pdf - Castello dei conti de Ceccano
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Castello Dei Conti De Ceccano Comune di Ceccano Castel Sindici Castel Sindici è un'elegante dimora del XIX secolo in stile neogotico. Si dice che il progetto sia stato commissionato da Stanislao Sindici al conte Giuseppe Sacconi (1854-1905), architetto famoso per aver collaborato alla progettazione del Vittoriano. Non esistono tuttavia testimonianze storiche a riguardo: l'unico possibile tramite tra il Sacconi e Sindici potrebbe essere stato Luigi Morosini, ingegnere di Ferentino e cognato di Sacconi. Il progetto iniziale prevedeva esclusivamente la costruzione di un edificio finalizzato alla conservazione del pregiato vino prodotto da Sindici che, proprio per la sua intensa attività enologica, fu nominato Cavaliere del Lavoro nel 1914. Tuttavia con il tempo la costruzione divenne una raffinata residenza di famiglia dove i Sindici, oltre a produrre vino, ospitavano numerosi personaggi illustri, tra i quali spiccano i nomi di Gabriele D'Annunzio e dei pittori Aurelio e Cesare Tiratelli. Il palazzo fu costruito utilizzando esclusivamente pietra locale. Il Sindici volle, inoltre, che fosse circondato da un grande parco di tre ettari con numerose specie arboree, quali ippocastani, lecci e abeti, così da isolare la dimora dal resto del paese. Un quadro del 1887 dell'artista Cesare Tiratelli raffigurante Caterina Gizzi, moglie di Sindici, nel parco di famiglia con sullo sfondo il castello addobato a festa, permette di collocare la costruzione del palazzo negli anni immediatamente precedenti alla data del dipinto stesso. All'interno delle cantine dell'edificio veniva prodotto il "Castel Sindici", vino bianco molto rinomato, tanto da essere inserito tra i vini pregiati del Lazio nella prima edizione della "Guida gastronomica d'Italia" del Touring Club Italiano nel 1931. Nel gennaio 1928 l'ingegnere Luigi Morosini propose alla Soprintendenza ai Monumenti del Lazio di sottoporre a vincolo panoramico la tenuta di Castel Sindici. La proposta andò a buon fine e il mese successivo l'area dove sorge il castello venne dichiarata "di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 11 giugno 1922, n.778 "Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico e quindi sottoposta a tutte le disposizioni contenute nella predetta legge". A partire dall' autunno 1943, la dimora ospitò il comando militare di zona tedesco. Della famiglia Sindici non restano eredi. Il Castello fu abitato fino agli anni Ottanta da una discendente della famiglia Gizzi, che si trasferì tempo dopo a Roma. Nel 1990 la struttura fu venduta ad una società privata, in seguito fu messa all'asta e acquistata dal Comune di Ceccano. Attualmente sono in corso dei lavori per rivalutare e riqualificare sia l'edificio che il parco circostante. La famiglia Sindici Augusto Sindici La famiglia Sindici, originaria di Veroli, si stabilì a Ceccano intorno al XVII secolo. Tra i suoi maggiori esponenti spicca Augusto (Roma, 8 marzo 1839-19 settembre 1921), figlio di Salvatore Sindici. Autore di numerose opere in dialetto romanesco, cominciò a pubblicare i suoi componimenti nel 1895, dopo aver partecipato ad alcune campagne militari come ufficiale di cavalleria. La sua opera più famosa è "Quattordici leggende della campagna romana", scritta nel 1902, nella quale Sindici fa riferimento alle località di Zinfonia, Pantano de l'Intossicata, Malagrotta, Femmina morta, Marpasso, Belladonna, Cinquescudi, L'Acqua der Turco, Malafede, Campo de Carne (oggi Campo di Carne, frazione di Aprilia), Cavallo Morto (frazione di Anzio), Fontana de banditi, Capocotta, Er Quarto de l'impiccati, Borriposo. I suoi componimenti furono molto apprezzati anche da Gabriele D'Annunzio, al quale si deve la stesura della lettera-prefazione di "Quattordici leggende della Campagna romana". Tale prefazione così recita: "Mio caro Augusto, Non ho dimenticato il chiaro giorno di marzo in cui mi leggesti la