1 TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO ROMA

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1 TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO ROMA
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LEGALE CERUTI
V i a A l l ' A r a n. 8 - 4 5 1 0 0 R O V I G O - T e l. 0 4 2 5 / 2 1 6 3 4 - 4 6 0 2 6 9 - T e le f a x 0 4 2 5 / 2 1 8 9 8
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
ROMA
RICORSO
per
ASS.AG.A.I.ME
–
ASSOCIAZIONE
TRA
AGENZIE
D’AFFARI IN MEDIAZIONE, TURISTICHE E DI VIAGGI, DI
ROSOLINA con sede in via delle Petunie, 1 a Rosolina (RO) - P.Iva:
90007990295 in persona del legale rappresentante rag. Claudio Ferro
nato a Rosolina il 27.3.1959 e residente a Rosolina in via Morosini n.
20 C.F. FRRCLD59C27H573X;
C.O.B. – CONSORZIO OPERATORI BALNEARI con sede in via
Santa Teresa, 59/61 a Rosolina (RO) C.F. 90009970295, in persona
del presidente e legale rappresentante Ferdinando Ferro nato a
Rosolina (RO) il 2.10.1963 ivi residente in via S. Teresa n. 40;
VILLAGGIO TURISTICO ROSAPINETA SUD con sede in
Rosolina Mare (RO) via Trieste n. 3 P. IVA: 0077974.029.9 in
persona del legale rappresentante Renzo Ghezzo nato a Loreo (RO) il
15.1.1954;
VILLAGGI CLUB s.r.l. con sede a Rosolina Mare (Rovigo) via dei
Francesi n.7, Cod. Fiscale e P.IVA: 01253440299 in persona del
legale rappresentante Renzo Ghezzo nato a Loreo (RO) il 15.1.1954;
CONSORZIO DELTA NORD SOCIETA’ COOP. A.R.L. con
sede in Rosolina via Marconi, in persona del legale rappresentante
Alfieri BARUFFALDI nato a Rosolina il 9.10.1953 ivi residente in
via Carabella n. 86;
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CONSORZIO
FOCE
PO
DI
MAISTRA
SOCIETA’
COOPERATIVA con sede in Rosolina P.IVA 01304380296 in
persona del legale rappresentante Gianni CAMUFFO nato a Chioggia
il 31.7.1953 residente a Rosolina via Zaffoni n. 13/8 CF
CMFGNN53L31C638B;
GREENPEACE
O.N.L.U.S.
con
sede
in
Roma
piazza
dell’Enciclopedia Italiana n. 50 in C.F. 97046630584 in persona del
presidente e legale rappresentante pro tempore Grosjean Flutsch nata
in Svizzera il 25.12.1964;
ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND
FOR NATURE (W.W.F.), O.N.G.- O.N.L.U.S., con sede in Roma,
via Po n. 25/C, C.F. 80078430586 in persona del presidente e legale
rappresentante pro tempore avv. Stefano Leoni, nato a Roma il 26
settembre 1960 e residente a Capalbio in via Piemonte n. 4;
ITALIA NOSTRA – O.N.L.U.S., con sede in Roma, viale Liegi n.
33, C.F.: 02121101006 in persona del presidente e legale
rappresentante pro tempore dott.ssa Alessandra Mottola Molfino nata
nata a Roma il 24 aprile 1939, C.F.: MLF LSN 39D64 H501G;
COMITATO CITTADINI LIBERI PORTO TOLLE, con sede in
Porto Tolle (RO), in persona del presidente e legale rappresentante
pro tempore sig. Giorgio Crepaldi, nato a Contarina (RO) il
23.4.1963, residente a Porto Tolle, località Polesine Camerini, via
Corridoni Sud n. 2,
tutti rappresentati e difesi dall’avv. Matteo Ceruti con studio legale in
Rovigo via All’Ara n. 8 e dall’avv. Valentina Stefutti del Foro di
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Roma e con elezione di domicilio presso lo studio legale di
quest’ultima in Roma viale Aurelio Saffi n. 20, giusta mandati a
margine e in calce al presente ricorso;
contro
- MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL
TERRITORIO E DEL MARE in persona del Ministro pro tempore
rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato
con sede in Roma via dei Portoghesi n. 12;
- MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI in
persona del Ministro pro tempore rappresentato e difeso ex lege
dall’Avvocatura generale dello Stato con sede in Roma via dei
Portoghesi n. 12;
- MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO in persona del
Ministro pro tempore rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura
generale dello Stato con sede in Roma via dei Portoghesi n. 12;
- REGIONE DEL VENETO in persona del presidente pro tempore
della Giunta regionale del Veneto domiciliato per la carica presso la
sede della Giunta regionale del Veneto in Venezia (C.A.P. 30123),
Dorsoduro, 3901, Palazzo Balbi;
e nei confronti di
SOCIETA’ ENEL PRODUZIONE SPA con sede in Roma viale
Regina Margherita n. 125 in persona del legale rappresentante pro
tempore;
notiziandone
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A.R.P.A.V. - AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE
DELL’AMBIENTE
DEL
VENETO
in
persona
del
legale
rappresentante pro tempore;
per l’annullamento
del decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e
del mare di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali del
24 luglio 2009 prot. DSA-DEC-2009-0000873 (il cui avviso è stato
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 189 del 17 agosto 2009) del
recante giudizio positivo di compatibilità ambientale sul progetto
proposto dalla società Enel Produzione spa relativo al progetto di
centrale termoelettrica da 1980 MWe alimentata a carbione e
biomasse vergini nella misura massima del 5% su due gruppi ubicata
nel Comune di Porto Tolle (RO) in luogo dell’esistente centrale
termoelettrica
alimentata
ad
olio
combustibile;
nonché
per
l'annullamento di ogni altro atto presupposto, collegato, inerente,
conseguente e derivato, ivi compresi:
- il parere favorevole espresso dalla Commissione tecnica di verifica
dell'impatto ambientale VIA-VAS n. 285 del 29 aprile 2009 ed il
successivo parere espresso nella riunione del 9.7.2009 dal Comitato di
coordinamento della Commissione (acquisito con prot. DSA-20090018599 del 15.7.2009);
- il parere favorevole del Ministero per i beni e le attività culturali del
DG-PAAC-3650 del 16.3.2009;
- il parere della Regione Veneto espresso con DGR n. 4067 del
28.12.2005, DGR n. 150 del 30.1.2007, DGR n. 2018 del 7.7.2009 e
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dei relativi pareri della Commissione regionale VIA n. 120 del
25.10.2005, n. 149 del 17.1.2007, n. 244 del 30.6.2009, oltre che il
parere di A.R.P.A.V. – Dipartimento provinciale di Rovigo del
29.6.2009 prot.n. 82234, e la Relazione istruttoria tecnica del
Comitato della Direzione Pianificazione territoriale e parchi - Servizio
reti ecologiche e biodiversità in data 29.6.2009 n. Reg/2009/88
recante parere favorevole sulla valutazione di incidenza del progetto
sulle aree SIC e ZPS;
- nonché ove occorrer possa, il decreto del MATTM n. 194/2008 del
23 giugno 2008 di pressoché totale rinnovazione dei componenti della
Commissione VIA-VAS (e successive modifiche ed integrazioni);
- nonché, ove occorrer possa, delle DD.GG.RR. Veneto n. 2176 del
2.8.2005, n. 2974 del 11.10.2005, n. 3609 del 22.11.2005, nella parte
in cui si è ritenuto di affidare alla Segreteria regionale infrastrutture e
mobilità le competenze in materia di VIA, nonché della DGR n. 252
del 7.2.2006 di individuazione nel Segretario regionale infrastrutture e
mobilità di Presidente della Commissione regionale VIA;
- nonché, ove occorrer possa, in parte qua la DGR Veneto n. 1408 del
16.5.2006 recante approvazione del “Piano progressivo di rientro
relativo alle polveri PM10”.
***
FATTO
1.- Breve premessa.
Per una migliore comprensione della vicenda da parte di codesto
TAR Lazio - Roma, si ritiene di far precedere l’illustrazione dell’iter
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autorizzatorio che ha condotto all’emissione dei provvedimenti ivi
impugnati,
dalle
seguenti
brevi,
ma
essenziali
informazioni
preliminari di inquadramento generale della questione.
La centrale termoelettrica ad olio combustibile di Porto Tolle
costituisce uno dei più grandi impianti di produzione di energia
elettrica d’Europa, anzi all’epoca della sua costruzione, iniziata nel
1973 e completata ed entrata in funzione tra il 1980 ed il 1984, si
trattava in assoluto del più grande impianto termoelettrico europeo,
con quattro gruppi della potenza nominale totale di 2640 MW.
Durante il funzionamento ad olio combustibile ha comportato
l’emissione in atmosfera ogni anno di circa dieci milioni di tonnellate
di anidride carbonica e di 3.800 Mg/Nm3 di ossidi di zolfo.
Questo colosso termoelettrico è stato localizzato nel cuore del
Delta del Po, una delle zone umide più importanti dell’intero Pianeta,
la cui tutela è da sempre prevista come prioritaria da trattati e
convenzioni internazionali, dalla direttiva habitat 92/43/CEE (come
Sito di Importanza Comunitaria e Zona di Protezione Speciale), oltre
che dalla legge quadro sulle aree naturali protette n. 394/1991. Per
questo la legge regionale veneta istitutiva del Parco del delta del Po n.
36/1997 -a tutt’oggi inottemperata- ne prescrive l’alimentazione a gas
metano ovvero a combustibile minor impatto ambientale.
Malgrado si sia dunque in presenza di una delle più grandi
centrali termoelettriche d’Europa, l’unica nel nostro Paese ad essere
collocata all’interno di un’area naturale protetta, per di più di interesse
ambientale mondiale, per molti anni l’impianto non è stato tuttavia
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dotato delle tecnologie di abbattimento e controllo delle emissioni che
vennero invece progressivamente applicati in tutti gli altri impianti
industriali italiani e nelle stesse centrali elettriche di Enel.
La decisione aziendale di tenere la centrale di Porto Tolle
“ultima delle ultima”, nell’intero parco elettrico nazionale, tra quelle
da “ambientalizzare”, fa sì che l’impianto costituisca forse per circa
vent’anni la più grande fonte fissa di inquinamento atmosferico
esistente in Italia. L’adeguamento delle emissioni dell’impianto ai
limiti imposti dal DM 12.7.1990 avverrà infatti soltanto a partire dal
1° gennaio 2005.
Tutto ciò ovviamente non è stato senza conseguenze.
Un processo penale, celebratosi presso il Tribunale di Rovigo Sez. Adria che con sentenza n. 192/2006, confermata dalla Corte
d’Appello di Venezia, Sez. IV, con sentenza n. 464/2009, ha accertato
che durante l’esercizio dell’impianto nel periodo 1999-2002 (dai
direttori di centrale e dai vertici aziendali, secondo il Tribunale di
Rovigo; solo dai direttori di centrale per la Corte d’appello di
Venezia: la questione attende di essere defintivamente chiarita dalla
Corte di Cassazione) sono stati commessi i reati di getto pericoloso ex
art. 674 cp, danneggiamento aggravato all’ambiente e alle cose ex art.
635 cp, peggioramento delle emissioni ex art. 25 DPR 203/1988. Enel
spa ed Enel Produzione spa, quali responsabili civili, unitamente agli
imputati, sono state quindi condannate al risarcimento dei danni
patrimoniali, non patrimoniali ed ambientali cagionati in conseguenza
dei predetti reati, quantificati in via provvisionale (in primo grado) in
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circa 3 milioni milioni di euro, cui è seguita una transazione tra Enel e
gli enti locali veneti prima della conclusione del processo d’appello.
2.- La procedura di VIA-valutazione di impatto ambientale del
progetto di riconversione a carbone.
In data 31 maggio 2005 la società Enel Produzione spa
presentava al MATTM istanza di pronuncia di compatibilità
ambientale relativa al progetto di conversione a carbone dell’esistente
centrale termoelettrica di 2640 MWe sita in Comune di Porto Tolle,
nel Delta del Po, in provincia di Rovigo.
Successivamente il progetto veniva modificato riducendo la
potenza del progettato nuovo impianto a carbone a 1980 MWe.
Con note in data 8 e 29 settembre 2006 Enel trasmetteva
ulteriori elementi informativi, a seguito di richieste di chiarimenti e
integrazioni della Direzione generale per la salvaguardia ambientale
del MATTM.
La Commissione VIA, riunita in seduta plenaria il 23 luglio
2007 evidenziava la carenza di elementi informativi tale da non
consentire l’espressione di un parere in forma compiuta. Di qui la nota
in data 13 agosto 2007 con cui la Direzione generale per la
salvaguardia ambientale esprimeva un pronunciamento interlocutorio
negativo, formalizzando la richiesta di ulteriori elementi integrativi al
fine di poter riavviare l’istruttoria.
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Seguiva quindi in data 24 ottobre 2007 il deposito da parte di
Enel di integrazioni progettuali e la ripubblicazione dell’annuncio a
mezzo stampa.
A seguito di formale istanza di Enel, con nota in data 6 febbraio
2008 il MAATM riavviava il procedimento di VIA.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rovigo, che
nel frattempo aveva avviato un procedimento penale connesso alla
riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, a partire dal
gennaio 2008 trasmetteva al MATTM e alla Regione del Veneto le
relazioni tecniche dei propri CCTTUU che evidenziavano una serie di
gravi carenze nella documentazione depositata da Enel nell’ambito
della procedura di VIA.
Osservazioni critiche e pareri negativi sul progetto in esame
venivano espresse da parte di:
- Regione Emilia Romagna,
- Province (di Rovigo e Ferrara),
- Comuni veneti ed emiliani (tra cui Rosolina, Porto Viro, Trecenta,
Goro, Villadose),
- enti parco (Ente parco regionale veneto del Delta del Po, Consorzio
regionale del delta del Po Emilia Romagna),
- imprenditori ed operatori economici e turistici (tra cui Consorzio
Urbanistico Piazzale Europa Rosolina Mare, Villaggio turistico
Rosapineta Sud del 23/07/2007, Comitato di Rosolina Mare, Villaggio
Turistico Rosolina Mare Club, Consorzio Delta Nord, Villaggio
Turistico Rosapineta, Agenzia Intermediazione immobiliare, Teorema
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Casa, Imprenditori Turistici
di Rosolina,
Villaggio
turistico
Rosapineta Club di Rosolina, Agenzia Adriatico; Agenzia Ponte sas;
Agenzia la Veneta; Agenzia Euroexpress; Agenzia Sole; Ag. Delta
Mare; Ag. Italia; Ag. Coast; Ag. Adriatico Servizi; Ag. La Bussola;
Ag.
Affari
Atlante;
Ag.
Lido;
Ag.
Monti;
Ag.
Villaggio
Mediterraneo),
- associazioni di categoria (Legapesca, Consorzio operatori balneari
Rosolina Mare, Consorzio operatori balneari Rosolina Mare,
l’associazione di agenti e mediatori immobiliari ASSAGAIME),
- associazioni di protezione ambientale nazionali (Italia Nostra,
Legambiente, WWF, Greenpeace),
- comitati locali (Comitato cittadini liberi Porto Tolle, Federazione
liste civiche Rovigo, Genitori democratici Rovigo),
- ed un numero considerevole di singoli cittadini.
Tutte valutazioni critiche che venivano disattese dal MATTM
con motivazioni assolutamente inadeguate e, sotto certi profili,
inesistenti.
La Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale
VIA-VAS -nella nuova composizione modificata a seguito del DL
90/2008- esprimeva il parere favorevole con prescrizioni n. 285 del 29
aprile 2009.
Con DGR n. 2018 del 7 luglio 2009 si esprimeva quindi
definitivamente la Giunta regionale del Veneto, dopo lo svolgimento
di un’inchiesta pubblica richiesta dai comuni interessati, subordinando
il parere positivo ad una riformulazione da parte della Commissione
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VIA-VAS di talune prescrizioni previste nel predetto parere n.
285/2009, che venivano tuttavia in gran parte respinte dal Comitato di
coordinamento della medesima Commissione VIA-VAS nella
riunione del 9 luglio 2009.
Con decreto del 24 luglio 2009 prot.n. 873 il Ministro
dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro per i beni e le attività culturali, esprimeva il giudizio di
compatibilità ambientale favorevole con prescrizioni sul progetto di
riconversione a carbone della centrale termoelettrica in esame.
Tali provvedimenti risultano gravemente illegittimi e vengono qui
impugnati per i motivi di diritto che saranno di seguito illustrati.
3.- La legittimazione ad agire dei ricorrenti.
ITALIA
NOSTRA-ONLUS,
GREEN
PEACE-ONLUS,
W.W.F.-ONLUS sono state individuate quali associazione di
protezione ambientale nazionali ex art. 13 della legge n. 349/1986 con
decreto del Ministro dell'Ambiente 20.2.1987 (in G.U. del 27.2.1987)
e sono pertanto legittimate, ai sensi dell'art. 18, comma 5, della
medesima legge n. 349/1986 a proporre ricorso giurisdizionale
amministrativo per l'annullamento di atti illegittimi suscettibili di
arrecare una compromissione dell'ambiente; disposizione quest’ultima
che non è stata abrogata dal d.lgs. 152/2006 recante approvazione del
cd. “Codice dell’ambiente”.
Ora non v’è dubbio che tra gli atti aventi rilevanza ambientale,
suscettibili di impugnazione da parte di associazioni di protezione
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ambientale, rientri il decreto ministeriale conclusivo della procedura
di VIA che consente la trasformazione a carbone di uno dei più grandi
impianti termoelettrici del Paese, la centrale Enel di Porto Tolle,
situato in una delle aree naturalisticamente più importanti del pianeta,
il delta del Po.
Il COMITATO CITTADINI LIBERI DI PORTO TOLLE è
invece un gruppo associativo locale che ha tra le proprie finalità
statutarie quelle della tutela dell’ambiente locale, che da anni svolge
un’intensa attività, anche sul piano giudiziario, tra l’altro come parte
civile nel processo penale presso il Tribunale di Rovigo - Sez. Adria
che, con sentenza n. 192/2006, confermata dalla Corte d’Appello di
Venezia, Sez. IV con sentenza n. 464/2009, ha condannato Enel
Produzione spa, quale responsabile civile, al risarcimento dei danni
cagionati -anche al Comitato medesimo- in conseguenza dei reati (di
getto pericoloso di cose ex art. 674 cp, danneggiamento aggravato
all’ambiente e alle cose ex art. 635 cp, peggioramento delle emissioni
ex art. 25 DPR 203/1988) cagionati dall’illecito funzionamento sino al
2002 della centrale di Porto Tolle, che ora si intederebbe trasformare a
carbone.
Sulla legittimazione dei gruppi associativi locali ad impugnare
provvedimenti autorizzativi in materia ambientale si ricorda come la
giurisprudenza amministrativa abbia ripetutamente affermato che “nel
nostro ordinamento l'affidamento al ministero dell'ambiente ex art. 13
l. 8 luglio 1986 n. 349 del potere di accertamento della legittimazione
ad agire delle associazioni ambientaliste (e dei comitati), non esclude
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la possibilità per il giudice di valutare caso per caso l'applicabilità
dell'art. 18 l. n. 349 del 1986, accertando la sussistenza della
legittimazione in capo ad una determinata associazione ad impugnare
provvedimenti lesivi di interessi ambientali” (Consiglio Stato, sez. IV,
02 ottobre 2006, n. 5760). Inoltre si ricorda da ultimo la sentenza
della Corte Giustizia, sez. II, 15 ottobre 2009 nel procedimento C263/08 ove si evidenzia che la direttiva 85/337 sulla VIA impone agli
Stati membri di garantire un “ampio accesso alla giustizia” tale da
includere anche le associazioni locali.
*
Il C.O.B. – Consorzio Operatori Balneari, con sede in via Santa
Teresa, 59/61 a Rosolina, riunisce diversi operatori turistici di
Rosolina Mare per un totale di 11 stabilimenti balneari, che
risulterebbero
gravemente
pregiudicati
nelle
proprie
attività
imprenditoriali turistiche, oltre che per il deprezzamento degli
immobili di proprietà ed in concessione demaniale, dalla presenza e
dal funzionamento dell’impianto a carbone in progetto, in particolare
in conseguenza delle ricadute degli inquinanti, ed anche in termini di
danno all’immagine per la vicinanza delle attività balneari con un
impianto a carbone.
Allo stesso modo anche anche:
- ASS.AG.A.I.ME – ASSOCIAZIONE TRA AGENZIE D’AFFARI
IN MEDIAZIONE, TURISTICHE E DI VIAGGI, DI ROSOLINA,
che è un’associazione che raggruppa 11 agenzie immobiliari e
turistiche di Rosolina per una gestione complessiva di circa 1000
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alloggi, corrispondenti al 70% del volume di immobili turistici della
località balneare,
-il VILLAGGIO TURISTICO ROSAPINETA SUD con sede in
Rosolina Mare via Trieste n. 3 e la società VILLAGGI CLUB s.r.l.
con sede a Rosolina Mare via dei Francesi n.7,
subirebbero i menzionati danni alle attività turistiche in gestione
nell’area interessata dagli impatti ambientali della progettata centrale
a carbone.
Il CONSORZIO DELTA NORD SOCIETA’ COOP. A.R.L. e il
CONSORZIO FOCE PO DI MAISTRA SOCIETA’ COOPERATIVA
sono consorzi di cooperative di pescatori operanti nell’area del Delta
del Po, i quali dalla realizzazione e dell’esercizio dell’impianto in
esame subirebbero gravi danni alle proprie attività, anche in ragione
dei pregiudizi diretti (impatto sulla fauna ittica) e indiretti
(intorbidimento delle acque a danno dell’intera rete trofica) ai fondali
lagunari conseguenti agli scavi periodici delle vie navigabili, oltre che
dal traffico costante di circa 10 chiatte al giorno addette al trasporto
del carbone e dei rifiuti della centrale (per un totale di ben 3000
transiti annui,) con conseguente inquinamento ed alterazione delle
acque oltre che preclusione agli spazi di pesca ed acquacoltura: fattori
che si rifletterebbero negativamente sulle specie ittiche pecsate ed
allevate, in particolare i molluschi bivalvi, di fondamentale interesse
economico.
*
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Infine si consideri che le associazioni di protezione ambientale,
il comitato, gli imprenditori ivi ricorrenti hanno svolto e continuano a
svolgere un’intensa attività di opposizione alla realizzazione di
impianti
elettrici
alimentati
a
carbone
e
in
particolare
all’autorizzazione della riconversione a carbone della centrale d Enel
di Porto Tolle, ed hanno altresì presentato puntuali osservazioni
nell’ambito delle procedura di valutazione di impatto ambientale de
qua, in gran parte non valutate, immotivatamente rigettate o
sottovalutate, cosicché i suddetti ricorrenti sono legittimati anche a
contestare giudizialmente le carenze partecipative da cui è affetto il
procedimento di VIA in esame.
Del tutto evidente appare quindi l'interesse personale, diretto,
concreto ed immediato di tutti i ricorrenti a contrastare i
provvedimenti de quibus onde evitare che le finalità sociali di
salvaguardia ambientale vengano irreversibilmente frustrate dalla
realizzazione e dell’esercizio dell’impianto termoelettrico a carbone
assentito con il decreto ministeriale di VIA positiva in questione.
***
MOTIVI DI DIRITTO
PARTE I
CENSURE AFFERENTI L’ART. 5-BIS DELLA LEGGE 33/2009
DI CONVERSIONE DEL D.L. 5/2009 (DECRETO INCENTIVI)
1.- ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART. 5-BIS
DELLA LEGGE 33/2009 DI CONVERSIONE DEL D.L. 5/2009
PER VIOLAZIONE DELL’ART. 77 DELLA COSTITUZIONE PER
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TOTALE MANCANZA DEI PRESUPPOSTI DI NECESSITA’ ED
URGENZA OLTRE CHE PER ASSOLUTA ESTRANEITA’
DELLA
DISPOSIZIONE
STRAORDINARIE
RISPETTO
RELATIVE
ALLE
ALL’OGGETTO
MISURE
DEL
D.L
RECANTE INCENTIVI AD ALCUNI SETTORI INDUSTRIALI
IN CRISI
Per la centrale termoelettrica Enel di Porto Tolle trova
applicazione la Legge Regionale Veneto 8/9/1997 n. 36 (e successive
modifiche) recante “Norme per l’istituzione del Parco regionale del
delta del Po” il cui art. 30 sotto il titolo “Impianti di produzione di
energia elettrica e divieti in materia di estrazione di idrocarburi”
recita
“1. Nell'ambito dell'intero territorio dei comuni interessati dal
Parco del Delta del Po si applicano le seguenti norme: a) gli
impianti di produzione di energia elettrica dovranno essere
alimentati a gas metano o da altre fonti alternative di pari o
minore impatto ambientale”.
Ora, come si desume dagli atti e documenti dell’iter della VIA
ivi in esame, malgrado tutti i tentativi operati da Enel di sostenere
l’insostenibile tesi della preferibilità della centrale a carbone in
termini di impatto ambientale rispetto all’alimentazione a gas, non par
dubbio che la posizione del MATTM fosse chiara nell’escludere la
compatibilità del progetto in esame con la menzionata previsione
legislativa regionale: vds. per tutti in proposito la nota del 13.8.2007
prot. DSA – 2007-0022742 con cui il Direttore generale della
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direzione salvaguardia ambientale del MATTM precisò che soltanto
l’esito finale di una controversia penale (attualmente ancora pendente
dinanzi alla Corte di Cassazione, in ordine all’inquinamento cagionato
dal funzionamento della centrale ad olio combustibile, ove la stessa
Avvocatura dello Stato ha sostenuto la sanzionabilità penale della
violazione del predetto art. 30 della legge regionale n. 36/1997 sulla
conversione a metano dell’impianto o a combustibile con minor
impatto) “ovvero eventuali atti normativi al riguardo” avrebbero
potuto condurre al superamento del problema del rispetto della citata
normativa regionale, altrimenti ritenuto “elemento preclusivo alla
realizzazione del progetto, essendo comunque peggiore, allo stato
attuale della tecnologia e in termini generali, il quadro emissivo di
una CTE a carbone rispetto a quello di un corrispondente impianto
alimentato a metano”.
Dunque l’impugnato DM n. 873/2009 di V.I.A. favorevole sul
progetto di trasformazione a carbone della centrale termoelettrica di
Porto Tolle mai avrebbe potuto essere espresso se non fosse stato
approvato l’art. 5 bis, comma 1, del decreto legge 10 febbraio 2009, n.
5 recante “Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi”,
convertito dalla legge 9 aprile 2009 n. 33 il cui testo, che campeggia
nella prima pagina del decreto impugnato, recita:
“Per la riconversione degli impianti di produzione di energia
elettrica alimentati ad olio combustibile in esercizio alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
al fine di consentirne l’alimentazione a carbone o altro
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combustibile solido, si procede in deroga alle vigenti disposizioni
di
legge nazionali
e
regionali
che
prevedono
limiti
di
localizzazione territoriale, purché la riconversione assicuri
l’abbattimento delle loro emissioni di almeno il 50 per cento
rispetto ai limiti previsti per i grandi impianti di combustione di
cui alle sezioni 1, 4 e 5 della parte II dell’allegato II alla parte V
del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152. La presente
disposizione si applica anche ai procedimenti in corso alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.
