INTRODUZIONE ALLA BIBBIA 2

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INTRODUZIONE ALLA BIBBIA 2
Facoltà di Teologia Biblica “Gesù è il Signore”
INTRODUZIONE ALLA BIBBIA II
STORIA, GEOGRAFIA E ARCHEOLOGIA BIBLICA
4. ARCHEOLOGIA
4.1
ORIGINI DELL’ARCHEOLOGIA BIBLICA
Fu grazie a Napoleone che l’archeologia cominciò a divenire veramente una scienza, e più precisamente grazie alla
sua campagna militare in Egitto all’inizio del XIX sec. La scoperta della Stele di Rosetta, recante un iscrizione in
tre scritture diverse – greca, demotica e geroglifica – permise a Jean-François Champollion di decifrare i
geroglifici dell’antico Egitto. Una nuova epoca si apriva.
Trentasette anni più tardi, Henry Rawlinson copiò, a rischio della propria vita, un’altra iscrizione trilingue, quella
della roccia di Behusten, all’altra estremità della Fertile Mezzaluna. Si trattava d’una scrittura incisa a 120 m ca. su
una parete rocciosa. Questa iscrizione, che racconta le vittorie del re Dario I (il Dario di Esdra 5 e 6), è in persiano
antico con una traduzione in elamita ed anche – fatto provvidenziale – in accadico cuneiforme.
Grazie a queste due scoperte, le lingue antiche delle due estremità dell’impero ottomano erano divenute finalmente
comprensibili. Le iscrizioni geroglifiche già conosciute potevano essere decifrate; l’abbondante letteratura
mesopotamica, che ben presto sarebbe stata scoperta, sarebbe divenuta l’oggetto di studi appassionati.
Nel corso del XIX sec. i governatori, i prefetti e i consoli europei, addetti al Medio Oriente, avevano tempo per
interessarsi a ciò che li circondava. Se la popolazione contemporanea li attirava poco, i resti di una civiltà antica,
nascosti nelle sabbie del deserto, destavano il loro interesse. Le loro scoperte furono in un primo tempo fortuite, ma
col passare degli anni l’importanza delle sculture, del vasellame, dei monumenti riportati alla luce, permise lo
sviluppo di scienze quali la paleografia e la filologia. La fase del “collezionare pezzi da museo” per i visitatori del
Louvre, del British Museum e di altri musei, era superata. Questo slancio sopraggiunse con la scoperta di
biblioteche risalenti a 500, 1.000 e 3.000 anni a.C. Grazie ai lavori di Rawlinson, di Champollion e di altri, tutto
poteva essere decifrato. Ben presto comparvero le traduzioni di quegli antichi testi.
In questa fioritura di archeologi – biblici e non biblici – quattro nomi almeno figurano come geni, secondo W. F.
Albright. Innanzitutto l’americano Edward Robinson (1838) che, lavorando insieme con Eli Smith, missionario a
Beirut, identificò molte località bibliche, fino allora ignorate. Poi il francese C.E. Clermont-Ganneau, verso la
fine del XIX sec., che fu membro dell’amministrazione consolare in Palestina. Egli fu all’origine di scoperte quali
la Stele di Mesa (Pietra di Moab), la lastra che interdiceva l’ingresso nel tempio ai non Giudei – unico resto del
tempio d’Erode – i papiri di Elefantina, ecc. L’inglese Sir Flinders Petrie comprese per primo che la ceramica
poteva essere il “calendario dell’archeologo”. A partire da questa scoperta gli oggetti rinvenuti poterono essere
datati con una certa esattezza, a condizione che l’archeologo avesse identificato la stratificazione corrispondente.
G. A. Reisner, degli Stati Uniti, fu secondo Albright, il quarto “gigante” grazie alle sue doti personali, alla sua
maniera di non lasciar niente al caso, e alla sua organizzazione degli scavi. Fu così che egli riformò i metodi di
scavo fino allora impiegati.
