Scheda - paese Francia

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Scheda - paese Francia
Raisebericht
Relevant Issue for Social Europe. Benchmark
and Research Implemented and
Coordinated by the use of High Technologies
Le relazioni industriali in Francia
1) La Francia in cifre:
popolazione: 65.633.194 (Eurostat 2013)
popolazione attiva: 29,6 milioni (2012) di cui 3,8 % nel settore
agricolo, 24.3% nell’industria e 71,8% nei servizi(2005)
tasso di copertura della contrattazione collettiva: 98%
tasso di affiliazione sindacale: 8%
tasso di affiliazione alle associazioni datoriali: circa il 55% (stima)
Previsioni crescita PIL 2013: -0,2% (FMI)
PIL pro capite: 106,6 (EuroFound 2012)*
* il PIL pro capite è calcolato come indice standardizzato in cui la media europea è posta
uguale a 100
Retribuzione annuale lorda: 36.155 € (Eurostat 2010)
Differenziali salariali di genere: 24.5% (EuroFound 2012)
Salario minimo mensile : 1,425.67 € (luglio 2012)
2)Dati occupazionali:
Tab.1 Tassi di occupazione e disoccupazione disaggregati per genere e fascia d’età
Pop 15-65
maschile
femminile
Giovani 15-24
Tasso di
occupazione*
64,1
68,1
60,2
28,5
Confronto
Media europea*
64,2
69,6
58,7
32,7
Tasso di
disoccupazione**
11,0
10,1***
10,4***
25,4
Confronto
Media europea**
11,0
10,4***
10,5***
23,2
*dati OCSE quarto trimestre 2012
**dati EUROSTAT aprile 2013
***dati EUROSTAT 2012
Testi a cura di Umberto Bettarini
Supervisione a cura di Fabio Ghelfi.
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3) Struttura produttiva:
La Francia è un modello dirigista di economia, con un forte ruolo regolatore dello stato. Negli
ultimi anni, tuttavia i processi di integrazione europea, la globalizzazione e processi di
liberalizzazione e di ritiro progressivo dello stato, avvenuti contemporaneamente in tutti i paesi
occidentali, hanno contribuito a un’apertura del modello e a profonde trasformazioni socioeconomiche. Ciò ha portato a una massiccia campagna di privatizzazioni tra le grandi imprese di
importanti settori come quello bancario e assicurativo. Tuttavia lo stato resta ad oggi il più grande
datore di lavoro del paese, con una considerevole influenza in settori chiave come quello
dell’energia, in cui la Francia è una delle principali esportatrici d’Europa, quello dei trasporti e
quello della difesa.
Per quanto riguarda la struttura produttiva va detto che il prodotto interno loro francese è
fortemente spinto dal settore terziario, che è il vero e proprio motore dell’economia. Questo,
infatti, incide sul PIL per ben il 79,8%, a fronte di un modesto 18,3% derivante dall’settore
industriale. In particolare, il settore del turismo è ad oggi uno dei più sviluppati d’Europa, con il
maggior numero di strutture recettive di tutto il continente. Inoltre, grande rilevanza coprono il
settore delle telecomunicazioni, con Alacatel e Telecom France, quello del commercio (Carrefour)
e quello della finanza. Per quanto riguarda l’agricoltura, invece, questa incide sul PIL per ben
l’1,9%, un dato estremamente importante se si pensa che la Francia è il primo paese in Europa per
produzione di cereali, e il secondo per produzione vinicola. Il settore agricolo, infatti, riesce ad
attrarre una buona fetta del mercato del lavoro nelle aree agricole e periferiche del paese.
L’industria, invece, si concentra principalmente intorno alla regione di Parigi, nella regione
alsaziana e in quella di Lione. Il settore energetico è indubbiamente uno degli elementi chiave
dell’economia del paese. La Francia, infatti, è uno dei principali esportatori europei nel campo
dell’energia e nella raffinazione del greggio, in particolare grazie alle imprese multinazionali come
GDF Suez, ELF e Total, dei veri e propri colossi nei loro rispettivi settori. Molto importante è,
inoltre, la produzione di energia attraverso le fonti rinnovabili, che raggiunge livelli ben al di sopra
della media europea.
Infine, fa da traino all’economia del paese il settore automobilistico, con la triade composta da
Renault, Citroën e Peugeot, che contribuisce a rendere la Francia il terzo esportatore al mondo nel
mercato dell’auto.