Di qui il (presunto) superamento del citato art. 30 della LR
Veneto n. 36/1997. Così nel conclusivo parere della Commissione
VIA regionale n. 244/2009 del 7.7.2009 si dà atto della palese
violazione dell’art. 30 della LR 36/1997 in quanto “è del tutto
evidente che … le emissioni in atmosfera di un impianto alimentato a
gas naturale di pari potenza sarebbero decisamente inferiori rispetto
a quello proposto”, ma si aggiunge che comunque “tale norma
regionale è stata superata dalla legge n. 33/2009” (pag. 77; in
termini identici vds. il medesimo parere pag. 46) ”1.
Orbene, in relazione a tale legge n. 33/2009 di conversione del
cd. “decreto legge incentivi” (il provvedimento d’urgenza era infatti
funzionale a prevedere incentivi alla rottamazione delle autovetture e
1
Vds. anche il verbale della riunione della Commissione VIA regionale del 30.6.2009 ove
il referente del gruppo istruttorio, prof. A. Mantovani, nell’illustrare il parere che poi verrà
approvato, precisa che “sono sopraggiunte delle novità dal punto di vista legislativo e, in
merito, rende noto che l’art. 30 della LR n. 36/1997 … è stato, di fatto, superato dal
seguente art. 5bis della L. 33/2009” e “dichiara che le condizioni imposte dall’art.5bis
della L. 33/2009 rispetto al progetto dell’impianto in oggetto, verificate dal gruppo
istruttorio della Commissione Regionale VIA, rispettano le condizioni in questione”.
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all’acquisto di elettrodomestici) non può omettersi di rammentare la
lettera inviata il 9 aprile scorso dal Capo dello Stato, contestualmente
alla promulgazione del provvedimento, ai Presidenti delle due Camere
e al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell’economia
e finanze. Il testo esatto della nota presidenziale non è stato reso noto,
ma a seguito delle indiscrezioni uscite sulla stampa, il Quirinale
diramò un comunicato datato 17 aprile 2009 (pubblicato sul sito web
www.quirinale.it) ove si legge:
“La lettera riprendeva osservazioni già sottoposte fin dalla scorsa
legislatura all’attenzione dei Presidenti delle Camere e del Governo
sulla necessità che la emendabilità dei decreti legge nel corso
dell’iter di conversione si mantenga rigorosamente nei limiti imposti
dalla natura straordinaria della fonte prevista dall’art. 77 della
Costituzione
e
dello
stesso
procedimento
parlamentare
di
conversione in legge, che deve concludersi nel termine inderogabile
di 60 giorni, anche alla luce del possibile sindacato che la Corte
Costituzionale ha ritenuto di esercitare in relazione a decreti
convertiti in legge.
Si rilevava, in particolare, che sottoporre al Presidente della
Repubblica per la promulgazione, in prossimità della scadenza del
termine costituzionalmente previsto, una legge che converte un
decreto-legge notevolmente diverso da quello a suo tempo emanato,
non gli consente l’ulteriore, pieno esercizio dei poteri di garanzia
che la Costituzione gli affida, con particolare riguardo alla verifica
sia della sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed
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urgenza sia della correttezza della copertura delle nuove o maggiori
spese, ai sensi degli articoli 77 e 81 della Costituzione, per la
necessità di tenere conto di tutti gli effetti della possibile decadenza
del decreto in caso di esercizio del potere di rinvio ai sensi dell’art.
74 della Costituzione”.
Plurime sono dunque le censure formulate dal Presidente della
Repubblica in ordine al modus procedendi utilizzato per il
provvedimento legislativo in esame.
Innanzitutto si richiama la necessità che gli emendamenti
apportati al decreto legge in sede di conversione si mantengano
“rigorosamente” nei limiti imposti dalla natura straordinaria della
fonte prevista dall’art. 77 della Costituzione, e non diventino quindi
l’occasione per “far salire sul carrozzone” tutta una serie di
disposizioni che nulla hanno a che vedere con l’oggetto del
provvedimento, a suo tempo emanato dallo stesso Capo dello Stato su
richiesta del Governo, per ragioni straordinarie di necessità ed
urgenza.
Invero, come ricordato espressamente nella nota del Quirinale, è
noto che la Corte Costituzionale da tempo opera un penetrante
sindacato in ordine alla sussistenza in concreto dei presupposti della
straordinaria necessità ed urgenza previsti dall'art. 77 della
Costituzione per l'adozione dei decreti-legge, configurando l'eventuale
mancanza di detti presupposti tanto un vizio di legittimità
costituzionale del decreto-legge, quanto un vizio in procedendo della
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legge di conversione (così Corte Cost. sin dalla nota sentenza n. 29
del 1995, ribadito dalla sentenza n. 341 del 2003).
Anche da ultimo il principio è stato affermato in termini molto
chiari da Corte costituzionale, 23 maggio 2007, n. 171, con la
precisazione che l'utilizzazione del decreto-legge (e tantomeno degli
emendamenti apportati dalla legge di conversione!) non può essere
sostenuta dall'apodittica enunciazione dell'esistenza delle ragioni di
necessità e di urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della
ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta.
Di conseguenza -ha chiarito il Giudice delle leggi- è
costituzionalmente illegittima la norma che si connota per la sua
evidente estraneità rispetto alla materia disciplinata dalle altre
disposizioni del decreto-legge in cui è inserita e in ordine alla quale il
preambolo del decreto legge e la relazione al disegno di legge di
conversione del decreto non rendono ragione dell'esistenza della
necessità ed urgenza di intervenire sulla norma.
Ebbene, tornando alla fattispecie all’esame, risulta evidente che
la disposizione di cui all’art. 5 bis, comma 1, del decreto legge 10
febbraio 2009, n. 5, inserita come emendamento al d.l. in sede di
conversione nella legge 9 aprile 2009 n. 33 -tale per cui ne è risultato
un provvedimento che, come lamenta il Presidente della Repubblica,
risulta “notevolmente diverso” da quello a suo tempo emanatoappare all’evidenza assolutamente estranea all’oggetto del decreto
legge recante incentivi ai settori industriali in crisi (in particolare
dell’automobile e degli elettrodomestici).
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Inoltre la disposizione, più che “rigorosamente” contenuta nei
limiti imposti dall’art. 77 della Costituzione (come richiesto dal Capo
dello Stato), appare manifestamente mancante dei presupposti di
straordinarietà ed urgenza posti a base del provvedimento.
A tal proposito si rammenta il preambolo del decreto legge
5/2009 recante “Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in
crisi” (Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 34 del 11/02/2009):
“ IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di
fronteggiare
l'eccezionale
situazione
di
crisi
internazionale del settore industriale e in particolare
del
comparto
automobilistico,
anche
in
relazione
all'importanza di questi settori nel sistema produttivo
nazionale ed ai riflessi di carattere occupazionale
sulle famiglie e sulle imprese;
Ritenuta la necessita' di collocare in un quadro
unitario le disposizioni finalizzate alla promozione
dello sviluppo economico e alla competitivita' del
Paese, anche mediante l'introduzione di misure di
carattere fiscale e finanziario in grado di sostenere
il rilancio produttivo e il raggiungimento degli
obiettivi di risparmio energetico e di salvaguardia
ambientale;
Considerate,
altresi',
le
particolari
ragioni
di
urgenza,
connesse
con
la
contingente
situazione
economico-finanziaria delle imprese e del loro indotto
e con la necessita' di sostenere la domanda di beni
durevoli, di favorirne il ricambio con finalita' di
carattere ambientale e di assicurare obiettivi di
rilancio occupazionale;
Rilevata, infine, l'esigenza di potenziare le misure
fiscali e finanziarie occorrenti per garantire il
rispetto degli obiettivi fissati dal Protocollo di
Kyoto e dalle linee guida per le politiche nazionali di
riduzione delle emissioni di gas-serra;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 6 febbraio 2009;
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Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei
Ministri, del Ministro dell'economia e delle finanze,
del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare;
E m a n a
il seguente decreto-legge”
Seguiva l’articoltato normativo composto da:
art. 1 Incentivi al rinnovo del parco circolante e
incentivi all'acquisto di veicoli ecologici
art. 2 Detrazione per l'acquisto
di mobili ed
elettrodomestici
art. 3 Distretti produttivi e reti di imprese
art. 4 Aggregazione tra imprese
art. 5 Rivalutazione sostitutiva immobili
at. 6 Sostegno al finanziamento per l'acquisto di
autoveicoli, motoveicoli e veicoli commerciali
art. 7 Controlli fiscali
art. 8 Copertura finanziaria
art. 9 Entrata in vigore
Nulla è poi desumibile, né in ordine alla necessità ed urgenza di
questa disposizione né alla sua omogeneità rispetto alla materia del
decreto, dalla relazione al disegno di legge governativo di conversione
in
legge
(d’altronde
l’art.
5-bis
è
frutto
del
cosiddetto
“maxiemendamento” del Governo Dis. 1.1 alla legge di conversione
del d.l. approvato della Camera dei deputati, nella seduta del 6 aprile
2009, e quindi defintivamente dal Senato), né dagli ulteriori atti
relativi ai lavori parlamentari.
Alla luce dei richiamati principi ripetutamente enunciati dal Giudice
delle leggi, e ricordati anche dal Presidente della Repubblica nella
nota su richiamata, la disposizione dell’art. 5-bis del d.l. 10 febbraio
2009, n. 5, introdotto dalla legge di conversione, risulta dunque
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palesemente incostituzionale per violazione dell’art. 77 della Carta
fondamentale.
**
2.- SEGUE: ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART. 5BIS DELLA LEGGE 33/2009 DI CONVERSIONE DEL D.L. 5/2009
PER
VIOLAZIONE
DEGLI
ARTT.
74,
77,
87
DELLA
COSTITUZIONE IN RELAZIONE ALLA PRECLUSIONE DEL
CONTROLLO
DI
COSTITUZIONALITA’
SUGLI
EMENDAMENTI APPROVATI IN SEDE DI CONVERSIONE DEL
DECRETO LEGGE DA PARTE DEL CAPO DELLO STATO.
Quanto poi all’ulteriore rilievo, contenuto nella predetta nota del
Quirinale 17 aprile 2009, secondo cui sottoporre al Presidente per la
promulgazione in tutta prossimità della scadenza del termine
costituzionalmente previsto “una legge che converte un decretolegge notevolmente diverso da quello a suo tempo emanato, non gli
consente l’ulteriore, pieno esercizio dei poteri di garanzia che la
Costituzione gli affida, con particolare riguardo alla verifica sia
della sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza”,
esso “certifica” in un modo estremanente chiaro ed esplicito come nel
caso di specie siano stati apertamente violati gli artt. 74, 77 ed 87 in
quanto è stato precluso al Capo dello Stato di esercitare, sugli
emendamenti apportati al decreto legge in sede di conversione, il
prescritto preliminare vaglio di compatibilità costituzionale.
Con l’ulteriore precisazione che, come chiarito nella nota
ufficiale del Quirinale, se il Presidente non ha esercitato il potere di
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rinvio alle Camere della legge ex art. 74 Cost., ciò è stato dovuto
esclusivamente alla “necessità di tenere conto di tutti gli effetti della
possibile decadenza del decreto in caso di esercizio del potere di
rinvio”.
Si aggiunga sul punto che l’aver impedito il prescritto esercizio
del controllo di costituzionalità della legge, preventivo alla
promulgazione, denunziato dalla Presidenza della Repubblica, “con
particolare riguardo alla verifica sia della sussistenza dei requisiti di
straordinaria necessità ed urgenza sia della correttezza della
copertura delle nuove o maggiori spese, ai sensi degli articoli 77 e 81
della Costituzione”, a parere di questa difesa impone che il giudizio di
non manifesta infondatezza della relativa questione sopra sollevata
(appunto, in ordine all’assenza dei presupposti di urgenza qualificata
ex art. 76 Cost.) sia inevitabilmente condotto da parte di codesto
Giudice a quo con un particolare favor per il rinvio alla Corte.
**
3.- SEGUE: ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART. 5BIS DELLA LEGGE 33/2009 DI CONVERSIONE DEL D.L. 5/2009
PER VIOLAZIONE DELL’ART. 81 DELLA COSTITUZIONE IN
RELAZIONE ALL’OMESSA VERIFICA DELLA COPERTURA DI
NUOVE SPESE.
Lo stesso richiamo, contenuto nella missiva presidenziale, alla
mancata possibilità per il Capo dello Stato, visti i tempi ristrettissimi
per la promulgazione della legge di conversione, di operare la verifica
della copertura di eventuali nuove spese conseguenti all’entrata in
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vigore del provvedimento ex art. 81 Cost. appare anch’esso pertinente
nel caso della disposizione in esame ove solo si considerino i
rilevantissimi prevedibili costi pubblici conseguenti all’applicazione
della medesima.
Invero l’art. 5 bis, comma 1, del d.l. n. 5/2009, introdotto dalla
legge di conversione n. 33/2009, nell’autorizzare la riconversione a
carbone di centrali elettriche attualmente funzionanti ad olio
combustibile superando i divieti di localizzazione contenuti nella
legislazione statale e regionale, ha condotto l’Italia all’inevitabile
conseguente superamento delle quote di CO2 assegnate al nostro
Paese in attuazione della direttiva europea 2003/87/CE istitutiva del
sistema europeo di scambio delle quote di emissione di gas serra
(distribuite ai vari settori dal PNA-Piano nazionale di assegnazione).
D’altronde di tale inevitabile superamento dei tetti di gas serra,
con conseguente necessità di acquistare diritti di emissione di Co2 sul
mercato, salvo costosisssime sanzioni dell’UE, ha dato allarmata
notizia nell’agosto scorso lo stesso M.A.T.T.M., ma soltanto
successivamente all’adozione del qui impugnato DM di VIA positiva
per il progetto ivi in esame.
Di qui, dunque, anche una palese violazione anche dell’art. 81
della Carta.
**
4.-
ULTERIORE
ILLEGITTIMITA’
COSTITUZIONALE
DELL’ART. 5-BIS DELLA LEGGE 33/2009 DI CONVERSIONE
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DEL D.L. 5/2009 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 117 DELLA
COSTITUZIONE
Come ricordato supra, l’art. 5 bis, comma 1, del d.l. n. 5/2009
convertito nella legge n. 33/2009 stabilisce che, per la riconversione a
carbone (o ad altro combustibile solido) degli impianti di produzione
di energia elettrica attualmente alimentati ad olio combustibile si
procede “in deroga alle vigenti disposizioni di legge nazionali e
regionali che prevedono limiti di localizzazione territoriale”.
Ora appare evidente che tale disposizione derogatoria della
legislazione regionale risulta assunta in palese violazione delle
attribuzioni costituzionali attribuite alle Regioni dall’art. 117, comma
3, Cost. in particolare con riferimento alle materie del “governo del
territorio” e della “produzione dell’energia” attribuite alla
competenza concorrente del legislatore regionale.
Invero, appare incontestabile che la disposizione in esame non
rechi un principio fondamentale volto a guidare il legislatore
regionale nell'esercizio delle proprie attribuzioni, ma introduca invece
una norma di assoluto e minuzioso dettaglio relativa ad una specifica
tipologia di interventi (la riconversione a carbone degli impianti
termoelettrici ad olio combustibile), sulla base di un prefissati
standard di emissioni (pari al 50% per cento rispetto ai limiti previsti
per i grandi impianti di combustione dagli allegati alla parte V del
d.lgs. n. 152/2006), certamente auto-applicativa (con espressa
previsione di applicabilità anche petr i procedimenti in corso), che
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esclude l’operatività di tutte le leggi (oltre che statali, anche) regionali
recanti limiti di localizzazione territoriale degli impianti predetti.
Ora è pur vero che la Corte Costituzionale ha riconosciuto la
legittimità dell'attrazione al livello statale delle funzioni legislative (ed
amministrative) nella disciplina delle procedure di autorizzazione
degli impianti di produzione di energia elettrica, in nome dei principi
di sussidiarietà e di adeguatezza.
E tuttavia in questi casi la valutazione da parte della Corte della
sussistenza dei presupposti che giustificavano la chiamata in
sussidiarietà dell'amministrazione statale fu positiva sulla base del
riconoscimento della preminente esigenza di evitare il pericolo di
interruzione della fornitura dell'energia elettrica a livello nazionale,
attraverso
una
accentuata
semplificazione
del
procedimento
necessario per la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia
elettrica di potenza superiore ai 300 MW termici ed opere connesse
(si tratta della sentenza della Corte Cost. n. 6 del 2004 relativamente
al decreto-legge n. 7 del 2002, convertito in legge dalla legge n. 55 del
2002; e secondo la stessa Corte “esigenze analoghe sono sicuramente
individuabili anche per le impugnate disposizioni del decreto-legge n.
239 del 2003, quale convertito nella legge n. 290 del 2003”: così nella
sentenza n. 383 del 2005).
Ma tali giustificazioni non sono state affatto alla base dell’art. 5
bis, comma 1, del d.l. n. 5/2009 convertito nella legge n. 33/2009; e
ciò basterebbe per escludere la costituzionalità della disposizione.
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Ma soprattutto preme evidenziare che l'attrazione al livello
statale delle funzioni legislative nel settore delle procedure di
autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica non
può certo pervenire a giustificare un ulteriore ridimensionamento
dell'autonomia regionale comportante la deroga agli atti normativi
regionali di rango primario anche nel settore del “governo del
territorio”, se non al prezzo di un completo svuotamento dei criteri di
riparto delle competenze legislative stabilite nell’art. 117 della Carta.
*
5.- VIOLAZIONE PER FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 5BIS DELLA LEGGE 33/2009 DI CONVERSIONE DEL D.L. 5/2009
Come sopra ricordato, l’art. 5 bis, comma 1, del decreto legge n.
5/2009 convertito dalla legge 9 aprile 2009 n. 33 stabilisce:
“Per la riconversione degli impianti di produzione di energia
elettrica alimentati ad olio combustibile in esercizio alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
al fine di consentirne l’alimentazione a carbone o altro
combustibile solido, si procede in deroga alle vigenti disposizioni
di
legge nazionali
e
regionali
che
prevedono
limiti
di
localizzazione territoriale, purché …”.
Ora il ricordato art. 30 della richiamata LR Veneto n.36/1997,
nel prevedere che “Nell'ambito dell'intero territorio dei comuni
interessati dal Parco del Delta del Po si applicano le seguenti norme:
a) gli impianti di produzione di energia elettrica dovranno essere
alimentati a gas metano o da altre fonti alternative di pari o minore
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impatto ambientale”, in realtà non reca affatto un “limite di
localizzazione territoriale”, bensì si occupa di stabilire le fonti di
alimentazione degli impianti di produzione di energia elettrica situati
nell’area dei comuni del Parco del delta del Po, in funzione del
contenimento dell’inquinamento ambientale.
Trattasi dunque di disposizione legislativa che non risulta
suscettibile di essere derogata in forza del predetto art. 5 bis, comma
1, del decreto legge n. 5/2009 convertito dalla legge 9 aprile 2009 n.
33, per l’applicazione del quale peraltro si deve necessariamente
utilizzare un criterio interpretativo stretto e rigoroso, trattandosi
chiaramente di disposizione di natura eccezionale.
***
PARTE II
CENSURE AFFERENTI L’ITER PROCEDURALE
SEGUITO A LIVELLO STATALE
6.- VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE 241/1990 ED
ECECSSO DI POTERE PER CARENZA DI MOTIVAZIONE IN
RELAZIONE
AL
DISATTESO
PARERE
POSITIVO
CONDIZIONATO DELLA REGIONE VENETO
Sulla VIA del progetto ivi in esame l’Assemblea plenaria della
Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA-VAS
presso il MATTM si esprimeva con il parere n. 285 del 29.4.2009.
Successivamente a quest’ultimo parere, sulla compatibilità
ambientale del progetto medesimo si esprimeva la Regione del
Veneto con la DGR n. 2018 del 7.7.2009 la quale prendeva atto,
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facendolo proprio, di quanto deliberato dalla propria Commissione
regionale VIA (col parere n. 244 del 30.6.2009, allegato A alla
medesima DGR) la quale all’unanimità dei presenti aveva espresso il
proprio parere favorevole sul progetto, ma “subordinatamente al
rispetto delle seguenti prescrizionie raccomandazioni …”.
In tal modo la Regione del Veneto condizionava espressamente
il proprio assenso a tutta una serie di modifiche ed integrazioni alle
prescrizioni precedentemente dettate dalla Commissione tecnica di
verifica dell’impatto ambientale VIA VAS, in gran parte volte a
rendere più rigorosi gli standard di contenimento e di monitoraggio
dell’inquinamento atmosferico, sostanzialmente in linea (salvo quanto
si dirà infra) con le valutazioni espresse dal competente dipartimento
dell’A.R.P.A.V.-Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente
del Veneto (vds. il documento 29.6.2009 prot.n. 82234 allegato al
verbale della Commissione regionale VIA del 30.6.2009).
Tuttavia, sulla base del parere espresso il 9.7.2009 dal “Comitato
di coordinamento” della Commissione tecnica di verifica VIA-VAS
l’impugnato DM conclusivo di VIA n. 873/2009 rigettava tutte le
prescrizioni cui era stato subordinato il parere regionale favorevole
(salvo per tre prescrizioni minori relative agli scarichi idrici e alla
precisazione terminologica che per “polveri ultrafini” si intende il PM
2,5).
Veniva quindi apertamente disatteso con motivazioni alquanto
illogiche (anche in ragione della necessità, ripetutamente riconosciuta
in sede istruttoria, di garantire nel caso di specie i più elevati livelli di
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tutela ambientale: vds. infra) il parere della Giunta regionale del
Veneto laddove subordinava l’assenso a:
- una modifica alla prescrizione n. 4 della Commissione statale,
prevedendo di limiti più rigorosi per le emissioni di metalli e loro
composti, ossia emissioni massiche totali di metalli e loro composti di
3 tonn/anno e limiti orari dimezzati rispetto a quelli previsti nella
sezione 6 della parte II dell’allegato II alla parte V del d.lgs. 152/2006
(peraltro, così facendo, la Regione aveva a sua volta disatteso i più
rigorosi standard motivatamente previsti dalla propria ARPAV nel
parere del 29.6.2009: in proposito vds. infra);
– una modifica alla prescrizione n. 5, prevedendo standard più rigidi
per le emissioni di IPA e PCDD/F ossia con emissioni massiche
totali di tali inquinanti organici di 0,5 kg/anno e 0,1 g/anno
(sostanzialmente in linea con le prescrizioni suggerite da ARPAV nel
documento del 29.6.2009, pag. 26, prescrizione 4);
- una modifica alla prescrizione n. 10, con l’introduzione di un
sistema di abbattimento più efficace dei microinquinanti per cui si
prevedeva l’obbligo, a monte dei filtri a manica, di introdurre un
“sistema di iniezione e dosaggio di adsorbente solido” (come richiesto
da ARPAV nel documento 29.6.2009, vds. prescrizione n. 8);
- una modifica alla prescrizione n. 19, con previsione di
monitoraggio delle ricadute per Arsenico, Cadmio, Nichel,
Piombo, Vanadio, Benzopirene, IPA e Diossine, e in continuo per
il mercurio nell’aria (conformemente alla prescrizione n. 6 di
ARPA).
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Aggiungasi che le suddette richieste, cui era stato subordinato il
parere regionale favorevole, erano state anche alla base della
controdeduzione regionale ad alcune osservazioni presentate da
soggetti pubblici e privati nel corso della procedura di VIA.
Così ad es. nel parere della Commissione VIA regionale n.
244/2009 si legge (pag. 74) che all’osservazione n. 13 relativa
all’efficacia dei sistemi di abbattimento di mercurio, selenio e
arsenico la Regione aveva risposto che “sono stati imposti dei limiti
molto bassi ai flussi di massa per i microinquinanti” e che “al fine di
garantire il rispetto di tali limiti, il quadro precettivo prevede la
predisposizione di un sistema di iniezione di adsorbente … a monte
dei filtri a manica …”.
Evidente quindi -anche sotto quest’ultimo profilo della risposta
alle osservazioni dei cittadini- il venir meno del presupposto sul quale
si era fondato l’assenso regionale per il progetto in esame.
E quindi l’illegittimità del decreto conclusivo di VIA, espresso
senza adeguatamente (e logicamente) motivare le ragioni per le quali
veniva disatteso il fondamentale parere della Regione territorialmente
competente.
**
7.- VIOLAZIONE DELL’ART. 6 DELLA LEGGE 349/1986 E
DELL’ART.
1
ALL’OMESSO
DELLA
LEGGE
55/2002
COINVOLGIMENTO
IN
NELLA
RELAZIONE
PROCEDURA
DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA
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Con nota APG/PRG/06/2346 del 30.1.2006 la Regione Emilia
Romagna aveva richiesto di essere formalmente coinvolta nel
procedimento di VIA del progetto in esame.
A tal proposito si consideri che il territorio della Regione Emilia
Romagna, in Provincia di Ferrara a partire dai Comuni di Goro,
Comacchio, Codigoro, Mesola e Lagosanto risulta pacificamente e
pesantemente interessato dalle ricadute inquinanti della centrale di
Porto Tolle, sia nell’attuale configurazione ad olio combustibile (tanto
che Regione E.R., Provincia di Ferrara e Comuni di Mesola e Goro
sono stati ammessi quali parte civile nel processo penale citato nelle
premesse in fatto) che in quella a carbone. Inoltre si consideri che il
territorio interessato dalle ricadute rientra anche nell’area protetta
regionale del Parco regionale emiliano del Delta del Po.
Tuttavia con nota del 10.3.2006 prot. CVIA/975/2006 la
Direzione Salvaguardia Ambientale presso il MATTM formalizzava il
proprio espresso diniego alla partecipazione della Regione Emilia
Romagna all’istruttoria della VIA in esame, sostenendo che nel
procedimento di VIA debba essere coinvolta solo ed esclusivamente
la
Regione
territorialmente
competente
alla
localizzazione
dell’impianto, ai sensi del comma 4 dell’art. 6 della L. 349/1986.
Alla suddetta risposta negativa da parte del MATTM seguiva la
nota Prot. n. APG/PGR/06/22340 del 6 ottobre 2006, a firma del
Presidente della Regione Emilia Romagna, che evidenziava l’assoluta
non condivisione di quanto asserito nella predetta nota ministeriale
prot. DSA- 2006-0007192 del 10 marzo 2006.
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In realtà infatti l’ultimo comma 4 dell’art. 6 della legge
349/1986 prevede un coinvolgimento nella procedura di compatibilità
ambientale della “regione interessata”, senza precisare se deve
trattarsi necessariamente di un interesse alla mera “localizzazione”
ovvero all’ “impatto ambientale” dell’intervento.
Tuttavia tale ultima soluzione si impone in forza di una
interpretazione teleologica giacché appare evidente che quel che
rileva ai fini della procedura di VIA è l’impatto ambientale di un
intervento indipendentemente dalla sua localizzazione, sia di una
lettura sistematica alla luce delle previsioni comunitarie di cui alla
direttiva 85/337/CEE (di cui quella nazionale costituisce recepimento)
ove ripetutamente il concetto di interesse (riferito ai soggetti pubblici
o provati) è chiaramente riferito a chi “subisce o può subire gli effetti
delle procedure decisionali in materia ambientale” (vds. ad es. art. 1).
