La poesia di Pascoli fra determinato e indeterminato, fra

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La poesia di Pascoli fra determinato e indeterminato, fra
La poesia di Pascoli fra determinato e indeterminato, fra oggettivismo e
soggettivismo.
Pascoli , che pur amò moltissimo leopardi, critica Leopardi per il verso il “mazzolino di rose e di viole”
della donzelletta del ‘Sabato del villaggio’. Lo critica perché Leopardi indicava fiori che non poteva
vedere realmente contemporaneamente, perché fioriscono in tempi diversi. Così Leopardi, per Pascoli,
cadeva nell’errore di tutti i poeti, l’indeterminatezza, mentre Pascoli vuole il ‘determinato’ in poesia.
Ma il critico Contini mostra che, malgrado Pascoli voglia il determinato, poi, nella sua poesia il
determinato sfuma nell’indeterminato : le piccole cose della campagna, determinate, sono poste su uno
sfondo indeterminato.
D’altra parte l’oggettivismo della natura in Pascoli sfocia nel simbolismo . In Novembre il paesaggio è
simbolo della vanità delle cose, L’assiuolo, invece, rappresenta la morte, la Digitale purpurea
simboleggia il peccato.
Nell’Assiuolo Pascoli rompe la barriera fra determinato e indeterminato. Molte parole non vengono
scelte per la loro funzione e per il loro significato, ma per il loro suono o per le immagini che
evocano.
Il gelsomino notturno, splendido fiore che schiude i suoi petali solo di notte, spande il suo profumo in
tutto l’ambiente circostante, mentre le farfalle notturne volano, gli uccelli dormono sereni nei loro nidi,
l’erba nasce. Tutto tace e tutto riposa. All’alba i petali del gelsomino si schiudono; al suo interno,
nascosta e protetta, si cova una “felicità nuova”, che si oppone alle immagini o alle parole che evocano
la morte. (penso ai miei cari, erba sulle fosse)
La prima immagine che compare nella lirica è quella del gelsomino notturno, in un’atmosfera
crepuscolare (quindi indeterminata) ove si stagliano i viburni e le farfalle (determinate)
Il gelsomino non viene mai nominato all’interno del componimento se non nel titolo. Il gelsomino è,
infatti, simbolo del concepimento: nella sua “urna molle e segreta” è racchiusa una “felicità nuova”,
come nel ventre materno è protetta e nutrita una nuova vita. L’ape rappresenta forse il poeta, che si
sente escluso dal rito di fecondazione e dall’amore e preferisce osservare piuttosto che agire, pensare ai
suoi cari, all’infanzia, al nido, dove ci si sente sicuri e difesi come gli occhi sono protetti dalle ciglia.
Secondo alcuni critici, il legame con la famiglia d’origine non permette all’io lirico di crescere e di
maturare, non gli consente di vivere la sessualità in modo maturo, lo porta a considerare l’atto d’amore
come una causa della rovina di una bellezza che prima era pura e incontaminata. Come conferma di
questa tesi i critici si soffermano sui petali del gelsomino “un poco gualciti” e rovinati; sul termine “si
cova” (v. 22), più animalesco che umano. Però questi stessi termini possono essere interpretati
diversamente. Gualciti come i cuscini, si cova per il parallelismo fra vita animale e vita umana. La stessa
ape fa pensare al modo in cui si spiega la procreazione ai bambini. Quindi tutto va letto alla luce della
poetica del fanciullino, anche la stessa paratassi e la lingua.
La lingua di Pascoli è definita dal critico Contini , pregrammaticale oltre che collegabile al
fonosimbolismo : molte parole vengono, infatti, scelte più per il loro suono che per il loro significato.
(chiù, viburni : il suono cupo della u) A livello lessicale si nota quanto l’autore voglia ricercare e usare
‘ la’ parola nuova, una parola semplice ma significativa che possa riprodurre la visione del mondo tipica
del fanciullino. Il registro utilizzato è, infatti, semplice e quotidiano; molti termini appartengono al
campo semantico della natura, in particolare all’ambito botanico e floreale.