Notiziario 1 - SOCIETA` ITALIANA DI PATOLOGIA

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Notiziario 1 - SOCIETA` ITALIANA DI PATOLOGIA
il Notiziario
della SOCIETÀ ITALIANA DI PATOLOGIA
Numero 1 (Nuova Serie)
Ottobre 2001
1901 – 2001
Il Centenario della fondazione della
Società
NOTIZIARIO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PATOLOGIA
NUMERO 1 (NUOVA SERIE) – OTTOBRE 2001
EDITORIALE
Lettera ai Soci
di Mario Comporti
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PAGINA SCIENTIFICA
Nascita e rinascita della Società Italiana di Patologia – una epigrafe commemorativa
di Mario U. Dianzani
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I primi anni della Società Italiana di Patologia
di Mario Alberto Dina
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Pietro Rondoni: un pioniere dello studio dell’ angiogenesi tumorale
di Marco Presta
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CONGRESSI E NOTIZIE
Il XXVI Congresso Nazionale della Società
di Angelo Messina
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Cari Soci,
come vi esplicitai all’inizio del mio mandato di Presidenza, due mi sembrano
essere le più urgenti necessità da soddisfare per la vita della nostra Società. La prima era
quella di offrire a tutti, complementando il sito Internet realizzato dai Dr. Schiavone e
Quattrone con altri Colleghi fiorentini, una panoramica completa di tutte le strutture
(Dipartimenti, Sezioni di Dipartimenti, Istituti, altri Enti) in cui si trovano i Patologi
Generali ed altri Patologi, con un aggiornato indirizzario a cui poter fare riferimento in
ogni occasione. L’altra era quella di riattivare il “Notiziario della Società Italiana di
Patologia”, istituito nel 1978 dal Prof. Bresciani e che andava a sostituire il precedente
Bollettino della stessa Società. Mi sembrava infatti indispensabile che vi fosse un
organo ufficiale di collegamento e di raccordo in una Società che non volesse limitarsi
alle sole organizzazioni dei Congressi Biannuali.
Le motivazioni di fondo di questo Notiziario consistono in primo luogo nella
necessità di fornire a tutti uno strumento ufficiale dove poter dibattere i nostri problemi
scientifici, didattici e, dove esistono, assistenziali. Tale Notiziario dovrà ovviamente
vivere attraverso il contributo di proposte, suggerimenti, informazioni da parte di tutti i
Soci.
Ma oltre a ciò, una delle iniziative che a me sembrerebbe assai opportuno portare
avanti nel Notiziario sarebbe quella di dare ampia visibilità dei vari gruppi di ricerca
che operano nelle diverse strutture afferenti alla Patologia Generale e discipline
analoghe. In altre parole ogni Notiziario dovrebbe contenere una pagina scientifica dove
inserire, di volta in volta, alcuni gruppi di ricerca, ciascun gruppo illustrando, in
maniera sintetica ma comprensiva e consequenziale, le indagini che sta compiendo, gli
obiettivi perseguiti, i risultati più importanti presentati nelle pubblicazioni fondamentali
ed anche, in particolare, le metodologie in atto. Quest’ultima informazione,
accompagnata da un cenno di disponibilità, permetterebbe scambi molto rapidi di
giovani da un laboratorio all’altro per l’acquisizione di tecniche avanzate, interazioni e
collaborazioni. Ciò permetterebbe, quindi, di utilizzare, per questi fini di ricerca,
laboratori italiani che in molti casi sono di un livello scientifico certamente
paragonabile a quello di laboratori esteri, consentendo così una maggiore agilità, minori
spese e, non ultimo, l’instaurarsi di più stretti rapporti tra i giovani membri della
Società.
Per quanto riguarda gli aspetti didattici, il Notiziario potrebbe fornire un organo
dove dibattere i problemi inerenti l’insegnamento ed il ruolo della Patologia Generale
nel nuovo ordinamento degli Studi Medici (che viene, come sapete, dopo la Tabella 18
e la Tabella 18 bis), nei Corsi di Laurea di Scienze Biologiche, di Farmacia e CTF, nei
Corsi di Diploma, Lauree Triennali e Scuole di Specializzazione.
Esiste inoltre una motivazione più immediata per far circolare rapidamente il
primo numero di questo nuovo Notiziario: quest’anno cade il centenario della
fondazione della Società Italiana di Patologia, come ricorda una lapide posta nella
vecchia Aula Magna dell’Anatomia Patologica, poi passata alla Facoltà di Agraria e
recentemente restituita alla Facoltà di Medicina dell’Università di Torino, lapide che qui
riportiamo in bella evidenza. Sarebbe stato imperdonabile far passare sotto silenzio
questo avvenimento così storico quanto significativo per il nostro sodalizio scientifico.