4.2
DIVERSE SPECIE DI SCOPERTE
Diamo adesso un’occhiata alle diverse specie di scoperte fatte. Esse si classificano in due categorie: i documenti
che recano un’iscrizione, e quelli che non l’hanno, quali i resti d’architettura, mobili, mobili funerari, armi, utensili,
emblemi decorativi, statue, statuette, vasi, lampade, ecc. I primi sono quelli che ci rivelano la storia dei tempi
antichi, sebbene gli altri ci aiutino a capire meglio l’epoca da cui provengono, soprattutto se si tratta d’oggetti d’arte
(avori, specchi, emblemi, orecchini, bracciali, collane, statuette, pitture murali, oggetti di culto, ecc.). Fra i
documenti scritti vi sono steli e lapidi (per segnare i confini, per ricordare un evento, una vittoria), composizioni
letterarie (su papiri e tavolette in caratteri cuneiformi), lettere (ostraca, tavolette), talvolta perfino dizionari,
annotazioni di commercio e di sacrifici, sigilli, scarabei, pesi e, più tardi, monete.
La Palestina ha fornito meno documenti scritti che l’Egitto e la Mesopotamia. Ciò è dovuto principalmente al suo
clima più umido. Le sabbie infuocate dell’Egitto hanno permesso di conservare intatti, per millenni, papiri e
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tavolette – senza parlare della preservazione, molto più facile, delle iscrizioni su pietra. Da tutta questa massa di
documenti sono uscite quelle che chiamiamo le grandi scoperte “bibliche”, perché vengono a illuminare in una
maniera speciale certi fatti della Bibbia.
4.3
SISTEMI DI DATAZIONE
Com’è stato detto più sopra, dobbiamo a Sir Flinders Petrie, ed ai suoi scavi nel paese dei Filistei, a Tell el-Hesi
(Ekron?), l’invenzione d’un sistema per datare le stratificazioni d’un tell e, di là, gli oggetti e i documenti trovati
nelle stratificazioni. Questa invenzione è dovuta al suo studio preciso del vasellame. La ceramica è stata sempre
fatta con argille, spesso diverse, e le sue forme, la decorazione e il processo di cottura differiscono anche, secondo
le epoche. Sapendo questo, si può facilmente datare la stratificazione di qualunque tell in Palestina, se gli scavi
hanno messo fuori tale o tal’altra ceramica.
A questo primo metodo di datazione sono venuti ad aggiungersi altri più recenti e soprattutto più scientifici. C’è
innanzitutto il metodo chiamato “del carbonio 14” che è basato sulla misura delle variazioni dell’isotopo del
carbonio di massa atomica 14. Vi è pure l’analisi pollinica – la palinologia – cioè quella del polline fossilizzato, la
datazione mediante l’argon e il potassio, mediante il fluoro, l’esame delle ossa e dei denti (efficace solamente in
terreni umidi), l’analisi della calamitazione del vasellame. Ma qualificare questi metodi come scientifici non vuol
dire che essi escludano ogni possibilità di errore.
4.4
METODI DI LAVORO
Per studiare meglio l’insieme d’un monticello o di un’area occupata un tempo da costruzioni, si prendono delle foto
aeree – sovente a raggi infrarossi – e s’impiegano magnetometri a protoni o a cesio e a rubidio per misurare la
resistenza dei suoli. Ciò permette di scoprire, per esempio, la presenza d’un antico muro o d’un fossato, senza dover
fare degli scavi. Nelle grotte del deserto di Giudea, gli Israeliani impiegavano gli apparecchi costruiti per scoprire
le mine, per cercare oggetti di ferro.
Un tempo si scavavano delle gallerie nei tell per ritrovare gli oggetti sepolti. Poi si è capito che tagli e scavi a cielo
aperto o in forma di scala erano più efficaci. Oggi, poiché la mano d’opera è molto cara, si preferisce fare dei
riquadri qua e là, secondo le rilevazioni topografiche, e, se necessario, si cerca di unire i riquadri gli uni agli altri.
Quando è possibile, ogni oggetto importante viene fotografato in loco. Talvolta la terra rimessa viene setacciata,
perché nessun pezzo vada perduto.