In particolare tale interpretazione risulta ancora più evidente nel
caso delle procedure autorizzatorie per le centrali “di potenza” di cui
alla legge n. 55/2002 giacché, come sostenuto dalla stessa Regione
E.R. (nella predetta missiva 6.10.2006) -e peralto evidenziato anche
da quanto sostenuto nella stessa nota ministeriale 10.3.2006-, il
comma 4-bis dell’art. 1 della richiamata legge 55/2002 stabilisce che
“Nel caso di impianti ubicati nei territori di comuni adiacenti ad
altre regioni, queste ultime sono comunque sentite nell’ambito del
procedimento unico di cui al comma 2”. Ora, poiché il subprocedimento di VIA costituisce una delle fasi necessarie dell’unitaria
procedura autorizzativa di cui alla legge n. 55/2002, si deve pervenire
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alla conclusione che la Regione Emilia - Romagna dovesse essere
necessariamente e formalmente coinvolta anche nella preliminare fase
di VIA relativa alla trasformazione a carbone della centrale
termoelettrica di Porto Tolle.
D’altronde dallo stesso impugnato decreto di VIA si desume una
consapevolezza in capo al MATTM in ordine alla pacifica natura
dell’Emilia Romagna quale “regione interessata” alla VIA del
progetto in esame. Così ad es. vds.:
-la prescrizione A.15 inerente il progetto di monitoraggio del PM2,5
che dovrà essere predisposto in accordo anche con ARPA Emilia
Romagna;
-la prescrizione A.18 relativo alle campagne annuali di monitoraggio
dei microinquinanti le cui modalità dovranno essere concordate anche
con ARPA Emilia Romagna e i cui risultati dovranno essere trasmessi
anche alla Regione Emilia Romagna;
-la prescrizione A.38 in relazione alle opere di “compensazione
ambientale” da prevedere in accordo anche con la Regione Emilia
Romagna”, in funzione tra l’altro al “rafforzamento delle reti
ecologiche delle due Regioni interessate”.
Il che evidentemente rende ancor più illegittima, anche sotto il
profilo della contraddittorietà, la decisione di escludere dalla
procedura di VIA in esame della Regione Emilia Romagna
lasciandole la sola possibilità di presentare osservazioni al SIA come
un quisque de populo (vds. la delibera di Giunta - N.ro 2007/368 approvata il 26/3/2007 che perveniva alla motivata conclusione che
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il progetto di trasformazione a carbone della centrale termoelettrica di
Porto Tolle presentato da ENEL Produzione S.p.A., non sia
ambientalmente compatibile dal punto di vista programmatico,
progettuale ed ambientale) ovviamente rigettate con motivazioni
sostanzialmente elusive e carenti.
**
8.- VIOLAZIONE DELL’ART. 3 LEGGE 241/1990 ED ECCESSO
DI POTERE PER, CARENZA DI MOTIVAZIONE E DIFETTO DI
ISTRUTTORIA – VIOLAZIONE DELL’ART. 13 LEGGE 394/1991,
DELL’ART. 5 DPR 12.4.1996, DELL’ART. 25 D.LGD. 152/2006 E
DELL’ART. 5 DPR 357/1997 IN RELAZIONE ALL’OMESSA
RICHIESTA ED ACQUISIZIONE DELL’ATTO DI ASSENSO
DELL’ENTE PARCO VENETO DEL DELTA DEL PO
L’area della centrale Enel di Porto Tolle risulta inserita nel cuore
del Parco regionale veneto del Delta del Po, ancorché per il sito di
localizzazione dell’impianto sia stato ritagliato un perimetro
formalmente esterno dell’area protetta.
In tale situazione appare evidente che la prodedura di VIA del
progetto de quo non poteva certo escludere l’acquisizione del parere
dell’Ente parco. A tal proposito si consideri che l’art. 13 della legge
394/1991 stabilisce che “il rilascio di concessioni o autorizzazioni
relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è
sottoposto al preventivo nulla osta dell’ente parco”; che l’art. 5,
comma 2, del DPR 12.4.1996 prevede che nell’ambito della procedura
di VIA venga acquisito il parere dell’ente di gestione dell’area
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protetta interessata; e l’art. 25, comma 3, del d.lgs. 152/2006 prescrive
la trasmissione dell’istanza di VIA (con progetto e SIA) a tutti i
soggetti chiamati ad emettere autorizzazioni, nulla osta ed assensi ai
fini dell’acquisizione delle relative determinazioni prima del giudizio
conclusivo di VIA da parte del MATTM.
Inoltre si tenga presente che l’Ente parco regionale veneto del
delta del Po avrebbe dovuto essere coinvolto anche in relazione alla
procedura di “valutazione di incidenza ambientale “(VINCA) sui siti
SIC e ZPS (in proposito vds. anche infra), nel caso di specie
ricompresa nella procedura di VIA (ax art. 5, comma 4, DPR
357/1997). A tal proposito si consideri infatti che l’art. 5, comma 7
del DPR 357/1997 stabilisce espressamente che:
“La valutazione di incidenza di piani o di interventi che interessano
proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza
comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente
o parzialmente, in un'area naturale protetta nazionale, come
definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, è effettuata sentito
l'ente di gestione dell'area stessa”.
D’altronde che la procedura di valutazione di incidenza coinvolgesse
aree del Parco v’era la perfetta consapevolezza in cappo al MATTM
ove solo si consideri che nelle premesse del decreto conclusivo di
VIA n. 873/2009 si legge tra l’altro: “Preso atto che, come da parere
allegato, nell’ambito dell’istruttoria condotta la Commissione
Tecnica di verifica dell’Impato Ambientale VIA/VAS dichiara che è
stata effettuata, ai sensi del DPR 120/2003, la Valutazione di
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Incidenza relativa a tutte le areee protette del Parco del Delta del Po
…”.
Ciò malgrado, non risulta che il MATTM (ma neppure la
Regione Veneto) abbia mai formalmente coinvolto l’Ente parco
regionale veneto del delta del Po nella procedura di VIA comprensiva
della VINCA, ordinando l’invio di SIA, valutazione di incidenza,
progetto ed atti progettuali integrativi, e chiedendo all’Ente
l’acquisizione del relativo parere ed atto di assenso.
Eppure dallo stesso decreto conclusivo di VIA è desumibile la
consapevolezza
del
MATTM
dell’inevitabile
coinvolgimento
territoriale ed ambientale dell’area del Parco dalla realizzazione e
dall’esercizio dell’impianto in progetto. Vds. ad es. la prescrizione
A.34 relativa al progetto di monitoraggio riguardo al prelievo d’acqua
(con riferimento all’aumentato prelievo dal fiume Po per i
desolforatori, in particolare nel periodo estivo che rischia di avere
effetti negativi sugli habitat tutelati) che dovrà essere predisposto
“sentiti l’Ente Parco regionale Delta del Po …”; A.39 inerente ad un
progetto di valorizzazione e mantenimento naturalistico delle aree
interessate dagli interventi da predisporre “sentiti l’Ente Parco
Regionale Delta del Po”.
Anche l’Ente parco regionale veneto del Delta del Po è stato
dunque illegittimamente pretermesso dalla procedura di VIA in esame
ed ha potuto esprimere semplici osservazioni critiche sul SIA, peraltro
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del tutto immotivatamente disattese dal MATTM e dalla Regione
Veneto2.
2
Si veda in proposito il parere del Comitato Tecnico-scientifico dell’Ente
Parco Regionale Delta del Po (prot. CVIA 2609 del 07/07/2006) con cui: si
richiamavano le varie iniziative energetiche previste che riguardano l’area e che
renderebbero necessaria una VAS; relativamente alla LR 36/97, il metano
dovrebbe essere posto come alternativa progettuale, in modo che la del
combustibile sia l’atto finale del processo di valutazione; nel progetto mancano le
alternative progettuali, quali la riduzione della potenza o la riconversione a metano
ovvero la completa e definitiva dismissione della centrale; manca una definizione
dei caratteri del Parco in funzione degli ecotoni; Manca la coerenza con gli impatti
assunti con il Protocollo di Kyoto; si esprimono perplessità sulla coerenza del
progetto con alcuni strumnenti di pianificazione territoriale (Piano d’area delta del
Po; PRGC Porto Tolle); si osserva circa l’elevato consumo della risorsa idrica e si
esprimono preoccupazioni per la risalita del cuneo salino; la perdita del 31% delle
acque prelevate contrasta con il disciplinare del Ministero dei Lavori Pubblici; per
gli argini di difesa dalle piene, non si tiene conto dell’innalzamento del livello del
mare dovuto ai cambiamenti climatici; manca ogni indicazione circa il
decommissioning delle caldaie attualmente in uso; si avanzano perplessità circa la
“novità” dei sistemi di filtrazione e si richiede una ridondanza di questi elementi;
manca una valutazione degli impatti dovuti alla nave storage ed all’ampliamento
delle banchine; non si indicano le modalità di smaltimento delle ceneri pesanti, dei
gessi e dei fanghi; tra le emissioni non viene presa in considerazione la CO2; c’è
uno scarso approfondimento delle tematiche legate alla flora, alla fauna ed agli
ecosistemi; le mitigazioni e le compensazioni sono insufficienti; non c’è un piano
per la coltivazione della biomassa; l’impronta ecologica del carbone è doppia
rispetto a quella del metano; si analizza, avanzando rilievi; il DGR n. 4067 del
28/12/2005 (DSA-2006-3268 del 07/02/2006, CVIA-2006-547 del 10/02/2006)
con cui la Regione Veneto ha concesso l’Autorizzazione Ambientale Integrata,
recante in allegato il parere favorevole con prescrizioni n. 129 del 25/10/2005
espresso dalla Commissione Regionale VIA.
Ed anche la successiva nota del Parco Regionale Veneto Delta del Po n.
1893 del 15/03/2007 (CVIA 2285 del 08/05/2007) con allegato il parere del
Comitato tecnico-scientifico del 15/03/2007 negativo ove si sottolineava, oltre al
non rispetto dell’art. 30 della LR 36/97, una carenza del raffronto con la situazione
esistente, che non è di funzionamento a pieno regime della attuale centrale ad olio
combustible; varie carenze nella valutazione di incidenza, che non ha tenuto conto
dei lavori e dei trasporti; una insufficiente valutazione della fase di cantiere;
mancanza della valutazione dell’inquinamento luminoso; insufficiente valutazione
dell’impatto visivo che non ha tenuto conto dei trasporti e della presenza del
pennacchio; utilizzo del CDR, non valutato; Stati transitori dovuti alle accensioni;
mancata valutazione delle emissioni di ammoniaca; mancata puntuale definizione
degli standard del carbone.
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Di qui le illegittimità di cui all’intitolazione del motivo.
*
9.- VIOLAZIONE DI LEGGE PER MANCATA APPLICAZIONE
DELL’ALLEGATO IV AL DPCM 27 DICEMBRE 1988
L’art. 1 del DL n. 7/2002 convertito nella legge n. 55/2002, nel
fissare la procedura di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio
degli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a
300 Mw termici (cone “misure urgenti per garantire la sicurezza del
sistema elettrico nazionale”), stabilisce tra l’altro che
“Fino al 31 dicembre 2003 è sospesa l’efficacia dell’allegato IV al
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 2008
… relativamente alle centrali termoelettriche e turbogas,
alimentate da fonti convenzionali, di potenza termica complessiva
superiore a 300 MW” (comma 5).
Chiara dunque la provvisorietà della soluzione configurata dal
d.l. con riferimento alla sub-procedura di VIA degli impianti
termoelettrici di potenza, in una situazione di urgente necessità che
comportava la contestuale sospensione dell'efficacia della normazione
previgente e dei relativi principi.
Successivamente con l'adozione dell'art. 1-sexies, comma 8,
della legge 27 ottobre 2003, n. 290 (Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, recante
Nonché si considerino le successive delibere del Comitato Esecutivo dell’Ente
Parco del Delta del Po, n. 64 del 19/04/2007 e n. 13 del 14 Febbraio 2008.
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disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e
per il recupero di potenza di energia elettrica. Deleghe al Governo in
materia di remunerazione della capacità produttiva di energia elettrica
e di espropriazione per pubblica utilità), si è previsto che "Per la
costruzione e l'esercizio di impianti di energia elettrica di potenza
superiore a 300 MW termici si applicano le disposizioni del
decreto-legge 7 febbraio del 2002, n. 7, convertito, con
modificazioni dalla legge 9 aprile 2002, n. 55".
Ora, se è pur vero che da tale ultima previsione parrebbe
trasparire la volontà del legislatore nazionale di stabilizzare le
procedure autorizzatorie del d.l. n. 7 del 2002 e della relativa legge di
conversione n. 55 del 2002, è tuttavia altrettanto vero che una tale
previsione, anche per non incorrere in censure di legittimità
costituzionale, non può essere intesa nel senso di includere nella
“normalizzazione” anche la sub-procedura transitoria accelerata della
VIA, con conseguente tacita abrogazione dell’allegato IV al DPCM
27.12.2008, per la quale era stato individuato un preciso limite
temporale di sospensione (che non risulta essere stato più prorogato).
Tale ultima interpretazione risulta suffragata da successive
disposizioni da cui è data desumere la vigenza e l’operatività integrale
del DPCM 27.12.1988, ivi compreso il suo allegato IV relativo alla
VIA delle centrali termoelettriche e turbogas. A tal proposito si
ricorda l’art. 34 del d.lgs. 152/2006, come modificato dal d.lgs.
4/2008, il quale stabilisce che “resta ferma, nelle more
dell’emanazione delle norme tecniche di cui al presente comma,
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l’applicazione di quanto previsto dal DPCM 27.12.1988”, oltre che
l’art. 36 del medesimo Codice dell’ambiente il quale, nell’elencare le
norme ormai abrogate in materia di VIA, menziona il coevo DPCM
377/1988, ma non il DPCM 27.12.1988 che pertanto deve ritenersi
tuttora integralmente vigente.
Se così è, non par dubbia l’illegittimità della procedura di VIA
seguita per il progetto di riconversione a carbone della centrale di
Porto Tolle ove è stata totalmente omessa l’applicazione delle
disposizioni dell’allegato IV al DPCM 27.12.1988, ivi compresa
quella in ordine alla necessità del previo svolgimento (accanto ad
un’istruttoria tenica, anche) di un’ “inchiesta pubblica” condotta sotto
la presidenza di un magistrato amministrativo (art. 7).
***
PARTE III
CENSURE RELATIVE ALLA COMMISSIONE STATALE
DI VERIFICA VIA-VAS
10.- INCOMPETENZA E VIOLAZIONE DEL D.M. AMBIENTE
150/07 IN RELAZIONE ALL’ESPRESSIONE DEL PARERE
DEFINITIVO DELLA COMMISSIONE VIA-VAS DA PARTE DEL
COMITATO
DI
COORDINAMENTO
E
NON
DELLA
COMPETENTE ASSEMBLEA PLENARIA
Come già ricordato supra, successivamente al parere n. 285 del
29.4.2009 della Commissione tecnica di verifica dell’impatto
ambientale VIA e VAS (riunitasi in Assemblea plenaria), sulla
compatibilità ambientale del progetto medesimo si esprimeva la
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Regione del Veneto con la DGR n. 2018 del 7.7.2009 la quale,
adeguandosi al parere emesso dalla propria Commissione regionale
VIA tenendo conto delle valutazioni dell’ARPAV e dell’inchiesta
pubblica che si era svolta (pur con le illegittimità che si
evidenzieranno), subordinava espressamente il proprio assenso a tutta
una serie di modifiche ed integrazioni alle prescrizioni da imporre
all’impianto, funzionali –come già ricordato- a rendere più stringenti
gli standard delle emissioni e di monitoraggio dell’ inquinamento
atmosferico3.
Si ricorda inoltre che le suddette prescrizioni, cui era stato
subordinato il parere regionale favorevole, erano state anche alla base
della risposta regionale ad alcune osservazioni presentate da soggetti
pubblici e privati nel corso della procedura di VIA.
A questo punto però -come apprendiamo dalle premesse del
decreto VIA ivi impugnato- non veniva più convocata la
Commissione ministeriale VIA-VAS in composizione plenaria ed il
giorno 9.7.2009 si riuniva il “Comitato di coordinamento” della
medesima Commissione tecnica il quale, con il parere acquisitito con
prot.
DSA-2009-0018599
del
15.7.2009,
definitivamente
3
Vds. il punto A del parere della Commisione regionale VIA n. 244 del 30.6.2009 con cui
si prevedeva la modifica delle prescrizioni nn. 4 (limiti più rigorosi per le emissioni di
metalli e loro composti), 5 (standard più rigidi per le emissioni di IPA e PCDD/F), 7
(relativo alla possibilità di utilizzo del CDR), 10 (introduzione di un sistema di
abbattimento più efficace dei microinquinanti), 15 (precisazione che per polveri ultrafini si
intende PM 2,5), 19 (previsione di monitoraggio delle ricadute per Arsenico, Cadmio,
Nichel, Piombo, Vanadio, Benzopirene, IPA e Diossine), 23 (estensione del monitoraggio
in continuo delle emissioni a camino anche di altri parametri, tra cui IPA e disossine), 32
(sugli scarichi idrici), 37 (sul trattamento delle acque reflue) e 40 (sull’utilizzo di fonti
rinnovabili per l’illuminazione).
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esprimendosi al termine dell’istruttoria, rigettava tutte le prescrizioni
cui era stato subordinato il parere regionale favorevole (salvo tre
relative agli scarichi idrici e alla precisazione che per “polveri
ultrafini” si intende il PM 2,5).
A tale ultimo parere del Comitato di coordinamento si adeguava
quindi l’impugnato DM conclusivo n. 873/2009.
Orbene la delicata decisione di disattendere le suddette
opportune prescrizioni cui era stato subordinato il parere favorevole
della Regione Veneto4, sulla scorta delle valutazioni espresse dalla
competente Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente e degli
esiti dell’inchista pubblica, non solo risulta del tutto ingiustificata ed
illogica,
ma
perviene
da
organo
della
Commissione
VIA
manifestamente incompetente.
A tal proposito si consideri che ai sensi del DM n. 150/07 del
18.9.2007
recante
la
disciplina
per
l’organizzazione
ed
il
funzionamento della Commissione tecnica di verifica VIA e VAS ai
sensi dell’art. 9 del DPR 90/2007 (il quale appunto prevede
l’articolazione della Commissione in: Presidente, Assemblea plenaria
e Comitato di coordinamento) e successive modificazioni (anche a
seguito del d.l. n. 90/2008 convertito nella legge n. 123/2008),
stabilisce che spetta all’ “Assemblea plenaria”, costituita da tutti i
commissari in carica, deliberare sul parere relativo alla compatibilità
4
Fatta salva soltanto l’inopinata previsione regionale di consentire di bruciare in centrale
anche CDR-combustibile da rifiuti, inevitabilmente bocciata dalla Commissione VIA
statale in quanto “mancante di qualunque elemento informativo al riguardo”; e per certi
versi, alla prescrizione in materia di emissione di metalli (che già nella versione fatta
propria dalla Regione Veneto non era adeguata a quanto espresso da ARPAV).
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ambientale dei progetti (art. 7), mentre il Comitato di coordinamento composto dal presidente della Commissione, dai coordinatori delle tre
sottocommissioni e da altri sei componenti della commissione-,
svolge appunto mere funzioni di “coordinamento” delle attività
istruttorie (tra l’altro, designando gruppi istruttori e referenti) (art. 7),
per cui non può esprimersi in via definitiva sulla VIA di un progetto
né, tantomeno, sull’accoglimento o meno delle prescrizioni poste
dalla Regione competente.
Di qui l’illegittimità dell’impugnato DM del MATTM n. 873 del
24.7.2009 in quanto espresso sulla base di un parere conclusivo della
Commissione VIA-VAS affetto da incompetenza e da violazione delle
norme di funzionamento dell’organo di consulenza.
***
11.- VIOLAZIONE DELL’ART. 97 COST., DELL’ART. 1 DELLA
LEGGE 241/1990 E DELL’ART. 51 CPC IN RELAZIONE AL
PRINCIPIO
DI
IMPARZIALITA’
E
ALL’OBBLIGO
DI
ASTENSIONE, CON RIFERIMENTO AD UN COMPONENTE
DELLA
COMMISSIONE
V.I.A.
STATALE
E
DELLA
COMMISSIONE V.I.A. REGIONALE VENETA CHE SI E’
RIPETUTAMENTE ESPRESSO SUL PROGETTO PRIMA DEL
VOTO
Come è noto, l’organizzazione e l’attività amministrative sono
rette dal criterio di imparzialità, come prescritto dall’art. 97 Cost. e
dall’art. 1 della legge 241/1990.
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In
applicazione
giurisprudenza
in
di
diverse
questo
fondamentale
occasioni
ha
principio,
affermato
che
la
nel
procedimento amministrativo l'imparzialità dell'organo deliberante è
garantita dall'applicazione analogica della disciplina recata dall'art. 51
c.p.c. (vds. per tutti Cons. Stato, sez. IV, 07 marzo 2005, n. 867 che
conferma Tar Lazio, Roma, sez. I, 13 febbraio 2002 n. 987), il quale
comporta l'obbligo per il componente dell'organo collegiale di
astenersi dal prendere parte ad una deliberazione al ricorrere di
determinati presupposti e, in caso di violazione di detto obbligo,
l'illegittimità degli atti adottati da tale organo e di quelli sugli stessi
fondati (cfr. ad es. T.A.R. Toscana, 31 maggio 2001, n. 1137).
Tra detti presupposti dell’incompatibilità (e del connesso
obbligo di astensione) v’è quello in cui il soggetto abbia già
manifestato il proprio parere sulla questione nell’ambito delle
funzioni istituzionali (art. 51 n. 4 cpc), che la giurisprudenza ha
ritenuto ben applicabile anche laddove tale parere venga espresso al di
fuori dell'esercizio delle funzioni procedimentali (TAR Lazio, Roma,
sez. I, n.987/2002 cit.; Consiglio Stato , sez. IV, n. 867/2005 cit.).
Orbene, nel caso di specie tale presupposto risulta integrato nei
confronti di un soggetto che è, al tempo stesso, componente della
Commissione regionale veneta sulla VIA ed anche membro della
Commissione di verifica VIA-VAS statale (a partire dalla rinnovata
composizione successiva al DL 98/2008, su cui vds. infra).
Invero in tale veste il dott. Franco Secchieri risulta aver
partecipato alle riunioni di entrambe le Commissioni VIA, sia statale
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che regionale, esprimendosi ripetutamente (in termini favorevoli)
sulla compatibilità ambientale del progetto in esame. E più
precisamente:
- dapprima, nelle riunioni della Commissione regionale veneta che
hanno condotto all’espressione del parere n. 149 del 17.1.2007 (fatto
proprio dalla DGR Veneto n. 150 del 30.1.2007);
- successivamente, nell’assemblea plenaria della Commissione tecnica
di verifica dell’impatto ambientale VIA-VAS che ha approvato il
parere n. 285 del 29.4.2009;
- infine, nelle successive riunioni della Commissione regionale veneta
VIA che hanno condotto all’emissione dell’ultimo parere regionale n.
244 del 30.6.2009 (fatto proprio dalla DGR Veneto n. 2018 del
7.7.2009).
Già questa circostanza evidenzia, a parere di questa difesa, una
violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa in
quanto un soggetto che abbia espresso il proprio parere su un
determinato intervento nell’ambito di un procedimento autorizzatorio,
non può legittimamente essere chiamato ad esprimersi ancora una
volta sul medesimo progetto in seno ad un altro organo tecnico
collegiale consultivo, di cui pure sia membro, giacché appunto
verrebbe meno al menzionato obbligo di astensione di colui che abbia
già espresso il proprio parere sulla questione nell’ambito delle proprie
funzioni istituzionali (prescritto dall’art. 51 n. 4 c.p.c.).
Ma nel caso di specie v’è ben di più.
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Invero il dott. F. Secchieri, componente delle Commissioni VIA
sia statale sia regionale veneta, risulta essersi pronunciato
ripetutamente e pubblicamente a favore del progetto di riconversione
a carbone della centrale di Porto Tolle, sia come segretario della
sezione locale di un partito politico, sia quale componente e
capogruppo del medesimo partito nell’ambito del Consiglio
provinciale di Rovigo, sia quale “responsabile nazionale energia” ed
infine come “responsabile nazionale energia e ambiente” dello stesso
partito, come risulta da delibere del Consiglio provinciale e da
numerossimi articoli e note a sua firma pubblicati sulla stampa locale
dal tenore davvero inequivocabile.
Nel rinviare alla documentazione che si depositerà in giudizio,
per avere un quadro generale della situazione basti riportare qui di
seguito quanto desumibile da alcune note ed articoli pubblicati su uno
soltanto dei giornali locali (“Il Gazzettino di Rovigo”):
-27.1.2006: “Il consigliere provinciale della Lega Franco Secchieri … sostiene
invece la riconversione della centrale Enel a carbone, essendo convinta della
«necessità di differenziare i combustibili fossili al fine di giungere ad un mix
ottimale per garantire la continuità della fornitura di energia da fonti
rinnovabili»”.
- 12.2.2006: “Non sembra allarmato invece Franco Secchieri, capogruppo della
Lega Nord a palazzo Celio: «Sulla centrale io sono tranquillo - spiega - C'è uno
studio di impatto ambientale approvato e se qualche riserva va fatta sul trasporto
del carbone, credo che sia ora di fare delle scelte: si sa che non si può produrre
energia a questi livelli senza inquinare. Caso mai bisogna cercare di inquinare il
meno possibile. Se si vuole l'energia, non c'è via d'uscita. L'inquinamento è il
tributo da pagare allo sviluppo. E poi è ora di finirla: più si va avanti e più chi
non ha niente da dire, come gli ambientalisti, alza la voce. C'è troppa demagogia.
Se la centrale potesse non funzionare sarebbe la cosa più bella del mondo. Se mi
trovate quelli che sono disposti a riununciare al condizionatore d'estate sarei
d'accordo anch'io». Insomma Secchieri non teme le polveri di carbone”.
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- 28.2.2006, nota a firma di F.S. “responsabile nazionale energia Lega Nord”: “La
riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle renderebbe il Veneto
autosufficiente e consentirebbe, nel contempo, la realizzazione di diversi progetti
utili a costruire un percorso di innovazione e ammodernamento del sistema
energetico, fuori dall'assillo delle crescenti emergenze”.
- 11.11.2006, nota a firma di F.S. “capogruppo Lega Nord Consiglio provinciale”:
“Riguardo alla riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle sembra ci
sia ora un unanime accordo tra tutte le forze politiche della Provincia di Rovigo.
… Visto che la Regione Veneto ha già siglato l'intesa - e non c'è motivo che cambi
opinione - non rimane adesso che l'ostacolo romano. È noto come l'attuale
ministro per l'ambiente sia ostile al carbone per cui eventuali nuovi intralci all'iter
autorizzativo potrebbero venire proprio da tali ambienti. In questo caso Pecoraro
Scanio dovrà assumersi delle gravi responsabilità a cominciare da quella di far
continuare a funzionare la vecchia centrale ad olio, per non parlare poi delle
possibili pesanti conseguenze che possono compromettere il futuro energetico
dell'intero paese. Se questo Governo non vuole la centrale sarebbe bene che lo
dicesse chiaramente visto che il futuro dell'impianto parrebbe dipendere solo dalla
sua volontà …”.
- 3.8.2006 nota a firma di F.S. “Responsabile nazionale Ambiente & Energia Lega
Nord - Liga Veneta”: “Come consuetudine, le carovane alpine e le golette di
Legambiente stanno attraversando le montagne e solcando i mari italiani con
l'obiettivo di formulare i loro particolari giudizi di carattere ambientale. … Tra le
vittime di questi giudici integralisti oggi compare Cortina d'Ampezzo e il progetto
della tangenziale, così come ieri è successo al Delta del Po per la riconversione a
carbone della Centrale di Porto Tolle”.