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Abbiamo tentato accanitamente, in questi mesi passati, di ritrovare materiali
documentari che potessero farci ripercorrere almeno parte della storia della nostra
Società. Purtroppo tutte le ricerche sono state vane, probabilmente perché il materiale,
che era conservato almeno in parte presso l’Istituto di Anatomia Patologica di Milano (a
quanto mi è stato riferito), è stato perso durante i trasferimenti. Ho pregato pertanto
autorevoli Soci più anziani di cercare di rintracciare a memoria alcuni percorsi della
Società. Ho avuto due contributi dai Prof. Dianzani e Dina che ringrazio vivamente per
questo loro sforzo; sono stato però pregato dagli Autori stessi di avvertire che nei loro
scritti, fatti così a memoria, potrebbero essere presenti lacune e imprecisioni.
Infine voglio aggiungere che è sembrato opportuno inviare a tutti quanti questo
primo numero del Notiziario in copia cartacea anziché per Internet nel sito web della
Società; cosa che invece potrebbe essere fatta in futuro se questa sembrerà la via da
preferire.
Il Presidente
Mario Comporti
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Nascita e rinascita della Società Italiana di Patologia –
una epigrafe commemorativa
Mario U. Dianzani
M
i sono iscritto alla Società Italiana di Patologia nel 1949, su invito del
mio Maestro, Luigi Michelazzi. Da lui avevo saputo che la Società
era stata fondata da Pietro Redaelli, Anatomo-patologo di Milano nel
1947. Primo Presidente, al momento della stipula dell’atto notarile, fu Sotti, Anatomopatologo di Roma. Primo Presidente eletto fu appunto Guido Sotti (1948-1949).
Il criterio principale di Redaelli fu quello dell’unità della Patologia, al di là delle
discipline e delle Facoltà. La Società, quindi, si articolava su quattro sezioni, Anatomia
Patologica, Patologia Generale, Patologia Veterinaria e Patologia Vegetale. Il
Presidente veniva eletto ogni due anni, all’atto dei Congressi, a rotazione tra le varie
sezioni.
Quando mi iscrissi, credevo che quella fosse l’unica e sola Società Italiana di
Patologia mai esistita. In realtà, quella proposta dal Redaelli non era stata una
fondazione, ma una rifondazione, sia pure con criteri nuovi. L’idea era che la Patologia
fosse un tutto unico, ma neanche questa idea era nuova del tutto. Infatti, prima della
Società di Redaelli ne era esistita un’altra, denominata anch’essa Società Italiana di
Patologia, ed era stata fondata a Torino da un altro Anatomo-Patologo, Pio Foà. La data
di nascita fu il giorno 2 Ottobre 1901, e cioè sei mesi esatti dopo la morte del grande
Patologo Generale di Torino Giulio Bizzozero, che fu Maestro anche di Pio Foà.
Quest’ultimo, infatti, si era formato nel Laboratorio di Patologia Sperimentale di
Pavia, diretto dal giovane Bizzozero; se ne era formalmente staccato quando, certo con
l’appoggio del Maestro, vinse una cattedra di Anatomia Patologica a Modena. Era però
sempre rimasto in contatto col Maestro, il quale ne aveva patrocinato la chiamata a
Torino, quando la cattedra torinese rimase vacante per la morte prematura di Vittorio
Colomiatti.
La data della fondazione della Società risulta chiaramente da una lapide affissa
presso l’Aula Magna dell’allora Istituto di Anatomia Patologica, in via Pietro Giuria 15
a Torino. L’Anatomia Patologica era stata ospitata, fino alla fine del secolo XIX, presso
l’Ospedale di S. Giovanni Vecchio, ed aveva sede e strutture comuni all’Anatomia
Umana Normale. L’Anatomico Normale, anzi, era il Direttore di quello che allora si
chiamava Gabinetto di Anatomia, e l’Anatomia Patologica ne costitutiva soltanto un
Settorato. Con la costruzione dei nuovi Istituti Biologici lungo l’asse del Corso
Massimo D’Azeglio, l’Anatomia Patologica ebbe un proprio Istituto, vicino ma
indipendente da quello di Anatomia Umana Normale, con accesso da Corso
Michelangelo. Nel blocco adiacente si erano già trasferite, ufficialmente alla fine del
1893, ma in pratica nel 1894, la Fisiologia, la Farmacologia e la Patologia Generale.