Gli archeologi collaborano col dipartimento delle Antichità del paese. Esso può autorizzare che gli oggetti lascino il
paese, se necessario. Sotto la direzione del capo degli scavi – in linea di massima un archeologo qualificato – lavora
una squadra di tecnici: topografo, geometra, architetto, fotografo, disegnatore, capo di cantiere, ecc.
4.5
INFLUENZA DELL’ARCHEOLOGIA SULLA COMPRENSIONE DELLA
BIBBIA
Quest’articolo d’introduzione all’archeologia sarebbe praticamente senza valore, se non si valutasse l’effetto che
hanno avuto sulla Parola di Dio tutte queste provvidenziali scoperte. In che cosa, dunque, esse ci aiutano a
comprendere meglio la Bibbia?
Possiamo distinguere tre categorie di vantaggi. V’è innanzitutto la maniera generale con cui l’archeologia ci aiuta a
vedere Israele, e la Chiesa, come pure i grandi personaggi biblici, nel loro contesto. Per esempio, le tavolette di
Nuzu ci fanno comprendere il modo d’agire dei patriarchi. L’obelisco nero e tutti gli annali militari assiri ci fanno
conoscere la situazione politica d’Israele (regno del nord) e di Giuda durante la monarchia. Noi vediamo come,
continuamente, i loro conflitti con i popoli vicini – Moabiti, Siri, Edomiti, Filistei, ecc. – si svolgessero all’ombra
della potenza assira. Abbiamo anche un’immagine politica molto più completa e più giusta dell’insieme di quel
periodo. Un altro esempio: i contatti difficili che Neemia aveva con Samballat, Ghescem e Tobia diventano più
comprensibili alla luce delle informazioni date dai papiri di Elefantina e da altri documenti recanti i nomi di
Ghescem e Tobia. Così comprendiamo meglio l’intensa lotta di Neemia per ristabilire un giudaismo purificato da
ogni sincretismo o samaritanismo.
In secondo luogo, l’archeologia ci reca un grande aiuto per capire meglio il testo biblico. Grazie a questa scienza,
“nuove” lingue, molto antiche, come l’ittita, l’accadica, l’ugaritica, la sumerica, l’urica, i geroglifici egiziani,
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ecc…, sono state decifrate. Queste lingue permettono talvolta d’intendere meglio il testo biblico. È interessante, per
esempio, constatare che il termine ebraico “êd”, in Genesi 2:6, spesso tradotto “vapore”, in sumerico vuol dire
“fiume”. La necessità di tradurre bene questo termine misterioso forse non è con ciò risolta, ma noi vediamo meglio
ciò che potrebbe essere lo “êd” con cui l’Eterno irrigava la terra prima del diluvio. La “doppia retribuzione” data
dall’Eterno ad Israele, in Geremia 16:18, ha indotto certuni ad accusare il Signore d’ingiustizia. Alla luce dei testi
di Alalakh una traduzione più fedele potrebbe essere “l’equivalente”. In tal modo, in molti passi, l’insieme del testo
biblico si può meglio comprendere grazie all’archeologia.
C’è una terza validità per questa scienza: essa ci aiuta considerevolmente nell’apologetica biblica, così necessaria
ai nostri giorni. Le conclusioni filosofiche di certi teologi riguardo alla Bibbia – come quelle della scuola di GraffWellhausen per l’A.T., e di F.C. Bauer per il N.T., come pure di molti altri – erano fondate sull’apparente inesattezza della storia contenuta nella Bibbia. Ora, l’archeologia ha modificato tutte quelle asserzioni. Grazie agli scavi
di Mari, di Nuzu e di Ebla, i pretesi uomini leggendari della Genesi sono divenuti personaggi storici, vissuti in
contesti sociali e politici reali. Un tempo si pretendeva che il Salterio fosse la raccolta di cantici del secondo tempio, quindi una composizione post-esilica; oggi si riconosce, grazie alle tavolette ugaritiche di Ras-Shamra, che
Davide può essere stato benissimo l’autore di molti Salmi, come indicato dalla Bibbia. La storicità degli Atti degli
Apostoli fu messa seriamente in discussione nel XIX sec.; con i suoi scavi in Asia Minore e altrove, W.M. Ramsay
ha dimostrato l’esattezza di Luca come storico. Si potrebbero citare numerosi altri esempi che mostrano come la
Bibbia, in quanto testo storico ed esatto, è accettata negli ambienti scientifici come documento di storia antica,
anche da chi non accetta il suo messaggio spirituale.