- 11.8.2006: “Il leghista Franco Secchieri, capogruppo in consiglio provinciale e
responsabile nazionale energia e ambiente del partito, "bacchetta" il governo. «Il
contrasto scoppiato tra i ministri Bersani e Pecoraro Scanio su taluni problemi
energetici mette in luce confusione e mancanza di linee politiche di questo
governo, un fatto che non mancherà di ripercuotersi negativamente e in maniera
pesante sul territorio. Questa volta tocca al Polesine doverne sopportare le
conseguenze negative a causa della centrale Enel di Porto Tolle. Una centrale di
grande potenza, ma ormai obsoleta e per la quale esiste il progetto di
riconversione a carbone già approvato dalla Regione”.
- 4.10.2006, nota di F. S. “Capogruppo Lega Nord - Liga Veneta Consiglio
provinciale”: “Riguardo ad Enel, non siamo tifosi del suo progetto per la
riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, ma ne condividiamo la
scelta pur nella consapevolezza dei disagi ambientali che essa comporta. È
tempo di decidere se si vuole andare avanti col progetto carbone perché ulteriori
indugi arrecheranno danni irreversibili sia sociali che economici. Non si può
tenere il Veneto, il Polesine e i cittadini del Delta davanti a questo continuo tira e
molla, con l'incertezza di cosa accadrà all'economia locale e al bilancio
energetico regionale …”.
-dell’11.1.2007 a firma di F.S. “capogruppo Lega Nord consiglio provinciale”: “La
befana è passata e nella calza del presidente della Provincia Federico Saccardin
resta il carbone che la sua Giunta gli ripropone come tormento per il prossimo
anno. Sulla riconversione della centrale di Porto Tolle c'è infatti la crescente
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pressione dei comunisti, da sempre contrari…Questo modo di fare inganna i
cittadini polesani, e del Delta in particolare, perché una decisione così importante
come quella sulla riconversione della centrale viene affidata ad una soluzione
tecnologica che si sa già di impossibile realizzazione. Quest'ultima trovata a cui
pare che Saccardin e i suoi "tecnici" non avessero ancora pensato, consiste nel
così detto sequestro della CO2 (anidride carbonica), emessa in grande quantità
dalla futura centrale. Si tratta di una tecnologia certamente di avanguardia, ma
attualmente non utilizzabile per centrali di queste dimensioni. È dunque come
dire no, ma senza il coraggio di farlo comparire come scelta politica, bensì
tecnica. Come dire: "io vorrei la centrale, ma l'Enel non è in grado di garantirmi
il livello di emissioni che io desidero". Con questa grande acrobazia Saccardin
salverebbe dunque capra e cavoli. Ma che squallore ! Sia chiaro che la Lega non è
succube dell'Enel e riteniamo il carbone una soluzione temporanea e
strategicamente idonea, in attesa di concrete scelte energetiche per il futuro. Su
quali esse potranno essere siamo e saremo sempre disponibili a confronti
costruttivi. …”5.
- 17.2.2007 nota a firma di Franco Secchieri Lega Nord - Liga Veneta: “Nei
corridoi del ministero dell'Ambiente circola la voce che Pecoraro Scanio fermerà
la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle. È dunque arrivato il
tempo delle decisioni irrevocabili? Alla luce di queste ipotesi viene fatto di
pensare che la manifestazione di qualche giorno fa dei vari comitati e della
sempre più isterica giunta del comune di Rosolina, sia stata ben poco spontanea.
… È noto che non esistono, al momento, concrete alternative ai combustibili
fossili e sfido chiunque a dire il contrario, non con la demagogia, ma con la
concretezza dei numeri. Le così dette fonti rinnovabili non sono oggi in grado di
sopperire alle tradizionali centrali termoelettriche. Inoltre si va consolidando un
costante aumento dei consumi: in Veneto la media è circa del 3 per cento all'anno
…”.
5
Si segnala come in questa nota F.S., capogruppo della Lega Nord, evidenzi aperto
scetticismo per una tecnologia (di sequestro della CO2) che verrà posta a base del parere
positivo sul progetto approvato dalla Commissione statale VIA-VAS con il voto favorevole
dello stesso F.S.
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- 6.6.2007 nota a firma di Franco Secchieri “Responsabile nazionale energia &
ambiente - Lega Nord-Liga Veneta”: “Nell'ultimo Consiglio comunale di Rovigo è
stata votata all'unanimità una mozione, presentata dai Verdi, contro la
riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle. Una unanimità alquanto
zoppa, … Ritornando alla centrale che così tanto indigna non solo la sinistra, ma
anche i piccoli sindaci come quello di Rosolina, il problema è e rimane quello
della logistica del carbone, più che le emissioni, estremamente contenute grazie
alle tecnologie adottate nel nuovo progetto. Tuttavia a monte di tutto bisogna
porsi la domanda se questa centrale serve oppure no! I numeri ci dicono che le
così dette energie alternative non sono in grado di sopperire - per i prossimi
decenni - alla fame di energia dei Veneti. Ne consegue cha la graduale
sostituzione delle centrali a combustibili fossili con altre fonti richiede tempo, idee
e capacità, tutte doti che non sembrano patrimonio di questo governo, ma
nemmeno di altri precedenti”.
- 11.6. 2007: «Noi - ha fatto eco Secchieri - fin da subito abbiamo detto che la
riconversione era positiva. Non avere in funzione Polesine Camerini mette il
Veneto in ginocchio sotto il profilo energetico. E se la centrale fosse riconvertita
potremo avere più possibilità di pensare concretamente allo sviluppo delle fonti
alternative». Quanto al progetto, ha continuato il capogruppo del Carroccio, è di
assoluto valore tecnologico. «Chi lo critica vorremmo che almeno si fosse letto le
tabelle che indicano chiaramente che le emissioni sono molto inferiori ai limiti
stabiliti dalla direttiva europea - ha aggiunto Secchieri -. Rimane la logistica con
il rifornimento del carbone via mare, ma la scelta di Busa di Tramontana per il
passaggio delle chiatte è molto migliorativa e dà buone garanzie».
- 12.6.2007, nota a firma di F.S. “capogruppo Lega Nord - consiglio provinciale”:
“Per la centrale Enel di Porto Tolle non c'è democrazia. È proprio questo che la
telenovela sulla riconversione sta dimostrando dato che una minoranza dedita al
fanatismo ambientalista si impone sulla maggioranza di quanti, forze politiche e
cittadini, sono favorevoli al carbone. … Purtroppo molti cittadini, in assoluta
buona fede, hanno finito per essere coinvolti nella crociata contro il carbone
capeggiata da quel messianico ministro, di origine campana, che invece di
pensare ai rifiuti della sua regione, perde tempo nel dettare le leggi a casa nostra.
Chiasso assordante ed eclatanti manifestazioni come le recenti acrobazie volanti
sul camino della centrale di Greenpeace (a proposito, vi siete mai chiesti chi sono
e come si mantengono questi avventurieri?) che distolgono l'attenzione dai reali
problemi e dalle serie e concrete soluzioni energetiche. Bisogna però liberarci da
questi atteggiamenti antidemocratici e bugiardi per poter definire una seria
quanto definitiva soluzione. La scelta politica della Lega Nord, e del sottoscritto
in particolare che non è un fan del carbone come è stato scioccamente definito,
si basa su considerazioni sia tecniche che politiche. Potrei persino arrivare ad
una posizione contraria alla riconversione, ma solo a queste condizioni: che nel
Veneto si trovino nuovi 2.000 megawatt senza ricorrere a nuovi siti, che centrale
ed elettrodotti collegati vengano immediatamente smantellati riportando
l'ambiente alle condizioni ante operam, che si risolva il problema occupazionale
migliorando in qualità e quantità l'assetto sociale ed economico dell'area, senza
proporre di trasformare tecnici ed operai in poveri "guardiaparco". A tale
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proposito sono anche convinto che si tratti di un'ulteriore bugia quella
dell'impossibilità della convivenza tra Parco e centrale. Sacro e profano a volte si
mescolano: a Venezia arrivano milioni di turisti nonostante sia circondata
dall'obsoleto quanto squallido scenario di Marghera. Pensando al futuro, infine,
non va dimenticato che la centrale a carbone avrà necessariamente una fine,
consentendo nel frattempo di sviluppare seri progetti energetici. Si dice, a ragione,
che il risparmio costituisca la più grande fonte energetica alternativa: allora gli
ambientalisti per primi stacchino i loro condizionatori e siano di virtuoso esempio
ai cittadini”.
-22.7.2007 nota di F.S. “capogruppo Lega Nord Consiglio provinciale”: “Non
c'era dubbio alcuno che Verdi e "compagni" avrebbero sparato contro le
preoccupazioni dei vertici Enel sui possibili black out energetici nel prossimo
inverno … Questo scenario proietta ombre preoccupanti sul futuro, non solo per
gli impatti ambientali locali e globali, ma anche per la sicurezza e la stabilità del
nostro assetto sociale ed economico. Certo che fino a quando si contrapporranno
interessi economici ed ideologie, non si potrà dialogare, ma solo arrivare allo
scontro. La riconversione della centrale di Porto Tolle è sintesi efficace di questi
mali, aggravati dalla cronica debolezza politica degli amministratori, in tutto
simile a quella dal Governo romano”.
Si tratta, ovviamente, di posizioni del tutto legittimamente
espresse dal dott. Secchieri, che ne fanno tuttavia oggettivamente uno
dei più convinti sostenitori del progetto di riconversione a carbone
della centrale di Porto Tolle.
Non si vede quindi con quale serenità ed imparzialità di giudizio
il medesimo abbia potuto poi esprimere il proprio parere sulla VIA
del progetto in esame nell’ambito degli organismi collegiali di alta
consulenza tecnica del Ministero dell’ambiente e della Regione
Veneto di cui egli fa parte, e in particolare partecipare alla riunione
della Commissione statale VIA-VAS del 29.4.2009 ed esprimere il
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proprio voto positivo sul parere n. 285/2009, nonché partecipare alla
riunione della Commissione regionale VIA del 30.6.2009 ed
esprimere il proprio voto positivo sul parere n. 244/2009.
Qui dunque la violazione del principio di imparzialità
amministrativa, di cui all’art. 97 Cost. che dovrebbe informare in
maniera ancora più incisiva l’operato degli organi tecnico-scientifici,
appare dunque davvero eclatante.
Il tutto con l’ulteriore precisazione che, come ha chiarito il
Giudice amministrativo, l’effetto invalidante del mancato rispetto
dell’obbligo di astensione del componente l’organo collegiale si
produce sulla base di un mero giudizio in astratto ed "ex ante" circa
gli effetti potenzialmente distorsivi del sospetto del difetto di
imparzialità ricollegato alla situazione specifica dal legislatore e dai
principi cristallizzati dall'art. 97 Cost., senza che ovviamente assuma
rilievo alcuno il profilo fattuale "ex post" dell' “esito inquinante” in
concreto sortito (T.A.R. Toscana, 31 maggio 2001, n. 1137).
Ne consegue l’evidente illegittimità dei pareri espressi dalle
Commissioni VIA statale e regionale, con la partecipazione ed il voto
favorevole del suddetto componente in violazione di un manifesto
obbligo di astensione (per essersi lo stesso già ripetutamente espresso
sul progetto in esame, sia nell’ambito del procedimento autorizzatorio
sia, ripetutamente e pubblicamente, al di fuori delle sedi istituzionali)
e, in via derivata, dell’impugnato decreto ministeriale di compatibilità
ambientale.
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12.- INCOMPETENZA DELLA COMMISSIONE TECNICA DI
VERIFICA DELL’IMPATTO AMBIENTALE CHE HA ESPRESSO
IL PARERE FAVOREVOLE IN RELAZIONE ALLA SUA
ILLEGITTIMA COMPOSIZIONE PER VIOLAZIONE DELL’ART.
7, COMMA 1, D.L. 90/2008 - VIOLAZIONE DELL’ART. 6 DELLA
LEGGE 145/2002 - VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 7 DELLA
LEGGE 241/1990 – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI
MOTIVAZIONE – VIOLAZIONE DELL’ART. 4 DEL D.M.
AMBIENTE 150/2007 – ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE
DELL’ART. 7, COMMA 1, D.L. 90/2008
L’impugnato parere favorevole alla compatibilità ambientale del
progetto in esame espresso dalla Commissione tecnica di verifica
dell'impatto ambientale VIA-VAS risulta invalido per incompetenza
in relazione all’illegittima composizione dell’organo collegiale del
MATTM.
A tal proposito si ricorda che la Commissione VIA-VAS che si è
espressa positivamente nel caso in esame è conseguente alla
pressoché completa anticipata sostituzione dei suoi componenti (a
circa tre anni dalla scadenza di legge) operata a seguito del decretolegge 23 maggio 2008, n. 90, convertito nella Legge 14 luglio 2008,
n. 123, recante: «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel
settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori
disposizioni di protezione civile».
In proposito si ricorda che l’art. 7, comma 1, di tale decreto, pur
non prevedendo la soppressione della Commissione di verifica
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dell’impatto ambientale VIA e VAS ex art. 9 DPR n. 90/2007 (di cui
anzi viene esplicitamente ribadita la vigenza), né stabilendo (almeno
espressamente) la cessazione dall’incarico dei suoi componenti, ha
tuttavia disposto la modifica “quantitativa” della composizione della
Commissione medesima con una riduzione del numero dei
commissari e la conseguente nomina da parte del ministro onde
garantire un rapporto di proporzione fra le diverse competenze: il tutto
a distanza di appena sei mesi dall’insediamento della precedente
Commissione e quindi ben prima della scadenza triennale di legge (e
quando l’organo tecnico risultava nel pieno della propria attività
istruttoria e di consulenza, dopo essere stato completamente e
profondamente riorganizzato).
Ora le ipotesi interpretative sono due.
1^ ipotesi) O le nuove norme affidano al Ministro il compito
limitato di ridurre il numero dei componenti della CTV VIA e VAS
da sessanta a cinquanta (compreso presidente e segretario) ma sempre
tra i membri in carica, cosicché il decreto di nomina avrebbe dovuto
confermare nell’incarico cinquanta commissari esistenti, i quali non
dovevano considerarsi dunque decaduti ex lege a seguito dell’entrata
in vigore del DL n. 90/2008; tesi quest’ultima che sembrerebbe
avvalorata: sia dal dato letterale della norma in esame ove, come
detto, non si dispone expressis verbis la decadenza o la cessazione
dall’incarico dei commissari; sia dal concreto comportamento tenuto
da tutte le parti sino al decreto ministeriale n. 194/2008 del 23 giugno
2008 di nomina dei nuovi commissari: invero ai componenti la CTV
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LEGALE CERUTI
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VIA e VAS nessuno ha mai comunicato l’intervenuta decadenza
dall’incarico tant’è che gli stessi hanno continuato ad esercitare le
proprie funzioni nel pieno esercizio dei propri poteri con lo
svolgimento di istruttorie e l’emissione di pareri (fino all’emissione
del decreto n. 194/2008).
2^ ipotesi) Ovvero la disposizione in esame prevede, in termini
più netti e radicali, la rinnovazione integrale della composizione della
Commissione con la sostituzione in toto dei vecchi commissari,
dichiarati implicitamente decaduti a seguito della disposta riduzione
dell’organo collegiale di dieci unità. In tali ultimi termini la
disposizione
è
stata
chiaramente
interpretata
dal
Ministro
dell’ambiente che con il decreto n. 194/2008 del 23 giugno 2008 ha
provveduto alla sostituzione dei sessanta precedenti commissari (tra
cui i ricorrenti) con altri cinquanta membri per ben 4/5 di nuova
nomina, ossia confermando nell’incarico soltanto una decina di
commissari appartenenti al precedente organo consultivo.
*
A questo punto, se si ritiene corretta la prima e più moderata
(anche sul piano della compatibilità costituzionale) opzione
interpretativa, appare dunque evidente l’illegittimità (innanzitutto per
violazione dell’art. 7, comma 1, del D.L.) da cui è affetto quest’ultimo
decreto del MATTM n. 194/2008 del 23 giugno 2008 il quale ha
operato una pressoché totale rinnovazione della Commissione VIA.
Tutto ciò è poi avvenuto realizzando uno spoils system al di
fuori dei limiti temporali, oltre che dal campo applicativo di cui
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all’art. 6 della legge 145/2002. Invero non si trattava di nomine
operate nei sei mesi antecedenti la “scadenza naturale” della
legislatura, e comunque tale istituto non risulta applicabile ad
incarichi di rilevanza tecnico scientifica, retti piuttosto dal così detto
“merit system” (vds. ad es. Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2006, n.
1554, F.C. c. Min. salute e altro, Foro amm. CDS 2007, 1 279).
Inoltre la sostituzione dei commissari in carica, i quali peraltro
avevano già svolto l’istruttoria della VIA relativa alla centrale
termoelettrica in oggetto, risulta avvenuta, oltre che senza il rispetto
delle garanzie partecipative di cui agli artt. 7 ss. della legge 241/1990
tipiche degli atti in autotutela, anche senz’alcuna esplicitazione delle
ragioni della revoca del provvedimento di nomina (o, se si preferisce,
di recesso dal contratto), in violazione dell’art. 3 della legge 241/1990
e dell’art. 21-quinquies della legge 241/1990.
In particolare non state poi seguite le modalità previste per il
provvedimento di revoca dei componenti la Commissione VIA il
quale può essere legittimamente disposto in presenza di fattispecie di
responsabilità dei commissari previste dall’art. art. 4, commi 5 ss. del
DM 18.09.2007, n. 150, e solo a seguito del compimento del
procedimento tipico che funge da presupposto indefettibile con le
garanzie di un dialettico confronto tra le parti, oltre che di una
congrua motivazione.
Dall’’invalidità del decreto del MATTM n. 194/2008 del 23
giugno 2008 di rinnovazione della Commissione VIA-VAS (di cui
ove occorrer possa si chiede l’annullamento) consegue, ovviamente,
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l’illegittima composizione dell’organo che ha espresso il parere su cui
si fonda l’impugnato provvedimento conclusivo di compatibilità
ambientale del progetto in esame.
*
Ove invece si ritenga preferibile la seconda, più radicale, esegesi
dell’art. 7, comma 1, del DL 90/2008, secondo cui quest’ultimo
avrebbe comportato la decadenza ex lege dei commissari e la
conseguente
completa
rinnovazione
della
Commissione,
diventerebbero allora ancor più consistenti i, comunque, già forti
dubbi di legittimità costituzionale della menzionata disposizione del
decreto legge (e della relativa legge di conversione):
a) per violazione dell’art. 77 della Costituzione in relazione alla totale
mancanza dei presupposti di necessità e di urgenza, oltre che per
assoluta estraneità della norma rispetto alle misure straordinarie per
fronteggiare l’emergenza dello smaltimento dei rifiuti nella regione
Campania;
b) per contrasto con i principi costituzionali dell’imparzialità, della
continuità, del buon andamento dell’azione amministrativa consacrati
negli artt. 97 e 98 Cost.;
c) per incompatibilità con i principi di ragionevolezza e non
arbitrarietà
della
disposizione
avente
natura
di
“norma-
provvedimento” rispetto ai fini asseritamente perseguiti (efficienza
amministrativa e risparmio della spesa pubblica) in violazione degli
artt. 3 e 97 Cost.;
d) per contrasto con i principi di ragionevolezza e non arbitrarietà
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della “norma – provvedimento” in quanto non inserita in (e non
conseguente a) un generale disegno di riordino organizzativo.
Si chiede pertanto a codesto TAR di voler sollevare la relativa
questione di legittimità costituzionale.
***
PARTE IV
CENSURE AFFERENTI L’ITER PROCEDURALE
SEGUITO A LIVELLO REGIONALE
13.- VIOLAZIONE DELL’ART. 18 DELLA LR VENETO 10/1999,
NONCHE’ DELL’ART. 1 DELLA DIRETTIVA 2003/35 E DEGLI
ARTT. 1, 4 E 6 DELLA DIRETTIVA 85/337 IN RELAZIONE
ALLE MODALITA’ DI CONVOCAZIONE E SVOLGIMENTO
DELL’INCHIESTA PUBBLICA
La disciplina della valutazione di impatto ambientale nel Veneto
è contenuta nella LR Veneto 26 marzo 1999, n. 10 la quale stabilisce,
inter alia, che per l’espressione del parere regionale nell’ambito della
procedura di VIA statale “si applica la procedura di cui al capo III,
fatto salvo quanto diversamente disposto dalla normativa statale”. Tra
le disposizioni del predetto capo III, l’art. 18 della medesima legge
prevede che, in relazione alle osservazioni presentate, il presidente
della Commissione VIA, nel caso in cui sia richiesto dal sindaco di
uno dei Comuni interessati, debba disporre una “inchiesta pubblica”
(commi 4 e 5), la quale “consiste almeno nell’audizione, in
contraddittorio con il soggetto proponente, di coloro che hanno
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presentato osservazioni, da parte della Commissione VIA e dei
Comuni e Province interessate”(comma 6).
Quindi “sulla base” delle risultanze dell’inchiesta pubblica oltre che delle osservazioni presentate e dei pareri di Comuni e
Province- viene espresso il parere della Commissione VIA (comma 1
dell’art. 18).
Ora, venendo al caso di specie è accaduto che, a seguito della
richiesta dei Comuni interessati di Loreo, Rosolina e Taglio di Po, si
sia proceduto allo svolgimento della (presunta) “inchiesta pubblica” il
giorno 14.11.2008 con le seguenti modalità: telegramma di
convocazione inviato a gran parte dei presentatori di osservazioni il
giorno 11.11.2008 (ossia tre giorni prima), svolgimento dell’incontro
in un ufficio presso la sede della società Veneto Strade spa6 a Mestre
(e quindi fuori dai territori comunali e provinciali interessati dalla
localizzazione dell’impianto), con una riunione riservata ai soli
presentatori di osservazioni e non preceduta da alcun avviso pubblico.
I sindaci di Taglio di Po e di Loreo e gran parte dei privati
presentatori di osservazioni convocati per l’incontro (tra cui i
presidenti del Comitato cittadini liberi di Porto Tolle e delle sezioni
locali di WWF ed Italia Nostra, qui ricorrenti), in una nota inviata alla
Regione, contestarono espressamente i tempi di convocazione, le
modalità ed il luogo di svolgimento dell’inchiesta.
6
La commistione, anche di sedi, tra Commissione regionale VIA e la società Veneto strade
spa è conseguente ad un’illegittima riorganizzazione delle competenze in ambito regionale
denunziata in altro motivo del presente ricorso.
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Nella medesima nota si denunziava in particolare che, tenuto
conto della rilevanza del progetto dottoposto a VIA, nonché della
necessità
di
prendere
preventivamente
visione
di
tutta
la
documentazione agli atti, una convocazione pervenuta pochissimi
giorni prima della riunione, non consentiva minimamente una
partecipazione adeguatamente informata, aggiungendo altresì che solo
recentemente si era appresa dalla stampa dell’esistenza agli atti della
procedura di VIA (presso gli uffici regionali) di una relazione di
consulenza tecnica trasmessa dalla Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Rovigo sulla documentazione progettuale de qua, senza
che le Amministrazioni comunali interessate -e tantomeno il
Comitato, le Associazioni e i singoli poresentatori di osservazioniavessero mai avuto notizia di ciò dagli uffici regionali né possibilità di
accesso a questo importante documento istruttorio sul quale la
Commissione VIA era stata chiamata ad esprimersi.
Infine nella medesima nota si precisava come “l’assoluta
rilevanza della questione sottoposta a VIA imponga lo svolgimento di
un’
‘inchiesta
pubblica’
organizzata
secondo
modalità
di
informazione e di partecipazione ben più ampie di quelle applicate
nel caso di specie, con una riunione aperta al pubblico organizzata
nel territorio di uno dei Comuni interessati, preceduta da avvisi
pubblici, come normalmente è sin qui avvenuto per progetti di ben
minore importanza di quello in esame”7.
7
In proposito si contesta quanto sostenuto nella nota di risposta del presidente della
Commissione VIA che tali tempi di convocazione, modalità e luogo di svolgimento
dell’inchiesta pubblica seguiti nel caso di specie siano “quelli utilizzati per tutti i
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Di qui la motivata decisione di gran parte dei presentatori di
osservazioni di non presenziare alla riunione di cui si contestava
motivatamente la legittimità, chiedendo nel contempo, quanto meno,
la fissazione di altra riunione con preavviso tale da consentire una
partecipazione minimamente informata e assistita da tecnici di
fiducia, ai fini di un paritetico contraddittorio con i tecnici della
società proponente.
Tuttavia il presidente della Commissione VIA, dopo aver
precisato in una nota del 13.11.2008 che, in sostanza, spettava alla
Commissione
VIA
(rectius
al
suo
presidente)
decidere
discrezionalmente tempi e modi di quello che altro non sarebbe che
un mero contraddittorio tra proponente e presentatori di osservazioni
che non dovrebbe svolgersi in pubblico, ma nella sede della
Commissione VIA, respingeva la richiesta di convocazione di una
nuova riunione.
Ora, in proposito si osserva che è ben vero che la normativa
regionale risulta piuttosto laconica in ordine ai tempi e modi di
svolgimento dell’ “inchiesta pubblica” e che, in particolare, la
precitata disposizione del comma 6 dell’art. 18 della LR 10/1999 si
limita a precisare che quest’ultima consiste “almeno” nell’audizione
dei presentatori di osservazioni in contraddittorio con il soggetto
proponente, che dev’essere condotta non solo da parte della
Commissione VIA, ma anche “dei Comuni e Province interessate”.
procedimenti VIA” giacché, ad es. le Province gestiscono tale procedura con ben altre
garanzie partecipative.
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E tuttavia v’è da evidenziare in primo luogo che a questi ultimi
enti locali, di fronte ai quali si prevede l’audizione, non può dunque
essere
completamente
negato
un
ruolo
nell’organizzazione
dell’inchiesta pubblica, come è invece chiaramente avvenuto nel caso
di specie, nell’errata convinzione del presidente della Commissione
VIA di essere il dominus assoluto di tale delicata fase procedimentale.
Soprattutto però corre l’obbligo di evidenziare come non par dubbio
che la ratio dell’istituto, presente anche nella normativa straniera,
europea e nazionale sulla VIA- (peraltro intuibile dalla stessa
aggettivazione attribuita all’inchiesta, appunto, “pubblica”) sia quella
desumibile da una delle fondamentali finalità della procedura di VIA
che è quella di consentire la più ampia informazione e partecipazione
dei cittadini al processo decisionale :vds. in tal senso l’art. 1, comma
1, della LR Veneto 10/1999 secondo cui la legge disciplina le
procedure di valutazione di impatto ambientale “ai fini di: … f)
garantire in ogni fase della procedura lo scambio di informazioni e la
consultazione tra il soggetto proponente, l’autorità competente e la
popolazione interessata; g) promuovere e garantire l’informazione e
la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali relativi alle
procedure di VIA …”.