Pio Foà era allora distante da Bizzozero pochi metri, aveva solo da attraversare
la via Michelangelo per vederlo. L’Anatomia Patologica rimase in quella sede, con la
Medicina Legale che aveva ricevuto anch’essa strutture proprie, fino al 1935, quando si
trasferì in un nuovo padiglione dell’Ospedale delle Molinette, inaugurato appunto nel
1934. La Medicina Legale trovò sede in una nuova struttura in Corso Galilei. La sede di
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via Michelangelo dell’Anatomia Patologica venne allora consegnata alla nuova Facoltà
di Agraria, appena costituita.
La sede, in locali, fino allora appartenuti alla Facoltà di Medicina, doveva essere
provvisoria. La provvisorietà, però, è finita solo nel 1996, quando la Facoltà di Agraria
potè finalmente avere una nuova e prestigiosa sede in Grugliasco, insieme a quella di
Veterinaria. Tra il 1935 e il 1996, quindi, l’Aula Magna di Anatomia Patologica
divenne l’Aula Magna della Facoltà di Agraria, e la lapide, fortunatamente non rimossa,
divenne ignota ai più, e soprattutto ai diretti interessati. Col trasferimento di Agraria, i
locali che questa aveva occupato poterono tornare, in gran parte, alla Facoltà di
Medicina. Fu nel visitare, come Rettore, questi locali che, prima avvertito dall’allievo
Francesco Baccino, che li aveva visti prima di me, potei osservare personalmente la
lapide (Figura). Dal testo risulta che essa fu posta nel decennale della fondazione della
Società Italiana di Patologia, con la data del 2 Novembre 1911, in occasione di un
Congresso celebrato per solennizzare questa occasione. Le firme sono quelle di Pio Foà
e di Benedetto Morpurgo, che era succeduto a Bizzozero nel 1902.
Era stato Giulio Bizzozero al corrente dell’iniziativa? Vi aveva partecipato?
Penso di sì, e che solo la morte prematura gli abbia impedito di vedere la nascita della
Società. D’altra parte, la fondazione a sei mesi esatti dalla morte di Bizzozero lascia
pensare che l’allievo Pio Foà abbia voluto, in questo modo, onorare il Maestro. Ho
avuto il piacere di conoscere le due anziane discendenti di Bizzozero, che vivono ancora
a Torino. Sono figlie del dermatologo Enzo, a sua volta figlio di Giulio. Secondo il loro
racconto, la famiglia temeva la personalità di Foà, e pensava che questi avrebbe voluto
essere il successore del Maestro, passando in Patologia Generale. A quel tempo, la cosa
era facile e lo stesso Bizzozero l’aveva talvolta applicata agli allievi. Per esempio,
quando il Griffini, dal Maestro piazzato sulla cattedra di Anatomia Patologica di
Modena, venne trasferito a Genova in Patologia Generale, dopo la morte, per infezione
cadaverica, di Gaetano Salvioli, altro allievo di Bizzozero, titolare a Genova della
Patologia Generale, ma incaricato anche di Anatomia Patologica. Foà, però, restò in
Anatomia Patologica, e la Facoltà, che si era dapprima orientata per la successione del
Maestro su Giorgio Vassale, altro allievo allora in Patologia Generale a Modena, si
decise alla fine per il trasferimento a Torino da Siena di Benedetto Morpurgo, altro
allievo illustre. Nel frattempo, l’incarico per la didattica e la direzione dell’Istituto era
stato dato a Cesare Sacerdoti (il Maestro del mio Maestro), che era stato l’ultimo degli
aiuti. Con la venuta di Morpurgo, Sacerdotti passò a Ferrara, vincitore di concorso, e di
qui a Cagliari.
La Società, quindi, ebbe certamente come promotore Foà, in assenza del
Patologo Generale di ruolo, ma ebbe in seguito in Benedetto Morpurgo un valido
sostegno. In quei tempi, sotto la spinta determinante di Bizzozero e quella, non meno
importante di Foà, la Patologia Italiana muoveva da Torino. La maggior parte delle
cattedre di Patologia Generale del Nord e del Centro, nonché quelle della Sardegna,
erano infatti occupate da allievi diretti del Maestro. Dal canto suo, Foà aveva occupato
anch’egli con allievi un numero non indifferente di cattedre di Anatomia Patologica.