Inoltre, basandosi sulla Bibbia, gli archeologi hanno potuto scoprire cose nuove. Dopo aver esumato a Meghiddo ed
a Ghezer una porta nella muraglia risalente all’epoca di Salomone, gli archeologi, basandosi su 1 Re 9:15, hanno
cercato – e trovato – lo stesso genere di porta ad Hatsor!
Con questo non si vuole affatto dire che l’archeologia abbia risolto tutti i problemi. Essa ne ha pure creati! L’affermazione di Nelson Glueck che al tempo dell’entrata d’Israele in Canaan (se la si colloca al XV sec.) non ci sarebbero state in Giordania popolazioni sedentarie che potessero impedire agli Israeliti di entrare i quel territorio, fornisce un argomento ai difensori della cronologia cosiddetta corta per la data dell’Esodo (1250 ca. a.C.). Questa, a
sua volta, presenta altre difficoltà, fra cui l’interpretazione dei 480 anni menzionati in 1 Re 6:1.
Tuttavia, in complesso, i risultati di questa nuova scienza sono tanto positivi che la nostra conoscenza della Bibbia
è stata veramente rivoluzionata dalle moderne scoperte archeologiche, di modo che teologi e studiosi del testo
biblico sono stati portati ad avvicinarsi al contenuto della Bibbia in una maniera del tutto differente da quella dei
loro predecessori.
Citiamo, per concludere, le parole di W.F. Albright nel suo libro Archeologia e religione d’Israele: “È indiscutibile
che l’archeologia ha confermato l’autenticità storica della tradizione dell’Antico Testamento”. Nelson Glueck
dichiarò ancora che non ci sono state scoperte archeologiche che contraddicano o mettano in dubbio dichiarazioni
storiche delle Scritture. Tali affermazioni non mancano di arditezza, ma i fatti sono lì per sostenere le dichiarazioni
di questi due archeologi, la cui erudizione e il cui genio restano incontestati.
4.6
I TELL
4.6.1 Scavo di un monticello di rovine (tell)
L’opera di scavo
Il fango è uno dei materiali da costruzione più comuni e più antichi nel Medio Oriente. Le mura fatte di mattoni di
fango seccati al sole reggono una trentina d’anni, se sono intonacati bene in modo da tenere lontana l’umidità. I
mattoni cotti in fornaci erano troppo costosi anticamente, per cui furono usati solo per costruzioni importanti. Le
fondamenta erano fatte con pietre ovunque la cosa era possibile, e nelle zone ricche di pietra intere case furono
costruite con questo materiale. I tetti erano normalmente fatti con travi di legno ricoperte di stuoie e fango.
Gli edifici così costruiti crollavano facilmente se trascurati, per fatiscenza, incendi, terremoti o attacchi di nemici.
Una volta crollati, la gente ricuperava i pezzi migliori dal mucchio di rovine, ma la maggior parte di queste finivano
per rimanere dov’erano cadute. Col passare del tempo nuove case vennero costruite sopra quelle antiche, il che
significava che il livello delle strade si alzava e, un secolo dopo l’altro, il livello di intere città risultò più elevato. I
risultati di questo processo sono visibili ovunque nel Medio Oriente nei monticelli di rovine detti tell.
Città, che una volta si stendevano attorno a una fortezza interna con palazzi e templi ben difesi, possono lasciare
un’area estesa coperta da monticelli bassi, mentre la fortezza si erge come una collina più alta. Oppure tutta la città
può costituire un unico monticello. Tell del genere possono essere alti 30-40 m e lunghi 500 o più metri.
