SAN FRANCISCO: miniguida ai locali, ai negozi e (per quanto

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SAN FRANCISCO: miniguida ai locali, ai negozi e (per quanto
SAN FRANCISCO: miniguida ai locali, ai
negozi e (per quanto possibile…) alle band
Miniguida ai gruppi:
Guardando al suo glorioso passato sarebbe lecito aspettarsi da San Francisco qualcosina in più dalla
seppur affascinante scena musicale dei giorni nostri.
La metropoli che negli anni cinquanta fu la culla del beat, della renaissence cittadina e che il decennio
successivo si trasformò nella tana della psichedelia è oramai da decenni tornata alla "normalità". La scena
musicale cittadina non è dunque più quella di un tempo ma questo non significa che aggirandosi in
versione notturna per i locali della Bay Area non sia possibile imbattersi in band misteriose ed
affascinanti.
Non è un caso se, tutt'oggi, stilare una lista di band che hanno trovato in San Francisco il loro quartier
generale appare un lavoro abbastanza massacrante e, in un modo o nell'altro, si tratta quasi sempre di
band che continuano ad influenzare profondamente il panorama indipendente a livello internazionale.
Tra i preferiti del sottoscritto troviamo senza ombra di dubbio i Tarentel
(con tanto d'infinite diramazioni tipo Howard Hello, Lazarus e Rumah
Sakit) che, nell'albero genealogico del post-rock, possono certamente essere
considerati come uno dei semi più originali ed indecifrabili. Con gli anni la
loro musica si è fatta via via più ermetica ma non per questo meno fascinosa.
Il filone musicale più conosciuto, oltre ovviamente a tutto il movimento punk accasato a Berkeley, è però
quello riconducibile a Brian Jonestown Masacree, Warlocks, Black Rebel Motorcycle Club via via
sino a Comets on Fire e The Red Tyger Church (che però sono di Sacramento…; ok chiudiamo il
cerchio!) che in una potenza di fuoco, tentano di rivisitare i discorsi (e gli atteggiamenti) psichedelici degli
anni sessanta amalgamandoli al shoegaze e al garage.
Non è possibile (sarebbe uno smacco tremendo) tralasciare i Dredg (che tra l’altro hanno recentemente
omaggiato la loro città natale con un “Live At Fillmore”) e le band (spesso oramai disciolte) che ne
hanno influenzato le sonorità (come i fantastici Lowercase e, in qualche modo, i Pavement). Proprio a
proposito dei Pavement è doveroso ricordare che sia Stephen Malkmus che Scott Kannberg (dei
Preston School Of Industry) sono tutt’ora a piede libero.
In città si possono trovare poi ottimi songwriter a cavallo tra folk, country e (alle volte…) glam.
Devendra Banhart è certamente il più celebre ma si trova pur sempre in ottima compagnia (American
Music Club e Smog tanto per fare alcuni esempi) mentre altri (come A Minor Forest) uniscono al tutto
elettronica, noise e post-rock (ce ne sono tanti altri e anche più bravi: dagli Ee ai grandiosissimi Fuck
passando per From Monument To Masses).
Miniguida ai locali:
San Francisco è senza ombra di dubbio una delle città più musicali e
musicofile del pianeta e basta sfogliare il S.F. Chronicle per scovare, sempre e
comunque, un concerto a cui assistere.
Una città tanto ricca di concerti che spesso e volentieri è necessario rinunciare
ad un'esibizione per poterne seguire un'altra. Mi ricordo ad esempio di una
sera in cui dovetti scappar via a metà del concerto di Al Kooper, Robben Ford
e Willie Nelson (suonavano in tributo a Mike Bloomfield) per correre dall'altra
parte della città in taxi ad ascoltare Steve Winwood dei Traffic.
I concerti più importanti si svolgono di solito all’AT&T Stadium (lo stadio dei Giants in pieno centro)
oppure al Shoreline Amphitheater di Mountain View; nell'immediata periferia a sud di San Francisco.
Il centro è invece straricco di sale da concerti al coperto come il mitico Fillmore, come il Warfield o
come la Great American Music Hall ma, in realtà, la città offre il meglio in locali meno conosciuti che,
di conseguenza, risultano più propensi alla sperimentazione e a proporre personaggi con nomi anche
meno altisonanti.
Sulla diciassettesima strada c'è il Bottom Of The Hill
che, oltre ad essere stato designato da Rolling Stones
come il miglior live-club cittadino, è anche celebre per
alcuni concerti finiti poi su disco
come
nel
caso degli Avail (del
1998), degli Edaline (2000)
e di un bootleg di Elliott Smith.