4) Caratteristiche istituzionali
La Francia è una repubblica costituzionale a regime parlamentare semi-presidenziale. Uno stato
caratterizzato da un forte accentramento amministrativo che, però, a partire dal 2003 ha
introdotto diverse forme di decentramento. Con la riforma costituzionale del 1958 e l’avvento
della cosiddetta quinta repubblica, il potere esecutivo ha assunto una certa prevalenza rispetto a
quello legislativo. Inoltre, l’introduzione del voto diretto al Presidente della repubblica, a partire
dal 1962, ne ha sensibilmente ampliato i suoi poteri. Il Presidente, infatti, detiene il diritto di
sciogliere l'Assemblea Nazionale, il diritto di indire i referendum, il potere di nominare il Primo
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ministro. Inoltre, determina e dirige la politica del governo e detiene potere di agenda, avendo la
possibilità di stabilire i 3/4 degli ordini del giorno da presentare all’Assemblea Nazionale.
La Francia ha un sistema parlamentare caratterizzato da un bicameralismo sbilanciato con due
camere dai poteri asimmetrici: l’Assemblea Nazionale e il Senato. Quest’ultimo ha competenze
molto limitate ed è in posizione di inferiorità rispetto all’altra camera. L’assemblea Nazionale,
infatti, oltre ad occuparsi della gran parte delle materie, ha prevalenza in caso di disaccordo tra le
due camere.
Dal punto di vista amministrativo, la Francia è suddivisa in 27 regioni, a loro volta suddivise in 101
arrondissements (dipartimenti). Inoltre, il territorio francese comprende 5 dipartimenti
d’oltremare, territori che fanno parte dello stato francese, ma che si trovano al di fuori
dell’Europa. Questi rappresentano l’ultimo retaggio del passato coloniale del paese transalpino.
Dal punto di vista politico, gli ultimi anni hanno segnato una rottura con il precedente decennio.
Infatti, le elezioni presidenziali del 2012, avvenute in contemporanea con le elezioni
dell’Assemblea nazionale, hanno visto una chiara vittoria delle forze di centro-sinistra, le quali
godono di una chiara maggioranza nell’Assemblea Nazionale, oltre che della presidenza della
repubblica, guidata dal socialista Hollande.
Infine, va detto che la forte impostazione dirigista e il tradizionale accentramento statale, hanno
avuto effetti importanti sull’economia del paese e in particolare sulle relazioni industriali. Come
vedremo meglio in seguito, infatti, il ruolo dello stato è centrale nello sviluppo delle relazioni
industriali, e i rapporti tra le parti sociali, più che essere orientati alla stipula di accordi, sono volti a
far pressione sulle istanze governative. Da questo aspetto deriva la forte propensione ad
organizzare scioperi e manifestazioni sindacali, da una parte, e dall’altra la forte capacità di
lobbyng portata avanti con costanza dalle organizzazioni imprenditoriali francesi.
5) Parti sociali
5.1 Sindacato
La Francia è uno dei paesi con i tassi di iscrizione sindacali più bassi d’Europa, pari all’8% dei
lavoratori. Un dato che è calato progressivamente nel tempo fino a stabilizzarsi all’inizio degli anni
90. In termini assoluti questi dati vogliono dire poco più di 1.800.000 lavoratori iscritti ad
un’organizzazione sindacale. A questi lavoratori si devono aggiungere le oltre 400.000 persone che
sono iscritte pur non essendo occupate, in quanto hanno da poco perso il lavoro.
Nonostante questi dati, la presenza sindacale in azienda è piuttosto elevata. Nel 2005, infatti, il
39,8% dei lavoratori ha affermato di avere una rappresentanza sindacale nel proprio luogo di
lavoro e il 54,9% di averla all’interno del proprio gruppo industriale. Questo fattore è spesso
chiamato il paradosso francese: a tassi di sindacalizzazione estremamente ridotti, infatti, fa fronte
un discreto radicamento sindacale in azienda, con un elevato tasso di presenza delle
rappresentanze dei lavoratori nei luoghi di lavoro. La tabella qui sotto mostra chiaramente questo
paradosso. La Francia, infatti, se si colloca all’ultimo posto rispetto ai tassi di sindacalizzazione,
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avanza al decimo posto in Europa rispetto alla percentuale di gruppi industriali in cui è presente
una rappresentanza dei lavoratori.