Grazie a Bizzozero e a Foà, Torino era divenuta quindi il punto di riferimento, il “faro”
nazionale per la Patologia. Si aggiunga che Bizzozero aveva aiutato a vincere il
concorso anche ad un gran numero di clinici, come Camillo Bozzolo a Torino e Ignazio
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Fenoglio a Cagliari in Clinica Medica, De Paoli, Pajardi e Moscatello in Chirurgia (il
primo a Perugia e poi a Genova, il secondo a Torino, il terzo a Catania). Tra i suoi
allievi furono inoltre molti oculisti, dermatologi e igienisti (basti pensare al Canalisi ed
a Donato Ottolenghi, ambedue già assistenti del Maestro), nonché vari medici legali, tra
i quali Salvatore Ottolenghi (a Siena).
Che cosa era successo della Società Italiana di Patologia fra il 1901 e il 1911? E
che cosa è successo dopo? Mancano documenti, o almeno non sono riuscito a trovarne,
né a Torino, né altrove. Speravo che Alfonso Giordano, per molti anni Segretario
Generale della nuova Società, avrebbe potuto averne. Dopo la fine del suo mandato,
Giordano avrebbe dovuto consegnare tutte le carte in suo possesso al successore.
Disgraziatamente, però, non esiste nessuna traccia della prima Società fra i documenti
in possesso degli attuali amministratori. Nella supposizione che Giordano avesse
trasferito solo le carte della nuova Società, ho cercato di svolgere indagini presso i
successori a Milano, ma senza risultato. O Giordano non aveva nulla riguardo quel
periodo, oppure i documenti sono andati dispersi, come è avvenuto, mi è stato detto, di
molti documenti privati di Giordano.
E’ quindi al momento impossibile dire se la Società di Foà fu attiva, e quanto, e fino a
quando. Probabilmente, Foà deve averla mantenuta in vita fino alla sua morte, avvenuta
nel 1923. Bisogna però considerare che nel frattempo c’erano state due guerre, quella di
Libia e la prima Mondiale, alle quali seguirono disordini civili e l’avvento del
Fascismo; questi eventi possono avere ridotto l’attenzione dei Patologi sulla loro
Società. Negli anni Trenta, poi, le leggi razziali provocarono l’allontanamento dei
professori ebrei dalle loro cattedre: ce n’erano molti sia in Patologia Generale che in
Anatomia Patologica. Tra i Patologi, non posso non ricordare Cesare Sacerdotti,
Maestro del mio Maestro. Benedetto Morpurgo, prevenendo i tempi, aveva lasciato
l’Italia nel 1934, passando in Brasile con un vistoso contratto. Sia la morte di Foà che il
trasferimento all’estero di Morpurgo possono aver avuto parte rilevante
nell’affievolimento di interesse per la Società. Il mio Maestro, Luigi Michelazzi, nato
nel 1903 e vincitore di concorso nel 1939, dopo l’allontanamento del suo maestro
Sacerdotti, non mi ha mai parlato dell’esistenza di una Società di Patologia di vecchia
data, e mi presentò, come brillante e utile iniziativa del Redaelli la Fondazione della
Società. Questa si basava sugli stessi principi cui sembrano essersi attenuti Foà e
Morpurgo (l’unità della Patologia, che risulta dalle firme di Foà e Morpurgo sulla
lapide), ma Redaelli volle estesa la Società anche ai Patologi Veterinari e a quelli
Vegetali, che peraltro parlavano e parlano una lingua abbastanza diversa dagli altri.
Io entrai in Patologia Generale subito dopo la laurea. Ho frequentato più o meno
tutti i Congressi della Società. Ho assistito così ai suoi momenti migliori, ad anche a
quelli in declino. La Patologia era e resta una, ma le metodologie nuove, sempre più
avanzate e talvolta rivoluzionarie, hanno scavato, nel tempo, solchi sempre più profondi
fra le varie discipline, e non solo fra il blocco delle Patologie animali e quella vegetale,
ma all’interno del blocco animale stesso, e talvolta anche nell’ambito della stessa
disciplina. Gli Anatomo-Patologi, che fra gli iscritti costituivano il gruppo più
numeroso, si assoggettavano malvolentieri alla regola della rotazione della Presidenza,
che li vedeva alla guida della Società solo ogni 8 anni. Fra loro, inoltre, esisteva una
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forte componente ospedaliera, spesso più interessata alla pratica professionale
quotidiana che alla ricerca. Gli Anatomo-Patologi sentirono allora il bisogno di
affiancare alla Società di Patologia una loro Società Italiana di Anatomia Patologica.