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I resti più recenti giacciono in cima al monticello. A volte non sono le rovine degli ultimi edifici esistiti lassù,
perché i venti invernali e le piogge erodono velocemente le mura di mattoni di fango, una volta che il luogo non è
più abitato. Al livello più basso, sul suolo originario, si trovano le tracce della prima città. Le città antiche furono
abbandonate per molte ragioni. Una città poteva esser sorta attorno a una sorgente o a un pozzo, al guado di un
fiume o in un crocevia, ed essere morta dopo che la sorgente s’era seccata o le strade avevano preso un’altra
direzione. Certi eventi politici possono aver privato un luogo del suo influsso e della sua prosperità. Oppure il
monticello era diventato troppo alto e scomodo per viverci sopra.
Città come Gerusalemme e Damasco non persero mai la loro importanza, e là si possono eseguire scavi solo se
prima si demoliscono certi edifici o su aree ancora libere.
Parte di un’altra struttura, un
boccale rifinito in nero, una
lampada dal bordo largo e
un sigillo ebreo fanno risalire
questo livello a tempo dei re
d’Israele e di Giuda.
Buca scavata
nella tarda età
del bronzo (ca.
1500 a.C.) forse
per recuperare
mattoni da mura
precedenti; un
boccale proveniente da Cipro
ce ne rivela
l’età.
Gli oggetti trovati sul pavimento e tra
detriti bruciati comprendono: un vaso
importato dalla Grecia micenea; una
lampada della tarda età del bronzo
(beccuccio piegato più ad angolo
retto dei precedenti): uno scarabeo
del faraone Tuthmosis III (dopo il
1400 a.C.).
Strato di suolo
battuto dal
vento, accumulato mentre il tell
era disabitato;
in esso una
lampada risalente al 100 a.C.
Una lampada del
tempo di Erode (374 a C.) e ceramiche
color rosso per cucinare indicano il
periodo in cui il
pavimento superiore
era in uso.
Buca contenente
una lampada del
sec. V d.C., ultima
traccia di occupazione del tell.
Date
approssimative
Costruzioni che mostrano segni
d’incendio, forse opera di invasori
come gli Israeliti o i Filistei.
50 a.C.
100 a.C.
Pavimento della tarda età del
bronzo, che ricopre la buca.
900-500 a.C.
Parte di un muro.
1400-1000
a.C.
Uno scarabeo egiziano del 1700 a.C. e le
forme di questi spilli e ceramiche (diverse
dalle precedenti) servono
a datare questi livelli
del suolo.
1550-1200
a.C.
1800-1700
a.C.
Mura della città, in parte erosi,
fine dell’età media dal bronzo.
ca. 1900 a.C.
Tombe ricoperte con pietre: il tipo
degli spilli di rame e della ceramica
nonché l’assenza di mura fanno
pensare all’inizio dell’età media del
bronzo, ca. 1900 a.C.
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Sezione di un
tell nella Siria
settentrionale.
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Chiesa di epoca bizantina.
Villaggio di epoca romana.
Rovine di epoca persiana.
Vestigia del periodo siro-ittita (1000 - 500 a.C.).
Vasellame dei “Popoli del Mare” (1200 - 1000 a.C.).
Vasellame di varie nazioni, soprattutto di Cipro (1600 - 1200).
Divinità, in terracotta, in relazione con l’Oriente (1800 - 1600).
Vasi dipinti, dello stesso tipo di quelli dell’epoca degli Hyksos (2000 - 1800).
Utensili di bronzo (2400 - 2000).
Oggetti importati dalla Mesopotamia del Nord (2600 - 2400).
Sigillo cilindrico proveniente da Ur (3100 - 2600).
Uso del metallo in genere (3400 - 3100).
Vaso fatto a mano senza tornio (3800 - 3400).
Vestigia del villaggio più antico (4500 - 3800 a.C.).
ALCUNI DEI PIÙ IMPORTANTI REPERTI BIBLICI
A. Testimonianze documentarie
Il seguente elenco le riporta più o meno nell’ordine con cui si menzionano nella Bibbia i fatti da essi confermati o
illustrati.