Fig.1 Tasso di sindacalizzazione e tasso di imprese che posseggono una rappresentanza sindacale
Questo paradosso francese deriva da due fattori principali: da un lato il forte grado di pluralismo
sindacale, dall’altro il sistema istituzionale che regola le relazioni industriali nei luoghi di lavoro. Il
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modello Francese, come vedremo meglio successivamente, è un sistema di rappresentanza a
canale duale. Le principali confederazioni sindacali, infatti, competono sui luoghi di lavoro per
eleggere i propri rappresentanti in seno agli organismi di rappresentanza aziendali. Ciò fa si che
buona parte della loro attività si concentri nei periodi elettorali per il rinnovo delle rappresentanze
aziendali. Il sistema istituzionale francese, in particolare dopo la riforma del 2008, infatti, misura il
peso delle organizzazioni sindacali, non tanto in base al numero degli iscritti, quanto al loro
risultato elettorale nelle votazione per i rinnovi dei rappresentanti sindacali. La forte competizione
tra le sigle sindacali, perciò, determina un’intensa campagna elettorale nei luoghi di lavoro che
consente di incrementare la partecipazione elettorale, e accresce l’importanza delle
rappresentanze dei lavoratori al fine di determinare i rapporti di forza tra le diverse sigle sindacali.
Un altro elemento distintivo del sindacalismo francese è dato dal suo radicamento che si estende
principalmente nel settore pubblico e nelle imprese a controllo pubblico. Come si può vedere dalla
tabella qui sotto, infatti, i tassi di sindacalizzazione nelle imprese private raggiungono il 5% a
fronte di un 15% nel settore pubblico. Va, inoltre, ricordato che in Francia l’attore pubblico
rappresenta il principale datore di lavoro del paese. Ciò fa si che di 1.800.000 iscritti al sindacato,
oltre un milione provenga dal settore pubblico.
Tab. 2 Sindacalizzazione nelle imprese pubbliche e private nel 2005 e nel 1996
La tabella qui sotto, inoltre, mostra chiaramente come la sindacalizzazione avvenga
principalmente nelle imprese di grandi dimensioni, lasciando quelle più piccole completamente
sprovviste di organismi di rappresentanza sindacale. Se, infatti, la quasi totalità delle imprese con
più di 500 dipendenti ha una presenza sindacale al proprio interno, questo dato si ribalta
completamente nelle piccole imprese, dove il dato si attesta nettamente sotto il 20% per le
imprese del settore pubblico, e cifre prossime allo zero nel settore privato.
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Fig. 2 Presenza sindacale nei luoghi di lavoro in base alla tipologia di impresa (2001-2005)
Infine, l’ultimo elemento da mettere in luce rispetto all’insediamento sindacale è il dato della
sindacalizzazione per tipologia contrattuale. Anche in questo caso, la tabella sotto riportata
evidenzia un sindacato radicato tra i lavoratori alle dipendenze della pubblica amministrazione,
che mantiene livelli medio-bassi tra i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, per crollare
tra le tipologie contrattuali atipiche.
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Tab. 3 Tasso di sindacalizzazione rispetto alla tipologia contrattuale
Se fin ora abbiamo parlato principalmente delle caratteristiche della struttura di rappresentanza in
Francia, occorre ora passare in rassegna i principali attori sindacali. Il sistema delle relazioni
industriali francese è caratterizzato da una grande frammentazione sindacale. La divisioni sono
principalmente basate su ragioni ideologiche, ma esistono anche linee di frattura basate sul tipo di
professionalità da rappresentare. Infatti delle 5 confederazioni storicamente considerate
rappresentative, CGT, CFDT, CGT-FO, CFTC e CFE-CGC, le prime quattro rappresentano il mondo
del lavoro nella sua interezza, mentre l’ultima, la CFE-CGC, rappresentano principalmente i quadri
e i manager aziendali. La riforma sulla rappresentatività, promossa dal governo francese nel 2008,
ha parzialmente mutato il quadro, dando la possibilità a tutte le sigle che a livello settoriale
superano l’8% dei consensi elettorali, o che ottengano almeno il 10% su base aziendale, di
diventare organizzazioni rappresentative. Sulla base di ciò, in alcuni settori e in alcune aziende,
ricoprono un ruolo importante anche le confederazioni UNSA (l’Unione Nazionale dei Sindacati
Autonomi) e SUD (Unione dei Sindacati Solidali). Queste ultime, tuttavia non sono riuscite a
superare l’8% di consensi a livello nazionale, necessari per essere considerate come delle
organizzazioni rappresentative.