Ben presto, per molti di loro la prima divenne un inutile doppione della seconda, e le
frequenze ai Congressi si diradarono.
La “rivoluzione” iniziata nel 1968 fece il resto. I Congressi vennero frequentati
sempre di meno, specialmente dai giovani, spesso proiettati più verso la frequenza nei
laboratori stranieri che verso le cose di casa. Ricordo un Congresso della Società
tenutosi a Cagliari in quegli anni, quando Luigi Califano venne eletto Presidente con tre
voti su quattro votanti (tutti i voti espressi, tranne il suo). Egli ritenne allora di chiedere
conferma per iscritto a ciascuno dei membri della Società, e solo allora accettò.
L’evento della scissione della Società era nell’aria da tempo, ma divenne
operante sotto al Presidenza di Franco Bresciani, il quale creò il nuovo Statuto di una
Società Italiana di Patologia fatta soltanto da Patologi Generali. Io, che gli succedetti
nella Presidenza, feci il possibile perché alla Società aderisse anche qualche AnatomoPatologo, giacché ho sempre ritenuto utile affrontare i problemi dal maggior numero di
punta di vista possibile. Qualche Anatomo-Patologo si iscrisse, ma il loro numero andò
progressivamente scemando. Del resto, i contatti fra le varie discipline veramente
importanti sono quelli a livello della partecipazione a progetti di ricerca comuni, ed è
qui che meglio si rivela la complementarità delle diverse discipline e delle diverse
metodologie. Credo che la scelta di Bresciani sia stata giusta. Non si possono infatti far
convivere in una stessa Società anime assolutamente diverse, se si ha a cuore
l’efficienza della Società. Ritengo che la convivenza fra simili sia una cosa molto
importante, e non soltanto nell’ambito della politica universitaria. Incontrarsi vuol dire
conoscersi e collaborare. E oggi non c’è progresso senza collaborazione fra chi possiede
esperienze e metodologie diverse.
Sono ormai vecchio, e posso guardare le cose dall’alto della mia esperienza di
più di 50 anni. Non posso quindi non riconoscere alla Società i grandi meriti che essa ha
avuto nel passato e continua ad avere oggi. Come 50 anni fa, sono convinto della
necessità della sua esistenza come strumento di unione e di giudizio, anche per evitare
che l’approfondimento tecnologico diventi mezzo di divisione.
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I primi anni della Società Italiana di Patologia
Mario Alberto Dina
Emerito di Anatomia ed Istologia Patologica, Università di Roma La Sapienza
N
on sono stato in grado di sottrarmi agli insistenti inviti del Prof. Comporti al
fine di “ricordare” i passi iniziali della Società Italiana di Patologia, dopo
che tanto efficacemente il Prof. M.U. Dianzani ne avevano illustrato gli
ultimi cinquanta anni. Il privilegio di avere vissuto fino al 1940 in istituti universitari e
di averne percorso i “corridoi” in varie sedi e in varie posizioni accademiche, mi danno
la possibilità di retrodatare di dieci anni la cronaca chiedendo venia per
l’approssimazione e l’unilateralità che gli scherzi della senilità fanno ad una corretta
memoria.
Per una ricostruzione degli eventi “umani” che precedettero la fondazione o
rifondazione della Società occorre partire dalla costituzione con Regio decreto del
Settembre 1940 della Società Italiana di Anatomia Patologica ad opera di alcuni
professori della materia capeggiati dall’Anatomopatologo Prof. Alberto Pepere, allora
Rettore della Regia Università di Milano.
Di origine napoletana, formatasi alla Scuola pisana del Maffucci e dirigendo
successivamente gli Istituti di Cagliari, Messina e Catania, Egli ebbe grande seguito di
allievi. La tragica fine di Pepere e gli eventi bellici misero in sonno la Società che si
risvegliò solo nel dopo-guerra. Ma nel frattempo il minuscolo mondo accademico
anatomo-patologico (poco più di una decina di cattedre di ruolo, ma allora anche la
Patologia Generale non ne aveva più di tante!) si era ancor più diviso in seguito a
contrastati concorsi a cattedra.