• “Enuma elish” (poema sul mito mesopotamico della creazione).
importante per il contrasto che presenta il suo politeismo mitologico con il sobrio monoteismo della Genesi.
• Epopea d’Atrakhasis (poema babilonese della creazione).
• Epopea di Gilgamesh (racconto mesopotamico del diluvio).
Una delle numerose leggende, trovate in ogni parte del mondo, che mostrano sorprendenti parallelismi con il
racconto biblico di un diluvio catastrofico che ha distrutto ogni vita terrestre a eccezione dei pochi scampati
scelti dagli dèi.
• Biblioteca d’Ebla, città della Siria nord-occidentale (vicino all’odierna Aleppo), scavata a partire dal 1964 da
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archeologi dell Università La Sapienza di Roma; archivio di documenti ufficiali del 3° millennio a.C.
Codice di Hammurabi, re di Babilonia nel 18° secolo a.C.
Una raccolta di leggi iscritte su una stele rinvenuta a Susa nel 1901. Alcune leggi dimostrano una certa
somiglianza con quelle date a Mosè.
Tavolette di Nuz, documenti legali e finanziari che aiutano a capire la società mesopotamica nel 2° millennio
a.C.
Scavi di Mari, città accadica sull’Eufrate all’estremità sud-orientale della Siria; sono state rinvenute più di
25.000 tavolette del 18° sec. a.C. contenenti lettere, contabilità, documenti legali, ecc. ecc.
Archivi d’Alalak, città vicino ad Antiochia, della metà del 2° millennio a.C.
Lettere di Tell el-Amarna, nuova capitale d’Egitto costruita dal faraone Akhenaton intorno 1350 a.C. Un
archivio di corrispondenze diplomatiche in lingua accadica.
Stele d’Israele (detta di Merneptah).
Una stele di granito nero fatta erigere dal sovrano egizio Amenhotep III (regno circa 1387 a.C.-1348 a.C.) e
modificata successivamente da Merenptah (regno circa 1213-1203 a.C.). Riporta la data “Quinto anno, terzo
mese di Shemu, terzo giorno”, corrispondente circa al 1209-1208 a.C. È stata ritrovata nel 1896 da Flinders
Petrie presso il tempio funerario di Merenptah a Tebe ed attualmente è conservata al Museo egizio del Cairo. La
stele riporta il resoconto di una vittoria militare contro i popoli Libu e Mashuash nell’attuale Libia. Nelle ultime
righe è narrata l’esito vittorioso di una diversa spedizione militare condotta da Merenptah verso la terra di
Canaan. Tra i popoli e le città sconfitti viene elencato ysrỉr, da molti studiosi moderni identificato con Israele.
Se ciò è esatto, si tratterebbe della prima testimonianza storica extrabiblica relativa al popolo ebraico.
Archivi reali di Ras-Shamra (Ugarit), città collocata sulla costa dell’attuale Siria. Documenti datati attorno al
1200 a.C.
La stele di basalto di Dan, trovata nel nord d’Israele nel 1993-1994, con su scritte le parole “casa di Davide”.
Avori di Samaria. Il periodo di massimo splendore d’Israele fu raggiunto all’epoca del re Acab (875-853 a.C.),
che fece costruire uno splendido palazzo detto “casa d’avorio”. Proprio a Samaria è stata ritrovata la più grande
quantità di oggetti d’avorio di tutto Israele; si tratta di oggetti di piccole dimensioni, pannelli decorativi e
sculture. Negli strati risalenti al periodo del regno di Geroboamo II (787-747) sono stati rinvenuti numerosissimi
frammenti di avorio scolpito, segno della ricchezza del tesoro reale, e di cocci di terracotta con brevissime
iscrizioni che riguardano l’amministrazione dei beni della corona.
Stele di Mesa (o “Pietra moabita”), conservata al museo del Louvre a Parigi: una pietra in basalto nero, rinvenuta in Giordania, recante un’iscrizione del re Mesha dei Moabiti (IX secolo a.C.), datata all’840 a.C. Commemora le vittorie di Mesha su “Omri re di Israele” e sul figlio (Acab oppure Ieoram?), che aveva oppresso i
Moabiti. È la più lunga iscrizione mai rinvenuta tra quelle che si riferiscono all’antico Israele (chiamata “Casa di
Omri”) e riporta quello che è generalmente considerato il più antico riferimento semitico extra-biblico al nome
Yahweh (YHWH), del cui tempio i beni furono saccheggiati da Mesha e consegnati al proprio dio Chemosh.