Tab. 4 rappresentatività sindacale (periodo 2012)
organizzazione
% voti
26.77
CGT
26.00
CFDT
15.94
CGT-FO
9.43
CFTC
9.30
CFE-CGC
Fonte ministero francese
Come si può notare dalla tabella riportata in alto la confederazione sindacale più rappresentativa
è la CGT (Confederazione Generale del Lavoro), anche se in forte calo rispetto ai dati riferiti al
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2008, che la vedevano primeggiare con il 34% dei consensi. La CGT risulta, inoltre, essere quella
con il maggior numero di iscritti. Questa organizzazione ha una lunga tradizione sindacale,
caratterizzata da una stretta vicinanza con il partito comunista francese. La seconda forza del
paese, invece, la CFDT (Confederazione Democratica Francese dei Lavoratori), si ispira ai principi
del sindacalismo democratico di stampo cattolico. Infine, CGT-FO (Confederazione Generale del
lavoro- Forza Operaia) è nata nel 1947, da una scissione in chiave riformista rispetto alle posizioni
della CGT. Tutte e tre queste centrali sindacali sono organizzate attraverso una struttura
confederale strutturata sia a livello territoriale che a livello nazionale.
Tab.5 schema riassuntivo delle principali organizzazioni sindacali francesi
Sigla
Nome completo
CGT
CFDT
CGT-FO
CFTC
CFE–CGC
Derivazione ideologica
Confederazione generale del lavoro
Confederazione democratica francese del
lavoro
CGT - Potere operaio
Confederazione cristiana dei lavoratori
francesi
Origini comuniste
Origini cristiano –democratiche,
riformisti
Dissidenti riformisti della CGT
Dissidenti della CFDT quando
questa ha in parte abbandonato
le sua natura confessionale
Confederazione generale dei manager e dei Confederazione di mestiere
quadri
Data di
fondazione
1895
1919
1948
1964
1944
5.2 Associazioni datoriali
Contrariamente a quanto si è detto per il tasso di sindacalizzazione, in Francia il numero di imprese
iscritte ad una organizzazione di rappresentanza mostra livelli tra i più alti in Europa. Nonostante
manchino dati certi sul numero di imprese iscritte a queste associazioni datoriali, si può affermare
con certezza che MEDEF (Mouvement des Entreprises de France) sia, ad oggi, la più grande
centrale di rappresentanza datoriale. Questa confederazione, nata nel 1998 sulle ceneri della CNPF
(Conseil national du patronat français), attraverso una struttura organizzata territorialmente,
rappresenta tutte le imprese con più di 10 dipendenti senza distinzioni geografiche e settoriali.
Oltre alla MEDEF ci sono altre due grandi confederazioni datoriali: la CGPME (Confédération
Générale des Petites et Moyennes Entreprises) rappresenta gli interessi specifici delle imprese
medio-piccole, e l’UPA che rappresenta le imprese del settore artigianale.
In questi anni sono in corso tentativi di unificazione tra MEDEF e CGPME, al fine di accrescere il
potere di queste due organizzazioni, provando a rappresentare in maniera più unitaria il mondo
delle imprese.
5.3 Per saperne di più:
declino rappresentanza sindacale
http://travail-emploi.gouv.fr/IMG/pdf/2008.04-16.1-2.pdf
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attori delle relazioni industriali
http://www.cee-recherche.fr/fr/rapports/70-organisations-patronales-mutations-formesrepresentation-patronat.pdf
http://www.worker-participation.eu/National-IndustrialRelations/Countries/France/Trade-Unions
http://www.eurofound.europa.eu/eiro/country/france_3.htm
http://travail-emploi.gouv.fr/espaces,770/dialogue-social,2173/dossiers,2178/larepresentativite-des-syndicats,1310/actualite-presse,42/breves,2137/mesure-d-audiencede-la,16109.html
6) Sistema della rappresentanza e caratteristiche della contrattazione collettiva
6.1 Rappresentanza aziendale
La rappresentanza aziendale nelle imprese francesi è piuttosto articolata, in quanto convivono
all’interno della stessa impresa diverse figure che rappresentano i lavoratori a vario titolo e con
funzioni differenziate. La Francia, infatti, ha un modello di rappresentanza di tipo duale in cui
coesistono il canale di rappresentanza prettamente sindacale e quello espressione diretta dei
lavoratori. In realtà il canale di rappresentanza sindacale è prevalente, in quanto i rappresentanti
dei lavoratori sono spesso scelti a partire da liste sindacali e, inoltre, il potere negoziale rimane
esclusivamente in capo alle rappresentanza sindacali.