Né i contrasti tra le Scuole (in realtà tra i Personaggi) si placarono quando fu
attribuito al Prof. Armando Businco l’onore e l’onere di organizzare il I Congresso
all’Archiginnasio di Bologna tenutosi nel 1948 sul tema a lungo ponderato (già nel 1943
ne ebbi l’incarico della raccolta bibliografica) dei “tumori del sistema reticoloendoteliale”. Businco era il più anziano allievo di Pepere cui era succeduto alla cattedra
di Milano il più giovane e brillante Chiovenda. Il suicidio di Chiovenda portò alla
chiamata in cattedra del Prof. Piero Redaelli da Pavia, allievo di Monti e “per li rami”
della Scuola del Golgi.
La formazione culturale e gli interessi scientifici di Redaelli, la sua stessa
posizione in quel momento antitetica al gruppo di anatomo-patologi della Scuola
“peperiana”, che occupavano i ruoli della Sicilia, Emilia Romagna e Sardegna, lo
portarono a superare i limiti morfologici dell’anatomia patologica dell’epoca a
concepire il ruolo della Patologia come un complesso unitario delle deviazioni
biologiche di tutti i fenomeni vitali. La Società Italiana di Patologia che egli contribuì
come catalizzatore a riattivare comprese, nel suo nuovo Statuto, tre Sezioni: quella di
Patologia Generale, quella di Anatomia Patologica Umana e quella di Patologia
Comparata a sua volta formata da Patologi Veterinari e da Patologi Vegetali. Una chiara
indicazione deriva dalla costituzione del I Consiglio direttivo:
•
Presidente: Guido Sotti (Professore di Anatomia Patologica a Roma)
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•
•
•
a)
b)
c)
d)
-
Vice-Presidente: Pietro Rondoni (Patologia Generale di Milano) Beniamino
Peyronel (Botanico)
Consiglieri: Guido Vernoni (Patologia Generale di Roma), Antonio Costa
(Anatomia Patologica di Firenze) e Luigi Leinati (Anatomia Patologica e
Patologia Generale Veterinaria di Milano)
Segretario: Piero Redaelli (Anatomia Patologica di Milano con sede della
Segreteria nell’Istituto di Milano).
Il concetto fu ribadito nei temi delle “Relazioni del I Congresso di Roma”:
G. Favilli: Istofisiopatologia dei mucopolisaccaridi dei tessuti mesenchimali
(titolo sintetizzato dal Relatore)
E. Baldacci – R. Ciferri: Proposta di una classificazione delle malattie delle
piante su basi fisio- e morfo-patologiche
P. Redaelli – C. Cavallero – S. Garberini: Gli ipercorticalismi della menopausa
E. Barboni: Le miocarditi degli animali domestici.
Al II Congresso (Torino, 1951) i temi delle relazioni furono:
O. Verona: Aspetti patogenetici del fattore nutrizionale nei vegetali
A. Giampalmo: Le tesaurosi lipidiche
A. Giordano: Le miopatie ereditarie dell’uomo
M. Aloisi: La patologia generale della fibra muscolare scheletrica
C. Ciaccio: Le statosi
G. Bisbocci: Le encefaliti degli animali.
Negli anni seguenti, per tenersi sempre “sulle generali” e soddisfare le esigenze
dei diversi Patologi, furono trattati temi come patologia da virus, patologia dei fenomeni
proliferativi e altri sino a raggiungere limiti estremi (a me toccò la relazione su “lesioni
cutanee da causa fotodinamica” (V Congresso di Como-Milano, 1957) e ad altri … gli
effetti perversi della luce!).
Fu fatale che progressivamente negli anni si staccassero dalla Società di
Patologia per seguire altri percorsi scientifici ed accademici dapprima i Patologi
Vegetali, poi quelli Veterinari e, infine, essendo la Segreteria a Milano nelle mani del
Prof. Alfonso Giordano, succeduto al Redaelli, anche gli Anatomopatologi. Ciò
avvenne soprattutto dopo il Congresso di Catania (1978). Il distacco fu sollecitato
soprattutto dagli Anatomopatologi ospedalieri i quali avevano notevolmente contribuito
nelle sedi periferiche regionali a rivitalizzare Sezioni quali la ligure-lombardapiemontese, quella attivissima triveneta e quella meridionale. Con il compianto Prof.
Tullio Terranova, io stesso contribuii alla costituzione di una Sezione Abruzzo-LazioSardegna, che organizzò diverse e proficue riunioni.
