UN VIAGGIO MERIDIONALE di Claudio Visentin Sono stato (quasi
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UN VIAGGIO MERIDIONALE di Claudio Visentin Sono stato (quasi
UN VIAGGIO MERIDIONALE di Claudio Visentin Sono stato (quasi) ovunque: ho visitato e raccontato i luoghi più famosi ma poi, quando posso scegliere, immancabilmente m’incammino verso sud. Alife e Piedimonte sono state solo le ultime scoperte in questo viaggio senza fine, iniziato anni fa, nei paesi d’Appennino. I paesi mi piacciono tutti. Non solo quelli più famosi, orgogliosi delle loro bellezze e perfino un po’ altezzosi, come certi borghi toscani ricercati dai turisti internazionali. Amo dello stesso amore anche quelli che cominciano ogni giorno senza aver ben chiaro come tirare sera. Non sono il solo del resto. Da qualche tempo il sud è tornato ad essere una calamita per i viaggiatori più intraprendenti. Sarà la vicinanza, che rassicura; saranno i migliori collegamenti garantiti dalla compagnie low cost (davvero una piccola rivoluzione); sarà che il viaggio verso le grandi città, i centri propulsori del progresso, è poco in sintonia con i tempi presenti di crisi e di incertezza… Tante piccole motivazioni che si sommano nell’impulso a partire verso il mezzogiorno. Qual è il senso profondo di questo viaggio? Si sa, il sud propone un clima più mite che favorisce la vita all’aria aperta, bellezze d’arte e di storia, cibi e vini straordinari, varietà d’uomini complesse e sfaccettate, quasi levigate dal tempo. Il gusto della scoperta poi è intatto, come in pochi altri luoghi: mi chiedo con stupore come potevo, sino a poche settimane fa, non sapere nulla di Altilia, del suo anfiteatro, della sua porta alta sulle mura? Ma soprattutto, pur con tutti i suoi limiti, le sue mancanze, o forse anche per questo, il sud offre la risposta a interrogativi personali e incertezze esistenziali. Qui la modernità, il progetto illuminista di miglioramento collettivo perpetuo e indefinito, ha fallito ed è stata rottamata come una vecchia automobile, ma nella piega di un discorso rimasto in sospeso il viaggiatore trova spazi inattesi. Se una nuova visione del mondo tarda ad arrivare, la storia ha lasciato la più grande varietà di vicende umane. E poi da qualche tempo anche qui si notano timidi segni di una ricostruzione in corso, come di un nuovo inizio. Andarsene, emigrare, non è più l’unica opzione considerata e, tra mille incertezze, si sperimentano nuove forme di aggregazione, un ritorno alla terra e al dialogo con la natura così spesso violentata in passato, un tentativo di fare pace con la propria storia tormentata. A poco a poco si vengono formando delle “comunità provvisorie” (come le definisce lo scrittore Franco Arminio), grazie anche alle nuove possibilità offerte dalla rete che ha ridotto distanze fisiche e mentali. Lavori in corso senza eccessive speranze ma comunque significativi. L’importante e viaggiare al sud con occhi diversi da quelli abituali. Per cominciare, bisogna spogliarsi dei propri pregiudizi, stereotipi, preconcetti, particolarmente forti e particolarmente falsi quando si parla di questi paesi. Meglio “andare nudi”, senza compiacimenti o sensi di superiorità, senza tesi da dimostrare, senza fare le pulci al prossimo: sospendere il proprio giudizio per lasciare che luoghi e persone ci vengano incontro per quel che sono e non per quello che immaginiamo debbano essere, fare amicizia, avere più compassione (nel senso di “sentire insieme”) che rigore. Ancora: non dare troppa importanza alle gerarchie delle esperienze. I piccoli paesi hanno molte storie da raccontare e possono riservare sorprese. In un borgo sconosciuto alle sovrintendenze artistiche si può parlare con i vecchi, con un fornaio, un operaio, il barista, l’impiegato comunale, gente comune insomma. Si ha anche l’inebriante sensazione di essere al centro dell’attenzione: nei piccoli paesi infatti il viaggiatore diventa presto la vera attrazione della giornata e tutti gli sguardi convergono su di lui. Infine: c’è un interesse particolare nello stare sul margine, nel privilegiare le aree di confine tra ecosistemi, culture, amministrazioni, lingue diverse, come nel caso del Matese, non più Campania e non ancora Molise. Là dove le certezze si stemperano e la mescolanza prevale, l’osservazione è più faticosa, per mancanza di riferimenti, ma al tempo stesso più interessante. Tutte buone ragioni per ritornare presto. Claudio Visentin insegna Storia del turismo all’Università della Svizzera italiana. Studia e racconta i nuovi stili di viaggio sulle pagine del supplemento domenicale del Sole 24 Ore e nella sua rubrica “Viaggiatori d’Occidente” per il settimanale svizzero “Azione”. Racconta i suoi viaggi anche per la Rete Due della Radio della Svizzera italiana. È l’ideatore della Scuola del viaggio. Ha scritto, con Andrea Bocconi, “In viaggio con l’asino” (Guanda).