A partire dal 1968, lo stato francese ha riconosciuto alle confederazioni sindacali rappresentative a
livello nazionale, la possibilità di nominare dei delegati sindacali (délégués syndicaux), che
avessero il compito di monitorare le condizioni di lavoro e negoziare gli accordi collettivi a livello
aziendale. Fino all’entrata in vigore della riforma sulla rappresentanza del 2008, erano
rappresentativi 5 sindacati. Le altre sigle potevano comunque nominare propri rappresentanti, che
godevano degli stessi diritti delle altre confederazioni, pur senza avere titolarità negoziale. Ora,
invece, il quadro risulta più articolato e per essere considerate come rappresentative, le
organizzazioni sindacali devono dimostrare di possedere alcuni requisiti stabiliti dal legislatore (si
veda ultimo paragrafo). Nel 2006, il 62,9% delle imprese con più di 50 dipendenti aveva al suo
interno almeno un delegato sindacale. Un dato in aumento rispetto alle rilevazioni degli anni
precedenti, che si spiega considerando che nel tempo il ruolo della contrattazione collettiva a
livello aziendale è diventato preminente. Inoltre, le organizzazioni sindacali, hanno la facoltà di
costituire delle sezioni sindacali a livello aziendale. Queste godono di una serie di tutele normative
e alcune risorse specifiche, che consentono loro di riunire i propri iscritti e organizzare
efficacemente l’attività sindacale a livello di sito produttivo.
A fianco dei delegati e delle sezioni sindacali, ci sono altri due organismi di rappresentanza a livello
aziendale: I comitati d’impresa (comité d’entreprise) e i delegati del personale (Délégués du
personnel). Entrambi sono organismi di rappresentanza dell’intera forza lavoro ed hanno
prerogative e ambiti d’azione differenziati. È, tuttavia, possibile che questi incarichi siano ricoperti
dagli stessi individui, anche se di norma i due ruoli sono svolti da persone differenti. Inoltre, nelle
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imprese con più di 200 dipendenti è possibile, previo accordo, unificare queste due figure
all’interno di un organismo chiamato delegazione unica del personale (Délégation unique du
personnel).
Per quanto riguarda i comitati d’impresa, questi sono stati introdotti già a partire dal 1945. In base
ai dispositivi normativi, nelle imprese con più di 50 dipendenti vige, infatti, l’obbligo di instituire
questi comitati, che devono essere rappresentativi dei lavoratori, del management e delle
strutture sindacali. I comité d’entreprise sono responsabili dell’attuazione di misure di welfare
aziendale, delle programmazione delle attività culturali e formative, e possono essere consultati
rispetto ad iniziative di riorganizzazione aziendale, pur senza avere un reale potere negoziale.
Questi, inoltre, sono tenuti ad essere periodicamente informati sulla situazione economica
aziendale e sulle principali scelte gestionali.
I delegati del personale, invece, hanno la funzione di raccogliere tutti i reclami dei lavoratori
rispetto alla gestione d’impresa e di monitorare il rispetto delle normative e degli accordi collettivi
da parte dell’azienda. Questi delegati, sono eletti da tutta la forza lavoro nelle imprese con più di
10 dipendenti.
Infine, nelle imprese francesi sono presenti dei delegati dei lavoratori che si occupano di
monitorare le condizioni di lavoro rispetto al tema della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Per quanto riguarda le risorse a disposizione dei rappresentanti dei lavoratori, va segalato che
esistono diverse ore di permesso sindacale per ogni membro nei diversi organismi di
rappresentanza (eccetto per i membri delle sezioni sindacali, i quali hanno a disposizione delle ore
di permesso solo nelle fasi che precedono le negoziazioni con il management aziendale). Queste
ore di permesso sono cumulabili, fino ad un massimo di 55 ore annue, se il singolo rappresentante
ricopre diversi ruoli nei vari organismi. Inoltre, le sezioni sindacali hanno diritto, nelle imprese con
più di 200 dipendenti, a una stanza comune dove organizzare le riunioni, mentre, nelle imprese
con oltre 1000, hanno diritto ad una sala riunioni per ciascuna organizzazione sindacale.
Un'altra importante risorsa a disposizione delle rappresentanze aziendali è l’utilizzo di esperti,
pagati a spese dell’azienda, che possono coadiuvare l’attività sindacale.