tua Zinfonia. Tra un sonetto e l'altro, nella pausa, udivo quella del mare neroniano ove sembra propagarsi la malinconia possente della Campagna che ti ha fatto poeta. E le acque morte e le macchie e i casali e i fontanili e i branchi di cavalle e le grandi trebbie strepitose, passando nelle tue rime, mi davano una nostalgia accorata. E t'invidiavo, o cacciatore infaticabile, che conosci i segreti dell' Agro come il tuo Battista Puncichitto sa le peste del cignale ed hai potuto amar da vicino per tutta la tua vita la più meditabonda e tragica bellezza terrestre che sia sotto il sole! Intanto passavano anche per la spiaggia latina, come nelle tue rime, le giumente cariche di carbone in lunghe file andando dalle carbonere di Conca agli imposti di Anzio, mentre tu evocavi la fiamma e il fumo nelle macchie devastate e il rumore delle accette e li servaggi canti der tajatore... Ora tu mi mandi, impressi nelle pagine, i versi acerbi che avevano tanta vita nella tua voce. Vi ritrovo ancora l'ebrezza dell' "eterna canterina ruzzarella" e il cigolìo delle passere in cima dei fienili e il nitrito tremulo dei vannini villosi e il belato dei montoni lungo i fossi e le mucche bianche sotto la luna che vanno al procoio come le monichelle in coro a una a una e tutti gli spiriti di quella terra sublime ove l'ora dell' Ave Maria è meravigliosamente triste come in nessun altro deserto del mondo. Li pecorari co' 'na fiacca lenta, finito er mugne', intoneno li canti... Grazie, mio caro amico, del prezioso dono. Che molte altre beccacce si levino ancora dinanzi ai tuoi cani e molte altre rime dinanzi ai tuoi sogni! Ave". Anzio, marzo 1900 GABRIELE D'ANNUNZIO [1] Inoltre, in occasione della rappresentazione dell'opera di Augusto Sindici "San Clemenzo" al Teatro Nazionale di Roma, D'Annunzio scrisse sul quotidiano La Tribuna: "Uomini di penna ed uomini di mondo, dame della nobiltà pura e signore dell'aurea borghesia, quanti insomma si occupano o mostrano di occuparsi e d'appassionarsi alle cose dell'intelligenza erano convenuti in onore di Augusto Sindici che è molto ben veduto e molto ben amato in Roma e che ha una vasta reputazione di uomo di spirito e di sportsman perfettissimo" [2] D'Annunzio fu spesso ospite della famiglia Sindici nella loro villa di Nettuno e apprezzò così tanto le abilità culinarie di Augusto da dedicargli un sonetto: "A te gloria ed onor, cuoco novello degno d'un re di Francia e d'Alemagna rampollo della stirpe di Vatello, nato nella città dove se magna Tu che rendi soave il vil tortello e fai parer sublime una lasagna" [3] ________________________________________________________________ [1] Augusto Sindici, "Quattordici leggende della campagna romana: poesie in dialetto romanesco", con prefazione di Gabriele D'Annunzio, Milano, Treves, 1902. [2] Vincenzo De Angelis, "Un incontro romano di Gabriele D'annunzio", Roma, Fratelli Palombi editore, 1963. [3] Marino Marini, "D'Annunzio a Nettuno", in Civiltà della Tavola, anno 2005, n. 161, p. 49. Francisca Stuart Sindici Francisca Stuart Sindici (Madrid 1848 - ?), nobildonna spagnola discendente dalla storica casata inglese degli Stuart, moglie di Augusto, fu un'eccellente pittrice. Don Michelangelo Sindici, nella sua opera "Ceccano, l'antica fabrateria" del 1893, a proposito dei dipinti di Francisca afferma << [...] I suoi quadri, veri capolavori, fanno bella mostra nella Galleria di Arte Moderna in Roma ed in molte pinacoteche, che cercano di arricchirsi delle sue tele. Riportiamo le parole del giornale "La Tribuna" (Numero 84 del 26 marzo 1889) che, dopo averne fatto i più grandi elogi, conclude così: Francisca Stuart Sindici è non soltanto una pittrice di fortissimo ingegno, ma è anche una prodigiosa lavoratrice, una lavoratrice quasi direi eroica. La vasta raccolta dei suoi studi farebbe veramente onore all'autore dei tre celebri volumi in-folio intitolati Uniformes et equipements de l'armee de Frederic le Grand. [...] >> Magda Sindici Figlia di