Obelisco nero di Salmaneser III, proveniente da Nimrud nell’Iraq occidentale e attualmente esposta al British
Museum. Alto due metri, rappresenta venti scene in bassorilievo, cinque serie per ogni lato, ognuna delle quali
rappresenta la sottomissione di un re straniero che offre i suoi tributi al sovrano assiro Salmaneser III,
prostrandosi dinanzi ad esso e rendendogli omaggio. Fra questi è incluso “Jehu di Bit Omri”, re d’Israele.
Ostraca (frammenti di ceramica con scritte) di Samaria, datate all’VIII sec. a.C.
Prisma di Sennacherib e annali militari assiri. Il “prisma di Sennacherib” è una colonna esagonale contenente
testi in accadico che ricordano le gesta del re assiro Sennacherib. Ne esistono diversi esemplari: uno è
conservato presso l’Istituto Orientale di Chicago; un altro, rinvenuto tra le rovine del palazzo di Sennacherib a
Ninive, è nel Museo Britannico di Londra e un terzo, dal 1990, a Gerusalemme. Racconta, tra l’altro, l’assedio
di Gerusalemme ai tempi del re Ezechia (descritto in Isaia 36 - 37; 2 Re 18:13 – 19:37; 2 Cronache 32:1-23),
con il vanto delle numerose città giudee conquistate e dicendo che Sennacherib aveva rinchiuso Ezechia a
Gerusalemme “come un uccello in gabbia”.
“Amuleti” di Ketef Hinnom, scoperti nel 1979 in una caverna della valle di Hinnom di fronte a Gerusalemme e
datati tra il VII e il VI secolo a.C.. Sono due piastre d’argento che riportano i testi biblici di Numeri 6:24-26 e
Deuteronomio 7:9 (cfr. Deut. 6:8), attestando così l’antichità di queste Scritture.
Ostraca di Arad, di Lachis: documenti dall’ultimo periodo del regno di Giuda. Menzionano nomi conosciuti
dalla Bibbia quali i sacerdoti Pascur (Ger. 20:1) e Meremot (Esdra 8:33); menzionano anche la “casa di
YHWH”. Quelli di Lachis documentano l’invasione babilonese e l’assedio della fortezza.
Sigilli – di Shema, Ghedalia, Jaazania, ecc.;
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• Cronache babilonesi, che documentano tra l’altro il regno di Nabonide, ultimo re del secondo impero babilonese, la conquista di Babilonia da parte del re persiano Ciro e gli esordi del regno di Cambise, figlio di Ciro,
spaziando su un periodo che va dal 556 a poco dopo il 539 a.C.
• Cilindro di Ciro, che giustifica la conquista persiana di Babilonia e contiene anche il decreto che consentiva ai
popoli deportati dai Babilonesi di ritornare nelle proprie terre e di ripristinare i propri culti.
• Papiri d’Elefantina, una collezione di centinaia di antichi manoscritti ebrei (per lo più in aramaico) risalenti al
periodo tra il V secolo a.C. e il V sec. d.C. Provengono dalla comunità ebraica di Elefantina, allora chiamata
Yeb, un’isola nel Nilo al confine con la Nubia.
• Manoscritti del mar Morto (Qumrân)
Decine di migliaia di frammenti di centinaia di documenti, presumibilmente appartenuti alla comunità del vicino
Qumrân e lasciati nascosti nelle caverne sovrastanti il Mar Morto per salvarli dall’invasione dei Romani nel 6670 d.C. e ritrovati a partire dal 1947. Includono numerosi testi biblici di parecchi secoli più antichi dei manoscritti fino allora conosciuti (il più celebre è un rotolo quasi intero del libro di Isaia), e gettano nuova luce sul
pensiero e sull’ambiente religioso del periodo del Nuovo Testamento. Un piccolissimo frammento è stato
identificato da alcuni studiosi come di una copia del Vangelo di Marco, il che confermerebbe che questo era
stato composto e diffuso entro il 66 d.C.