Sono, infine, previste forme di tutela dei vari rappresentanti sindacali e dei lavoratori rispetto ai
licenziamenti individuali. Prima di procedere al licenziamento, infatti, l’azienda è tenuta a
consultare gli organismi di rappresentanza aziendali. Inoltre, affinché il licenziamento sia legittimo
deve esserci l’esplicito consenso dell’ispettorato locale del lavoro.
6.2 Contrattazione collettiva
In Francia sono legittimate a svolgere le trattative sindacali e a stipulare i contratti collettivi
esclusivamente le organizzazioni che siano in possesso del requisito della rappresentatività.
Fino al 2008 tale requisito era presunto in capo alle organizzazioni sindacali storiche indicate da un
decreto ministeriale del 1966, mentre gli altri sindacati erano tenuti a dimostrarne il possesso
tramite il ricorso a cinque diversi criteri.
Come vedremo meglio nell’ultimo paragrafo, questo meccanismo aveva creato alcune storture,
per cui nel 2008 si è reso necessario l’intervento del legislatore che ha introdotto nuovi criteri per
raggiungere lo status di organizzazione rappresentativa. Tale riforma, inoltre, ha determinato che
per validare un accordo collettivo sia necessaria la compresenza di due diversi fattori. Innanzitutto
è necessario che questo sia sottoscritto dalle organizzazioni sindacali che abbiano
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complessivamente ottenuto, nel livello in cui si sta contrattando, almeno il 30% dei consensi
elettorali. Inoltre, non deve essere formalmente osteggiato dai sindacati che nel loro complesso
abbiano ottenuto la maggioranza assoluta dei voti alle medesime elezioni.
Una volta stabilità la legittimità dell’accordo collettivo esso si estende a tutti i dipendenti delle
imprese iscritte all’organizzazione datoriale stipulante, a prescindere dall’appartenenza sindacale
del lavoratore. L’efficacia di tale contratto collettivo, inoltre, può essere estesa a tutti i lavoratori
del settore, attraverso l’intervento dell’attore pubblico, sulla base di una precisa procedura
prevista dalla legge. Tale pratica è una prassi molto diffusa in Francia, ed è proprio per questa
ragione che il tasso di copertura della contrattazione collettiva sia aggira intorno al 98%.
Per quanto riguarda la gerarchia tra i vari livelli negoziali, infine, la Francia è tradizionalmente un
paese dal chiaro ordinamento piramidale con un ruolo di primo piano dell’attore legislativo. Gli
altri livelli sono organizzati in base al principio dell’accordo più favorevole nei confronti del
lavoratore. In caso di conflitto tra i diversi livelli di contrattazione, infatti, vige la regola che si
applica l’accordo che garantisce le migliori condizioni lavorative. Tuttavia, negli ultimi anni si sta
assistendo a una progressiva decentralizzazione della contrattazione collettiva che sta portando
all’introduzione di clausole di flessibilizzazione degli accordi, che lasciano ampio spazio
discrezionale agli accordi aziendali. In quest’ottica negli ultimi anni ha assunto un ruolo di primo
piano la contrattazione aziendale. È, tuttavia, rimasta molto diffusa la contrattazione a livello
settoriale, mentre è meno sviluppata quella a livello interconfederale.
6.3 Diritto di sciopero
Il diritto di sciopero in Francia è costituzionalmente protetto. Tale diritto è esteso anche ai
lavoratori pubblici, anche se è soggetto ad una legislazione più stringente, in cui sono previste
delle modalità e delle tempistiche con cui dare preavviso. In tutti gli altri settori, invece, lo
sciopero non è soggetto ad alcun periodo di preavviso e gli scioperanti possono liberamente
sceglierne la durata.
Lo sciopero è un diritto che appartiene a ogni singolo individuo; però, è necessario che venga
esercitato collettivamente. Tuttavia, i sindacati non posseggono il monopolio sulle azioni di
sciopero, in quanto per proclamare uno sciopero è sufficiente che un piccolo gruppo di lavoratori
di un’impresa prenda l’iniziativa.
Per essere legittimo lo sciopero deve avere fini occupazionali o professionali. L’uso di tale
strumento per altri scopi, costituisce un abuso del diritto stesso. In pratica il problema dell’abuso
di tale diritto, si ha solo nel caso di sciopero politico e sciopero di solidarietà. Lo sciopero politico,
infatti, non ha come oggetto una problematica occupazionale o professionale, costituendo un
abuso in quanto diretto contro lo stato. Ciò non significa che tutti gli scioperi che abbiano come
obbiettivo quello di condizionare la politica governativa costituiscano un abuso. Gli scioperi nel
settore privato contro una politica sociale ed economica che influenzi direttamente i salari e le
condizioni di lavoro sono oggi giustificati, sebbene nel passato non lo fossero. Questo strumento è
molto utilizzato dalle organizzazioni sindacali francesi, che spesso indicono giornate di sciopero
per far pressione sul governo al fine di estendere erga omnes la contrattazione collettiva e per
ottenere condizioni di lavoro più favorevoli.