Inoltre lo stesso Prof. Giordano fu tra i fondatori della Società Europea di
Patologia e costituì la Divisione Italiana della International Academy of Pathology
(IAP); Società che coordinano la propria attività stabilendo di tenere le loro riunioni
congressuali in anni alterni. Il primo Congresso della Società Europea di Patologia si
svolse a Varsavia (1° Giugno 1966) in occasione del Millennio di costituzione cristiana
della Polonia. Avendo frequentato personalmente o mediante collaboratori o allievi tutti
i Congressi della European Society of Pathology sino a quello di Barcellona (1999),
spiace constatare che rarissimi siano i Patologi Generali italiani iscritti a queste
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dinamiche e vivaci istituzioni internazionali che riuniscono migliaia di scienziati tra cui
decine di italiani.
Per quanto riguarda l’Italia, gli Anatomopatologi, dopo un esperimento
federativo, alla fine si sono riuniti tutti in una Società Italiana di Anatomia Patologica e
Citologia (SIAPEC) affidando i compiti di Segreteria, Archivio, Amministrazione ad
una Agenzia, il che consente ai Soci di concentrare i propri sforzi sul programma
scientifico più che su quello organizzativo. La rivista ufficiale della SIAPEC è la quasi
centenaria “Pathologica”, ora edita da Springer. E’ utile ricordare che in passato (19251938) ne fu Direttore il Patologo A. Cesaris Demel.
Con rammarico mi accorgo di essermi introdotto abusivamente nei “corridoi” del
presente. Gli interessi scientifici si sono talmente dilatati e differenziati che in ognuna
delle nostre attività di ricerca e insegnamento si verificano ulteriori suddivisioni
specialistiche, metodologiche e frammentazioni compartimentali, culturali e chi più ne
ha più ne metta, in senso centrifugo. Peccato che i corsi e i ricorsi storici poco insegnino
per il futuro. Per il quale, allo stato attuale, non vi è altro che auspicare che i Patologi,
sia generalisti che anatomisti, continuino almeno singolarmente se non collettivamente a
svolgere proficuamente il loro diversificato lavoro.
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Pietro Rondoni:
un pioniere dello studio dell’ angiogenesi tumorale.
Marco Presta
Patologia Generale ed Immunologia, Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie,
Università degli Studi di Brescia, via Valsabbina 19, 25123 Brescia.
I
l termine"angiogenesi" fu coniato negli anni '30 per descrivere la
formazione di nuovi vasi sanguigni nella placenta. Lo sviluppo embrionale
è caratterizzato da una intensa attività angiogenetica. Nell'individuo adulto
la crescita di nuovi vasi si verifica invece molto raramente e le cellule endoteliali
mostrano un ricambio estremamente lento, misurabile nell'ordine di alcuni anni. L'unica
eccezione è rappresentata dall’apparato riproduttivo femminile, dove un'intensa
angiogenesi si riscontra nell'ovaio e nell’endometrio durante il ciclo mestruale e nella
placenta durante la gravidanza. L'angiogenesi svolge inoltre un ruolo importante nei
fenomeni infiammatori e nei processi di riparo delle ferite. Tali episodi angiogenetici
sono comunque limitati nel tempo ed altamente regolati.
Un processo angiogenetico incontrollato è invece alla base di numerose
patologie che, per tale ragione, vengono definite "angiogenesi-dipendenti". Ricordiamo,
ad esempio, retinopatia diabetica e psoriasi. L'angiogenesi è coinvolta nello sviluppo
della placca aterosclerotica, nell'emangioma ed angiofibroma e nelle malformazioni
artero-venose. Si osserva inoltre neovascolarizzazione in corso di artrite (1).
Sebbene non esista branca della medicina che non sia interessata
dall'angiogenesi, è nell'oncologia che i fenomeni di neovascolarizzazione assumono la
massima importanza clinica. L'angiogenesi rappresenta infatti un momento patogenetico
fondamentale sia per lo sviluppo del tumore solido sia per la sua diffusione. Già negli
anni '40 fu evidenziata la correlazione tra crescita tumorale ed angiogenesi. Occorsero
però più di venti anni per ottenere la prima evidenza sperimentale dell'esistenza di
molecole solubili prodotte dalla cellula neoplastica in grado di indurre angiogenesi e fu
solo negli anni '70 che ebbero inizio studi sistematici di caratterizzazione in vitro ed in
vivo del fenomeno angiogenetico indotto dal tumore solido. Negli anni successivi fu
quindi possibile dimostrare come anche lesioni preneoplastiche con elevata probabilità
di trasformazione tumorale, quali le lesioni preneoplastiche della vescica e le lesioni
iperplastiche della mammella e della cervice uterina, sono dotate di attività
angiogenetica e come le cellule trasformate acquisiscono la capacità di indurre
angiogenesi durante la progressione neoplastica prima di assumere proprietà
tumorogeniche maligne (2).