Il 330 Ritch si trova, appunto, in Ritch Street e tra quelli che andremo a citare è probabilmente il più
piccolo. Il locale ha un'acustica orribile (soprattutto se a suonare sono i Black Rebel…) ma questo gli
conferisce un'atmosfera tutta particolare. Il club si trova tra i cavalcavia dell'autostrada ed in una
"stradaccia" grigia lungo cui, circa un'ora prima dei concerti, si crea un lungo biscione di persone in fila
davanti alla cassa. Dentro invece una schiera di robusti buttafuori impegnati nello sgominare le gang
d'impavidi fumatori che s'accendono la sigaretta in mezzo al pubblico e che si ritrovano, poi,
inevitabilmente sdraiati a terra con un omone di 200 chili sulla schiena. Il fumo uccide; l'uomo con la
maglietta nera e la scritta "staff" anche…
Lo Slim’s (sull’undicesima strada all’incrocio con la Folsom) riesce ad offrire una programmazione più
ad ampio spettro unendo serate blues di Tommy Castro a personaggi mitici della scena indie-pop
femminile degli anni novanta (come Lisa Loeb) oppure portando in città band del calibro di Explosions
In The Sky. Gli avventori, generalmente, sono molto caldi e The Slim’s si addice spesso e volentieri a
diventare il teatro per video “live” delle band.
Altri posti fighissimi sono The Indipendent (figo nel senso che in poco più di 15 giorni i proprietari
riescono a programmare un concerto di Final Fantasy, un doppio concerto dei Brian Jonestown
Massacre, un concerto di Okkervil River, uno di Smog, uno di Sean Hayes ed uno di Mandy Smith) e 12
Galaxies (in Mission Street) . C’è dunque veramente l’imbarazzo della scelta.
Il luogo preferito dal sottoscritto per andare ad ascoltar musica però è il
piccolo Cafe Du Nord (anche questo in Market Street). L’atmosfera
che si respira (elegante e sofisticata) è decisamente europea (molto
meno snob però) ed il locale è scelto spesso da folksingers per il suo
ambiente intimo ed intenso e, così come la Swedish Hall (in cima alle
scale) rappresenta il punto d’approdo cittadino per decine e decine di
songrwriters al femminile (come Gemma Hayes, Lori McKenna o
Gillian Welch). Il palco, con tanto di tende bordeaux da teatro, è grande
poco più di uno sputo ma è maledettamente delizioso e le ragazze che lo frequentano molto carine e…
ispirate.
Se poi cercate qualcosa di più forte basta che usciate sul marciapiede. Il Caffè du Nord si trova infatti
praticamente nel centro della vita notturna cittadina. Alla sua destra c’è un simpaticissimo (quanto
allucinatissimo) locale gotico. Quale posto migliore per scoprire che il vostro piccolo tatuaggio tribale
non rappresenta affatto un simbolo di trasgressione se confrontato ai 7 chili di piercing ai testicoli
dell’uomo che sorseggia gin&tonic di fronte a voi?
Se siete d’orientamento omosessuale (e dunque poco più sopra avete sussultato leggendo di Devendra
Banhart…) il quartiere di Castro vi sarà alle spalle. Risalite la strada e avrete tutto un mondo nuovo sotto
i piedi. Se non lo siete avete perlomeno altre due scelte. Incamminarvi (prudentemente, mi raccomando)
per Mission Street (il quartiere messicano) e tentate di entrare in uno dei numerosi squat ad ascoltarvi
musica metal o punk a tutto volume (e a …tutta birra!) oppure entrare in Fillmore District e dunque nel
quartiere “jazz” della città. Il Boom Boom Room (che però non fa tanto jazz ma piuttosto blues e
funk…) è considerato il luogo più divertente di San Francisco (divertente:…se vi piace rimanere
schiacciati come sardine e spremuti per bene da un messicano sovrappeso al quattordicesimo
margarita…).
Se cercate atmosfere più intime (ed altrettanto alcoliche) potete entrare al Sheba Lounge, allo Yoshi
oppure al Rassellas che, tra tutti, è probabilmente il locale più intrigante.
Le autorità cittadine, proprio in questa zona, hanno inoltre promesso di creare, a breve, un museo del
jazz e, se per caso passate da San Francisco nel primo week-end di luglio, provate a non perdervi il
Fillmore Jazz Festival (all’aperto e dotato di moltissimi mini-palchi lungo tutto il quartiere).
Il miglior posto per andare ad ascoltare jazz o swing in città, comunque, si trova vicino ad Union Square
e… cazzo non mi ricordo come si chiama! Sembra un Irish Pub dall’esterno e nasconde, quasi
gelosamente, una scala che porta al piano inferiore dove, sino a notte tardissima, si mettono a suonare
orchestrine da camera o band di jazz acustico. La leggenda (oddio leggenda…
me l’ha raccontato un amico affermando con fermezza che suo “cugggino” era
presente) vuole che James Brown in persona si sia presentato sul palco poco
prima dell’alba e all’insaputa di tutti per una jam session gratuita.