Infine, per quanto riguarda la serrata non esiste una legislazione specifica. Tuttavia la
giurisprudenza francese la ammette, purché sia basata su una valida ragione professionale, come
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ad esempio una risposta ad uno sciopero illegale, allo scopo di preservare la salute e la sicurezza di
altri lavoratori.
6.4 Relazioni tripartite
Il ruolo dirigista dello stato francese fa si che l’azione tripartita nelle relazioni industriali non sia
molto sviluppata. Pur esistendo diversi tavoli in cui le parti sociali puntano ad influenzare l’azione
governativa, in questi momenti di confronto il ruolo dello stato resta estremamente dominante.
Il principale tra questi luoghi di incontro, a livello nazionale, è rappresentato dal CESE (Conseil
économique, social et environmental). Questo organismo è composto dai rappresentanti dei datori
di lavoro, dei sindacati e delle principali associazioni portatrici di interessi, come l’associazione dei
consumatori, ecc.. Tuttavia, nonostante la frequenza degli incontri e il constante sforzo delle parti
per cercare di influenzare la politica governativa, questo organismo, il più delle volte, diventa un
luogo il cui il governo spiega alle parti sociali le ragioni del suo operato, più che un vero tavolo
negoziale.
6.5 Per saperne di più:
diritto di sciopero
https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&ved=0CDcQFjAB&url=http%
3A%2F%2Fwww.etui.org%2Fcontent%2Fdownload%2F2548%2F27833%2Ffile%2F&ei=COLqUZvYFo
_34QSEjYCwCw&usg=AFQjCNGXJ1xZRUrWBAVqnIeCFfrrj9PMjw&bvm=bv.49478099,d.bGE
rappresentanza aziendale
http://www.worker-participation.eu/National-Industrial-Relations/Countries/France/WorkplaceRepresentation
http://www.eurofound.europa.eu/eiro/country/france_4.htm
contrattazione collettiva
http://www.worker-participation.eu/National-Industrial-Relations/Countries/France/CollectiveBargaining
http://www.nelmerito.com/index.php?option=com_content&task=view&id=1306&Itemid=67
7) Tendenze recenti e problemi aperti: LE RIFORME SULLA RAPPRESENTATIVITA’
Il quadro normativo sulle relazioni industriali francese è in una fase di profonda trasformazione.
Da sempre l’apparato giuridico che ha retto l’articolato sistema di rapporti tra le parti sociali è
stato caratterizzato da un altissimo grado di definizione delle regole e delle procedure atte a
individuare i soggetti legittimati a sedersi al tavolo delle trattative, l’efficacia della contrattazione
collettiva, le modalità di rappresentanza aziendale, il rapporto tra i diversi livelli negoziali.
Testi a cura di Umberto Bettarini
Supervisione a cura di Fabio Ghelfi.
Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale
CGIL Lombardia [email protected]
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Questo sistema, se da un lato ha garantito l’estensione delle tutele contrattuali alla quasi totalità
della forza lavoro, dall’altro è oggi in piena crisi di rappresentatività a fronte del crollo delle
affiliazioni sindacali. Il complesso di norme, infatti, garantiva il requisito di rappresentatività a
tutte e cinque le principali organizzazioni sindacali, a prescindere dai loro livelli di affiliazione,
mentre le altre sigle, per ottenere tale riconoscimento, dovevano ricorrere alle vie giudiziarie
dimostrando il possesso di alcune prerogative. Questo meccanismo, perciò, provocava una rendita
di posizione da parte delle cinque sigle rappresentative, la quale ha fortemente disincentivato la
partecipazione sindacale. Inoltre, l’accreditamento per via giudiziaria da parte delle sigle minori
creava un aggravio dei costi procedurali e una crescita delle conseguenti controversie. Per queste
ragioni nel 2008 il legislatore è intervenuto riformulando la legge sulla rappresentatività al fine di
introdurre meccanismi finalizzati ad incentivare la partecipazione dei lavoratori all’attività
sindacale e a conferire una maggiore legittimazione alle organizzazioni sindacali.