• Iscrizione di Pilato: un blocco di pietra rinvenuto nel 1961 nel teatro romano di Cesarea Marittima, recante
scritto i nomi “Pilatus” e “Tiberium”.
• L’ossario di Caiafa. In una piccola tomba di famiglia a sud di Gerusalemme sono stati rinvenuti nel 1990 vari
ossari, di cui il più elaborato riporta l’iscrizione: “Jehosef bar Caiafa” (Giuseppe figlio di Caiafa). Si tratta del
primo ritrovamento archeologico riguardante il nome “Caiafa”, che sarebbe stato effettivamente un soprannome,
come riportato da Giuseppe Flavio in Antichità Giudaiche 23,35-39.
• I papiri neotestamentari d’Egitto. Fra le migliaia di testi e frammenti di testi antichi riscoperti a Ossirinco,
Fayum e altri siti ci sono i manoscritti più antichi pervenuti fino a noi del Nuovo Testamento, datati dal II e III
sec. d.C. Fra i più importanti sono il P52 (“John Rylands”, conservato a Manchester), datato attorno al 125 d.C. e
contenente alcuni versetti del Vangelo di Giovanni, e il P66 (“Bodmer”, conservato a Ginevra), del 200 ca., che
contiene quasi per intero il Vangelo di Giovanni.
B. Testimonianze non documentarie
Si sono scavati inoltre numerosi luoghi e costruzioni che confermano quanto descritto nella Bibbia, ad es.:
• il pozzo di Gabaon (el-Jib), o “stagno di Gabaon” (2 Sam. 2:13);
• il tempio di Shechem (datato tra la tarda età del bronzo e l’inizio dell’età del ferro), identificato con il “Tempio
di Baal-berit” (Giudici 9:4);
• il tunnel di Ezechia sotto Gerusalemme, galleria scavata nel regno di Ezechia (c. 700 a.C.) sotto la collina Ophel
nella Gerusalemme orientale. Il tunnel mette in comunicazione la sorgente di Gihon con la vasca di Siloe, ed
aveva lo scopo di fungere da acquedotto per rifornire d’acqua Gerusalemme durante l’imminente assedio da
parte degli Assiri guidati da Sennacherib. Lo scavo è lungo circa 533 metri e, tramite un leggero dislivello tra le
due terminazioni della galleria, convoglia l’acqua dalla sorgente alla vasca. Secondo un’iscrizione ritrovata nel
tunnel (la cosiddetta “iscrizione di Siloe”), fu scavato da due gruppi che lavorarono separatamente, incontrandosi a metà strada. È evidente dalla natura stessa dello scavo che vennero fatti diversi tentativi prima di riuscire a
trovare il giusto orientamento per incontrarsi.
• 19 tumuli a ovest di Gerusalemme, che risalgono senza dubbio all’epoca della monarchia giudaica e forse rappresentano il sito delle tombe reali menzionate in 2 Cronache 16:14; 21:20; 32:33 e in Geremia 34:5.
• la rampa d’assedio di Sennacherib a Lachis;
• la vasca di Betesda a Gerusalemme con i suoi cinque portici, nominata in Giovanni 5 come luogo in cui è
avvenuto un miracolo di Gesù a favore di un paralitico. A seguito dei restauri intrapresi sulla Chiesa di
Sant’Anna in Gerusalemme nel 1888 sono stati ritrovati i resti di due grandi piscine con cinque portici. Un
affresco situato su uno dei muri rappresenta un angelo che smuove l’acqua, come ricordato nel Vangelo.
• la vasca di Siloe (Giovanni 9:7-11), scoperto nel 2004;
… senza contare tutti gli scavi di tante città della Mezzaluna Fertile, biblici o altri, che hanno potuto, in una
maniera generale, confermare fatti e particolari della Bibbia.
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