Augusto e di donna Francisca, Magda Sindici sposò l'editore inglese William Heinemann. Tale unione le permise di coltivare la sua grande passione per la scrittura, tanto che nel 1918 curò personalmente la traduzione in lingua Inglese dell'opera dannunziana "La Riscossa" ("The Rally"). Questa, come molte altre opere del D'Annunzio, fu pubblicata in Gran Bretagna dalla casa editrice del marito di Magda. Con biglietto autografo in cartoncino e busta con a stampa il motto consueto "per non dormire" ed indirizzato a Magda Sindici (Mrs Heinemann) il poeta dice: Cara amica, ieri rientrai tardissimo, col gran rammarico di non avervi riveduta. Eccovi i libri. Buon viaggio! Vi seguono i miei voti più affettuosi. Dite mille cose buone per me a Vostro marito. Arrivederci! Vi bacio le mani. Ave, ave, ave. Gabriele D'Annunzio [1] ________________________________________________________________ [1] citazione tratta da: Vincenzo de Angelis, "Un incontro romano di Gabriele D'annunzio", Roma, Fratelli Palombi editore, 1963. Stanislao Sindici Stanislao Sindici (Ceccano, 4 luglio 1854 - 20 ottobre 1928), figlio di Raffaele, fu un illustre enologo. Proprietario di numerosi terreni a Frosinone e grande appassionato di viticoltura, arrivò a importare vitigni di qualità da paesi esteri e a produrre vini prestigiosi, vincendo numerosi premi nazionali e internazionali. Verso la fine dell'Ottocento commissionò, probabilmente al noto architetto e restauratore romano Giuseppe Sacconi, i lavori per la costruzione di Castel Sindici. Tale richiesta nasceva dalla necessità di Sindici di avere una struttura adeguata alla produzione e alla conservazione del suo eccellente vino, all'epoca così apprezzato da essere inserito nella lista dei Vini pregiati del Lazio, pubblicata nella prima edizione del 1931 di "Guida gastronomica d'Italia", a cura del Touring Club Italiano. Nella guida è così riportato: "[...] vini assai ricercati sono il Castel Bracciano del Lago di Bracciano e il Castel Sindici di Ceccano. [...]". La passione di Sindici per l'enologia era tale da scrivere anche un trattato dal titolo "Appunti sulla coltivazione del Cabernet Francese" [1] . Per la sua intensa attività nell'industria enologica, il 2 luglio 1914 Stanislao Sindici venne insignito del titolo di "Cavaliere del lavoro", un ordine al merito istituito nel 1901 da Re Vittorio Emanuele III con l'intento di premiare "coloro che con fecondo lavoro avessero acquistato titoli di singolare benemerenza nell'agricoltura, nell'industria e nel commercio" [2]. _____________________________________________________________________ [1] S.SINDICI, "Appunti sulla coltivazione del Cabernet francese" 1° fascicolo in quarto, Roma, Tipografia Agostiniana, 1902. [2] Regio decreto del 9 maggio 1901, n. 168, che conferisce il titolo di Cavaliere del Lavoro e viene concesso ai cittadini benemeriti nell'agricoltura, nell'industria, nel commercio, nel turismo, nell'artigianato. Si ringrazia l' Avv. STEFANO GIZZI per la collaborazione. I Tiratelli e altri pittori Aurelio Augusto Tiratelli Aurelio Augusto Tiratelli nacque a Roma nel 1839. Dopo gli studi all'Accademia di San Luca, esordì senza successo come scultore. Successivamente si dedicò alla pittura, cominciando a riprodurre i paesaggi e gli scorci pittoreschi della campagna romana e interessandosi anche alla nascente arte della fotografia (dagherrotipia). La sua abilità nell'uso del colore e nel disegno gli fece rapidamente guadagnare fama. La Ciociaria, con la sua caratteristica economia agricolopastorale e le sue antiche tradizioni, si prestava molto bene al tipo di pittura definita "di genere". Per tale motivo Aurelio Tiratelli decise di trattenersi a lungo a Ceccano, dove dipinse moltissime delle sue tele più famose, riproducendo paesaggi, scene di vita e personaggi locali. A condurlo nella cittadina fabraterna, da poco collegata a Roma tramite la ferrovia, fu la pittrice Francisca Stuart, moglie del poeta ceccanese Augusto