Ma si veda anche la disciplina comunitaria sulla VIA la quale
afferma e ribadisce che il “pubblico interessato”, inteso come “le
persone fisiche o giuridiche che possono subire gli effetti delle
decisioni in materia ambientale o che hanno un interesse in tali
procedure”, oltre che le “organizzazioni non governative che
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promuovono la protezione dell’ambiente”, deve essere informato
“attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata delle
procedure decisionali”, e quindi deve avere accesso a “tempestive
ed effettive opportunità di partecipazione”, prevedendo quindi “un
tempo sufficiente per informare il pubblico nonché per consentire
al pubblico interessato di prepararsi e di partecipare efficamente
al processo decisionale” (vds. l’art. 1 della direttiva 2003/35 e gli
artt. 1, 4 e 6 della direttiva 85/337).
Tali riferimenti normativi inducono necessariamente a ritenere
che l’ “inchiesta pubblica” ex art. 18 LR 10/1999 deve
necessariamente svolgersi secondo modalità che garantiscano un
minimo di informazione e partecipazione della popolazione
interessata.
E, quindi, appare evidente che, alla luce dei principi predetti,
l’inchiesta pubblica, anche quando venga interpretata nei termini
“minimali” di una mera audizione in contraddittorio di proponente e
presentatori di osservazioni da parte della Commissione VIA e degli
enti locali interessati, non può certo per questo risolversi:
- in una riunione nel chiuso di un ufficio regionale,
- al di fuori dei territori di comuni e province di localizzazione del
progetto,
- interdetta al pubblico interessato (in quanto riservata solo ai soggetti
ammessi al contraddittorio già presentatori di osservazioni),
- non preceduta da alcun avviso pubblico.
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Poiché il parere della Commissione regionale VIA su cui si
fonda l’assenso della Regione Veneto alla compatibilità ambientale
del progetto risulta espresso “sulla base” (art. 18, comma 1) di questa
originalissima inchiesta, che di “pubblico” ha soltanto nel nomen
juris, ne consegue l’illegittimità in via derivata anche dell’impugnato
DM di VIA.
Ma, anche ammesso ed assolutamente non concesso che tali
modalità di svolgimento dell’inchiesta siano legittime, rimane
l’ulteriore problema dei tempi di convocazione della riunione, con un
invito trasmesso ai presentatori di osservazioni appena tre giorni
prima, e delle ulteriori carenze informative sopra segnalate, che hanno
chiaramente impedito lo svolgimento di un partitetico contraddittorio
tra presentatori di osservazioni e committente, in evidente violazione
del principio di imparzialità e buon andamento dell’azione
amministrativa ex art. 97 Cost. (ora anche art. 1 della legge
241/1990).
***
14.- VIOLAZIONE DELL’ART. 5 DELLA LR 10/1999 E
INCOMPETENZA
IN
RELAZIONE
ALL’ILLEGITTIMA
COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE REGIONALE VIA
L’art. 5, comma 1, della LR Veneto n. 10/1999 stabilisce che:
“E’ istituito un organo tecnico-istruttorio denominato commissione
regionale VIA, presieduta dal segretario regionale competente in
materia ambientale e comporta, oltre che dal presidente da: …”.
Orbene, come si desume da tutti gli atti emessi dalla
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Commissione
regionale
VIA
relativamente
al
giudizio
di
compatibilità ambientale del progetto in esame che si depositeranno in
giudizio, a partire del parere n. 244/2009 e dal verbale dell’inchiesta
pubblica, detta Commissione risulta presieduta dall’ing. Silvano
Vernizzi il quale, come si desume dal sito web ufficiale
www.regione.veneto.it , non è affatto il Segretario generale
all’Ambiente (il titolare di questo incarico è Roberto Casarin) “con
competenze
di
coordinamento
nelle
seguenti
aree:
Tutela
dell’ambiente, geologia e ciclo dell’acqua, Difesa del suolo,
Urbanistica”, bensì il Segretario generale Infrastrutture e mobilità
“con competenze di coordinamento in materia di Reti e infrastrutture,
Viabilità e trasporti e Valutazione progetti”.
Tale attribuzione della presidenza della Commissione VIA
regionale al Segretario generale infrastrutture e mobilità sembra
essere stato il frutto di una riorganizzazione della struttura regionale
operata con delibere di Giunta regionale n. 2176 del 2.8.2005, n. 2974
del 11.10.2005, n. 3609 del 22.11.2005, con cui si è ritenuto di
affidare alla Segreteria regionale infrastrutture e mobilità le
competenze per le procedure di VIA-valutazione di impatto
ambientale, mantenendo per il resto tutte le altre competenze nella
materia ambientale alla Segreteria Ambiente e territorio, nonché della
DGR n. 252 del 7.2.2006 di individuazione del Presidente della
Commissione VIA nel Segretario regionale infrastrutture e mobilità.
Appare evidente pertanto l’illegittimità di tale riorganizzazione
amministrativa e della composizione della Commissione regionale
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VIA per insanabile contrasto con il ricordato art. 5 della LR 10/1999
che a tutt’oggi individua in termini davvero inequivoci nel
“segretario regionale competente in materia ambientale” il titolare
della presidenza dell’organo tecnico collegiale chiamato ad esprimere
il fondamentale atto consultivo nell’ambito del giudizio di
compatibilità ambientale.
Di qui l’illegittimità di tutta l’attività istruttoria e dei pareri
conclusivi espressi sul progetto in esame dalla Commissione regionale
VIA, fatti propri dalla Giunta regionale veneta e confluiti
nell’impugnato decreto ministeriale di VIA, inficiandone la legittimità
in via derivata.
***
PARTE V
CENSURE INERENTI LA VALUTAZIONE DELLE
ALTERNATIVE AL PROGETTO
15.- FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 5 BIS DELLA LEGGE
33/2009
-
ECCESSO
DI
POTERE
PER
DIFETTO
DI
ISTRUTTORIA, CARENZA DI MOTIVAZIONE ED ILLOGICITA’
MANIFESTA IN RELAZIONE ALLA VALUTAZIONE DELLE
SOLUZIONI
ALTERNATIVE
ALLA
RICONVERSIONE
A
CARBONE
Com’è noto, una delle principali finalità della procedura di VIA
è quella della valutazione delle alternative di progetto, che costituisce,
allo stesso tempo, uno dei contenuti obbligatori del SIA-studio di
impatto ambientale.
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In proposito si consideri l’art. 4, comma 4, lett. c, del DPCM
27.12.1988 secondo cui nel quadro di riferimento progettuale dello
studio di impatto ambientale deve indicare “le motivazioni tecniche
della scelta progettuale e delle principali alternative prese in esame,
opportunamente descritte con particolare riferimento a: 1) le scelte
di processo per gli impianti industriali, per la produzione di energia
elettrica … 2) le condizioni di utilizzazione delle risorse naturali …
3) le quantità e le caratteristiche … delle emissioni in atmosfera
…”.
Orbene, nel caso del progetto in esame inizialmente si era
proceduto in questa fase obbligatoria di considerazione delle
alternative al progetto in esame (di riconversione a carbone della
centrale termoelettrica in esame); e tuttavia ad un certo momento
dell’iter della procedura di VIA si è (erroneamente) ritenuto che tale
operazione fosse divenuta superflua essendo stata superata dal sopra
ricordato art. 5 bis del d.l. 5/2009 convertito nella legge 33/2009.
Di ciò v’è prova evidente nel parere n. 285/2009 della
Commissione statale VIA VAS (vds. ad es. pagg. 59 e s. di risposta
alle osservazioni dei CTU) e soprattutto nel parere della Commissione
VIA regionale del 30.6.2009 n. 244/2009 (pag. 77) ove si legge:
“Valutazioni conclusive
Lo Studio di Impatto Ambientale prodotto da Enel presenta carenze approfonditive
nel confronto tra la riconversione a carbone e le altre soluzioni alternative.
E’ del tutto evidente che ad esempio, le emissioni in atmosfera di un impianto
alimentato a gas naturale di pari potenza sarebbero decisamente inferiori rispetto
a quello proposto. …
Peraltro la legge 33/2009 all’art.5bis recita …
La lettura dell’articolo conduce alla conclusione che l’alimentazione a carbone o
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altro combustibile solido posssa essere effettuata purché la riconversione assicuri
l’abbiattimento delle emissioni di almeno il 50% rispetto ai limiti previsti per i
grandi impianti di combustione di cui al D.Lgs. 152/2006, come è nel caso di
specie …”.
Dunque, nel parere della Commissione regionale che espresse il
voto conclusivo sulla VIA si attesta espressamente:
A) che la documentazione progettuale presentata dal committente è
“CARENTE” sotto l’aspetto ESSENZIALE del confronto tra la
riconversione a carbone e le altre SOLUZIONI ALTERNATIVE;
B) che risulta “EVIDENTE” la preferibilità della soluzione alternativa
dell’alimentazione a gas dell’impianto, piuttosto che quella a carbone
in quanto la prima presenta “EMISSIONI DECISAMENTE
INFERIORI” rispetto al progetto proposto.
E tuttavia si ritiene (del tutto erroneamente) che tutta la
problematica sia ormai superata dall’approvazione della predetta
disposizione dell’art. 5bis della legge di conversione del “decreto
legge incentivi”, la quale in realtà reca una deroga alle sole
disposizioni di legge nazionali e regionali che prevedono limiti
localizzativi per gli impianti, deroga che non può certamente essere
considerata in termini talmente estensivi da cancellare un passaggio
obbligatorio della procedura di VIA prescritto anche dalla disciplina
comunitaria (vds. l’allegato IV alla direttiva 85/337 che individua tra
le informazioni obbligatorie che il committente deve allegare
all’istanza di autorizzazione sottoposta a VIA “una descrizione delle
principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione
delle principali ragioni della scelta sotto il profilo dell’ampatto
ambientale”).
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Di qui l’assoluta illogicità e contraddittorietà del comportamento
della Commissione regionale VIA che, sulla base di un’erronea lettura
della normativa vigente, ha espresso un parere favorevole sul progetto
de
quo,
pur
avendo
accertato
la
suddetta
carenza
nella
documentazione progettuale presentata da Enel e pur dopo aver
espresso un giudizio di sicura preferibilità in termini ambientali
dell’alternativa dell’alimentazione a gas dell’impianto in esame.
D’altronde nel medesimo errore interpretativo dell’art. 5bis
citato sono incorsi tutti i soggetti che sono intervenuti nella procedura
di VIA in esame, a partire dall’ dell’Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente del Veneto.
**
16.- VIOLAZIONE PER ERRATA APPLICAZIONE DELL’ART. 5
BIS DELLA LEGGE 33/2009 IN TERMINI DI ESCLUSIONE DEL
GIUDIZIO DI COMPARAZIONE DEL PROGETTO CON LE
POSSIBILI ALTERNATIVE, CON CONSEGUENTE ECCESSO DI
POTERE PER PERPLESSITA’, ILLOGICITA’ MANIFESTA E
CONTRADDITTORIETA’
INTRINSECA
DEL
PARERE
A.R.P.A.V.
In termini analoghi ha operato l’Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente del Veneto (ARPAV).
Si consideri in particolare la nota in data 29.6.2009 prot. n.
82234 con cui ARPAV – Dipartimento provinciale di Rovigo
formulava
“osservazioni
conclusive
e
parere
vincolante”
relativamente alla pronuncia di compatibilità ambientale del progetto
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in esame.
In tale fondamentale documento, allegato al verbale della
Commissione regionale VIA del 30.6.2009, si legge che:
“… il fondamentale, esclusivo, primario, necessario e sufficiente criterio di
valutazione di compatibilità ambientale sono le variazioni ambientali attese sul
territorio dall’esercizio dell’insediamento produttivo, a maggior ragione, là ove i
limiti di legge sono già stati superati.
Enel spa nello studio di impatto ambientale e nelle successive integrazioni non ha
presentato un quadro conoscitivo esaustivo dello stato della qualità dell’aria nel
territorio del delta del Po o comunque nell’area di influenza della CTE.
E ciò è di importanza fondamentale se consideriamo che l’impianto si colloca in
una delle aree (la pianura Padana) più inquinate d’Europa e nel contempo ad
elevata vocazione ed interesse naturalistico (il parco regionale del Delta del Po).
Inoltre non ha presentato uno studio valido sugli effetti da inquinamento da
aerosol considerando che l’impianto alimentato a carbone di caratterizza per
l’elevata produzione di polveri sottili”.
E quindi si aggiunge che
“lo studio della prof.ssa Laura Tositti … allegato alla relazione di CT integrativa
trasmessa dalla Procura di Rovigo … ha confermato che l’area di inflenza della
della CTE … ‘è influenzata da sorgenti emissive … che ne innalzano livelli di
particolato al di sopra di quanto si dovrebbe attendere in un’area protetta’ .
Il quadro conoscitivo ha fatto emergere una situazione oggettiva di criticità
dell’aria nell’area deltizia, per di più in una condizione dove il contributo
inquinante apportato dalla Centrale Termoelettrica esistente è praticamente nullo
[in quanto attualmente non funzionante, salvo sporadiche accensioni, n.d.r.]”.
“In questa situazione – si chiede ARPAV- la realizzazione della centrale a
carbone da 1980 MW proposta da Enel spa, ancorché dotata delle migliori
tecnologie disponibili conosciute, è la migliore soluzione possibile?”.
Di qui l’analisi degli studi di Enel spa relativi al confronto delle
tre configurazioni di alimentazione della centrale e cioè carbone, olio
combustibile metano.
In relazione al confronto carbone-olio combustibile, ARPAV,
dopo aver rilevato l’evidente inaccettabilità sul piano tecnicoscientifico, ma ancor prima su quello logico, di una comparazione
operata negli studi commissionati da Enel tra centrali termoelettriche
con potenze elettriche diverse e con diverso sistema di abbattimento
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delle polveri, conclude in termini molto netti (pag. 11) che
“l’ambientalizzazione dell’impianto esistente a tre gruppi a OCD [olio
combustibile denso, n.d.r.] da 1980 KW comporta una sostanziale e determinante
riduzione delle opere di cantiere
- - non viene minimamente alterato l’attuale sistema di approvvigionamenti
da oleodotto;
- Si riutilizzano gli attuali impianti di trattamento dell’OCD per l’utilizzo in
caldaia;
- Si riutilizzano gli impianti per il deposito dell’OCD. Non è più necessario
demolire serbnatoi di accumulo, smaltire rifiuti, bonificare aree, ecc…;
- I rifiuti come ceneri, gessi sono in quantità sicuramente inferiori rispetto al
carbone.
Tenuto conto di quanto sopra esposto nel confronto tra l’impatto in atmofsera
del carbone con l’OCD, si ritiene che l’impatto ambientale generale del carbone
sia maggiore rispetto all’impiego di OCD”.
Ancor più semplice il confronto carbone-gas naturale, in cui
ARPAV evidenzia la palese inaccettabilità della documentazione
prodotta da Enel evidenziando:
“1) Non si condivide l’affermazione secondo cui per l’approvvigionamento del
gas sia necessario costruire un nuovo gasdotto. Infatti la prossima attivazione
dell’impianto di rigassificazione del terminal Adriatic LNG a 15 Km dalla
costa e che fornirà 8 miliardi di mc/anno di gas naturale consentirebbe
l’approvvigionamento dei 2 miliardi mc/anno necessari per il funzionamento
della centrale con una sea line, tecnicamente semplice da realizzare e con
ridotto impatto ambientale …
2) manca [negli studi Enel, nd.r.] il confronto sui rifiuti prodotti durante
l’esercizio. Si sottolinea l’asenza, nel caso di alimentazione ametano, degli
impianti di abbattimento degli inquinanti con conseguente mancata
produzione dei rifiuti connessi (gessi, ceneri, ecc.).
3) Anche il confronto in termini di emissioni con l’alternativa a metano è fatto
in termini di potenza installata diversa”.
Di qui un’analisi comparativa corretta delle emissioni sulla base
della quale ARPAV evidenzia:
“Si noti come l’emissione prevista per l’inquinante NOx, nell’ipotesi di
conversione a metano risulti di circa 1/3 inferiore rispetto allo scenario che
prevede l’alimentrazione a carbone. Si evidenzia altresì che gli altri
macroinquinanti SO2 e plveri sono tascurabil nel caso di alimentazione a gas …”.
E quindi l’inevitabile conclusione:
“In sintesi, tenuto conto di quanto sopra relazionato ed in particolare
- emissioni in atmosfera
- approvvigionamento del gas naturale
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- notevole diminuzione della quantità di acqua industriale necessaria per i
sistemi di abbattimento del desolforatore
- sistema di trattamento dei fumi (non sono presenti filtri a maniche e i
desolforatori)
- gestione dei rifiuti nella fase di esercizio
L’impiego del gas naturale è senz’altro di minor impatto ambientale rispetto al
carbone”.
Premesse tutte le suddette considerazioni, ci si attenderebbe una
sonora bocciatura da parte di ARPAV della compatibilità ambientale
del progetto di riconversione a carbone, il quale risulta assolutamente
perdente nel confronto con le soluzioni alternative dell’alimentazione
a gas metano (imposta peraltro dalla LR 36/1997), ma anche con il
mantenimento dell’alimentazione ad olio combustibile (con strutture
ovviamente “ambientalizzate”, ossia adeguate alle migliori tecnologie
del settore).
E tuttavia a questo punto nel parere si ricorda l’avvenuta
approvazione dell’art. 5 bis del d.l. 5/20089 convertito nella legge
33/2009 con la suddetta precisazione:
“Qualora la suddetta legge stabilisca che il progetto di riconversione a carbone
potrà essere valutato senza confronto con l’ambientalizzazione della centrale ad
OCD o a combustibili gassosi (di cui si è già ampiamente discusso ed espresso
parere in merito), il rispetto verrà esaminato nel rispetto delle vigenti migliori
tecnologie disponibili …”.
Ne segue una valutazione previsionale delle emissioni e delle
ricadute al suolo dovute alla centrale trasformata a carbone e
l’indicazione di prescrizioni più restrittive di quelle stabilite dalla
Commissione VIA-VAS statale, in linea con le migliori tecnologie
disponibili -che verrà sostanzialmente fatta propria dalla Regione del
Veneto nel proprio parere favorevole condizionato, ma sarà invece
disattesa dal Comitato di coordinamento della Commissione statale
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VIA-VAS e quindi dal decreto ministeriale di VIA positiva.
Ora corre l’obbligo di riproporre anche nei confronti del parere
ARPAV le censure di manifesta contraddittorietà intrinseca ed
illogicità (che inficiano anche il parere della Commissione VIA
regionale), con la precisazione che ivi il giudizio di carenza e di
inattendibilità degli studi Enel e di preferibilità in termini di
compatibilità ambientale per ogni altra opzione di alimentazione
dell’impianto termoelettrico in esame piuttosto che il carbone, risulta
qui più netto e motivato.
Per cui in questo caso appare ancor più fuorviante e decisivo
l’errore interpretativo relativo alla nuova norma dell’art. 5bis del d.l.
citato, che addirittura precluderebbe ogni possibilità di confronto, in
sede di VIA, con l’ambientalizzazione della centrale ad OCD o a
combustibili gassosi: il che non è e non può essere, pena
un’inaccettabile deminutio dei contenuti e della funzione della
procedura di valutazione di impatto ambientale, anche sul piano della
compatibilità con l’ordinamento comunitario.
D’altronde di ciò pare avere consapevolezza la stessa ARPAV
che pone in termini chiaramente dubitativi le suddette conclusioni
positive con prescrizioni (poi peraltro non accolte dal decreto
ministeriale) sulla VIA del progetto: “Qualora la suddetta legge
stabilisca che il progetto di riconversione a carbone potrà essere
valutato senza confronto con l’ambientalizzazione della centrale ad
OCD o a combustibili gassosi …”. Per cui appare implicito, ma
assolutamente chiaro, nel ragionamento di ARPAV che, se invece
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detta ipotesi interpretativa dell’art. 5 bis non fosse stata corretta (ed
infatti non risulta tale!), il giudizio di compatibilità ambientale non
poteva assolutamente prescindere dalle conclusioni negative già
espresse dall’Agenzia sul progetto della trasformazione a carbone in
ragione della comparazione con le alternative di alimentazione
praticabili.
**
17.- ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI
ED ERRONEITA’ DEL PRESUPPOSTO DEL PARERE DELLA
COMMISSIONE REGIONALE VIA IN RELAZIONE ALLE
MOTIVAZIONE DEL PROGETTO E ALLE ALTERNATIVE, IN
RELAZIONE
ALLA
CD.
“OPZIONE
ZERO”,
E
ALL’ALIMENTAZIONE AD O.C.D.
Come prescritto nella già menzionata normativa statale e
comunitaria, nella valutazione delle alternative al progetto sottoposto
a VIA v’è innanzitutto quella del confronto con la cd. “opzione zero”,
ossia della non realizzazione dell’intervento.
In proposito si legge nel parere della Commissione regionale
VIA n. 244/2009, fatto proprio dalla DGR 2018/2009, che
“l’alternativa zero al progetto di conversione a carbone della
centrale di Porto Tolle è il mantenimento dell’impatto nella sua
attuale configuazione a quattro sezioni termoelettriche da 660 MW
alimentate ad olio combustibile” (pag. 24).
Ora v’è innanzitutto da precisare che tale valutazione sconta
un’errata impostazione giacché appare chiaro che l’ “alternativa zero”
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da considerare ai fini del giudizio di compatibilità ambientale (e non
in termini di vantaggi economici per il proponente) è ovviamente
quella attualmente esistente di un impianto che, in quanto considerato
a più riprese dalla stessa Enel ormai obsoleto e non competitivo sotto
il profilo economico, risulta da tempo sostanzialmente inattivo (e
destinato
allo
smantellamento,
come
peraltro
ripetutamente
“minacciato” per ottenere il rilascio degli assensi alla riconversione).
Di ciò peraltro risulta inequivoca prova anche agli atti
dell’istruttoria de qua, tra cui ad es. nel parere della Commissione
statale VIA-VAS si legge:
- “in considerazione della scarsa competitività dell’impianto nelle attuali
condizioni, l’esercizio dello stesso ha manifestato, negli ultimi anni, un trend
produttivo fortemente decrescente, che dagli oltre 11 TWh del 2001 ha condotto ad
un consuntivo, per l’anno 2005 pari a 2 TWh e per l’anno 2007 pari a circa 0,5
TWh” (pag. 20)
- “CONSIDERATO, relativamente al quadro di riferimento progettuale che per
quanto riguarda le motivazioni del progetto il proponente dichiara che: in
considerazione del trend di produzione di energia sopra descritto, il proponente
sottolinea che, in assenza di interventi, l’impianto attuale è destinato, sul mediobreve periodo, a ridurre ulteriormente la produzione, fino alla inevitabile
chiusura e quindi il progetto in esame si pone in un’ottica di recupero della
produttività dell’impianto, di valorizzazione dell’area e di impulso
all’occupazione” (pag. 22).
D’altronde si consideri che Enel servizi srl, con bando
pubblicato sul sito web http://ted.europa.eu il 23.10.2009 ha già
messo a gara i lavori di demolizione delle caldaie, delle
apparecchiature, tubazioni e serbatoi dell’olio combustibile e dei
macchinari della sala macchine della centrale di Porto Tolle, per un
importo complessivo di 64 milioni di euro. Ora, escludendo senz’altro
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a priori che la società possa avere avuto una preventiva (ed
evidentemente illecita) assicurazione in ordine al futuro rilascio
dell’autorizzazione
unica
per
la
trasformazione
a
carbone
dell’impianto in esame, il bando non lascia dunque adito a dubbi circa
la volontà del committente di smantellare l’impianto nell’attuale
configurazione,
indipendentemente
dall’esito
della
procedura
autorizzatoria del progetto de quo.
In proposito erano state avanzate puntuali osservazioni (anche da
parte delle associazioni ricorrenti) alle quali la Commissione
regionale VIA (parere n. 244/2009, pag. 61) replicava che: “Si
afferma in varie osservazioni, che il raffronto del progetto andrebbe
fatto con la situazione di fatto, ovvero con il funzionamento attuale.
La Commissione regionale VIA ritiene, invece, che l’opzione zero, in
caso di mancata conversione a carbone, per qualsivoglia motivo,
sarebbe quella prevista in sede di rilascio dell’AIA … da parte del
Ministro dell’Ambiente. L’AIA per la centrale alimentata ad OCD
come impianto esistente, considerate le BAT e le MTD, nonché le
autorizzazioni recentemente rilasciate per altre centrali …, si prevede
fisserà valori limite non più restrittivi di quelli previsti per la centrale
a carbone”.
Ora, a parte il già evidenziato errore di considerare come
“opzione zero” l’impianto alimentato ad olio combustibile (che Enel
non ha in realtà nessuna intenzione di mantenere in esercizio,
malgrado l’istanza di AIA secondo tale configurazione sia stata quasi
sollecitata dal MATTM a fronte di un’istanza originaria relativa alla
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trasformazione a acrone), v’è da aggiungere come anche dal confronto
con l’alimentazione ad OCD il progetto di riconversione esca
sconfitto, ovviamente sul piano degli impatti ambientali (che è l’unico
che rileva in tale sede), come motivatamente argomentato da ARPA
nel proprio parere 29.6.2009 allegato al verbale della stessa riunione
della Commissione regionale VIA.
Per cui anche il riferimento di sostanziale equivalenza delle due
opzioni attribuito dalla Commissione (ribadito anche in conclusione
del parere, pag. 77: “L’ambientalizzazione dell’attuale impianto
alimentato ad olio combustibile rispetto all’impianto proposto appare
confrontabile dal punto di vista delle emissioni atmosferiche”) risulta
smentito dagli stessi atti istruttori.
Ne consegue che, in ogni caso, il giudizio di compatibilità
ambientale avrebbe dovuto condurre ad un valutazione di preferibilità
petr l’opzione zero.
***
18.- ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA’ MANIFESTA E
SVIAMENTO
DALLA
CAUSA
TIPICA
ALL’ALTERNATIVA
IN
RELAZIONE
DELL’ALIMENTAZIONE
DELL’IMPIANTO A GAS NATURALE
In relazione al confronto tra il progetto in esame di riconversione
a carbone e l’alternativa dell’alimentazione a gas dell’impianto, oltre
a quanto già evidenziato supra, vale la pena di rammentare quanto
ancora si legge nel parere della Commissione regionale VIA n.
244/2009 (pag. 58):
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”Si rileva qui che la valutazione di impatto ambientale, in forza del DPCM
27.12.1988 obbligatorio ai fini della valutazione stessa, deve fare riferimento ai
quadri programmatico, progettuale e ambientale. Il giudizio di compatibilità,
quindi, non può essere basato solo su quello ambientale, pur essendo ben chiaro a
tutti essere questo un quadro di altissima valenza. Sotto il profilo delle emissioni
inquinanti in atmofera, l’impiego del gas naturale è vantaggioso per le mancate
emissioni di SO2 e polveri primarie, e degli inquinanti contenuti in queste
ultime. La valutazione deve essere però più articolata: la legge delega del
Parlamento per l’emanazione del codice dell’ambiente, l. 308/2004, faceva inoltre
riferimento “le procedure di VIA dovranno tenere conto del rapporto costibenefici del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale”. Si
rileva, inoltre, la pubblica utilità degli impianti di produzione di energia elettrica
ai sensi della legge 55/2002, art. 1 ‘la costruzione e l’esercizio degli impianti di
energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici … sono dichiarati opere
di pubblica utilità’ … Per quanto riguarda la diversificazione delle fonti, si
osserva che, a seguito della prossima attivazione della centrale di rigasificazione
di Porto Viro, vi sarà disponibilità crescente di gas naturale. Certamente questo
costituisce una riduzione del rischio di approvvigionamento e dei costi, venendo
incontro alla richiesta di maggiore diversificazione delle fonti. Questa sarebbe
stata un’opzione migliore sotto il profilo strettamente ambientale. …”.