Nel 1946, Pietro Rondoni, Professore di Patologia Generale dell’Università di
Milano e Direttore dell’Istituto del Cancro di Milano, nel suo trattato intitolato “Il
Cancro”, scrive: “il tumore esercita una azione angioplastica e angiotattica, ossia
provoca neoformazione vasale e attira le gettate vascolari (capillari e elementi
perivasali pluripotenti), in modo da edificarsi e plasmarsi uno stroma suo proprio: si
parla di stroma neoformato. Con questo verrebbe senz’altro ammesso che i tumori sono
vascolarizzati da parte della rete vasale circostante e preesistente, avendosi qui, come
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in altri processi patologici, se neoformazione si ha, una neoformazione vascolare per
gemmazione di capillari preesistenti” (3).
L’attualità di queste osservazioni sta non solo nella considerazione che il Prof.
Rondoni già nel 1946 fa riferimento all’attività angiogenica del tumore, ovvero alla
capacità delle cellule neoplastiche di indurre la neoformazione dei vasi sanguiferi a
partire dai vasi preesistenti che circondano la neoplasia, ma ancor di più nell’avere
sottolineato l’importanza dello stroma nell’angiogenesi tumorale (4). A questo riguardo
è di estrema attualità il concetto di contesto, inteso come microambiente all’interno del
quale si svolge il processo angiogenetico. Il contesto appare governare tanto la dinamica
spazio-temporale dell’angiogenesi, quanto la direzione che questo processo deve
seguire, ovvero se debba restare confinato in un ambito fisiologico o se possa travalicare
nel patologico. Da ultimo, il contesto diventa allora anche un potenziale bersaglio
terapeutico per riportare l’angiogenesi in un ambito fisiologico.
Attualmente, diverse molecole ad attività anti-angiogenetica sono in fase di
sperimentazione preclinica e clinica in pazienti oncologici (5). Inoltre, sono in corso
numerosi ricerche inerenti la possibilità che noti farmaci antineoplastici siano dotati
anche di attività angiostatica. L’opera pionieristica di numerosi ricercatori italiani,
vogliamo qui ricordare anche il Prof. Pietro Gullino recentemente scomparso, ha gettato
le basi scientifiche che hanno reso possibile il conseguimento di risultati così ricchi di
nuove aspettative per il futuro della lotta contro il cancro.
Ringraziamenti. Si vuole qui ringraziare il Porf. Domenico Ribatti (Università di Bari) per aver portato
all’attenzione l’opera di Rondoni e per il suo contributo nella stesura di queste note.
Bibliografia
1. Folkman J. Angiogenesis in cancer, vascular, reumathoid arthritis and other diseases. Nature Med.
1995; 1:27-31.
2. Ribatti D, Vacca A, Dammacco F. The role of the vascular phase in solid tumor growth: a historical
review. Neoplasia 1999; 1:293-302.
3. Rondoni P. Il cancro. Casa Editrice Ambrosiana; Milano. 1946.
4. Ribatti D, Vacca A, Presta M. An Italian pioneer in the study of tumor angiogenesis. Haematologica
2001; 86:1234-1235.
5. NIH Cancer Trials. Angiogenesis inhibitors in clinical trials. http://cancertrials.nci.nih.gov/news/angio/
table.html
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Società Italiana di Patologia
XXVI Congresso Nazionale
Catania, 29 Settembre – 2 Ottobre 2002
Co-Presidenti:
Angelo Messina
Franca Stivala
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Cari Amici della Patologia Generale,
L’anno prossimo – che è già alle porte – assieme alla Prof. Franca Stivala e agli
altri colleghi della Patologia Generale di Catania, organizzeremo il XXVI Congresso
Nazionale della nostra Società. Il modello organizzativo del Congresso sarà analogo ai
precedenti con due letture magistrali alla cerimonia di apertura con due invited speakers
stranieri, sessioni plenarie, workshops e posters. Sono previste borse e altre facilitazioni,
quali posti-letto presso la casa dello studente, per avere una partecipazione più
numerosa possibile di giovani ricercatori.
Al fine di rendere più facili e più rapide le informazioni stiamo allestendo un sito
web, il cui indirizzo riceverete tramite posta elettronica.
Con la certezza di avervi numerosi in terra di Sicilia, Vi formuliamo i nostri
auguri di Buon Natale e di Felica Anno Nuovo.
Franca Stivala
Angelo Messina
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