fornire la
documentazione sui requisiti posseduti indicando la data di costruzione del quadro stesso.
- grado di protezione non inferiore ad IP43 nelle condizioni di esercizio ed adeguato, in ogni
caso all'ambiente in cui sono installati;
- protezione contro i contatti diretti (isolamento dei conduttori, inaccessibilità delle parti attive,
ecc.)
- protezione contro i contatti indiretti. Il primo interruttore differenziale, se posizionato su
quadro metallico, deve avere il tratto a monte protetto con isolamento equivalente alla classe
II;
- assenza di danneggiamenti meccanici tali da rendere il quadro insicuro;
- impiego di componenti idonei, provvisti di marchio o di altro tipo di certificazione, secondo
quanto previsto dalla legge n. 791 del 1977. In modo particolare le prese a spina devono
essere di tipo conforme alle norme CEI 23-12.
Allegato 2
Parafulmine di tipo impulsivo (Helita)
Gli impianti di protezione contro i fulmini, possono essere riconosciuti a regola d'arte, se
rispettano le normativa emanate dagli organismi di normalizzazione di cui alla direttiva CEE
83/189, purché detta norma garantisca un livello di sicurezza equivalente alla corrispondente
normativa nazionale (nel caso specifico la norma CEI 81-1).
Il parafulmine in questione, di tipo impulsivo, pur riconosciuto dalla norma francese UTE (NF C
17-100), non sembra presentare il livello di sicurezza equivalente richiesto, per quanto
riguarda, ad esempio, le tabelle di corrispondenza con le aste di tipo Franklin.
Si chiede pertanto di poter recepire la documentazione completa delle prove attraverso le quali
i laboratori indicati nella documentazione (CNRS e EDF) hanno certificato il prodotto per ciò
che riguarda sia il principio di funzionamento che la geometria del sistema di protezione (in
particolare: altezza virtuale dell'asta, angolo di protezione ecc.).
Allegato 3
Navigazione aerea
Si fa riferimento alla nota 19/6107 del 13 febbraio 1991, con la quale codesta Usl richiedeva a
questo Ministero di precisare, nell'ambito di aeroporti civili o militari, quali siano le strutture
escluse dall'applicazione delle norme del D.P.R. n. 547 del 1955.
Al riguardo, su conforme parere della Commissione consultiva permanente per la prevenzione
degli infortuni e l'igiene del lavoro, la scrivente ritiene che la definizione della navigazione
aerea si possa mutuare da quella di esercizio della navigazione marittima quale è stata data
nel parere n. 229/76 Sez. II del Consiglio di Stato, la quale sancisce che: "Costituiscono
esercizio della navigazione marittima tutte le attività che attuano la navigazione per mare e
non tutte le altre che sono ad essa preordinate, o in modo più o meno diretto, collegate e
perciò si svolgono nei porti o addirittura nella nave".
Pertanto tutte le strutture preordinate alla navigazione aerea, ossia che non attuano la stessa,
devono rispondere alla norma del D.P.R. n. 547 del 1955.