Pochi passi più a sud e vi ritroverete proprio in faccia al mitico Biscuits &
Blues (in Mason Street… guarda caso proprio nella zona dove si mangia
meglio in città – addentate bistecconi alle erbe alle cinque del mattino è
un’esperienza mistica!). Al Biscuits avrete modo di trascorrere una serata in
compagnia dei migliori bluesman d’America (magari in versione acustica) in un locale tanto casto,
depresso quanto affascinante (si mangia bene, inoltre, anche se un pochino caro…). Per il visitatore
europeo è strano andare ad ascoltare blues (e che blues…) in un ristorante dove le donne sono vestite di
tutto punto e dove gli uomini sembrano riservare maggior attenzione ai cosciotti d’agnello che alla
musica di Otis Taylor. Per noi europei medi dunque, abituati a sbracciarci e a ballare come forsennati
sulle note di -“sweet hoooooome chicaaaagooo”- forse è più appropriato Lou’s Pier 47 (proprio in riva
al mare) dove suonano quasi ininterrottamente dalle quattro di pomeriggio all’una di notte e dove, se
proprio non vi piace il blues elettrico, potrete perlomeno scroccare un bel buffet fatto di verdure in
pinzimonio e ravioli di gamberi.
Miniguida ai negozi:
Non dovrei dirvelo perché poi sarei responsabile del
vostro disastro finanziario però, a San Francisco c’è
Amoeba. Cioè, mi spiego… Ameba è un posto così
figo che ci lavorerei gratis. Un tempo era una sala da
bowling con sei piste (2'200 metri quadrati) che nel
1997 è stata trasformata in un tempio della musica
proprio in quella zona, Haight-Ashbury, che negli
anni sessanta rappresentava il fulcro della comunità
hippie californiana.
Oggi, a dire il vero, non ci sono più grandi motivi per andare ad Haight-Ashbury se non per potersi
bullare con le amiche di esserci stato. L’intera zona è stata trasformata in un grande museo all’aperto
(troppo dannatamente turistico) dedicato alla “Summer Of Love”. Motivi per andare ad Haight-Ashbury
dunque? 1) la stragnoccolona che fa i tatuaggi nel negozietto vicino al Red Vic 2) Amoeba ed i suoi
500’000 dischi (nuovi o usati). Chi lavora da Amoeba poi è incredibilmente competente e si trova
veramente di tutto (roba che non trovi neppure su amazon.com!!!!). Per 3, 4 o 5 dollari vi portate a casa
un capolavoro o un bootleg e, se capitate all’ora giusta, vi beccate magari anche un concerto di band che
scelgono il negozio per farsi promozione.
Amoeba, anche se il migliore, non è l’unico posto in cui fare la spesa in quella zona. Ottimo è il servizio
da Zebra Records mentre, se siete interessati all’elettronica e al jazz più sperimentale, il consiglio è
quello di entrare al Groove Merchant Records che si trova a pochi isolati di distanza.
Come in ogni grande città ecco il Virgin Megastore (tra Stockton e Market Street)
mentre Tower Records, che in città aveva aperto i battenti nel 1969, ha dovuto
chiudere nel 2006. Attenzione però: negli Stati Uniti i dischi nuovi costano caruccio
e, visto che negozi del genere si trovano anche in Europa, vi consiglio piuttosto una
visitina da Rasputin (in pieno centro: Powell St.) ed i suoi quattro piani di negozio
pieni zeppi di album. Se soffrite di claustrofobia state alla larga (l’ascensore puzza
ed è stretto peggio che il Boom Boom Room…)., altrimenti tutti dentro per almeno un paio d’ore. Anche
in questo caso si parla di 400’000/500'000 titoli in esposizione.
Uno dei miei negozi preferiti (forse perché il più vicino a casa…) è però il “piccolo” Street Light
Records (a Noe Valley – sulla ventiquattresima) poiché decisamente specializzato in psichedelia e in
blues “acido” e poiché i commessi (hippie convertiti alla vendita) sono tanto competenti da mettermi in
imbarazzo. Se proprio non si trova il disco in questo negozio basta prendere il proprio culo e portarlo in
Mission District; da Aquarius (orsù… saranno 200 metri) e dunque nel negozio “storico” di San
Francisco (aperto nel 1970 e dunque, come dice l’insegna: -“vecchio abbastanza da conoscere meglio
degli altri”-).