Seguirti, Signore, è il migliore affare della mia vita

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Seguirti, Signore, è il migliore affare della mia vita
28° domenica tempo ordinario
11 ottobre 2009
Letture
dal libro della Sapienza
Salmo responsoriale
Lettera agli Ebrei
Vangelo di Marco
7,7-11
89,12-17
4,12-13
10,17-30
Seguirti, Signore, è il migliore affare della mia vita
OMELIA
Domenica prossima è il 28° anniversario della Consacrazione della nostra Chiesa
E’ un giorno per dire grazie al Signore.
La nostra chiesa è una parola viva su questo territorio che abitiamo.
Abbiamo terminato gli esercizi spirituali, sono stati giorni belli,
abbiamo meditato sui doni dello Spirito santo;
ora possiamo dare inizio al cammino pastorale del nuovo anno.
Vogliamo camminare, lasciandoci guidare dallo Spirito, dietro a Gesù,
per dire a tutti la gioia del Vangelo.
Mettiamoci, ora in ascolta della Parola di questa domenica.
Mentre Gesù è in cammino verso Gerusalemme, verso la Croce,
un uomo gli corre incontro.
Gli si inginocchia davanti.
È ricco; un uomo senza nome.
Il suo nome è stato rubato dal denaro.
Perché il denaro è anonimo, senza anima e senza cuore.
Crea uomini a propria immagine e somiglianza:
senza nome e senza anima.
Quest’ uomo, ricco, senza nome ha, però, nel cuore una grande domanda
1) Maestro buono, che devo fare per trovare la vita?
La risposta di Gesù appare solenne, eppure quasi deludente:
elenca dei comandamenti che riguardano il prossimo:
non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,
non frodare, onora il padre e la madre.
Ma l’uomo ricco non è soddisfatto: tutto questo l’ho sempre osservato.
Dovrei essere in pace e invece mi manca qualcosa.
Che cosa c’è di meglio del dovere compiuto, tutto e sempre?
Eppure all’uomo non basta.
C’è una inquietudine divina, come un tarlo luminoso che rode le falsi paci dell’anima
e fa nascere i cercatori di tesori.
2) Gesù allora fissò lo sguardo su di lui e lo amò
Gesù lo fissa come se prima non l’avesse neppure visto,
e vede apparire, vede farsi largo, avanzare un cercatore di vita.
E lo ama.
La sequela è di più del semplice adempimento della legge.
Un uomo che ha compiuto sempre il proprio dovere dovrebbe sentirsi a posto.
Invece no.
C’è un’inquietudine divina, che rode la falsa pace dell’anima.
Che nasce non dagli errori commessi,
ma da ciò che non ha mai osato, dall’audacia che è mancata.
Vuole giorni più coraggiosi, confini più lontani.
Signore, che cosa mi manca?
Gesù diventa il maestro del desiderio,
colui che insegna ad amare quelle assenze che ci fanno vivere (Rilke)
Noi viviamo di assenze, di vocazione, di ciò che ancora manca,
non di cose fatte, non di possessi.
Gesù allora parla.
3) Una cosa sola ti manca: va’ vendi quello che hai, fanno un tesoro per i poveri
Metti le persone prima delle cose.
Gesù non propone la povertà, ma la comunione.
L’uomo era molto ricco.
Si spaventa.
Si rattrista per quelle parole.
S. Marco usa un verbo come per il cielo che diventa cupo.
Il suo volto si oscura.
Era arrivato correndo, se ne va camminando.
L’uomo che fioriva di domande se ne va muto.
Il ribelle si è arreso, il cercatore si è spaventato.
La vetta è troppo lontana, ci vuole troppo coraggio.
Possedeva infatti molti beni.
Il distacco dai beni è condizione indispensabile per la sequela.
Per due ragioni.
Un’esigenza di fraternità:
come puoi continuare a possedere tutto ciò che hai,
quando attorno a te ci sono fratelli che mancano del necessario?
E una esigenza di libertà:
legato a troppe cose (non si tratta solo di soldi)
che assorbono il tuo tempo e la tua attenzione,
come puoi trovare lo spazio e il gusto per le cose di Dio?
Quell’uomo non capisce che la felicità dipende non dal possesso, ma dal dono,
che il cuore pieno dipende non dai beni, ma dai volti,
che la sicurezza non è nel denaro, ma l’essere nella mani del Padre.
Diventa molto triste.
Sarà per tutta la vita, onesto e triste, osservante e cupo.
Osserverà tutti i comandamenti e non avrà la gioia,
perché ha scelto di avere e non di essere.
Ha posto il suo tesoro fra i molti beni e non fra le persone.
Quanti cristiani ( e qui ci siamo anche noi) sono come lui:
onesti e infelici.
Osservano tutti i comandamenti, tutti i giorni come il ricco,
ma non hanno la gioia.
Gesù propone all’uomo ricco la comunione, cento fratelli,
ma lui preferisce la solitudine.
Propone un tesoro di persone,
ma lui preferisce uno di cose.
Propone se stesso: segui me, la mia vita è sorgente di vita buona, bella, felice,
ma lui segue il denaro.
4) Quanto è difficile che un ricco entri nel Regno di Dio
Gesù lo ripete due volte.
I discepoli sono stupefatti
Allora chi si può salvare?
Ed ecco una della parole più belle di Gesù:
tutto è possibile presso Dio.
Dio è capace di far passare un cammello per la cruna di un ago.
Dio ha la passione dell’impossibile.
La passione di Dio è moltiplicare per cento quel poco che hai, quel nulla che sei
e riempirti la vita di affetti e di luce:
ti darò un tesoro di volti,
non possederai nulla eppure godrai del mondo intero,
sarai povero e signore come me.
il mio Vangelo non è rinuncia, ma vita moltiplicata.
Seguirti, Signore, è stato ed è il migliore affare della mia vita.
Concludo con un piccolo pensiero di un teologo (Armido Rizzi)
L'uomo evangelico, davanti ai beni che ha,
sta vigilante perché non nasca in lui il "mio".