Si è dunque evidentemente in presenza di una risposta alle
osservazioni che confermano intermini in equivoci la preferibilità in
termini di impatto ambientale della riconversione della centrale a gas
naturale, ma che evidenziano come nel caso di specie prevalgano
esigenze economico – sociali, addirittura, fondate sulla “pubblica
utilità” degli impianti di produzione di energia (dichiarazione che
peraltro interviene solo con l’autorizzazione unica conclusiva).
Ora –come si avrà modo di sottolineare anche infra, con
riferimento ad identiche considerazioni svolte in sede istruttoria in
relazione alle emissioni di gas serra- se è pur vero che in sede di VIA
non sono precluse considerazioni di ordine economico e sociale,
prututtavia non è possibile pervenire ad un giudizio di compatibilità
ambientale favorevole su un progetto facendo prevalere, anche nel
giudizio comparativo tra le alternative praticabili, considerazioni di
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convenienza economica dell’intervento sulle esigenze di compatibilità
ambientale. E ciò in quanto non solo, così facendo ci si pone in
violazione del cd. principio dello sviluppo sostenibile applicabile
all’azione della pubblica amministrazione (ex art. 3-quater, comma 2,
del d.lgs. 152/2006) secondo cui “nell’ambito della scelta
comparativa
di
interessi
pubblici
e
privati
connotata
da
discrezionalità gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio
culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione”. Ma
anche perché una tale soluzione costituisce un vero e proprio
sviamento dalla causa tipica della procedura di VIA che è appunto
quella di individuare e valutare la compatibilità sotto il profilo
“ambientale” di un intervento.
Di qui le illegittimità individuate nella rubrica dle motivo.
***
PARTE VI
CENSURE RELATIVE ALLE EMISSIONI DI INQUINANTI E
AGLI EFFETTI SULLA SALUTE PUBBLICA
19.- ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE
(IN RELAZIONE AL DISATTESO RAPPORTO A.R.P.A.V.) ED
ILLOGICITA’ MANIFESTA IN RELAZIONE AI LIMITI DI
EMISSIONE DI METALLI PESANTI
Su una delle questioni fondamentali, ossia quella relativa al
valore di emissione dei metalli e loro composti:
-ARPAV con la ricordata nota del 29.6.2009 (vds. tabella a pag. 24)
indicava dei precisi limiti orari di emissione di questi insidiosi
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microinquinanti, in linea con quanto riportato dal Bref del 2006 sui
grandi impianti di combustione (ossia, come ricordato, le vigenti linee
guida comunitarie sulle migliori tecnologie disponibili applicabili al
settore),
-la Commissione regionale VIA, con il parere n. 244/2009, fatto
proprio dalla Giunta regionale del Veneto, tuttavia non accoglieva la
motivata proposta di ARPAV prescrivendo invece un dimezzamento
delle concentrazioni a camino rispetto ai limiti massimi indicati nel
d.lgs. 152/2006 ed un tetto alle emissioni massiche complessive (vds.
la prescrizione A.1),
- a sua volta, la Commissione statale VIA-VAS (secondo la decisione
assunta dal Comitato di Coordinamento e non dall’Assemblea
plenaria), evidenziando un’incoerenza tra le due previsioni imposte
dalla Commissione regionale del Veneto (tra emissioni massiche e
concentrazioni) decideva semplicemente di prescrivere i limiti
massimi indicati nel d.lgs. 152/2006. A tale ultima previsione si
adeguava il decreto conclusivo di VIA: vds. la prescrizione “A4) Per
quanto riguarda il valore limite di emissioni di metalli e loro
composti, espressi in mg/Nm3 con tenore O2 al 6% dovranno essere
rispettati i parametri previsti per impianti con potenza termica
superiore a 100 MW così come stabilito dalla sezione VI della Parte
II dell’Allegato II alla parte V del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.”.
In tal modo il provvedimento conclusivo di VIA finisce per
autorizzare emissioni di questi pericolosi microinquinanti con
concentrazioni di gran lunga più elevate di quelle previste dalla stessa
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Enel (secondo i valori stimati dal CESI, riportati nelle colonne 4 e 5
della predetta tabella a pag. 24 della relazione ARPAV, assai più
contenuti rispetto ai limiti prescritti dal decreto di VIA con rinvio al
d.lgs. 152/2006 in termini cumulativi per gruppi di metalli).
Di qui un eccesso di potere per illogicità talmente manifesta che
risulta sintomatica anche di un grave sviamento: non si vede infatti
come possa considerarsi funzionale al perseguimento dell’interesse
pubblico un assenso, in sede di VIA, di limiti di emissione in
atmosfera di inquinanti addirittura meno rigorosi di quelli indicati
dallo stesso proponente!
***
20.- VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE (ART. 3TER DEL D.LGS. 152/2006) - ECCESSO DI POTERE PER
CONTRADDITTORIETA’, TRAVISAMENTO DEI FATTI E
FALSITA’ DEL PRESUPPOSTO IN RELAZIONE AI LIMITI DI
EMISSIONE IMPOSTI AI PRINCIPALI INQUINANTI (OSSIDI DI
ZOLFO,
POLVERI,
MONOSSIDO
DI
CARBONIO
ED
AMMONIACA) NON COERENTI CON I VALORI MINIMI
PREVISTI
DALLE
LINEE
GUIDA
SULLE
MIGLIORI
TECNOLOGIE DISPONIBILI
Nel corso dell’istruttoria della VIA si afferma e si ripete a più
riprese che, data la delicatezza e la fragilità dell’ambiente in cui ci si
inserisce, è necessario garantire il minor impatto possibile. Così ad es.
a pag. 23 del parere della Commissione statale VIA-VAS n. 285/2009
si legge: “Al contempo è sempre necessario tenere presente la
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particolare localizzazione del sito, limitrofo al Parco del Delta del
Po, situazione questa che crea quanto meno la necessità di studiare
particolari soluzioni per garantire comunque minimi impatti
complessivi”.
In particolare tale corretto approccio cautelativo, anche in
ragione delle gravi carenze della pianicazione regionale di settore,
viene enunciato con riferimento agli inquinanti in atmosfera in
relazione ai quali si sostiene che sarebbero rispettati i valori più
cautelativi e comunque coerenti con le migliori tecnologie disponibili.
Vds. il parere della commissione VIA statale:
-a pag. 34: “I valori garantiti dal progetto risultano in linea con le BAT e, a fronte
delle limitazioni sul flusso massico (portata limite oraria e annuale), le emissioni
medie in termini di concentrazioni, come sopra calcolate, garantiscono un
esercizio di normal funzionamento pienamente coerente con le migliori tecniche
disponibili”;
-a pag. 57: “considerato … che non risultano essere definiti, a livello di bacino
geografico, limiti di emissione per i flussi massici provenienti da fonti regionali,
quali distretti industriali ed energetici, responsabili dei livelli di inquinamento di
fondo per il particolato propri dell’intero bacino padano e quindi anche dell’area
deltizia del Po;
che in assenza della definizione nella pianificazione di tali limiti emissivi, lo
sviluppo, la realizzazione o la conversione di impianti industriali ed energetici
deve essere condizionata alla messa in atto di misure e tecniche volte al massimo
contenimento sia delle emissioni di particolato primario che delle emissioni dei
precursori di particolato secondario; …
che l’ambito geografico di riferimento per la Centrale presenta criticità di fondo
per le polveri fini, con episodi di superamento della media giornaliera e valori al
limite per la media annua come risulta dall’analisi dei dati di rilevamento della
rete ARPAV stazione Ca’ Tiepolo, che richiedono per i nuovi impianti di
produzione dell’E.E. nonchè per le riconversioni, ubicati sul delta del Po, ulteriori
riduzioni per gli inquinanti primari e le polveri di un valore del 20% dei nuovi
limiti normativi mediante l’impiego delle più aggiornate MTD al fine di
ulteriormente contenere il ricarico sul fondo in ragione delle generalizzate
criticità del bacino padano. ...
Utilizzo delle Migliori Tecniche Disponibili (MTD) per l’abbattimento degli
inquinanti presenti nei fumi e le relative prestazioni – si è rilevato che le
prestazioni dei processi di abbattimento dichiarati dal proponente risultano
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allineati al BREF (Reference Document on Best Available Techniques for Large
Combustion Plant redatto dalla Commissione Europea, ufficio IPPC di Siviglia)
relativo ai grandi impianti di combustione come già riportato in altre parti del
presente parere. … Alla luce di quanto noto e della documentazione in atti, non si
hanno motivi per dubitare della validità dei sistemi di abbattimento che saranno
applicati nell’impianto in questione e in ogni caso, di questa specifica
problematica, si è tenuto conto nel quadro prescrittivo”.
Eppure non risulta affatto così!
In particolare si consideri quanto disposto dalla prescrizione A3
contenuta nel dispositivo del decreto di VIA relativa proprio alle
“concentrazioni dei principali inquinanti calcolate come media
giornaliera in condizioni di normale funzionamento” ossia a SO2,
NOx, Polveri, CO e NH3.
Ebbene i valori limite prescritti dal decreto per questi cinque
inquinanti principali, con la sola esclusione degli Ossidi di azoto
(NOx) -per i quali è stato effettivamente fissato il valore minimo del
range BAT ossia 90 mg/Nm3-, non sono affatto i valori più
cautelativi (ai quali si è ripetutamente affermato di ispirarsi) e, in
almeno due casi, neppure risultano coerenti con le migliori
tecnologie disponibili.
Invero, operando un raffronto tra i limiti imposti nel caso de quo
ed i valori di emissione previsti dal cd. “BRef” (BAT Reference
Document) “Large Combustion Plant”, ossia le linee guida
comunitarie relative ai grandi impianti di combustione adottate
ufficialmente dalla Commissione Europee il 4 luglio 2006 (valori
riportati dallo stesso parere della Commissione VIA-VAS, nella
tabella “a cavallo” tra pag. 33 e pag.34):
- il limite di 80 mg/Nm3 per gli SO2 (Ossidi di zolfo) costituisce
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un valore intermedio del range BAT di 20-150;
- il limite di 10 mg/Nm3 per le Polveri costituisce il minimo del
range previsto dal BRef sulle migliori tecnologie disponibili da
5-108;
- il valore di 120 mg/Nm3 per la CO (Monossido di carbonio) è
di gran lunga superiore al range indicato dalle BAT di 30-50;
- il valore di 5 mg/Nm3 per la NH3 (Ammoniaca) è anch’esso
superiore al limite di < 5 indicato nel BRef.
In tale situazione risulta evidente come nei confronti dei
principali inquinanti emessi dall’impinto in esame (con la sola
esclusione degli ossidi di azoto) non solo non sia stata data attuazione
al principio di precauzione (art. 174, comme 2 del trattato dell’UE
richiamato dall’art. 3-ter del d.lgs. 152/2006), come pure era stato
ripetutamente (e contraddittoriamente) enunciato nelle premesse degli
atti avversati in ragione della consapevolezza di incidere su un
ambiente assai fragile e già a lungo pesantemente compromesso, ma
neppure sono stati rispettati i valori previsti dalle linee guida sulle
migliori tecnologie disponibili.
Di qui i profili di illegittimità di cui all’intitolazione del motivo.
***
21.- VIOLAZIONE DELL’ART. 3-QUATER DEL D.LGS. 152/2006
8
Nulla aggiunge sul piano cautelativo, ed anzi conferma la consapevolezza del MATTM
circa l’insufficienza del limite dettato per le Polveri al fine del rispetto delle BAT la
successiva prescrizione A.11, seconda parte, ove si legge: “Entro 2 anni dall’avvio
dell’esercizio ordinario della Centrale, il proponente dovrà presentare un progetto che,
prevedendo l’impiego delle migliori tecnologie disponibili, possa dimostrare la possibilità
[?] che la concentrazione delle polveri nei fumi in uscita non superi il valore di 7 mg/Nm3
come media giornaliera”.
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(PRINCIPIO DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE), ECCESSO DI
POTERE
PER
INTRINSECA,
CONTRADDITTORIETA’
ED
SVIAMENTO
CAUSA
DALLA
ILLOGICITA’
TIPICA,
VIOLAZIONE DEL DPCM 27.12.1988, ECCESSO DI POTERE
PER CARENZA DI ISTRUTTORIA E TRAVISAMENTO DEI
FATTI (IN RELAZIONE ALL’ASSEGNATA PREVALENZA
DELLE QUESTIONE ECONOMICHE SU QUELLE AMBIENTALI
NEL
GIUDIZIO
EMISSIONI
DI
V.I.A.)
DI
CO2
DELL’IMPIANTO
IN
CON
RIFERIMENTO
CONSEGUENTI
ESAME
ALLE
ALL’ESERCIZIO
COMPORTANTI
IL
SUPERAMENTO DELLE QUOTE DI GAS SERRA PREVISTO
DAL P.N.A. ATTUATIVO DELLA DIRETTIVA 2003/87/CE
Il qui impugnato decreto di VIA positiva ha completamente
omesso di considerare che il progetto di riconversione a carbone della
centrale di Porto Tolle risulta gravemente impattante in termini di
emissioni Anidride carbonica (CO2) e di altri gas serra, responsabili
dei cambiamenti climatici, neppure considerati nei bilanci di massa
esaminati ai fini del giudizio di compatibilità ambientale.
Trattasi all’evidenza di una grave carenza di istruttoria giacché
non si potrebbe certo sostenere a contrario (secondo una tesi che
peraltro non compare agli atti, ma che ivi si espone per completezza
argomentativa) che le emissioni di CO2 derivanti dal progettato
impianto a carbone, per il loro impatto ambientale meteo-climatico
globale e non locale, dovrebbero considerarsi estranee all’oggetto
della VIA, in quanto si tratterebbe di conclusione assolutamente
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contraria alla lettera e allo spirito della normativa sulla VIA la quale
deve operare una completa “stima qualitativa e quantitativa degli
impatti indotti dall’opera sul sistema ambientale” complessivamente
considerato (art. 5 del DPCM 27.12.1988), e, in primo luogo, in
relazione alla componente “atmosfera” intesa come “qualità dell’aria
e caratterizzazione meteo climatica” (allegato I al DPCM).
In proposito si consideri che gli unici riferimenti dedicati alla
questione della CO2 nel parere della Commissione statale VIA n.
285/2009 sono i seguenti:
- a pag. 4-5 ove si menziona la possibilità di inserire il sito di
Porto Tolle in un futuribile progetto sperimentale di cattura,
trasporto e sequestro geologico dell’Anidride carbonica9,
oggetto di un accordo di cooperazione tra il MATTM, ENI ed
ENEL (la cui praticabilità, efficacia ed i cui rischi sono ancora
tutti da verificare, e comunque anch’esso da assoggettare ad
apposita VIA), che si traduce nel dispositivo del decreto in una
prescrizione (A.21)10
9
In proposito corre l’obbligo di precisare che la ricorrente associazione WWF –ONLUS
contesta recisamente quanto affermato a pagg. 4 e s. del parere della Commissione statale
VIA-VAS n. 285/2009 in relazione alla presunta adesione dell’associazione al progetto in
esame ove si consideri che la circostanza che il WWF Internazionale sia parte dell'advisory
board (il comitato esecutivo) dello ZEP-Zero Emission Platform non autorizza alcuno,
neppure il MATTM, ad affermare che da parte del’associazione sia stato avallato il
progetto di sequestro della CO2 presso la centrale di Brindisi, cosa che comunque non è
avvenuta, né tantomeno ad avallare un secondo progetto presso la centrale di Porto Tolle.
10
Questo è il tenore della prescrizione A.21: “Ai fini della diminuzione del rilascio di CO2
in atmosfera, il proponente dovrà inserire la centrale di Porto Tolle all’interno della
sperimentazione già in atto nella Centrale di Brindisi per la cattura e lo stoccaggio
dell’anidride carbonica (CCS – Carbon Capture and Storage) e sei mesi prima dell’avvio
dell’impianto, di concerto con le amministrazioni locali, il Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare e gli istituti di ricerca scientifica, dovrà realizzare una
struttura di ricerca specialistica finalizzata allo sviluppo di tecnologie mirate al settore
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-
a pag. 20 ove si legge: “CONSIDERATO, relativamente al quadro di
riferimento programmatico …
•
Che i principali strumenti di programmazione presi in considerazione
sono:
Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2 per il periodo
2005/2007 preparato dal Ministero dell’Ambiente [ma non viene
indicato il PNA successivo e in vigore!, n.d.r.], derivante
dall’applicazione della Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio dell'Unione europea del 13 ottobre 2003, che
istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a
effetto serra nella Comunità Europea”;
Dopodiché del tutto contraddittoriamente nel fondamentale
parere della Commissione VIA-VAS non compare più alcuna
valutazione in ordine alla compatibilità e coerenza del progetto della
trasformazione a carbone della centrale di Porto Tolle con il “Piano
Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2”, ossia rispetto a
quello che dalla stessa Commissione viene considerato uno (anzi il
primo) dei “principali strumenti di programmazione” da tenere in
considerazione nel caso di specie.
*
Per quanto invece riguarda l’istruttoria regionale, alla questione
delle emissioni di CO2 viene dedicata dalla Commissione VIA del
Veneto (parere n. 244/2009, pag. 56) la seguente considerazione (in
risposta alle osservazioni presentate):
“Si osserva che nei bilanci di massa l’anidride carbonica non è nemmeno citata.
La Commissione regionale VIA conviene che, fra i combustibili fossili, il carbone è
energetico, con particolare riferimento all’abbattimento delle emissioni inquinanti e della
CO2 in atmosfera. In tal senso il lay out della CTE nel nuovo assetto a carbone dovrà
consentire la realizzazione di un impianto per la cattura della CO2, che dovrà essere
realizzato non appena i risultati scientifici del centro di ricerca e le tecnologie disponibili
lo permettano, previa valutazione dell’impatto ambientale”.
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il combustibile con più alta emissione specifica di gas serra (nel caso specifico
CO2) … Si deve tuttavia considerare che molti fattori incidono nella scelta, oltre
ai gas serra prodotti; costo di produzione (costo del combustibile, rendimento,
costi impianti, costi smaltimento rifiuti, l’ecotassa per l’emissione di CO2
[appunto!, n.s.r.] ). Trattadosi di pubblica utilità, altri aspetti tra cui quelli
strategici (diversfificazione delle fonti energetiche e dei produttori) hanno un
ruolo non secondario. La Valutazione di Impatto Ambientale deve basarsi sugli
aspetti economico, ambientale e sociale [?]. Purtroppo la conversione a carbone
non facilita l’allineamento col Protocollo di Kyoto essendo le emissioni di CO2
circa il 20% in più rispetto all’OCD, a parità di produzione netta di energia [!] …
Data la straordinaria rilevanza sociale del settore di produzione dell’energia
elettrica, al fine di garantire la disponibilità in tutte le condizioni sfavorevoli … ed
a costi accessibili per tutti i cittadini ed a tutti i servizi primari, la scelta del
carbone in un numero significativo di centrali non può essere evitata”.
Il giudizio di compatibilità ambientale risulta qui viziato da una
serie di evidenti illegittimità.
In primo luogo appare oltremodo chiara la contraddizione e
l’illogicità intrinseca del parere della Commissione regionale che non
può, dapprima, riconoscere il devastante impatto ambientale derivante
dall’esercizio di un grande impianto termoelettrico a carbone in
termini di emissione di CO2 ed ammettere altresì la conseguente
violazione dell’accordo internazionale di Kyoto, e poi invece
esprimere un giudizio positivo di VIA sul progetto medesimo.
In secondo luogo, pur non essendo precluse considerazioni di
ordine economico in sede di VIA laddove siano in esame opere di
interesse
pubblico,
tuttavia
pervenire
ad
un
giudizio
di
compatibilità ambientale favorevole su un progetto facendo
espresssamente
economica
prevalere
dell’intervento
considerazioni
sulle
esigenze
di
convenienza
di
compatibilità
ambientale non solo si pone in netto contrasto con l’art. 3-quater,
comma 2, del d.lgs. 152/2006 secondo cui “nell’ambito della scelta
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comparativa
di
interessi
pubblici
e
privati
connotata
da
discrezionalità gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio
culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione” (cd.
principio dello sviluppo sostenibile sempre applicabile alll’azione
della pubblica amministrazione), ma costituisce un vero e proprio
sviamento dalla causa tipica della procedura di VIA che è appunto
quella di individuare e valutare la compatibilità sotto il profilo
“ambientale”
di
un
intervento.
Di
tale
sviamento
risulta
particolarmente eloquente e significativa la menzionata espressione
della Commissione regionale VIA in ordine presunta “inevitabilità”
dell’insediamento di un numero significativo di centrali a carbone nel
Paese: chiara valutazione politica di ordine strategico che non spetta
certo alla Commissione di VIA!
Sotto un ultimo profilo, ammesso ed assolutamente non
concesso che le valutazioni di ordine economico possano non solo
rientrare nella procedura di VIA di un progetto, ma condizionarne
pesantemente il giudizio conclusivo (il che evidentemente non è non
può essere), vale la pena comunque di evidenziare che un’analisi
costi/benefici relativa all’impianto in esame avrebbe dovuto
necessariamente considerare i costi economici conseguenti al mancato
raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto e della
direttiva europea 2003/87/CE (istitutiva di un sistema europeo di
scambio di quote di emissione di gas serra) o per acquistare quote di
CO2 sul mercato europeo delle emissioni da gas serra ovvero per
pagare le pesanti sanzioni economiche che verranno inevitabilmnete
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inflitte dall’UE in conseguenza del superamento delle quote assegnate
di gas serra previste dal PNA-Piano nazionale di assegnazione.
D’altronde di tale inevitabile superamento dei tetti di gas serra
(in particolare in relazione al superamento delle riserve per i cd.
“nuovi entranti”, cioè alle centrali elettriche di nuova autorizzazione),
ha dato allarmata notizia nell’agosto scorso lo stesso M.A.T.T.M., ma
… soltanto successivamente all’adozione del qui impugnato DM di
VIA positiva per il progetto ivi in esame.
Davvero clamorosa quindi la carenza di istruttoria, oltre che
l’evidente travisamento dei fatti in relazione alla stessa analisi
economica dei costi/benefici derivanti dalla realizzazione intervento.
**
22.- ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETA’ CON
ALTRA MANIFESTAZIONE DI VOLONTA’, TRAVISAMENTO
DEI FATTI ED ILLOGICITA’ MANIFESTA – VIOLAZIONE
DELL’ART. 7 DEL D.LGS. 351/1999 E DELL’ART. 7 DELLA
DIRETTIVA
96/62/CEE
CON
RIFERIMENTO
ALL’INQUINAMENTO DA POLVERI SOTTILI
Una dlel problematiche più rilevanti relative al progetto in
esame riguarda le polveri sottili.
In proposito nel parere della Commissione statale VIA-VAS n.
285/2009 (pag. 30) si legge:
“VERIFICATO che per quanto riguarda lo stato attuale della qualità dell’aria
•
le centraline della rete di monitoraggio Enel non sono dotate del
campionatore per la misurazione del PM10 mentre solo due (Ca’ Tiepolo e
Taglio di Po) sono dotate del campionatore per i PTS e che i dati delle
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centraline di ARPA Veneto e i risultati biomonitoraggi descrivono una
situazione piuttosto critica specie per il parametro PM10 che, da quanto
monitorato direttamente ed in continuo da ARPA (2003) presso la stazione
Ca’ Tiepolo, ha fatto costantemente registrare ampi superamenti del limite
di legge di 35 occorrenze giornaliere stabilite come massimo nell’anno
dal DM 02/04/02 n.60;
•
dai dati di ARPA Veneto anche le concentrazioni medie annue di PM10 a
Porto Tolle sono, allo stato attuale, vicine al limite di 40 µg/Nm3 di cui al
DM 60/02”.
La situazione di estrema criticità per l’inquinamento da polveri
PM 10 e PM 2,5 dell’area del Delta del Po, anche in assenza di
funzionamento
della
centrale,
risulta
poi
inequivocabilmente
confermata nella relazione dal titolo “Attività integrativa di
monitoraggio ambientale nell’area del delta del Po”, del marzo 2009 a
firma del dott. S. Scarselli (CTU della Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Rovigo) e dalle allegate relazioni della prof. L.
Tositti dell’Università di Bologna; oltre che nelle precedenti due
relazioni di CTU del giugno 2008 (a firma degli ingg. Pini e Rabitti e
del dott. Scarselli) e del dicembre 2008 (a firma di Scarselli).
In tale conclamata situazione preoccupante il parere della
Commissione VIA-VAS sulla riconversione a carbone della centrale
di Porto Tolle risulta comunque (del tutto illogicamente) positivo a
fronte della seguente motivazione (parere pag. 57):
•
“che non risultano essere definiti, a livello di bacino geografico, limiti di
emissione per i flussi massici provenienti da fonti regionali, quali
distretti industriali ed energetici, responsabili dei livelli di inquinamento
di fondo per il particolato propri dell’intero bacino padano e quindi anche
dell’area deltizia del Po;
•
che in assenza della definizione nella pianificazione di tali limiti emissivi,
lo sviluppo, la realizzazione o la conversione di impianti industriali ed
energetici deve essere condizionata alla messa in atto di misure e tecniche
volte al massimo contenimento sia delle emissioni di particolato primario
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che delle emissioni dei precursori di particolato secondario;
•
che tali misure possono essere individuate nell’utilizzo delle MTD per
conseguire valori di emissioni molto al di sotto dei limiti normativi, nella
limitazione del numero di ore annue di funzionamento, nella
predisposizione di adeguati sistemi di monitoraggio, di reti informative e
di sistemi di allerta che consentano la tempestiva riduzione delle attività in
corrispondenza del superamento dei limiti normativi alla concentrazione
in aria del particolato;
•
che l’ambito geografico di riferimento per la Centrale presenta criticità
di fondo per le polveri fini, con episodi di superamento della media
giornaliera e valori al limite per la media annua come risulta dall’analisi
dei dati di rilevamento della rete ARPAV stazione Ca’ Tiepolo, che
richiedono per i nuovi impianti di produzione dell’E.E. nonchè per le
riconversioni, ubicati sul delta del Po, ulteriori riduzioni per gli inquinanti
primari e le polveri di un valore del 20% dei nuovi limiti normativi
mediante l’impiego delle più aggiornate MTD al fine di ulteriormente
contenere il ricarico sul fondo in ragione delle generalizzate criticità del
bacino padano;
•
che alla formazione del particolato inorganico secondario di fondo nel
Delta del Po, concorrono anche altri contributi imputabili a fondi
naturali, anche se la frazione rilevante di particolato è imputabile a
processi di formazione di aerosol secondario di genesi antropica da fonti
diffuse e che nell’insieme determinano il superamento dei valori limite
giornalieri per il PM10 nel periodo autunno inverno, obbligando, al
permanere di tali situazioni di inquinamento, le amministrazioni
competenti all’adozione di “Piani d’azione a breve termine” di cui all’art.
24 della Direttiva 2008/50/CE, nei quali dovranno essere previsti
provvedimenti efficaci per limitare e, se necessario, sospendere le attività
che contribuiscono direttamente al superamento dei valori limite di cui
all’Allegato XI della citata direttiva nel caso si verifichino i superamenti
dei limiti di qualità dell’aria per i vari inquinanti (NOx, SO2, PM10,
Ozono)”.