Sindici. Al Tiratelli si deve il merito di essersi adoperato affinché la Commissione Nazionale delle Belle Arti dichiarasse la chiesa di Santa Maria a Fiume monumento nazionale nel 1891. L'artista morì il 2 maggio 1900 nella sua casa di Roma. In segno di gratitudine gli fu dedicata negli anni '30 una strada del centro storico di Ceccano. Rodolfo Cesare Tiratelli Figlio di Aurelio e Sofia Joris, Rodolfo Cesare Tiratelli nacque nel 1864 e, come il padre, frequentò l'Accademia di San Luca a Roma. Di famiglia benestante, dipingeva per il piacere dell'arte e non per necessità. Anche Cesare frequentò gli ambienti ceccanesi e nella cittadina ciociara realizzò numerose opere, raffiguranti molto spesso angoli e scorci caratteristici che gli valsero importanti riconoscimenti e notorietà. Durante i soggiorni ceccanesi l'artista fu ospite di Caterina Gizzi, moglie di Stanislao Sindici, al quale era unito da una profonda amicizia. A testimonianza di questo legame resta il dipinto del 1887 "Festa a Castel Sindici", nel quale il Tiratelli ritrae la signora Sindici nella tenuta di famiglia. Oltre ai Tiratelli, numerosi artisti furono attratti dall'affascinante terra ciociara, dove uomo e natura si fondevano in un tutt'uno. Artisti come Pio Joris, Filippo Mola e Scipione Simoni si sono spesso ispirati alla Ciociaria per riprodurre usi e costumi popolari nelle proprie opere. Pio Joris (1843-1921), cognato di Cesare Tiratelli con il quale condivise lo studio, fu un maestro nella realizzazione di quadri "di genere" e paesaggistici. Le sue opere furono molto apprezzate ed esposte in numerosi musei italiani ed esteri. Nell'ultimo decennio dell'Ottocento frequentò Ceccano assieme al cognato Aurelio e al nipote Cesare. Di questo periodo restano alcune opere, quali "Scorcio di Ceccano", acquerello riproducente l'attuale Piazza XXV Luglio vista da Largo Tommasini, e "Salita al paese", in cui è rappresentata via Porta Abbasso. Poche sono, invece, le notizie relative a Filippo Mola (1849-1918). È noto che partecipò con le sue opere all'Esposizione di Napoli del 1877. Alcuni suoi pastelli furono poi esposti sia a Roma che a Bologna tra il 1881 e il 1888, riscuotendo un grande successo. Divenne famoso anche oltreoceano, soprattutto in Cile e in Argentina, dove venne premiato con una medaglia d'oro. La sua presenza a Ceccano è testimoniata da due inchiostri del 1882: "Case rustiche a Ceccano" e "Santa Maria a Fiume". Fu autore di varie opere didattiche, riguardanti soprattutto le tecniche dell'ornato e della plastica. Anche Scipione Simoni (1853-1918), come gli artisti fino ad ora elencati, trasse ispirazione dalla campagna ciociara per moltissime sue opere. Scorci di diversi paesi della provincia di Frosinone, tra cui Ceccano, fanno da sfondo alle scene di vita ritratte e i soggetti scelti sono molto spesso contadini o gente del popolo. La sua tecnica prediletta fu l'acquerello. Simoni partecipò a diverse e importanti esposizioni, come la "III Mostra Internazionale degli Acquerelli", tenutasi a Dresda nel 1892. Durante l'evento Simoni l'opera "Una strada di Ceccano'', dipinto in cui sono ritratte alcune popolane intente a chiacchierare in un vicolo del centro storico del paese (via Mura Castellane). Bibliografia VINCENZO ANGELETTI - PAOLA CARLINI, Aurelio e Cesare Tiratelli pittori di Ceccano, pubblicazione a cura di Accademia di Belle Arti di Frosinone e Amministrazione Comunale di Ceccano, Sabaudia, 2000 - Biblioteca Comunale di Ceccano CCN (FL) 759.562 2 ANG; MANUELA MAZZA, Castel Sindici a Ceccano: studio storico e restauro, rivista Le Foglie n°44, Frosinone, gennaio 2007; MICHELE SANTULLI, Modelle e modelli ciociari nell'arte europea : a Roma, Parigi, Londra nel 1800/1900, Arpino, Edizioni Ciociaria Sconosciuta, 2011; MICHELANGELO SINDICI, Ceccano: l'Antica Fabrateria, Bologna, Atesa Editrice, 1984 [ristampa anastatica dell'edizione della tipografia Befani di Roma del 1893] - Biblioteca Comunale di Ceccano CCN (FL) 945.622 SIN.