Queste considerazioni hanno portato alla promulgazione della legge 2008 – 789, avente per
oggetto la democrazia sociale e la riforma dell’orario di lavoro, la quale ha in parte recepito un
precedente accordo interconfederale, siglato alcuni mesi prima. In primo luogo questa legge
elimina la presunzione di rappresentatività che precedentemente era attribuita d’ufficio alle 5
organizzazioni principali. Ora ogni sigla sindacale che vuole ottenere lo status di organizzazione
rappresentativa è costretta a dimostrare di possedere alcuni requisiti: rispetto dei valori
repubblicani, indipendenza, una gestione finanziaria trasparente, un adeguato numero di iscritti,
un adeguato numero di voti ottenuti alle elezioni degli organi di rappresentanza dei lavoratori,
un’adeguata influenza sui lavoratori iscritti. Inoltre, come abbiamo visto in precedenza (par 6.2), la
legge è intervenuta per modificare le regole sulla validità del contratto collettivo, legandole al
valore elettorale delle sigle stipulanti.
Infine, il legislatore ha introdotto una modifica dei rapporti tra i diversi livelli negoziali, attribuendo
alla contrattazione decentrata la possibilità di derogare in peggio alcune delle clausole contenute
nel contratto nazionale. La legge, inoltre, ha riservato ai contratti aziendali la possibilità di regolare
in via esclusiva alcune materie specifiche, sulle quali il contratto nazionale può intervenire solo in
via suppletiva.
In pratica questa riforma ha riformulato i criteri per la rappresentatività e per la validità dei
contratti collettivi, intervenendo al fine di ridurre le controversie e di fornire un quadro che stimoli
i sindacati a cercare di allargare il proprio numero di iscritti. Parallelamente, la legge è intervenuta
per decentrare il sistema contrattuale, incrementando le prerogative del contratto aziendale, il
quale ora ha la possibilità di derogare in peggio alcune materie contenute nel contratto collettivo
nazionale.
Oltre a questa riforma, in questi mesi il governo sta vagliando l’ipotesi di intervenire nuovamente
sul mercato del lavoro e sulle relazioni industriali, attraverso l’emanazione di una legge che ricalchi
le orme di un recente accordo interconfederale siglato l’11 gennaio 2013 senza la firma della CGT
e di Force Ouvrière. L’accordo, denominato “Per un nuovo modello economico al servizio della
competitività, per una stabilizzazione dell’impiego e dei percorsi professionali”, ha creato una
forte spaccatura nel mondo sindacale francese. Questo prevede regole più facili per il
licenziamento collettivo e introduce delle misure di mobilità interna ed esterna con le quali è
possibile impiegare temporaneamente il lavoratore in un altro stabilimento dell’azienda. A fronte
di questo aumento della flessibilità, l’accordo introduce alcuni elementi di welfare aziendale nelle
imprese con più di 50 dipendenti, la limitazione dell’utilizzo del part-time, l’implementazione delle
misure formative per i lavoratori che perdono il lavoro.
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In un clima di forte contrapposizione con la CFDT, il principale sindacato francese, la CGT, ha
giudicato le misure contenute nell’accordo come inique. Inoltre, la CGT ha dichiarato che le
contropartite date in cambio di una maggiore flessibilità non sono sufficienti, e che questo accordo
contribuisce complessivamente a peggiorare le condizioni di lavoro in Francia.
In generale, queste riforme mostrano come le relazioni industriali francesi si stiano evolvendo
verso un modello meno dirigista e centralizzato. È, infatti, evidente come lentamente, la forte
regolazione centralistica stia lasciando il posto ad un sistema via via più decentrato con un
evidente aumento della flessibilità. Questi cambiamenti, tuttavia, non sono indolore e vedono la
ferma opposizione di alcune componenti sindacali, oltre che di una buona parte dei lavoratori.
Resta evidente, quindi, come dall’esito di questa contrapposizione si struttureranno i futuri scenari
delle relazioni industriali in Francia e si determinerà la portata reale di tale processo di
cambiamento.
8) Link utili:
Report sulla Francia
http://www.eurofound.europa.eu/eiro/country/france.htm
http://www.worker-participation.eu/National-Industrial-Relations/Countries/France
profilo economico della Francia
http://www.indexmundi.com/france/economy_profile.html
posizione CGT sull’accordo interconfederale
http://www.cgt.fr/Des-avancees.html
legge 2008 - 789
http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000019347122
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