Ora in primo luogo vale la pena di evidenziare come non
corrisponda affatto al vero che nel caso di specie siano state adotatte
le migliori tecnologie disponibili, e ciò non solo in ragione di quanto
evidenziato sul punto nei motivi che precedono, ma anche di quanto
sostenuto dalla stessa Commissione statale VIA-VAS in altra recente
occasione (vds. il parere del 22.1.2009 n. 229 relativa alla centrale
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turbogas di Cona in provincia di Venezia, pag. 11) ove si sottolineava
la coerenza del progetto di una centrale a carbone con il “Piano
progressivo di rientro relativo alle polveri PM10” “in quanto l’utilizzo
del gas naturale per le centrali di produzione di energia è MTD (rif.
Grandi impianti di combustione linee guida per le migliori tecnologie
disponibili ultima rev. disponibile Giugno 2006)”. Tale ultima
precisazione, proveniente – ripetesi- dalla stessa Commisisone statale
VIA-VAS, risulta all’evidenza oltremodo significativa giacché dal
riconoscimento che l’utilizzo del gas naturale costituisce applicazione
delle “migliori tecnologie disponibili” per i grandi impianti di
combustione discende inevitabilmente il corollario della non coerenza
con le BAT, ai fini dell’emissione di polveri fini, della centrale a
carbone. Di qui dunque un primo profilo di illegittimità per
travisamento dei fatti (in relazione all’effettiva applicazione delle
MTD) e per contraddittorietà con altra manifestazion di volontà.
In secondo luogo il parere n. 285/2009 della Commissione VIAVAS non risulta rispettoso di quanto già ora previsto dall’art. 7 del
d.lgs. 351/1999, recante attuazione della direttiva 96/62/CEE in
materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, in
termini di “piani di azione” “contenenti le misure da attuare nel
breve periodo affinché sia ridotto il rischio di superamento dei valori
limite e delle soglie di allarme” che già ora (senza quindi dover
attendere il recepimento della direttiva 2008/50/CE, richiamata dalla
Commissione VIA-VAS per invocarne una futura applicazione)
debbono essere approntati dalle pubbliche autorità in caso di
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superamento dei valori limite aumentati del margine di tolleranza e/o
soglia di allarme di cui al DM 60/2002, secondo previsioni della
normativa europea ritenute self executing dalla Corte di Giustizia CE,
sez. II, 25 luglio 2008 nel procedimento C-237/07.
In tale ultima pronuncia il Giudice comunitario ha infatti chiarito
che l’art. 7 della citata direttiva 96/62/CEE può essere direttamente
invocato dai singoli cittadini anche dinanzi ai giudici nazionali in caso
di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, e
che le autorità nazionali hanno l’obbligo di adottare nel contesto di un
piano di azione e a breve termine, le misure idonee a ridurre al
minimo il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di
allarme ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti
valori o alle dette soglie, tenendo conto delle circostanze di fatto e
dell'insieme degli interessi in gioco.
Inoltre lo stesso Giudice europeo nella decisione precitata ha
chiarito che“sebbene gli Stati membri dispongano di un potere
discrezionale, l'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 fissa alcuni limiti
all'esercizio di quest'ultimo, i quali possono essere fatti valere dinanzi
ai giudici nazionali (v., in tal senso, sentenza 24 ottobre 1996, causa
C-72/95, Kraaijeveld e a., Racc. pag. I-5403, punto 59), in relazione
al carattere adeguato delle misure che il piano di azione deve
contenere nei confronti dell'obiettivo di riduzione del rischio di
superamento e di limitazione della sua durata, in considerazione
dell'equilibrio che occorre garantire tra tale obiettivo e i diversi
interessi pubblici e privati in gioco”.
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A fronte di tale obbligo di effettività e di adeguatezza al fine dei
piani di azione, appare dunque evidente anche la totale illegittimità
del “Piano progressivo di rientro relativo alle polveri PM10”
(approvato con DGR Veneto n. 1408 del 16.5.2006, in attuazione del
Piano Regionale di Tutela e Risanamento dell’Atmosfera del Veneto)
laddove -come ricordato e valorizzato a pag. 21 s. del parere della
Commissione statale VIA-VAS- consentirebbe tranquillamente la
trasformazione a carbone della centrale di Porto Tolle.
Invero, appare evidente come un piano di rientro del PM10 che,
in una situazione già critica qual è quella in esame, consenta
l’ulteriore aggravarsi dell’inquinamento atmosferico da polveri sottili
in conseguenza dell’entrata in funzione di una nuova grande centrale a
carbone da 1980 MW, risulta manifestamente inadeguato allo scopo
di ridurre il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie di
allarme.
Di qui l’assenza di un piano di azione adeguato e l’illegittimità
in parte qua del “Piano progressivo di rientro relativo alle polveri
PM10” (approvato con DGR Veneto n. 1408 del 16.5.2006) per
violazione dell’art. 7 del d.lgs. 351/1999 e dell’art. 7, n. 3, della
direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in materia di
valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente, come
modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del
Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882.
**
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23.- ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI,
CARENZA DI ISTRUTTORIA E DIFETTO DI MOTIVAZIONE,
VIOLAZIONE
DEL
DPCM
27.12.1988
IN
RELAZIONE
ALL’IMPATTO DEL PROGETTO SULLA SALUTE PUBBLICA
Uno dei contenuti necessari degli studi di impatto ambientale e,
quindi, di approfondimento in sede di istruttoria di VIA è relativo alla
caratterizzazione della situazione esistente e all’impatto del progetto
sulla componente “salute pubblica”, secondo le previsioni della lett. F
dell’allegato II al DPCM 27.12.1988.
A tal proposito nel parere della Commissione statale VIA-VAS
n. 285/2009 (pagg. 55 s.) si legge:
“CONSIDERATO, per quanto riguarda lo stato attuale della salute pubblica
che:
•
il proponente ha condotto uno studio circa i potenziali effetti sulla salute
delle popolazioni limitrofe in relazione all’esercizio della centrale di
Porto Tolle nell’assetto attuale, dal quale è emerso che:
•
non è stata rilevata alcuna correlazione tra lo stato degli indicatori
sanitari locali e l’impatto sulla qualità dell’aria indotto dalla centrale
termoelettrica nella configurazione attuale con alimentazione ad olio
combustibile;
CONSIDERATO, per quanto riguarda l’impatto sulla salute pubblica in fase di
esercizio:
•
dai dati sanitari raccolti e passati in rassegna per delineare lo stato
attuale della salute pubblica locale da parte del proponente nel SIA,
risulta che nel Delta il quadro delle patologie collegabili ad effetti mediati
dalla qualità dell’aria è migliore di quello riscontrabile negli ambiti
spaziali circostanti. Le numerose indagini svolte in loco in un arco
temporale piuttosto ampio e con un corpus di osservazioni molto
abbondante, inoltre, dimostrano che non si possono stabilire correlazioni
tra la distribuzione della mortalità nell’area di Porto Tolle e l’esercizio
della centrale esistente, nonostante il fatto che la vita dell’impianto abbia
ormai raggiunto alcuni decenni di estensione;
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•
le simulazioni modellistiche condotte nel SIA per identificare il pattern di
dispersione delle emissioni atmosferiche della centrale futura, allo scopo
di confrontarlo con quello attuale indicano, inoltre, che l’esercizio nel
nuovo assetto consentirà, oltre che il pieno rispetto dei requisiti di legge
vigenti in materia di salvaguardia della salute umana, un collegabili con
la produzione termoelettrica”.
In realtà le cose non stanno affatto nei termini esposti per quanto
riguarda la salute pubblica delle comunità locali, che versa in una
situazione di particolare criticità per patologie tumorali e respiratorie,
come dimostrano –e si avrà modo di documentare in giudizio- tutti i
dati provenienti dalle autorità sanitarie pubbliche (tra cui da ultimo
anche lo “Studio epidemiologico sulla condizione dei bambini e
l’ambiente delle province di Ferrara e Rovigo” condotto da ARPA
Veneto ed Emilia Romagna nel 2007), malgrado i gravi e sorprendenti
ritardi nella raccolta dei dati rilevanti (solo da ultimo i comuni del
delta del Po sono stati inclusi nel cd. “Registro tumori”).
A tale ultimo proposito si precisa che in occasione della
realizzazione della centrale ad olio combustibile, Enel si era
impegnata a finanziare un’indagine epidemiologica che, pur iniziata,
venne poi improvvisamente interrotta.
Di qui la grave carenza di istruttoria e di motivazione del decreto
di VIA positivo per la riconversione dell’impainto a carbone su un
aspetto delicatissimo che meritava ben altri approfondimenti.
***
PARTE VII
CENSURE RELATIVE ALL’IMPATTO SUL PAESAGGIO
24.- ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE,
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ILLOGICITA’ MANIFESTA E SVIAMENTO DALLA CAUSA
TIPICA IN RELAZIONE ALL’IMPATTO DEL PROGETTO SUL
PAESAGGIO
CON
RIFERIMENTO
AL
PARERE
DEL
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI E
ALL’INTESA ESPRESSA DAL MEDESIMO SULLA V.I.A.
POSITIVA, DISATTENDENDO LE VALUTAZIONI CRITICHE
DELLA COMPETENTE SOPRINTENDENZA
Inutile aggiungere a quanto evidenziato in premessa che l’area in
cui si inserisce l’intervento in esame, in sostituzione dell’attuale
centrale ad olio combustibile ormai obsoleta e destinata al prossimo
smantellamento, si trova situata nel cuore del Delta del Po, ossia in
uno degli ambiti più importanti del Paese dal punto di vista
ambientale e paesaggistico, la cui tutela al massimo livello è prevista
da tutti documenti internazionali e nazionali in materia di protezione
ambientale (dalla Convenzione di Ramsar alla direttiva Habitat alla
legge quadro 394/1991), e ovviamente in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico.
Di qui anche l’indiscutibile rilevanza della valutazione di
compatibilità ambientale sotto il profilo paesistico del progetto in
esame.
Ebbene, come si legge nelle stesse premesse del parere espresso
sul progetto in esame dal Direttore generale per la qualità del
paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanea del Ministero per i
beni e le attività culturali 16.3.2009 prot. 3650, la Soprintendenza per
i beni architettonici e per il paesaggio delle province di Verona,
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Rovigo e Vicenza con nota n. 304 dell’8.1.2007 (e non 2008 come
erronemanete indicato nel decreto), al termine del proprio esame
istruttorio, aveva valutato“la nuova proposta migliorativa anche se
l’impianto esistente rimane, per dimensione e tipo di attività, un
elemento
del
tutto
estraneo
all’ambiente
deltizio
e
non
armonizzabile con il delicato contesto paesaggistico circostante, pur
tenendo conto degli accorgimenti di mascheramento previsti, affidati
essenzialmente al rimboschimento selettivo delle aree circostanti ed
all’ampliamento della zona a verde ottenuta dall’eliminazione dei
serbatoi di stoccaggio”.
Ciò malgrado, “sulla scorta delle valutazioni delle succitate
Soprintendenze” (?) e della generica e, per certi versi illogica
premessa secondo cui “ogni azione volta a ricomporre l’aspetto ed i
valori tradizionali del paesaggio fluviale locale sia operazione
apprezzabile [ma di quale ricomposizione si sta parlando?, n.d.r.],
considerato lo stato attuale dei luoghi [il fatto che il sito sia
attualmente compromesso dalla centrale esistente ovviamente non
legittima di perseverare nell’alterazione dei luoghi prolungando per
decenni (sino al 2030!) la vita di un impianto obsoleto destinato al
prossimo smantellamento, n.d.r.], considerato altresì che la
demolizione del parco serbatoi rende disponibile per interventi di
riqualificazione paesaggistica un’area di circa 40 ha”, il Direttore
generale per la qualità e la tutela del paesaggio col provvedimento
precitato esprimeva parere favorevole alla richiesta di pronuncia di
compatibilità ambientale del progetto in esame, ed il Ministro per i
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beni e le attività culturali esprimeva l’intesa sul DM n. 873/2009 di
VIA positiva.
Il tutto, dunque, senza alcuna logica motivazione a sostegno
della decisione di disattendere il parere critico della competente
Soprintendenza che aveva giudicato l’impianto sia per dimensione che
per tipologia di attività come “un elemento del tutto estraneo
all’ambiente deltizio” e “non armonizzabile con il delicato
contesto paesaggistico circostante”.
Giudizi moltro chiari quelli della Soprintendenza preposta alla
tutela del vincolo paesaggistico che avrebbero dovuto logicamente ed
inevitabilmente condurre l’autorità ministeriale ad esprimere un
parere negativo sulla compatibilità ambientale del progetto e a
denegare l’intesa sulla VIA, la quale ha come specifico profilo di
approfondimento
degli
impatti
ambientali
quello
del
delle
conseguenze sul “paesaggio” inteso nei suoi aspetti morfologici e
culturali (punto 2, lett. i, dell’allegato I al DPCM 27.12.1988), la cui
eccezionalità e delicatezza nel caso di specie risulta notoria e pacifica
e che verrebbe stravolti dall’intervento in esame, come attestato dalla
stessa competente Soprintendenza.
Ne consegue la fondatezza delle censure enunciate nella rubrica
del motivo.
*
25.- VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 26, 146 E 147 DEL D.LGS.
42/2004 E DEL D.P.C.M. 12.12.2005 – ECCESSO DI POTERE PER
CARENZA
DI
ISTRUTTORIA,
ILLOGICITA’
E
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CONTRADDITTORIETA’
INTRINSECA
DEL
PARERE
FAVOREVOLE DEL MINISTERO PER I BB.CC.AA. (E DEL
CONSEGUENTE CONCERTO SULLA V.I.A.) MALGRADO LA
MANCANZA
DI
PROGETTO
ARCHITETTONICO
RELAZIONE
PAESAGGISTICA,
ILLEGITTIMA
POSTICIPAZIONE
CON
E
DI
CONSEGUENTE
DELL’AUTORIZZAZIONE
PAESAGGISTICA
Il menzionato parere favorevole alla VIA espresso dalla
Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio con nota
16.3.2009 prot. 3650 subordina il proprio parere positivo ad alcune
prescrizioni, poi riprese al punto B dell’impugnato D.M. di V.I.A., tra
cui le seguenti:
“B5) Per quanto attiene alla qualità architettonica e all’inserimento
paesaggistico dei nuovi edifici e manufatti industriali previsti dal
progetto, dovranno essere definiti preliminarmente alla redazioen del
progetto esecutivo i criteri di impostazione del progetto architettonico
(concept), integrando in tal senso il progetto tecnico dei manufatti
prima dell’atto decisorio finale. Nell’elaborazione del progetto
architettonico dovranno essere chiariti in relazione caratteri alle
caratteristiche del contesto paesaggistico e dell’area di intervento: i
criteri progettuali adottati, la motivazione delle scelte progettuali in
coerenza con gli obiettivi di conservazione e/o valorizzazione e/o
riqualificazione paesaggistica, in riferimento alle caratteristiche del
paesaggio quale ci è pervenuto, alle misure di tutela ed alle
indicazioni della pianificazione paesaggistica ai diversi livelli.
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Dovranno essere altresì esplicitate le ragioni del linguaggio
architettonico adottato, motivandone il riferimento alla tradizione
locale ovvero alle esperienze dell’architettura contemporanea. Il
progetto, anche attraverso opere di messa a verde, coerenti per
tipologia e accostamenti al contesto paesaggistico quale oggi ci
perviene e con specifica attenzione ai cromatismi, dovrà curare
l’inserimento della struttura sia dal fronte interno del paesaggio del
Delta sia dal fronte mare;
B.6) La relazione paesaggistica redatta ai sensi del DPCM
12.12.2005, unitamente alla documentazione di progetto, dovranno
essere prodotti prima della Conferenza di Servizi decisoria al fine del
rilascio della prescritta autorizzazione paesaggistica”.
Dunque, siamo qui sostanzialmente in presenza di un
illegittimo rinvio della valutazione di compatibilità ambientale
dell’intervento,
sotto
il
profilo
paesaggistico,
alla
futura
presentazione di un “progetto architettonico” e della stessa
“relazione paesaggistica”,
da
depositare
in
un
momento
successivo di redazione del “progetto esecutivo”.
Si potrebbe obiettare che nel caso di specie, al di là di quanto
riferito nei suddetti atti autorizzatori, saremmo in presenza di un
semplice “progetto preliminare” in quanto la procedura speciale di
autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica di
potenza superiore a 300 MW termici di cui alla legge 9 aprile 2002 n.
55 (di conversione del d.l. 7/2002) prevede che la presentazione della
richiesta sia “comprensiva del progetto preliminare” oltre che dello
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studio di impatto ambientale (art. 1, comma 2, ultimo periodo),
anziché del progetto definitivo.
Ammesso e non concesso che si fosse in presenza di un mero
progetto preliminare, v’è tuttavia da aggiungere che la valutazione di
impatto ambientale anticipata alla fase preliminare anziché –come in
via ordinaria- a quella della progetto definitivo, risulta compatibile
con i principi introdotti dalla direttiva n. 85/337/Cee soltanto laddove
sia assicurato che questo primo livello di progettazione in cui si
inserisce la VIA individui già in modo adeguatamente approfondito e
sviluppato tutti gli elementi dell'opera che possono avere incidenza
sull'ambiente (ivi compreso ovviamente il paesaggio), come ha avuto
occasione di precisare il Giudice amministrativo (vds. in tal senso
Consiglio Stato , sez. IV, 22 luglio 2005, n. 3917, che su questo
presupposto ha escluso profili di incompatibilità con la sovraordinata
normativa comunitaria del d.lg. 20 agosto 2002 n. 190 sulle “grandi
opere” che reca sul punto una disciplina analoga a quella della legge
55/2002).
Se così è, non par dubbio che un progetto di impianto
termoelettrico –come quello di specie, per espresso rilievo del
Ministero per bb.aa.cc.- che invece non consenta di operare
compiutamente una valutazione degli aspetti di compatibilità
dell’intervento con il paesaggio e con i vincoli paesistici presenti ai
fini del rilascio della relativa autorizzazione, risultando privo
dello stesso elaborato fondamentale per detta valutazione, ossia la
“relazione paesaggistica”, al di là del nomen utilizzato (progetto
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preliminare o progetto definitivo), non può assolutamente essere
considerato idoneo ai fini della procedura di V.I.A. e, in
particolare, dell’espressione del parere e del concerto del
Ministero per i bb.aa.cc.aa.
Diversamente opinando saremmo in presenza di una normativa
nazionale che si pone in netto contrasto con la sovraordinata
disciplina comunitaria e che, come tale, va dunque disapplicata.
*
Corre poi l’obbligo di evidenziare la palese contraddittorietà ed
illogicità in cui incorre il Ministero per i bb. aa. cc. nel medesimo
parere 16.3.2009 ove, da un canto, posticipa (illegittimamente) la
valutazione dell’intervento e lo stesso rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica di competenza al futuro deposito di elaborati
indispensabili per operare dette valutazioni (progetto architettonico e
relazione
paesaggistica),
dall’altro
però,
già
si
esprime
favorevolmente sulla richiesta di pronuncia di compatibilità
ambientale, anticipando dunque la decisione sull’an dell’intervento.
Cosicché alla posticipata fase di verifica della compatibilità del
progetto con i vincoli paesaggistici viene illegittimamente riservato un
ruolo puramente formale e fittizio di pura e semplice “ratifica” ex post
di scelte già definitivamente operate in sede di VIA, con la possibilità
di
incidere
(forse)
solo
ed
esclusivamente
sul
quomodo
dell’intervento.
*
Peraltro, al di là delle palesi segnalate illogicità, la
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posticipazione
operata
dell’autorizzazione
dal
Ministero
paesaggistica
per
i
dell’intervento
ad
bb.aa.cc.
una
fase
successiva a quella della procedura di V.I.A. (nell’ambito della quale
intanto però il medesimo dicastero, del tutto contraddittoriamente, già
esprime un anticipato parere positivo ed emette il concerto!) configura
di per sé una patente violazione dell’art. 147 del d.lgs. 42/2004
recante il “Codice dei bb.cc. e del paesaggio” a mente del quale, per i
progetti soggetti a valutazione di impatto ambientale da eseguirsi da
parte di amministrazioni statali, l’emissione dell’autorizzazione
paesaggistica deve seguire le procedure dell’art. 26 del Codice
medesimo e quindi la stessa “è rilasciata dal Ministero in sede di
concerto sulla compatibilità ambientale”.
Ed ovviamente l’autorizzazione paesaggistica del Ministero in
sede di VIA dovrà essere espressa sulla base di una valutazione di
tutti gli elaborati progettuali ritenuti necessari a valutare gli impatti
con i vincoli paesistici dell’intervento, tra cui il “progetto
architettonico” dell’opera, oltre che la documentazione prevista
dall’art. 3 dell’art. 146 del d.lgs. 42/2004 ivi compresa in primis
(come peraltro espressamente prescritto dallo stesso art. 147, comma
2 del Codice del paesaggio) la “relazione paesaggistica” disciplinata
dal DPCM 12.2.2005 che costituisce “la base di riferimento
essenziale” delle valutazioni paesistiche (art. 2 del DPCM), il cui
deposito invece nel caso di specie è stato anch’esso espressamente (e
del tutto illegittimamente) rinviato.
D’altronde
tale
grave
carenza
era
stata
esplicitamente
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evidenziata dalla stessa competente Soprintendenza che nella
menzionata nota dell’8.1.2007 prot.n. 304, relativmente alla richiesta
di pronuncia di compatibilità ambientale del progetto in esame, (in un
passaggio non riportato nelle premesse del parere del citato Ministero
per i bb.cc.aa.) testualmente osservava nelle conclusioni: “si ritiene di
dover evidenziare il persistere degli aspetti di discontinuità e
frammentazione documentaria già segnalati da codesta DGBAP con
nota …, che non consentono di formulare una valutazione definitiva.
Manca un elaborato redatto in conformità alle disposizioni del
DPCM 12.12.2005, entrato in vigore il 31.7.2006, che tratti in modo
unitario tutti gli elementi necessari alla verifica della compatibilità
paesaggistica, secondo quanto diposto dall’art. 4 comma 4.1
(interventi o opere a carattere areale) dell’allegato …”.
Davvero evidente è dunque nell’ipotesi in esame anche il grave
difetto di istruttoria su cui si sono fondati il parere favorevole ed il
concerto sulla compatibilità ambientale dell’impianto espressi dal
Ministero per i bb.cc.aa., oltre che l’illegittimità della posticipazione
del nulla-osta paesistico ad un momento successivo all’espressione
del concerto sulla VIA.
***
PARTE VIII
CENSURE RELATIVA ALLA VALUTAZIONE DI
INCIDENZA SULLE AREE SIC E ZPS
26.- VIOLAZIONE DELL’ART. 5 DEL DPR 357/1997 E
DELL’ART. 6 DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE – ECCESSO DI
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POTERE PER ILLOGICITA’ MANIFESTA, CARENZA DI
ISTRUTTORIA E TRAVISAMENTO DEI FATTI IN RELAZIONE
ALLA VALUTAZIONE DI INCIDENZA DEL PROGETTO SULLA
ZONA SIC E ZPS
Il progetto che è stato sottoposto a VIA è collocato al cuore dei
seguenti ambiti appartenenti alla Rete Natura 2000 tutelati dalla
direttiva Habitat 92/43/CE e dal DPR 357/1997:
-il SIC (Sito di Importanza Comunitaria) “Delta del Po: tratto
terminale e delta veneto” (IT3270017) caratterizzato da habitat
costituiti da fiumi ed estuari soggetti a maree, melme e banchi di
sabbia, lagune saline per un’estensione pari al 60% della superficie,
oltre a corpi d’acqua interni per il 30% della superficie, recante
particolari caratteristiche di qualità ed importanza per la presenza di
complesse associazioni vegetali con estesi canneti oltre che
importante per la nidificazione e lo svernamento degli uccelli
acquatici;
-ZPS (Zona di Protezione Speciale) “Delta del Po” (IT3270023):
area per la nidificazione, la migrazione e lo svernamento di uccelli
acquatici di rilevanza mondiale (in particolare l’area degli scanni
rappresenta un importante sito per la nidificazione di alcune specie di
Caradriformi ed alcune aree golenali, con vasto canneto e copertura
arborea che consentono la nidificazione di Ardeidi, Rallidi e
Passeriformi; inoltre nella ZPS vi sono estesi canneti e serie
psammofile e alofile con lembi di 12 foreste termofili e igrofili relitti).
Orbene, il progetto sottoposto a VIA, in estrema sintesi,
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cagionerebbe i seguenti inevitabili impatti:
1) l’alimentazione della centrale con il carbone comporterebbe
necessarie opere di adeguamento della rete navigabile, consistenti
tra l’altro in scavi periodici della Laguna di Barbamarco e del Po
di Tramontana (soggette ad interrarsi con una certa frequenza a
seguito di improvvise e violente mareggiate). Invero in sede istruttoria
si ammette che“per il mantenimento del canale navigabile durante
l’esercizio dell’impianto sono previsti dragaggi di sedimenti per un
volume stimato di circa 60.000 m3 due volte l’anno; tale volume
potrebbe ridursi del 35-40% , con volume pari a circa 39.000 m3, con
un impatto medio – basso [?]” (così ad es. il parere della
Commissione regionale, allegato A alla DGR n. 2018 del 07 luglio
2009” a pag 63). Si configurerebbe pertanto un quadro di
manomissioni permanenti, sulla cui entità si possono fare solo stime
approssimative, nel cuore di un Sito di Importanza Comunitaria
nonché Zona a Protezione Speciale (IT 3270017) caratterizzata da
Habitat prioritari (vedasi elenco più avanti);
2) il transito continuo di navi carboniere recherebbe danni diretti
(impatto sulla fauna ittica) e indiretti (intorbidimento delle acque a
danno dell’intera rete trofica) ai fondali lagunari a danno dell’intero
ecosistema lagunare: fattore quest’ultimo che si rifletterebbe
negativamente sulle specie ittiche (in particolare molluschi bivalvi),
tra l’altro di fondamentale interesse economico per l’area;
3) la realizzazione di una conca di navigazione che consentirebbe di
collegare la Laguna di Barbamarco con la Busa di Tramontana,
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necessaria a consentire la navigabilità, non farebbe che aggravare il
quadro descritto, in quanto comporterebbe un’ulteriore consumo di
suolo e ulteriori cementificazioni all’interno del SIC/ZPS. Oltretutto
tale manufatto favorirebbe un ulteriore ingresso di acqua dolce
all’interno della laguna di Barbamarco (già fragile sotto questo
aspetto) a scapito delle biocenosi esistenti e delle popolazioni di
molluschi bivalvi di rilevante interesse economico;
4) il frequente transito di grossi natanti presso i bassi fondali
prossimi alle bocche a mare della Laguna di Barbamarco,
all’interno della laguna stessa e nel tratto fluviale “Po di
Tramontana”, comporterebbero un elevato rischio di impatto sulla
popolazione di Tartaruga marina (Caretta caretta), specie di
prioritaria importanza comunitaria (contrassegnata con asterisco negli
allegati
della
direttiva
“Habitat”
92/43/CEE)
che
frequenta
abbondantemente tale tratto costiero spingendosi all’interno della
laguna e dell’estuario alla ricerca di cibo.
In termini più generali; si può evidenziare che:
- gli Habitat comunitari danneggiati direttamente dalle opere di
navigabilità e dal transito di grossi natanti (con asterisco gli habitat a
maggior grado di tutela) risultano i seguenti:
1130 Estuari
1150* Lagune costiere
1310 Vegetazione annua pioniera a Salicornia e altre specie delle
zone fangose e sabbiose
1320 Prati di Spartina (Spartinion maritimae)
1410 Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi)
1510* Steppe salate mediterranee.
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STUDIO
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V i a A l l ' A r a n. 8 - 4 5 1 0 0 R O V I G O - T e l. 0 4 2 5 / 2 1 6 3 4 - 4 6 0 2 6 9 - T e le f a x 0 4 2 5 / 2 1 8 9 8
2110 Dune mobili embrionali
2120* Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila
arenaria (“dune bianche”)
2130* Dune costiere fisse a vegetazione erbacea
-le specie animali (rettili elencati in allegati II e IV direttiva
“Habitat” 92/43/CEE, uccelli nidificanti elencati in allegato I direttiva
“Uccelli” 79/409/CEE) di interesse prioritario che riporterebbero
conseguenze negative permanenti derivanti
dalle opere di
navigabilità e dal transito di grossi natanti sono:
Codice Specie
Principale impatto negativo
Tartaruga marina
Collisione contro natanti,
(Caretta caretta)
danneggiamento degli habitat di
alimentazione 1130 e 1150*
A084
Albanella minore
Modificazioni dell’Habitat di
(Circus pygargus)
nidificazione 2120*, disturbo
antropico derivante dal transito di
grossi natanti
A132
Avocetta
Modificazioni dell’Habitat di
(Recurvirostra
nidificazione 1310, 1510*, 2120*,
avosetta)
disturbo antropico derivante dal
transito di grossi natanti
A138
Fratino (Charadrius
Modificazioni dell’Habitat di
alexandrinus)
nidificazione 2110, disturbo
antropico derivante dal transito di
grossi natanti
A193
Sterna comune
Modificazioni dell’Habitat di
(Sterna hirundo)
nidificazione 2110, 1310 disturbo
antropico derivante dal transito di
grossi natanti
A195
Fraticello (Sterna
Modificazioni dell’Habitat di
albifrons)
nidificazione 2110, disturbo
antropico derivante dal transito di
grossi natanti
A fronte di quanto sin qui evidenziato, appare non solo frutto di
una valutazione evidente viziata da un travisamento dei fatti e da una
112
STUDIO
LEGALE CERUTI
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illogicità
manifesta,
ma
francamente inaccettabile sul piano
scientifico, il giudizio contenuto nel parere della Commissione statale
VIA-VAS n. 285/2009 (fatto proprio dal decreto conclusivo di VIA)11
secondo cui
“VALUTATO, relativamente all’ incidenza del progetto su flora, fauna, aree SIC
e ZPS che
•
in base alla Valutazione di Incidenza effettuata ai sensi del DPR
120/2003, con le procedure previste dalla Commissione Europea DG
Ambiente, tenuto conto degli obiettivi di conservazione delle aree, le
potenziali interferenze sulle componenti biotiche ed abiotiche che
caratterizzano le aree di interesse naturalistico sono rappresentate dalla
produzione di effluenti aeriformi, dal transito di mezzi da/per la centrale e
dallo scarico/prelievo di risorse idriche dai corpi d’acqua superficiali;
•
l’esame delle simulazioni delle ricadute al suolo dei macroinquinanti nel
futuro assetto a carbone, evidenzia una situazione in cui gli indici statistici
associati alla protezione della vegetazione sono di diversi ordini di
grandezza inferiori ai corrispondenti limiti di legge. Il valore di massima
ricaduta al suolo del biossido di zolfo, per quanto riguarda la media
annuale, passa da 0,43 µg/m3 nella situazione attuale a 0,08µg/m3 nella
configurazione futura, a fronte di un limite di protezione degli ecosistemi
pari a 20 µg/m3. Per quanto riguarda gli ossidi di azoto (NOx) la
normativa vigente prevede un valore limite di 30 µg/m3 in termini di media
annuale, superiore al valore massimo attribuibile all’impianto nella
configurazione futura pari a 0,14 µg/m3 ed a fronte di un valore stimato
nell’assetto attuale pari a 0,21 µg/m3;
•
le risultanze degli studi di approfondimento in merito all’utilizzo della
Busa di Tramontana come via di accesso per il transito dei mezzi da/per
la centrale, allo stato attuale rappresenta la migliore soluzione in grado di
soddisfare contemporaneamente le esigenze di abbreviare e rendere
diretto il percorso dei mezzi da/per la centrale, di limitare il disturbo
all’ittiofauna grazie alle discrete dimensioni dell’alveo, oscillante tra i
150 e i 200 m, e di un impatto più contenuto rispetto al volumi dei
dragaggi necessari inizialmente per adeguare il percorso;
11
Nelle cui premesse (pag. 4) si legge: “Preso atto che, come da parere allegato,
nell’ambito dell’istruttoria condotta la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto
Ambientale VIA-VAS dichiara che è stata effettuata, ai sensi del DPR 120/2003, la
Valutazione di Incidenza relativa a tutte le aree protette del Parco del Delta del Po e
comunque a tutte le aree potenzialmente interessate dall’intervento, con inclusione dei Siti
di importanza Comunitaria (SIC) e dele Zone di protezione Speciale (ZPS) interferiti”.
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•
l’impatto dovuto al rumore e al traffico dei mezzi generato in fase di
cantiere e di esercizio potrebbe avere come effetto un possibile
temporaneo allontanamento della fauna cui seguirà una fase di
assuefazione che comporterà il recupero degli habitat eventualmente
abbandonati;
•
in definitiva l’analisi dei potenziali fattori perturbativi sulle componenti
biotiche e abiotiche delle aree PSIC e ZPS ha evidenziato un livello di
impatto contenuto sia in fase di costruzione che in fase di esercizio ed
una situazione in cui le finalità di conservazione degli habitat e delle
specie vegetazionali e faunistiche, per le quali sono stati istituiti i SIC e
le ZPS, sono rispettate”.
*
Ancor più illegittimo deve ritenersi il parere favorevole sulla
VINCA espresso dalla Commissione regionale VIA n. 244/2009 (su
cui si fonda la DGR Veneto 2018/2009) nelle cui premesse dedicate
all’argomento si leggere (pag. 42, paragrafo 4 “SIC e ZPS:
VALUTAZIONE DI INCIDENZA”):
“Il proponente ha effettuato una valutazione di incidenza dei siti SIC e ZPS
nell’intorno dell’area vasta della Centrale. Sono state eseguite valutazioni
modellistiche delle ricadute al suolo di SO2, NOX e polveri derivanti dalle
emissioni in atmosfera della Centrale nelle condizioni attuali e future. Le
valutazioni sono state eseguite in riferimento al DM 2 aprile 2002 n. 60 di
recepimento della direttiva 1999/30/CE. Dall’analisi dei dati risulta che le
concentraziionu al suolo di NOx e SO2 e particolato sono più basse di quelle
foissate dalla normativa per la prote<zione degfli ecosistemi. La situazione futura
si può ritenere migliore del’attuale con notevole riduzione dell’impatto
sull’ambiente circostante al punto di farlo ritenere non significativo, ciò in virtù
della filiera depurativa dei fumi, e come previsto dalla normativa 92/4/CEE
Habitat, tale da escluder le aree SIC e ZPS nel territorio circostante la centrale da
un’ulterire valutazione di incidenza”.
Seguivano le prescrizioni imposte dal Comitato della Direzione
Pianificazione territoriale e parchi - Servizio reti ecologiche e
biodiversità, nella Relazione istruttoria tecnica del 29.6.2009
N.Reg/2009/88 recante parere favorevole sulla VINCA, poi fatte
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proprie dall’impugnato decreto conclusivo di VIA n. 873/2009 (vds.
le prescrizioni contenute al punto C del dispositivo del decreto)12.
Ora in primo luogo appare evidente nel parere regionale la totale
mancanza di ogni valutazione di incidenza sui SIC e ZPS su profili
diversi da quelli relativi all’impatto dell’inquinamento atmosferico
delle ricadute inquinanti (aspetto sul quale peraltro la valutazione è
anch’essa viziata per le ragioni sopra esposti nei motivi di censura
inerenti gli inquinanti); per cui non un rigo del parere della
Commissione regionale (fatta propria dalla Giunta del Veneto) è
dedicato alle conseguenze delle opere di adeguamento della rete
navigabile, con scavi periodici della Laguna di Barbamarco e del Po
di Tramontana, alla realizzazione di una conca di navigazione, al
traffico di natanti: di qui una davvero clamorosa carenza di
motivazione da cui risulta viziato il parere regionale.
Né risulta certo rilevante ai fini di una motivazione per
relationem il richiamo alla Relazione istruttoria tecnica del 29.6.2009
della Direzione Pianificazione territoriale e parchi - Servizio reti
ecologiche e biodiversità, ove semplicemente si legge che dagli
elaborati presentati dal proponente si evincerebbe “che le previsioni
del progetto interessano habitat prioritari, rappresentati nel sito
12
Prescrizioni comportanti un piano di monitoraggio con attività da concordare con gli
uffici regionali, un computo economico sulle opere di mitigazione, un monitoraggio sulle
specie faunistiche, un monitoraggio sugli habitat di interesse comunitario, garanzie sulla
professionalità del direttore dei lavori delle opere di mitigazione, caratteristiche dei
sedimenti riutilizzabili, prescrizioni per tre specie di uccelli presenti all’interno dell’area
della centrale.
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dall’Habitat 1150 “LAGUNE COSTIERE” e che “le attività previste
sono esercitate nel complesso senza compromettere la valenza dei
siti proposti”: la prima è infatti affermazione gravemente carente in
ragione del sicuro coinvolgimento e danneggiamento di altri habitat
anche prioritari (tra cui Steppe salate mediterranee, Dune mobili del
cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria , Dune costiere
fisse a vegetazione erbacea) oltre che di specie animali, anche
prioritarie; la seconda è attestazione macroscopicamente errata sul
piano fattuale in ragione dei summenzionati pacifici ed oggettivi
impatti negativi cagionati dal progetto.
Il successivo giudizio contenuto nella medesima Relazione che
“tra le alternative considerate è stata privilegiata la soluzione con
minori interferenze” si appalesa in tutta la sua grave difformità dal
vero, in particolare alla luce di quanto ampiamente esposto supra in
ordine alla comparazione tra il progetto de quo con le diverse
alternative praticabili e considerate in sede di VIA (tra cui
l’alimentazione a gas metano dell’impianto) la cui preferibilità sotto il
profilo ambientale è stata espressamente riconosciuta da tutte le
autorità intervenute nell’istruttoria, tra cui l’ARPAV e la stessa
Regione Veneto.
Infine la precisazione, sempre contenuto nella predetta
Relazione istruttoria regionale, secondo cui “non sono state previste
compensazioni, in quanto le mitigazioni previste sono ritenute
dall’estensore dello studio sufficienti a garantire che le eventuali
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incidenze risultino non significative” lascia francamente esterrefatti a
fronte di quanto illustrato in termini di conseguenze sul SIC e sulla
ZPS, assolutamente non mitigate dal progetto né mitigabili con le
prescrizioni impartite.
A
fronte
delle
sopra
ricordate
inevitabili
incidenze
dell’intervento su SIC e ZPS, nel caso di specie risulta senza dubbio
clamorosamente violata la normativa statale e comunitaria in materia
di valutazione di incidenza.
In proposito basti infatti sinteticamente evidenziare che, a fronte
quanto prevedono l’art. 6 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE del 21
maggio 1992 e l’art. 5 del DPR 8 settembre 1997, n. 357 di
recepimento della direttiva medesima (interpretati alla luce della
fondamentale “Guida all’interpretazione dell’art. 6 della direttiva
“Habitat” 92/43/CEE” redatta dalla Commissione europea –
Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle comunità
europee – 2000, e, per quanto riguarda il Veneto l’Allegato A alla
DGR n. 3173 del 10.10.2006) che:
A) sulla base degli elementi oggettivi sopra evidenziati nel caso di
specie evidenti ragioni logiche -ancora prima scientificheinducono necessariamente pervenire a conclusioni negative in
ordine alla sicura, inevitabile, rilevante incidenza del progetto
sul SIC e sulla ZPS; se così non è avvenuto (come pare
desmersi dalla richiamata Relazione istruttoria tecnica del
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competente ufficio regionale), la valutazione di incidenza è
evidentemente incorsa in gravissime carenze di istruttoria,
palesi travisamenti dei fatti, manifesti difetti di motivazione,
plurima violazione della normativa europea, statale e regionale
citata, in ordine ai contenuti minimi e alle finalità della
valutazione di incidenza ambientale;
B) in presenza delle suddette conclusioni negative, in primo luogo
si
sarebbero
dovute
evidenziare
e
valutare
“ipotesi
alternative” al progetto presentato, anche prima di individuare
eventuali misure compensative giacché “come prima tappa le
autorità competenti devono esaminare le possibilità di
soluzioni alternative che meglio rispettino l’integrità del sito
in questione (così la citata Guida della Commissione UE, par.
5.3.1; ma vds. anche il par. 4.2 della DGR Veneto cit. n.
3173/2006 secondo cui in forza del principio di precauzione
“la valutazione appropriata deve trattare ipotesi alternative”)
e “soltanto l'assenza di soluzioni alternative praticabili,
l’impossibilità di adottare le adeguate misure di mitigazione e
l'interesse pubblico, promosso da organismi pubblici o privati,
può giustificare l’attuazione di piani, progetti o interventi che
possono causare effetti negativi significativi sui siti in
questione” (così il par 4.2.3 misure di compensazione della
DGR cit.). E d’altronde la previsione di misure compensative
costituisce “l’ultima risorsa” praticabile (Guida dell’UE, ult.
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loc. cit.) ovvero “per un piano, un progetto o un intervento, le
misure compensative costituiscono l’ultima possibilità di
giustificare il danneggiamento di habitat o specie di interesse
comunitario presenti nei siti Natura 2000. Sono predisposte
soltanto quando le altre salvaguardie fornite non risultano
efficaci e sono proporzionate agli effetti negativi attesi” (DGR
Veneto ult.loc. cit.). L’aver sostenuto, nella relazione istruttoria
tecnica citata del 29.6.2009, che la soluzione progettuale in
esame
è
quella
“con
minori
interferenze”
costituisce
un’affermazione non veritiera, smentita da tutti gli atti
dell’istruttoria di VIA da cui sono ben desumibili alternative
praticabili nel caso di specie, tra cui in primo luogo quelle
dell’alimentazione a gas naturale dell’impianto e della stessa
“opzione zero”, assolutamente preferibili sul piano ambientale;
C) infatti le “ipotesi alternative” di progetto da considerare
necessariamente
nella
procedura
di
VINCA
“possono
comprendere ubicazioni alternative (percorsi in caso di
sviluppi lineari), dimensioni o impostazioni diverse di
sviluppo oppure processi alternativi. Va anche considerata
l’”opzione zero”. Conformemente al principio di sussidiarietà,
spetta alle autorità nazionali competenti effettuare i necessari
raffronti tra queste soluzioni alternative. Va sottolineato che i
parametri di riferimento per questi raffronti concernono gli
aspetti relativi alla conservazione e alla manutenzione
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dell’integrità del sito e dalle sue funzioni ecologiche. In questa
fase, quindi, altri criteri di valutazione, ad esempio
economici, non possono essere considerati prevalenti su
quelli ecologici” (così la Guida della Commissione UE,
ult.loc.cit.)13.
Ne
dell’assegnata
prevalenza
consegue
di
l’evidente
considerazioni
illegittimità
di
ordine
economiche sulle valutazioni di conservazione e tutela del SIC,
già evidenziata ai fini della VIA, ma che sotto il profilo della
valutazione di incidenza sull’area protetta comunitaria assume
ancora maggiore rilievo. A tal proposito basti semplicemente
qui ricordare quanto riportato nel parere della Commissione
regionale VIA (allegato A alla Dgr n. 2018 del 07 luglio
2009) ove a pag. 62-63 si legge:
“Per quanto riguarda la diversificazione delle fonti, si osserva che, a
seguito della prossima attivazione della centrale di rigassificazione di
Porto Viro, vi sarà disponibilità crescente di gas naturale. Certamente
questo costituisce una riduzione del rischio di approvvigionamento e dei
costi, venendo incontro alla richiesta di maggiore diversificazione delle
fonti. Questa sarebbe stata un’opzione migliore sotto il profilo
strettamente ambientale. La richiesta di Enel, tuttavia, riguarda la
conversione a carbone e lo scenario alternativo “alternativa zero”
sarebbe stata l’ambientalizzazione ad OCD attraverso la procedura di
AIA: il confronto pertanto andrebbe fatto con riferimento a questi due
scenari a combustibile solido e liquido”.
13
In termini analoghi dispone la medesima DGR Veneto al par. “4.2.1 SOLUZIONI
ALTERNATIVE Nell’esame delle soluzioni progettuali devono essere considerate
possibili alternative per la realizzazione del piano, del progetto o dell'intervento aventi
diversi effetti sull’integrità dei siti, compresa l’opzione di non procedere con il piano,
progetto o intervento (opzione zero). Per ciascuna delle opzioni alternative deve essere
fornita una descrizione, illustrando i parametri utilizzati per testare le stesse. Con
riferimento alle tabelle – figure 5 e 6 del già citato documento prodotto dalla Divisione
Ambiente della Commissione Europea, le soluzioni alternative possono, ad esempio,
includere: una diversa localizzazione; una diversa scansione spazio – temporale degli
interventi; la realizzazione di una sola parte dell’intervento o un intervento di dimensioni
inferiori; le modalità di realizzazione e di gestione”.
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D) quanto infine all’esame dei “motivi di rilevante interesse
pubblico” (di pretesa convenienza sociale ed economica) che
renderebbero “indispensabile” la realizzazione del progetto,
malgrado le conseguenze negative su SIC e ZPS, (che, ripetesi,
possono essere considerati soltanto in assenza di soluzioni
alternative e unitamente all’adozione di adeguate misure
compensative), basti dire che nella Relazione istruttoria tecnica
del 29.6.2009 degli stessi si dà genericamente atto senza
neppure specificarli, con ciò incorrendo in una evidente
carenza di motivazione. E comunque non risulta dall’iter
istruttorio
che
lo
Stato
Italiano
abbia
informato
la
Commissione, come imposto dall’art. 5, comma 9, del DPR
357/1997 e dall’art. 6, comma 4, della direttiva 92/43/CEE;
E) ma soprattutto dal momento che in questa procedura ci
troviamo di fronte specie ed habitat “prioritari” (quelli
elencati supra nel ricorso e non solo quello menzionato nella
relazione istruttoria tecnica) e l’approvazione del progetto di
trasformazione a carbone della centrale non è certo
giustificabile con considerazioni connesse con la “salute
dell'uomo, la sicurezza pubblica o relative a conseguenze
positive di primaria importanza per l'ambiente”, non par
dubbio che fosse necessario previamente richiedere ed allegare
il parere della Commissione dell’Unione Europea, come
imposto dall’art. 5, comma 10 del DPR 357/1997 e dall’art. 6,
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paragrafo 4, seconda parte della direttiva 92/43/CEE. Poiché
ciò non è avvenuto, risulta gravemente inficiato il giudizio di
VINCA e quello di VIA.
Di qui la plurima violazione della normativa comunitaria e
nazionale oltre che i profili di eccesso di potere individuati in rubrica.
**
27.- VIOLAZIONE DELL’ART. 6 DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE
E
DELL’ART.
ALL’OMESSA
PUBBLICA
IN
5
DEL
DPR
357/1997
INFORMAZIONE
RELAZIONE
E
ALLA
IN
RELAZIONE
PARTECIPAZIONE
PROCEDURA
DI
VALUTAZIONE DI INCIDENZA SULLE AREE S.I.C. E Z.P.S.
V’è poi un ulteriore profilo di illegittimità della procedura di
VINCA che vale la pena di rimarcare.
La ricordata Relazione istruttoria tecnica della Direzione
pianificazione territoriale e parchi della Regione Veneto datata
29.6.2009 nelle premesse specifica che agli atti dell’istruttoria v’è una
prima relazione per la valutazione d’incidenza ambientale redatta dal
dott. G.P. Stigliano trasmessa all’Unità Complessa VIA con nota
dell’8.10.2008 e un’integrazione alla relazione redatta dal medesimo
professionista, trasmessa con nota del 24.6.2009, a seguito di una
richiesta di chiarimenti della Direzione regionale.
Orbene dell’esistenza di tali documenti agli atti della procedura
non è stata data alcuna informazione pubblica (sul sito del MATTM
compare infatti solo una relazione di incidenza datata 16.10.2007),
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cosicché non è stato consentito ad alcuno di partecipare all’iter di
VINCA consultando i predetti atti e formulando osservazioni.
In proposito, è pur vero che l’art. 5, comma 7, prevede la
consultazione del pubblico interessato alla procedura di VINCA quale
ipotesi “eventuale”, analogamente a quanto dispone l’art. 6, par. 3,
della direttiva habitat 92/43/CEE secondo cui “le autorità nazionali
competenti danno il loro accordo sul .. progetto soltanto dopo aver
avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in
causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica”.
E tuttavia v’è altresì da precisare che la Commissione dell’UE
nella ricordata pubblicazione ufficiale “Gestione dei siti della Rete
natuta 2000 – Guida all’interpretazione dell’art. 6 della direttiva
habitat 92/43/CEE” (Bruxelles, 2000) ha chiarito sul punto (vds. il
par. 4.6.2.): “La direttiva 92/43/CEE non indica quando è opportuno
chiedere il parere del pubblico. La consultazione del pubblico è però
un elemento essenziale della direttiva 85/337/CEE. Di conseguenza,
nei casi in cui la valutazione prevista dall’art. 6, paragrafo 3, assume
la forma di una valutazione ai sensi della direttiva 85/337/CEE è
necessaria la consultazione del pubblico. In questo contesto è
opportuno menzionare le possibili implicazioni a lungo termine della
convenzione
di
Aarhus
che
sottolinea
l’importanza
della
consultazione del pubblico nel processo decisionale concernente
l’ambiente”.
Dunque, in tutti i casi in cui la procedura di VINCA si inserisce
in quella di VIA –com’è appunto avvenuto nel caso di specie- deve
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necessariamente procedersi all’informazione e alla partecipazione
pubblica con riferimento alla relazione di incidenza sulle aree SIC e
ZPS.
Poiché invece nel caso di specie non risulta che si sia proceduto
alla pubblicazione di alcun avviso pubblico relativo alla possibilità
per cittadini interessati di consultare la relazione di incidenza del
progetto in esame sulle aree SIC e ZPS e di presentare le relative
osservazioni, né che sia stata altrimenti consentita la partecipazione
pubblica, risulta evidentemente violata la richiamata normativa statale
ed europea richiamata.
***
P.Q.M.
si chiede l'annullamento degli atti impugnati, nonché la condanna
delle Amministrazioni resistenti al risarcimento di tutti i danni che
verranno cagionati in conseguenza dell’esecuzione dei provvedimenti
impugnati.
Con ogni consequenziale di legge anche in ordine al carico delle spese
e competenze del giudizio.
In via istruttoria
Si deposita copia dei seguenti atti e documenti:
Si chiede voglia disporsi l’acquisizione di tutti gli atti e i documenti
del procedimento.
Con ogni più ampia riserva di ulteriori produzioni e deduzioni
e di formulare motivi aggiunti ricorso.
DICHIARAZIONE EX ART. 9 LEGGE 488/1999
124
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Ai sensi dell'art. 9, comma 5, della legge n. 488/1999 e successive
modifiche si dichiara che la presente controversia è soggetta al contributo
unificato per le spese degli atti giudiziari di euro 500,00.
Addì, 11 novembre 2009
avv. Matteo Ceruti
avv. Valentina Stefutti
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Relazione di notificazione
Io sottoscritto Avv. Valentina Stefutti, in qualità di difensore della parte
istante, ho notificato, previa autorizzazione del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Roma ex art. 7 della L. 21 gennaio 1994 n. 53 n.468/05,
mediante spedizione in plico raccomandato A.R., ai sensi dell’art. 3 della
cit. L. n. 53 del 1994, il suesteso atto n. cron. 63 a:
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, nella
persona del Ministro p.t., domiciliato ex lege presso l’Avvocatura Generale
dello Stato, Via dei Portoghesi n.12, 00186 Roma, ivi consegnandone
copia conforme a mezzo del servizio postale, Ufficio Torino 14, con
raccomandata A/R n. _____________________ in data corrispondente a
quella del timbro postale, anche per la conformità
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STUDIO
LEGALE CERUTI
V i a A l l ' A r a n. 8 - 4 5 1 0 0 R O V I G O - T e l. 0 4 2 5 / 2 1 6 3 4 - 4 6 0 2 6 9 - T e le f a x 0 4 2 5 / 2 1 8 9 8
Ministero per i beni e delle attività culturali, nella persona del Ministro
p.t., domiciliato ex lege presso l’Avvocatura Generale dello Stato, Via dei
Portoghesi n.12, 00186 Roma, ivi consegnandone copia conforme a mezzo
del servizio postale, Ufficio Torino 14, con raccomandata A/R n.
_____________________ in data corrispondente a quella del timbro
postale, anche per la conformità
Ministero dello sviluppo economico, nella persona del Ministro p.t.,
domiciliato ex lege presso l’Avvocatura Generale dello Stato, Via dei
Portoghesi n.12, 00186 Roma, ivi consegnandone copia conforme a mezzo
del servizio postale, Ufficio Torino 14, con raccomandata A/R n.
_____________________ in data corrispondente a quella del timbro
postale, anche per la conformità
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STUDIO
LEGALE CERUTI
V i a A l l ' A r a n. 8 - 4 5 1 0 0 R O V I G O - T e l. 0 4 2 5 / 2 1 6 3 4 - 4 6 0 2 6 9 - T e le f a x 0 4 2 5 / 2 1 8 9 8
Regione del Veneto, in persona del presidente pro tempore della Giunta
regionale del Veneto domiciliato per la carica presso la sede della Giunta
regionale del Veneto, Dorsoduro n. 3901 (Palazzo Balbi), 30123 Venezia,
ivi consegnandone copia conforme a mezzo del servizio postale, Ufficio
Torino 14, con raccomandata A/R n. _____________________ in data
corrispondente a quella del timbro postale, anche per la conformità
Società Enel produzione s.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore domiciliato per la carica presso la sede legale della società viale
Regina Margherita n. 125, 00198 Roma, ivi consegnandone copia
conforme a mezzo del servizio postale, Ufficio Torino 14, con
raccomandata A/R n. _____________________ in data corrispondente a
quella del timbro postale, anche per la conformità
A.R.P.A.V. – Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del
Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore presso la sede
legale in via Matteotti n. 27, 35137 Padova, ivi consegnandone copia
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STUDIO
LEGALE CERUTI
V i a A l l ' A r a n. 8 - 4 5 1 0 0 R O V I G O - T e l. 0 4 2 5 / 2 1 6 3 4 - 4 6 0 2 6 9 - T e le f a x 0 4 2 5 / 2 1 8 9 8
conforme a mezzo del servizio postale, Ufficio Torino 14, con
raccomandata A/R n. _____________________ in data corrispondente a
quella del timbro postale, anche per la conformità
DONNHAUSER CESARE residente via Marmorata n. 63, 00153 Roma, ivi
consegnandone copia conforme a mezzo del servizio postale, Ufficio
Torino 14, con raccomandata A/R n. _____________________ in data
corrispondente a quella del timbro postale, anche per la conformità
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